SPIONAGGIO

Enciclopedia Italiana (1936)

SPIONAGGIO

Giovanni NOVELLI
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. È la segreta attività volta a ottenere informazioni sull'intima organizzazione, specialmente militare, di uno stato, sia in pace sia in guerra. Esigenze di carattere militare impongono a una nazione di premunirsi in tempo, e con ogni mezzo, contro i presumibili nemici di domani. Da ciò la necessità di una completa organizzazione, impiantata in tutti i paesi sotto il nome di "Servizio informazioni", allo scopo di raccogliere, in pace e specialmente in guerra, tutti i dati sulla situazione del possibile avversario. Il servizio di spionaggio militare completa il servizio di polizia militare. Esso può dare un contributo considerevole alla preparazione dei piani e allo svolgimento delle operazioni belliche.

Tale servizio non può, naturalmente, essere vincolato a precise norme regolamentari, e solo risponde a taluni criterî generali informatori. Gli agenti ad esso adibiti (ufficialmente non riconosciuti dai singoli stati per conto dei quali lavorano) debbono esser dotati di speciali attitudini e vengono assoggettati a un addestramento preliminare.

La maggior parte dei dati occorrenti al servizio informazioni è raccolta attraverso tutte le manifestazioni esteriori della vita di un paese. Ma evidentemente un'altra parte, la più gelosa, non può essere raccolta che clandestinamente. In tempo di pace, gli elementi, spesso tenuti segretissimi, che possono formare oggetto dell'attività di spionaggio, riguardano soprattutto la mobilitazione, le formazioni di guerra, la sistemazione difensiva del terreno, l'organizzazione delle comunicazioni, il probabile piano di operazioni. Inoltre - poiché la potenza bellica di uno stato è data non solo dalla sua efficienza militare, ma anche dalla sua organizzazione interna - le notizie militari dovranno essere completate con quelle relative alle risorse agricole, industriali, finanziarie, tecniche del paese.

Lo spionaggio in tempo di guerra è enormemente più difficoltoso e oneroso di quello organizzato in tempo di pace: il reclutamento di agenti sicuri, disposti a correre il rischio delle sanzioni penali previste nella speciale situazione, è infinitamente più difficile, anche perché è necessario premunirsi contro gli elementi poco scrupolosi e qualche volta falsi, che talora giuocano una partita doppia, facendo la spia di entrambi i belligeranti.

In tempo di guerra il servizio di spionaggio militare viene, per una parte, esteso alle grandi retrovie nemiche e alle proprie "servizio in profondità"); e per un'altra parte invece è organizzato presso i comandi delle grandi unità ("servizio di periferia" o servizio informazioni delle truppe operanti). Nell'immmenza di combattimenti importanti è di sommo interesse per i comandi conoscere di quali e quanti mezzi e forze disponga l'avversario, e come essi siano distribuiti sul terreno. Tale ricerca viene fatta sistematicamente, sulla base di un piano e di un'organizzazione prestabiliti: le notizie vengono controllate, accentrate e classificate in vista della loro utilizzazione precisa e tempestiva.

Durante il combattimento il servizio di spionaggio intensifica la sua azione e la rende più celere, onde assicurare la immediata utilizzazione delle informazioni.

Altri compiti affidati allo spionaggio sono lo speciale controllo sui servizî d'informazione della stampa nazionale ed estera, l'intercettazione di notizie segrete trasmesse per posta, per telegrafo, per telefono o con altri mezzi, ecc. Altro compito importante è quello del controspionaggio, ossia l'indagine volta a contrastare e reprimere sia il servizio di spionaggio organizzato da altri stati, sia la rivelazione, a opera di cittadini dello stato postisi al servizio dello straniero, di notizie riguardanti segreti politici e militari.

Cenni storici. - Lo spionaggio è certo antichissimo, e ne troviamo traccia in documenti egiziani. Annibale, secondo Polibio, si fece precedere in Italia da un gran numero d'informatori, incaricati di raccogliere ogni notizia che avrebbe potuto riuscirgli utile. Atti di spionaggio sono ricordati a più riprese da Senofonte e da Cesare. Si vuole che Nerone e Caligola si servissero di spie su larghissima scala. Nel Medioevo, uno degli esempî più cospicui ci è offerto da Alfredo il Grande d'Inghilterra (sec. IX) che, travestito da bardo, riuscì a scoprire i segreti del nemico e a sconfiggere i Danesi. Baiardo, il "cavaliere senza macchia e senza paura", fece anch'egli largo uso di spie, con risultati cospicui (ad es., il fallimento dell'assedio posto dai suoi nemici a Mézières, 1521). Nel sec. XVI si hanno le prime organizzazioni sistematiche del servizio di spionaggio da parte di stati, di condottieri, di uomini di governo. Tra i primi a organizzare un sistema completo di spie di guerra furono Eugenio di Savoia (che dovette al suo servizio informazioni la presa di Mantova nel 1701 e di Cremona nel 1702) e Federico II; si attribuisce anzi a questo, allorché sconfisse il maresciallo di Soubise, la frase: "il maresciallo si fa sempre seguire da un centinaio di cuochi; io mi faccio precedere da un centinaio di spie". Grandi uomini di stato come Cromwell o Richelieu dovettero buona parte dei loro successi, sia in politica interna sia in politica estera, al largo servizio di spionaggio che seppero organizzare.

Notizie precise sul "servizio informazioni" si hanno però solo a partire dalla metà del sec. XVIII. In Francia fu istituito, presso il Ministero della guerra, un ufficio detto "della parte segreta", progenitore dell'attuale Deuxième Bureau dello Stato maggiore. Durante le guerre della rivoluzione francese l'organizzazione spionistica è già si può dire completa, e all'epoca di Napoleone viene resa stabile in tutti gli stati, particolarmente in Inghilterra, Francia, Prussia e Austria.

Napoleone stipendiò largamente i capi del suo servizio di spionaggio, diretto da R. Savary, duca di Rovigo, che aveva ai suoi ordini il famoso Schülmeister: questi, fingendosi spia anche del generale austriaco K. Mack, contribuì validamente alla capitolazione di Ulm (1805). Fouché e Talleyrand assecondarono con grande zelo l'imperatore, le cui lettere rivelano quanta importanza egli attribuisse allo spionaggio in pace e in guerra.

Organizzazione. - L'organizzazione dello spionaggio militare nei varî stati, se muta nella forma e nella denominazione (Intelligence service, Deuxième Bureau, ecc.) non muta nei metodi e nella sostanza. Tutti i servizî informazioni sono ufficialmente diretti dalle autorità militari e sono costituiti da un organo o ufficio centrale e da un numero vario di organi o uffici periferici. A questi ultimi, che sono generalnente dislocati in zone prossime allo stato da sorvegliare, è devoluto il compito di reclutare e di mantenere il contatto diretto o indiretto con gli agenti clandestini in azione nei varî stati. Le notizie fornite da questi informatori vengono dagli uffici periferici raccolte, riunite e sottoposte a un primo esame, dopo di che sono trasmesse all'ufficio centrale che provvede alla loro elaborazione definitiva e alla loro comunicazione agli organi superiori dello stato. Oltre agli uffici periferici suddetti, dislocati in territorio nazionale, tutti i servizî informazioni provvedono a organizzare centri di spionaggio nello stesso territorio estero, mascherandone l'attività sotto un'appropriata copertura.

Varî sono i metodi impiegati per il reclutamento e lo sfruttamento degli agenti incaricati di ricercare notizie sugli stati indicati dagli organi centrali: la maggior parte di essi sono rappresentati da gente bramosa di guadagno, che spesso non esita a offrire i proprî servizî anche contro il proprio paese. Moltissimi sono gl'informatori di professione; però questi non esercitano normalmente lo spionaggio contro il proprio paese, ma quasi sempre s'incaricano di fornire notizie sul conto di un altro stato. Gl'informatori occasionali che sovente forniscono le più importanti notizie sono invece abilmente scelti fra le persone aventi particolari mansioni e che si trovano ad aver bisogno di denaro o di aiuto.

Per la trasmissione delle notizie, specialmente in tempo di guerra, vengono utilizzati tutti i più moderni e i più impensati ritrovati tecnici. Ogni notizia viene rigorosamente controllata e vagliata: la critica fatta in base ai particolari, eventualmente, già noti della notizia, costituisce l'arma fondamentale del controllo.

Diritto.

Le pene comminate per i reati di spionaggio e di rivelazione tendono a colpire l'azione di coloro che violano i segreti dello stato. Questo, invero, per scopi politici e militari, ha bisogno, come ogni altra persona fisica o giuridica, per la realizzazione di finalita di massima importanza, che alcuni suoi atti rimangano segreti.

Il codice penale italiano del 1930 ha eliminato molti dubbî, che sorgevano dalla formulazione degli articoli 107 e 110 del codice.

La manomissione dei segreti dello stato può dar luogo a varie forme di reati che si possono così raggruppare: 1. a) Procacciamento di notizie che, nell'interesse della sicurezza dello stato o dell'ordine politico interno, devono rimanere segrete (art. 256); b) procacciamento di notizie delle quali è stata vietata la divulgazione (art. 256, 2° cap.). 2. Spionaggio: procacciamento delle notizie indicate nei due numeri precedenti a scopo di spionaggio politico o militare (articoli 257, 258). 3. Spionaggio indiziario: l'introduzione clandestina in luoghi dove è vietato l'accesso, e l'essere trovato in possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio (art. 260). 4. a) Rivelazione di notizie che, nell'interesse della sicurezza dello stato o dell'ordine politico interno, devono rimanere segrete (art. 261, 1ª parte); b) rivelazione di notizie delle quali è stata vietata la divulgazione (art. 262, 1ª parte). 5. Rivelazione di notizie a scopo di spionaggio politico-militare (art. 261, 2° cap. e 262, 2° cap.).

Il procacciamento, senza lo scopo di spionaggio politico o militare, di notizie che, nell'interesse della sicurezza dello stato, o, comunque, nell'interesse politico interno o internazionale dello stato, debbono rimanere segrete è previsto dall'art. 256. Perché s'incorra in tale delitto è necessaria un'attività, diretta o indiretta, esplicata con qualsiasi mezzo, violenza, inganno, frode, che porti alla conoscenza di fatti, documenti o atti, che devono rimanere segreti per la sicurezza politico-militare, economica o finanziaria dello stato. Non è necessario che il fatto abbia cagionato danno allo stato trattandosi nella sua forma normale di un reato formale di pericolo (presunto). Nel capoverso dello stesso articolo è stabilito che fra le notizie che debbono rimanere segrete nell'interesse politico dello stato, sono comprese quelle contenute in atti del governo da esso non pubblicati per ragioni di ordine politico interno o internazionale. Nel penultimo capoverso è previsto il caso meno grave che il divieto di divulgazione derivi da un ordine dell'autorità competente. Si tratta, nel caso, di notizie non riflettenti segreti politici o militari, ma che tuttavia per il loro speciale carattere lo stato ha interesse che non vengano svelate: così, ad es., lo stato della salute pubblica in un dato momento politico. Nella prima ipotesi la pena è della reclusione da tre a dieci anni; nella seconda da due a otto anni.

Si applica la pena di morte se il fatto ha compromesso la preparazione o l'efficienza bellica dello stato, ovvero le operazioni militari.

Il reato di spionaggio si distingue dal reato di procacciamento di notizie per lo scopo. È necessario il dolo specifico, la coscienza e la volontà, cioè, di procurare a sé notizie a scopo di spionaggio. Questo può essere concepito sia come mezzo per valersi del segreto a proprio profitto per mire d'ordine politico, sia per comunicare il segreto ad altre persone che abbiano interesse a conoscerlo per motivi in tutto o in parte politici. Sarà questo d'ordinario un agente di un governo estero, ma potrà essere anche un rappresentante diretto o indiretto di un partito politico internazionale, oppure esistente nell'interno del paese. La pena è della reclusione non inferiore a quindici anni nell'ipotesi che le notizie dovessero rimanere segrete nell'interesse della sicurezza dello stato o, comunque, nell'interesse politico interno o internazionale dello stato, e della reclusione non inferiore a dieci anni nell'ipotesi che fosse vietata la divulgazione delle notizie stesse. Si applica la pena di morte: a) se il fatto è commesso nell'interesse di uno stato in guerra con lo stato italiano; b) se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello stato, ovvero le operazioni militari.

Nell'art. 259 è prevista una forma di responsabilità, a titolo colposo, che incombe su colui che, con la sua negligenza, rende possibile o soltanto agevola l'esecuzione di alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 255, 256, 257 e 258.

Il cosiddetto spionaggio indiziario comprende tre ipotesi. Nella prima ipotesi viene punito colui che s'introduce in località di terra, di acqua, di aria, nelle quali sia vietato l'ingresso nell'interesse militare dello stato, se ciò avviene clandestinamente, cioè con mezzi fraudolenti o eludendo la vigilanza. L'elemento subiettivo consiste nel dolo, nella coscienza e nella volontà, cioè, di entrare clandestinamente o con inganno, conoscendo che sia vietato l'accesso. Sussiste il delitto in esame quando manca la prova che l'introduzione avvenne a scopo di procurarsi notizie segrete o riservate o di spionaggio; se si avesse tal prova, si verserebbe nell'ipotesi di tentativo del delitto di procacciamento di notizie o di spionaggio. Perché si verifichi la seconda ipotesi è necessario essere colti in possesso ingiustificato di mezzi idonei, documenti o altro, a commettere alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 256, 257 e 258, in luoghi in cui è vietato l'accesso nell'interesse militare o nelle prossimità di essi. La terza ipotesi richiede soltanto il possesso ingiustificato di documenti o di qualsiasi altra cosa atta a fornire le notizie che sono state indicate come obietto della disposizione dell'art. 256.

Tutte e tre le ipotesi sono punite con la reclusione da uno a cinque anni. Se alcuno dei fatti sopraindicati è commesso in tempo di guerra, la pena della reclusione è da tre a dieci anni.

La rivelazione. - Si ha questa forma di reato quando le notizie di cui è vietata la divulgazione o che devono rimanere segrete nell'interesse della sicurezza dello stato o dell'ordine politico interno o internazionale, sono state rivelate, fatte conoscere, cioè, senza una causa legittima, con qualsiasi mezzo, a una o più persone determinate o indeterminate. Come il reato di procacciamento di notizie, si tratta di un reato di pericolo (presunto). L'obbligo di non rivelare i segreti incombe su chiunque si trovi a conoscenza del segreto sia per cause lecite (ragioni di ufficio), sia per cause illecite (violenze, indiscrezione), sia per caso fortuito. Il reato di rivelazione può derivare anche dall'attività passiva di colui che lascia che altri sottragga documenti o prenda visione del contenuto di questi. L'elemento subiettivo consiste nel dolo, nella coscienza e nella volontà, cioè, di rivelare notizie che, nell'interesse della sicurezza dello stato o, comunque, nell'interesse politico interno o internazionale, debbano rimanere segrete. È irrilevante che il colpevole ritenga che la rivelazione delle notizie non sia nociva agl'interessi dello stato.

Non è stata riprodotta la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo 107 del codice del 1889, che stabiliva un aggravamento di pena per il colpevole che era per ragioni di ufficio in possesso dei documenti oggetto della rivelazione. In tal caso è applicata ora l'aggravante preveduta nel comma n. 9 dell'art. 61.

La pena è della reclusione non inferiore a cinque anni per chi rivela notizie che, nell'interesse della sicurezza dello stato, o nell'interesse politico interno o internazionale dello stato, debbano rimanere segrete; della reclusione non inferiore a tre anni per chi rivela notizie delle quali l'autorità competente abbia vietato la divulgazione. I capoversi degli art. 261 e 262 stabiliscono una pena più grave quando il fatto è commesso in tempo di guerra. L'art. 261 penultimo capoverso sancisce: "Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche a chi ottiene la notizia". Mentre, cioè, non viene punita la passiva ricezione delle notizie, viene punita quella che si sia ottenuta in seguito a istigazione.

Naturalmente la persona che riceve il segreto è obbligata a non commettere altre rivelazioni sotto pena di ricadere nel delitto medesimo. Nell'ultimo capoverso dell'art. 61 è preveduta, anche per questo delitto, l'ipotesi colposa.

Rivelazione a scopo di spionaggio. - S'incorre in tale figura delittuosa quando il delitto, di cui è stato detto precedentemente, sia commesso col dolo specifico, con la coscienza e la volontà, cioè, di rivelare notizie riflettenti l'interesse politico o militare, ovvero l'ordine interno o internazionale a scopo di spionaggio. È stabilita la pena dell'ergastolo quando si sono rivelate notizie che nell'interesse politico o militare non devono essere rivelate; e la pena della reclusione non inferiore a quindici anni, se si sono rivelate notizie delle quali l'autorità competente ha vietato la divulgazione. Entrambe le ipotesi, commesse in tempo di guerra, sono punite con la pena di morte.

I delitti di spionaggio e di rivelazione hanno comune l'oggetto della tutela, ossia i segreti dello stato; identico è in definitiva il risultato delle due azioni criminose, cioè la manomissione del segreto e della riservatezza delle notizie; identiche sono le circostanze aggravanti, le quali hanno riguardo all'evento di danno o di pericolo quale conseguenza obiettivamente considerata del delitto. La differenza tra i reati predetti consiste nel fatto che l'agente nel primo caso limita la sua attività al procacciamento di notizie che lo stato ha interesse che non siano conosciute, nel secondo caso comunica a una o più persone le notizie stesse. Pertanto, normalmente, la seconda ipotesi, a differenza della prima, richiede per la sua verificazione due persone.

I reati, esaminati nella forma dolosa, attualmente sono di competenza del tribunale speciale (art. 3, legge 4 giugno 1931, n. 674), salvo la facoltà di rimettere il procedimento al giudice ordinario (art. 5, r. decr. 13 marzo 1927, n. 313).

A norma dell'art. 61, n. 2, se il mezzo adoperato dal colpevole per commettere il delitto di rivelazione costituisce per sé stesso reato, si avrà concorso materiale di reati connessi (art. 61, n. 2) a meno che il reato-mezzo non sia preveduto come circostanza aggravante del delitto di rivelazione (art. 84). Così chi si procura e poi rivela segreti di stato risponderà di due delitti, cioè di procacciamento di notizie o di spionaggio, a seconda che abbia agito o no a scopo di spionaggio, e di rivelazione.

Bibl.: Per lo spionaggio in genere, e per la sua storia, v. tra l'altro: F Routier, L'espionnage et la trahison en temps de paix et en temps de guerre, Parigi 1914; P. e S. Lanoir, Espions, espionnage, voll. 2, ivi 1916-17; R. Boucard, I segreti dello spionaggio tedesco, Milano 1932; M. McKenna, Comment on devient espion, Parigi 1935; M. Ronge, Les maîtres de l'espionnage, ivi 1935. - Per il diritto moderno, v.: A. Zublin, Die moderne Spionagegesetzgebung, Zurigo 1895; Pennetti, Reato di spionaggio in tempo di guerra e di pace, in Rivista italiana di scienze sociali e politiche, Napoli 1896; E. Florian, Delitti contro la sicurezza dello Stato, in Trattato di dir. pen., II, Milano 1915; Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, VI, ii, Roma 1929, p. 32; C. Saltelli, E. Romano, Commento teorico pratico del nuovo codice penale, II, i, Torino 1931, p. 70; G. Maggiore, Principii di diritto penale, II, parte speciale, Bologna 1914, p. 30 segg.; Di Vico, La rivelazione dei segreti di Stato, in Annali di diritto e procedura penale, 1934, nn. 1-2; V. Manzini, Trattato di diritto penale italiano, IV, Torino 1934, p. 168 segg.