STAZIONI idrominerali

Enciclopedia Italiana (1936)

STAZIONI idrominerali

Guido Ruata

Vengono così denominate le località che posseggono acque minerali utilizzate a mezzo d'appositi impianti per scopo curativo. Meno propriamente sono anche chiamate stazioni termali, poiché nel significato comune vi si comprendono anche quelle ove sono usate acque minerali fredde, cioè non termali. Questa pratica terapeutica ha tradizioni antichissime, specialmente in Italia, come pure negli altri paesi che ricevettero l'impronta della civiltà romana (v. bagni). Le acque minerali sono largamente distribuite su tutta la superficie della terra, ma il loro sfruttamento terapeutico presenta da plaga a plaga differenze profonde; nullo in talune, esiguo, primitivo o appena avviato in altre, ha invece raggiunto, in altre ancora, un grande sviluppo. Tale è il caso dell'Europa dove un complesso imponente di acque minerali alimenta una gamma svariatissima di stazioni di cura: queste sono particolarmente numerose, progredite e frequentate, oltre che in Italia, anche in Francia, in Germania, in Cecoslovacchia, in Austria, in Ungheria, paesi nei quali per antica tradizione le cure idrominerali sono tenute in alto onore e vi rappresentano un ramo importante della terapia non meno che un cospicuo fattore di ricchezza.

La Francia possiede circa 500 gruppi di sorgenti d'ogni termalità e composizione, dalle quali l'idrologia medica francese ha tratto partito orientandosi decisamente verso la specializzazione delle cure: infatti ciascuna di quelle stazioni si richiama, come indicazione dominante, alla malattia o gruppo di malattie per le quali il proprio elemento idrominerale appare costituire il trattamento di scelta. Le stazioni idrominerali francesi sono oltre 120; parecchie di esse sono delle vere e proprie "città d'acque" di rinomanza e di frequentazione cosmopolita, dove alla perfezione della tecnica crenoterapica corrisponde l'organizzazione del soggiorno ricco d'ogni agio e comodità.

In Germania si noverano circa 300 gruppi di sorgenti con più di 200 stazioni, oltre la metà delle quali utilizzano acque salate (cloruratosodiche) e ferruginose. Tanto nei centri maggiori quanto in quelli minori gli stabilimenti di cura sono per lo più dotati di impianti moderni e tecnicamente perfetti e il soggiorno vi è reso sommamente confortevole e tale da poter soddisfare qualsiasi esigenza: non poche stazioni tedesche godono di notorietà anche oltre i confini e sono a ogni stagione frequentate da clientele internazionali. Altrettanto è a dirsi della Cecoslovacchia, dove esistono una ventina di stazioni, alcune delle quali famose in tutto il mondo, e così pure dell'Austria, dell'Ungheria e della Svizzera ricche di luoghi di cura e d'acque molto apprezzati e frequentati.

Abbondanza e varietà d'acque minerali si riscontrano nella Spagna, nel Portogallo e in Romania, convenientemente sfruttate a scopo di cura in parecchie località, come pure nell'U. R. S. S. (Caucaso) e in Polonia. Ne scarseggiano invece il Belgio, la Grecia, la Turchia, i paesi scandinavi, quelli baltici e la Gran Bretagna che possiede solo poche stazioni idrominerali.

L'Italia è ricchissima di sorgenti minerali, sparse in oltre 800 comuni dell'intero territorio e particolarmente abbondanti in alcune regioni, come la Toscana, l'Emilia, la Campania, il Lazio. Un centinaio di questi luoghi possono essere considerati stazioni idrominerali, in quanto posseggono impianti di cura e offrono, insieme, delle comodità di soggiorno: intercedono fra esse notevoli differenze qualitative che vanno dalle grandi e lussuose "città d'acque" universalmente celebrate alle ottime stazioni di frequentazione prevalentemente nazionale, a quelle più semplici d'importanza regionale e alle più modeste d'interesse puramente locale. Caratteristica saliente del patrimonio idrominerale italiano è quella di comprendere una scala eccezionalmente variata di acque, alla quale perciò corrisponde un numero rilevantissimo d'indicazioni terapeutiche.

Secondo la loro composizione chimica le acque minerali possono essere ripartite nei gruppi seguenti:

Clorurate. - Un primo gruppo è quello delle cloruro-sodiche in cui l'elemento principale è rappresentato dal cloruro di sodio, il comune sale da cucina; la quantità di cloruro di sodio contenuto in tali acque è assai variabile, potendo andare da 1 grammo a oltre 300 grammi per litro: vi si distinguono perciò delle cloruro-sodiche forti, con più di 50 gr. di sale, delle medie, con 100 a 50 gr., e delle deboli con meno di 10 gr. Un altro gruppo è quello delle clorurate miste e complesse, in, cui cioè al cloruro di sodio s'associano altri composti, come solfuri, solfati, bicarbonati e altri sali: vi appartengono le salso-iodiche, le quali, oltre al cloruro di sodio, contengono anche iodio, bromo e talora litio.

Bicarbonate. - Sono rappresentate dalle bicarbonato-sodiche, dalle bicarbonato-calciche e dalle miste, contenenti cioè in proporzioni varie del bicarbonato di sodio e del bicarbonato di calcio. In altri gruppi della stessa categoria ai bicarbonati si aggiungono i cloruri o i solfati, oppure ambedue questi ultimi, formando così il gruppo delle acque bicarbonate complesse.

Solforose. - Vi sono compresi due gruppi principali: le solforose sodiche, in cui predomina il solfuro di sodio, debolmente mineralizzate e quasi sempre termali, e le solforose calciche a base di solfuro di calcio, abitualmente fredde. Mentre il solfuro di sodio è un sale abbastanza stabile, il solfuro di calcio si altera facilmente dando luogo allo sviluppo di acido solfidrico, che imparte alle acque il caratteristico odore di uova fradice. Le solforose calciche sono assai diffuse, più rare invece le solforose sodiche.

Solfatate. - Vi si distinguono le acque solfato-calciche, le solfato-sodiche e le solfato-magnesiache, oltre a un gruppo misto di sodico-calciche; le sodiche e le magnesiache costituiscono la classe delle acque purgative.

Ferruginose e arsenicali. - Il ferro si trova abitualmente nelle acque minerali sotto forma di bicarbonato e di solfato di ferro: donde due gruppi di bicarbonato-ferruginose e di solfato ferruginose. Nelle prime il ferro è in forma instabile e si deposita quindi facilmente, a meno che non vi sia tenuto in soluzione dall'acido carbonico. In ogni modo nelle une e nelle altre il ferro è contenuto in quantità relativamente piccole. Alcune acque ferruginose contengono arsenico in discreta quantità, formando il gruppo delle arsenicali ferruginose.

Oligometalliche. - Sono le acque che per la loro scarsissima mineralizzazione non possono trovar posto in alcuna delle categorie precedenti; ve ne sono di termali e di fredde e molte di esse manifestano energiche proprietà terapeutiche.

Le cure d'acque minerali risalgono a epoca assai remota: la leggenda prima, la storia poi, ci tramandano la fama delle virtù miracolose attribuite a tante sorgenti, così come nei vecchi codici della medicina si trovano numerose osservazioni sulle proprietà salutari di esse e vi si cerca spesso di spiegarle con le più curiose teorie che l'empirismo dei tempi andati abbia saputo formulare. Il concetto dell'essenza divina vi s'intreccia continuamente: "In nessuna parte della natura la potenza divina si è palesata con tanti miracoli come nelle acque" affermava Andrea Bacci, medico e filosofo romano del '500; e Hyeronimus Zunthus, professore di medicina a Parma, un secolo dopo parimenti scriveva: "L'origine delle acque termali è così meravigliosa e tanto oltre la scienza degli uomini, da ritenersi sacra poiché non per azione umana, ma divina, esse guariscono le infermità, pur rimanendone ignote a noi le cause".

Naturalmente anche la superstizione vi ebbe largo campo; persino molte acque erano chiamate "superstiziose" per le strane qualità ad esse affibbiate. Per es., certune avevano il potere di far mutare il colore del pelo agli animali che se ne abbeveravano; una sorgente inspirava invincibile orrore per il vino in coloro che ne bevevano, rendendoli astemî; un'altra faceva coprir di piaghe le membra degli spergiuri, lasciando indenni i veritieri; l'acqua d'una fonte, recata a un ammalato, rimaneva limpida se egli doveva guarire, s'intorbidava, invece, se avesse dovuto morire, e via dicendo. Ma lasciando in disparte le leggende, le superstizioni e la taumaturgia, i medici e gli scrittori d'idrologia riferivano le proprietà terapeutiche delle acque alla loro temperatura e al contenuto minerale di esse, riconoscendone i più svariati effetti sull'organismo: "stimolante, contraente, rilassante, astringente, incarnante, attenuante, dolcificante, diluente, alterante, emolliente, corroborante, detergente, risolvente, calefaciente, maturante, aperitivo, lassativo, espulsivo, anodino", sono i termini che più comunemente si riscontrano per definire l'azione delle acque minerali. Le applicazioni curative corrispondono press'a poco a quelle oggi in uso, come la bevanda, il bagno, la doccia, le spugnature, le irrigazioni, i fanghi, le stufe. La terapia idrominerale ha quindi origini antichissime, sia per la conoscenza delle acque, sia nel modo di usarle, sia nel determinarne gli effetti sulle infermità, a seconda della loro natura.

Nella crenoterapia la bevanda è certamente la forma di cura più diffusa, quella a cui debbono la loro fama molte delle maggiori e più celebrate stazioni, per es. Montecatini, Fiuggi, Roncegno, Levico, S. Pellegrino, Chianciano, Bognanco. Il modo di somministrazione dell'acqua varia da stazione a stazione, a seconda delle proprietà terapeutiche di essa, dipendenti dalla sua costituzione fisicochimica e in relazione agli effetti che se ne vogliono ottenere, in via generale sull'intero organismo o localizzati a dati organi, come lo stomaco, l'intestino, il rene. L'esperienza ha determinato, si può dire per ogni acqua, un proprio regime d'ingestione, onde sarebbe vano tentare di stabilire delle regole generali. Si deve peraltro ricordare che la vecchia tendenza di far bere agli ammalati delle quantità forti, talora smodate, d'acqua, è quasi ovunque abbandonata: si preferiscono abitualmente delle dosi moderate e suddivise come quelle che dànno i migliori risultati senza recare dei disturbi. Riportano parecchi autori che Archigene, medico a Roma nell'epoca neroniana, consigliasse di bere per cura sei o sette litri di acqua minerale; Tura di Castello, medico bolognese del Trecento, nel suo trattato sulle acque della Porretta prescriveva di berne sino a che l'acqua rigurgitasse chiara dalla bocca, o fosse altrimenti emessa. È risaputo che Madame de Sévigné beveva giornalmente non meno di dodici bicchieri di acqua di Vichy, mentre oggi non si giunge che alla metà. Max Durand-Fardel cita il caso di persone che ne bevevano 50 bicchieri al giorno, e 150 delle acque di Fuzet, durante qualche settimana. L'esagerazione di queste pratiche, inutili sempre e frequentemente dannose, è oggi più che mai manifesta; essa contrasta singolarmente con il regime di ingestione razionale, indicato nelle varie stazioni dai medici termali, in cui le alte dosi sono quasi dappertutto proscritte.

Le cure di bevanda, o idropiniche, si fanno generalmente al mattino a digiuno, specie se si deve agire sull'intestino o sul rene; talvolta dopo i pasti, quando si vuol influire sull'andamento della digestione. L'acqua viene assorbita, non "divorandola in un unico sorso" ma a varie riprese - come già scriveva G. Falloppia: "Nec debet bibere ingurgitando, devorandoque unico haustu, sed leviter et pluribus haustibus" - e passeggiando fra gl'intervalli. La passeggiata alternantesi alle ingestioni è stata, per così dire, un dogma sino a molti anni addietro, che anche ora è religiosamente rispettato nella maggior parte delle stazioni. "La promenade est celui de tous les plaisirs qui est le plus utile aux buveurs d'eaux", diceva nel Settecento Gian Filippo di Limburgo, parlando delle famose acque di Spa; a tale pratica in non poche località si attribuisce un'importanza quasi superstiziosa, tanto che si sono costruiti, in alcune stazioni, dei viali di lunghezza calcolata che vengono quindi percorsi, tra un bicchiere e l'altro, in un lasso di tempo egualmente preveduto. Questo rigorismo è eccessivo; d'altra parte osservazioni più recenti hanno portato a preferire per certe cure l'ingestione in posizione coricata, poiché il "clinostatismo" - come si chiama - favorisce assai meglio l'assorbimento, e perciò l'azione, dell'acqua medicamentosa.

Negli stabilimenti termali l'impianto del "bevitorio" o buvette è o dovrebbe essere fatto sul luogo stesso ove scaturisce l'acqua; ne è particolarità essenziale e delicata il modo come le polle sono state catturate e condotte alla distribuzione: una buona captazione deve assicurare l'utilizzazione perfetta delle sorgenti, mantenendo all'acqua, insieme con la temperatura originaria, l'integrità dei suoi componenti disciolti e dei gas, proteggendola non solamente da infiltrazioni estranee, ma anche dall'accesso di microbî che potrebbero comprometterne la salubrità. In una parola, l'acqua minerale al momento del consumo deve conservare le medesime condizioni in cui si trova all'emergenza. Il segreto del successo di molti stabilimenti risiede precisamente nella perfezione degl'impianti di cattura delle acque; il discredito irrimediabile in cui non pochi sono caduti è stato cagionato dal cattivo sistema di raccolta di esse.

In parecchie stazioni termali la balneazione è il complemento necessario della cura idropinica, ma in molte altre - ove invece la bevanda è esclusa - costituisce la cura fondamentale. Un esempio di stazione idrominerale a tipo nettamente balneare è dato da Salsomaggiore, i cui stabilimenti possono fornire giornalmente un numero di bagni non raggiunto in alcun'altra stazione. La forma del bagno termale più generalmente usata è quella in vasca ad acqua ferma, nella quantità di 300-400 litri. Perciò le vasche, o tine, hanno, di solito, dimensioni e capacità assai superiori a quelle usate per il bagno domestico, che abitualmente è di 180-200 litri, e la ragione ne è evidente: il bagno fatto a scopo curativo richiede una durata quasi sempre assai maggiore del bagno di pulizia; occorre dunque che il bagnante possa rimanere immerso nell'acqua uniformemente e in posizione abbastanza comoda perché non si stanchi. Il materiale di cui sono fabbricate le vasche è assai vario: abbandonate quasi ovunque le vecchie tine di legno, se ne trovano di pietra, di marmo, di granito, di cemento, di zinco, di ghisa o ferro smaltato, di ceramica. La scelta delle vasche è determinata spesso dalle consuetudini locali, dal prezzo, e in certi casi dall'azione deteriorante o incrostante che può essere esercitata dall'acqua minerale. Oggi si preferiscono quasi dappertutto le vasche di porcellana che per l'estetica, la pulizia e la durata superano tutte le altre.

Nelle stazioni termali il bagno preso al mattino riscuote maggior favore: meno in contingenze speciali, in cui l'indicazione medica ne è precisa, è possibile che tale pratica sia invalsa più che altro per ragioni di comodità. Il bagno pomeridiano, infatti, a conveniente distanza dal pasto, non dà effetti inferiori al primo, talvolta anzi è ad esso preferibile perché agisce beneficamente sull'organismo quando si sia affaticato nelle ore precedenti della giornata.

L'azione esercitata dal bagno minerale varia naturalmente a seconda della composizione dell'acqua, della sua temperatura e della durata. Si discute tuttora tra i medici sull'assorbimento dei principî medicamentosi del bagno da parte della cute: ammesso da alcuni, da altri ritenuto probabile in misura più o meno ridotta, è da molti nettamente escluso. A prescindere da tale discussione, conviene per la realtà pratica ritenere il fatto che gli effetti determinati dal bagno sull'organismo sono in relazione alla natura della mineralizzazione dell'acqua, onde l'esperienza ha tratto indicazioni precise per la cura delle diverse malattie, che si giovano infatti dell'una piuttosto che dell'altra qualità d'acqua minerale. Basta ricordare che l'azione di un bagno caldo fatto con acqua semplice non è punto comparabile a quella esercitata da un bagno medicamentoso preso alla stessa temperatura, per ammettere che, se anche i principî minerali non vengono assorbiti dalla pelle, determinano tuttavia nell'acqua delle condizioni particolari che le conferiscono delle proprietà terapeutiche precise e ben controllate dall'osservazione quotidiana.

La tecnica delle applicazioni balneari è naturalmente subordinata alle condizioni derivanti dalla natura dell'acqua minerale in rapporto alle malattie da trattare. Mentre alcune acque, a mineralizzazione debole o media, vengono adoperate tali quali, le acque a mineralizzazione forte - e specialmente le cloruro-sodiche - richiedono d'essere più o meno diluite. In generale la cura si stabilisce in base a una serie di bagni a densità crescenti, attraverso le quali l'organismo va abituandosi, senza scosse, a una medicazione sempre più energica. Anche la temperatura del bagno viene regolata diversamente a seconda degli effetti desiderati. In genere dalla terapia termale sono bandite le temperature estreme, troppo fredde o troppo calde, a cagione delle vive reazioni da esse provocate. Nei riguardi della temperatura, si considera come sedativo il bagno a 32°-35°, che diviene progressivamente stimolante se lo si eleva a 36°-38°: l'azione termica del bagno, come si comprende, è modificata dalla composizione chimica dell'acqua, tanto che un bagno cloruro-sodico forte, p. es., può riuscire più stimolante a 34°, di quel che non sia un bagno alcalino medio a 37°. Alle stesse condizioni già accennate è soggetta la durata del bagno: secondo la qualità e l'abbondanza della mineralizzazione, il grado della temperatura e l'infermità da curare, si adottano periodi di balneazione differentissimi. Certo il bagno notevolmente freddo o caldo si presuppone di corta durata, da 10 a 20 minuti; non così per quelli a temperature intermedie che vanno da mezz'ora a un'ora e talora anche oltre. Il bagno a lunghissima durata fu nei tempi passati assai in onore. In certe stazioni si facevano dei bagni che duravano ininterrottamente dal mattino alla sera, e se ne citano alcuni portati sino a 20 e 50 ore. Il bagno prolungato, anche lontano da tali eccessi, non può essere preso che ad acqua corrente, la quale abbia una temperatura naturale appropriata e costante. Questa applicazione è in uso - e con eccellenti effetti - in parecchie stazioni termali: in Italia, p. es., a Chianciano, Porretta, Casciana. Esso si pratica in vasche o in piscine individuali munite di tubazioni d'ingresso e di scarico che le mantengono piene d'acqua in continuo deflusso.

Le piscine in comune rappresentano un'altra forma di bagno minerale ad acqua corrente, il quale presenta il vantaggio - in certi casi non trascurabile - di consentire del moto e dell'esercizio. Ne sono forniti parecchi stabilimenti anche in Italia, come ad Acque Albule, Acqui, Bormio, Telese.

Scorrendo "l'armamentario" balneare delle stazioni termali, si riscontrano spesso delle varianti al bagno idrominerale comune. Alcune di esse vi sono conservate come una specie di caratteristica della stazione; altre rispondono a scopi ben definiti di cura che per determinate malattie e con determinate acque raggiungono risultati veramente notevoli; altre, infine, possono essere considerate come cure complementari di utilità generale. Troviamo così i bagni parziali per arti superiori e inferiori e il bagno di bacino, il quale non è che il comune semicupio. Accanto a essi il bagno in vasca con doccia sottomarina, enfatica espressione la quale sta semplicemente a indicare un getto di doccia applicato a una parte malata del corpo, mentre esso è immerso in un bagno termale ordinario; la doccia naturalmente si fa con la stessa acqua minerale a una temperatura di qualche grado superiore a quella del bagno. Finalmente il bagno di onde, consistente in un bagno caldo, preso in una piscina individuale, in ultimo completato da una massa d'acqua fredda che si rovescia sul bagnante e lo investe a ondate per qualche minuto.

La cura dei fanghi ha origini assai remote e prettamente italiane: da molti secoli il lutus è in uso nelle terme d'Italia più famose, e le illutazioni medicamentose anche per l'addietro costituivano uno dei coefficienti maggiori della rinomanza di molte di esse. Basti citare, per tutte, le varie località termali dei Colli Euganei ove, come oggi, le fangature venivano estesamente praticate "per rammollire le parti indurite - riferisce Gabriele Falloppia - per ottenere un'azione risolvente e fortificante sulle parti nervose e sulle articolazioni". L'applicazione si faceva in tre diversi modi: con fango riscaldato artificialmente, con fango naturalmente termale, con fango applicato tiepido ed esponendo al sole meridiano d'estate la parte lutata: in ogni caso facendo seguire al trattamento, che durava da una a due ore, un bagno minerale. In qualche luogo era praticata l'immersione in fango liquido, sistema seguito anche presentemente in molte stazioni dell'estero. Il fango consisteva nel sedimento abbandonato delle acque termali - "le feccie, la sporcizia e il sudiciume che rimane in fondo a esse", come lo definiva H. Zunthus - ovvero in terre grasse, tenaci e untuose che si lasciavano macerare nelle acque minerali.

I fanghi attualmente in uso nelle stazioni italiane di cura sono di specie differenti, non solo per la natura delle materie che li compongono, ma anche per le proprietà terapeutiche dovute alle acque da cui provengono. Esistono fanghi vegetali, costituiti essenzialmente da masse di protofiti, le quali si sviluppano copiose in alcune acque termali: ne sono tipo le muffe di Valdieri. Più comuni sono i fanghi minerali, poltiglie argillose che per il lungo soggiorno - una vera e propria macerazione - nelle acque minerali ne hanno assorbiti i principî medicamentosi, come quelli di Abano, di Battaglia, di Acqui, di Agnano, di Salsomaggiore, ecc. In alcuni di essi tuttavia, come p. es. ad Abano, v'è parte cospicua di materie vegetali, provenienti dalle rigogliose vegetazioni protofitiche di cui sono la sede. Finalmente si preparano anche dei fanghi con materiali complessi tratti da torbiere e paludi e convenientemente manipolati per l'uso; è un metodo seguito in Boemia e in Germania.

Il sistema di applicazione dei fanghi più generalmente adottato nelle terme italiane è quello dell'impacco generale o parziale, che sostanzialmente risponde all'antica lutazione. Il fango, preparato e riscaldato a differenti temperature secondo le prescrizioni (generalmente fra 45° e 50°), viene applicato sulle parti da curare a strati più o meno spessi ed estesi, e lo si lascia per un tempo più o meno lungo. Alla fangatura si fa seguire un bagno caldo d'acqua minerale che ne integra l'azione, o d'acqua semplice per il lavaggio. L'applicazione, sia per la temperatura sia per le proprietà medicamentose che possiede, è assai attiva ed energica, ond'è considerata come uno dei mezzi più efficaci di terapia termominerale. In questi ultimi tempi i fanghi hanno acquistato anche maggiore importanza che per il passato, perché riscontrati di grande utilità nella cura di postumi di ferite e di altri traumi, e nella terapia ginecologica.

Com'è stato accennato sopra, in molte stazioni dell'estero predomina ancora il cosiddetto bagno di fango: il fango cioè è stemperato in acqua minerale in guisa d'averne una poltiglia assai fluida che serve per bagni presi in vasche o in piccole piscine. Naturalmente questa pratica - pur manifestandosi utile in varie forme - è assai lontana dal poter sostituire le fangature vere e proprie fatte con il metodo italiano.

Fino dall'epoca romana erano in grande onore le stufe sudatorie naturali, la cui fama si è mantenuta attraverso i secoli. Nata in Italia questa cura termale venne poi diffusa ad altri paesi: a Plombières esiste tuttora un monumentale vaporarium, alimentato dai vapori che si sprigionano da una sorgente termale, costruitovi dai Romani. Oggi ancora molte stufe esistono nelle stazioni idrominerali italiane: quasi tutte sono grotte naturali, ovvero scavate artificialmente, camere o celle sature di vapore emanato dalle acque termali che scorrono sul posto. La temperatura varia da una località all'altra: abitualmente si hanno degli ambienti in serie ov'è possibile passare gradatamente per temperature progressive. Citiamo la Grotta Giusti di Monsummano, a 22°-34°, le stufe di S. Calogero a Sciacca, a 36°-42°, la grotta dei Bagni di Lucca a 37°-41°, la stufa di Bormio da 28° a 36°, la grotta di Battaglia da 36° a 45°, le stufe di Vinadio da 30° a 55°, di Valdieri da 48° a 58°. Tutte queste stufe rappresentano dei veri bagni di vapore, quindi si differenziano dalle stufe di S. Germano ad Agnano ove l'aria è riscaldata dal calore che emana naturalmente attraverso il suolo e le pareti; essa è pressoché secca e anche lievemente medicamentosa per tracce di solfo e d'arsenico; nei varî ambienti si ha una temperatura che va da 37° a 45°.

Il soggiorno degli ammalati nelle stufe varia secondo la loro resistenza e il grado di temperatura dell'ambiente; l'effetto principale ne è quello di provocare una profusa sudorazione. Alla permanenza nelle stufe si fanno seguire generalmente il bagno, la doccia o il massaggio.

Molte acque minerali sono un prezioso elemento curativo delle vie respiratorie. Per portarle a contatto di queste - a meno che non si tratti di semplici gargarismi o lavacri nasali - bisogna che si trovino in istato di grande suddivisione, di guisa che possano essere "inalate" con gli atti inspiratorî. Donde i numerosi sistemi intesi a mettere l'acqua nelle condizioni volute, polverizzandola in forma di nebbia umida, o riducendola allo stato di polvere salina secca. Negli stabilimenti termali si fanno talora delle distinzioni arbitrarie fra polverizzazione, nebulizzazione e inalazione, da cui nascono delle confusioni: in realtà la polverizzazione e la nebulizzazione - quale che sia il sistema col quale sono ottenute - non rappresentano che il mezzo; l'inalazione, o inspirazione, lo scopo. È dunque più appropriato il parlare di cure inalatorie distinguendole in applicazioni individuali e in comune, con acqua minerale polverizzata a umido o a secco.

Le inalazioni individuali si praticano mediante apparecchi ad aspirazione d'aria o di vapore compresso che nebulizzano l'acqua minerale e ne proiettano un getto all'altezza della bocca e del naso dell'ammalato: il getto è graduabile e così pure ne può essere regolata la temperatura. Le inalazioni in comune si fanno in apposite sale sature di una nebbia d'acqua polverizzata che penetra nelle vie aeree con la respirazione. La nebbia è umida quando è composta di goccioline d'acqua finemente suddivise; è secca, invece, quando si trova in stato di polvere asciutta formata dai corpuscoli dei sali contenuti nell'acqua. Quest'ultimo sistema è di genuina creazione italiana (A. Stefanini, G. Gradenigo, V. Nicolai, G. Ruata) e si dimostra un mezzo di cura veramente prezioso in molte affezioni respiratorie. Le inalazioni non costituiscono solamente una cura locale, ma anche un tramite per l'assorbimento attraverso la mucosa respiratoria dei principî medicamentosi, a vantaggio dell'economia generale dell'organismo. Esse sono in uso in molte stazioni, come a Salsomaggiore, Salice, Abano, Porretta, Acque Albule, Agnano, ecc.

Gli utilissimi risultati ottenuti dall'applicazione locale di molte acque minerali sotto forma di irrigazioni o correnti di lavaggio, hanno dato un posto importantissimo, nella terapeutica termale, a queste cure, le quali formano ormai la specialità grandemente ricercata di non poche stazioni. Vi si comprendono le irrigazioni o docce nasali, le irrigazioni ginecologiche (vaginali) fredde, temperate o calde, l'irrigazione intestinale a bassissima pressione o la doccia ascendente con acqua minerale sotto pressione.

Conviene per ultimo ricordare un'applicazione termale assai generalizzata, il massaggio sott'acqua, o doccia-massaggio. Essa fu per molto tempo il privilegio dello stabilimento di Aix-les-Bains, dove si usavano da epoca remota le frizioni articolari sotto una doccia d'acqua termale: al principio del secolo XIX, alla semplice frizione venne sostituito il massaggio, da un medico che l'aveva appreso al Cairo durante la spedizione di Napoleone in Egitto. Da Aix la doccia-massaggio si è estesa a quasi tutte le stazioni termali francesi, sia nella forma originale sia con alcune varianti. Il tipo di Aix consiste nel massaggio generale o parziale praticato sull'infermo disteso su un piano inclinato o seduto su uno sgabello, da uno o due operatori; questi sono muniti di due tubi flessibili, l'uno per l'acqua sotto forte pressione, l'altro per l'acqua a pressione debole, alla temperatura di 35°-41°, con cui irrorano la parte trattata. La seduta, che dura 10-15 minuti, termina con una doccia calda o scozzese. Ancor oggi la doccia-massaggio è la cura principale dello stabilimento di Aix. In Italia è praticata specialmente alle Terme d'Agnano.

Sotto le voci delle singole stazioni idrominerali sono esposte le rispettive indicazioni terapeutiche. A semplice titolo di orientamento, vengono qui di seguito raggruppate le principali stazioni italiane, a seconda dei diversi apparati dell'organismo e dei maggiori complessi morbosi per i quali possono offrire delle indicazioni di cura.

Apparato digerente (stomaco, intestino, fegato). - Acireale, Agnano Terme, Bagni del Màsino, Bagni di Bormio, Bagni di Chianciano, Bognanco, Casino Boario, Castellammare di Stabia, Castroreale Bagni, Comano, Fiuggi, Fonte Bracca, Livorno (Acque della Salute), Montecatini Terme, Peio, Porretta Terme, Rabbi, Recoaro, Riolo dei Bagni, Saint-Vincent, Sangemini, San Pellegrino, Santa Caterina Valfurva, Sant'Andrea dei Bagni, Terme del Brennero, Uliveto.

Vie respiratorie. - Acque Albule (Tivoli), Acqui, Agnano Terme, Bagni di Telese, Castrocaro, Miradolo Terme, Porretta Terme, Riolo dei Bagni, Salice Terme, Salsomaggiore, Santa Cesarea Terme, Sirmione, Tabiano.

Sistema cardio-vascolare. - Abano Terme, Acque Albule, Agnano Terme, Bagni di Casciana, Bagni di Chianciano, Bagni di Lucca, Bagni di Telese, Salice Terme, Salsomaggiore, Santa Cesarea, Uliveto.

Sistema emo-linfatico. - Agnano Terme, Bagni di San Candido, Bognanco, Casamicciola, Castellammare di Stabia, Castrocaro, Castroreale Bagni, Ceresole Reale, Levico-Vetriolo, Peio, Rabbi, Riolo dei Bagni, Roncegno, Salice Terme, Salsomaggiore, Santa Caterina Valfurva.

Reni e vie urinarie. - Acireale, Bagni di Bormio, Bagno di Romagna, Castellammare di Stabia, Fiuggi, Livorno (Acque della Salute), Monsummano, Sangemini, San Pellegrino, Uliveto, Valdieri Terme.

Pelle. - Acireale, Acque Albule, Agnano Terme, Bagni di San Giuliano, Bagni di Telese, Caramanico, Comano, Levico-Vetriolo, Porretta Terme, Riolo dei Bagni, Roncegno, Salice Terme, Santa Cesarea, Sciacca, Sirmione, Tabiano, Trescore Balneario, Valdieri Terme, Vinadio, Viterbo.

Reumatismi artro-neuro-muscolari. - Abano Terme, Acireale, Acque Albule, Acqui, Agnano Terme, Bagni del Màsino, Bagni di Bormio, Bagni di Casciana, Bagni di Lucca, Bagni di Telese, Bagnoli, Caramanico, Casamicciola, Castrocaro, Castroreale Bagni, Civitavecchia, Ischia, Miradolo Terme, Monsummano, Monticelli Terme, Porretta Terme, Pozzuoli, Riolo dei Bagni, Salice Terme, Salsomaggiore, Santa Cesarea, Sant'Andrea dei Bagni, Sciacca, Sirmione, Termini Imerese, Trescore Balneario, Valdieri Terme, Vinadio, Viterbo.

Lesioni osteo-articolari. - Postumi di traumi. - Abano Terme, Acqui, Agnano Terme, Casamicciola, Castrocaro, Ischia, Salice Terme, Salsomaggiore, Valdieri Terme, Vinadio.

Malattie del ricambio. - Abano Terme, Acireale, Acqui, Agnano Terme, Bagni di Bormio, Bagni di Casciana, Bagni di Chianciano, Bagni di Lucca, Bagni di Telese, Bagno di Romagna, Bognanco, Casamicciola, Castellammare di Stabia, Castrocaro, Castroreale Bagni, Fiuggi, Ischia, Levico-Vetriolo, Livorno (Acque della Salute), Monsummano, Montecatini Terme, Porretta Terme, Roncegno, Salice Terme, Salsomaggiore, Sciacca, Sirmione, San Pellegrino, Uliveto, Valdieri Terme, Vinadio.

Affezioni ginecologiche. - Abano Terme, Acireale, Acque Albule, Acqui, Agnano Terme, Bagni di Bormio, Bagni di Casciana, Bagni di Lucca, Bagni di San Giuliano, Bagnoli, Casamicciola, Castrocaro, Miradolo Terme, Porretta Terme, Pozzuoli, Riolo dei Bagni, Santa Cesarea, Salice Terme, Salsomaggiore, Valdieri Terme, Vinadio, Viterbo.

Postumi luetici. - Acque Albule, Agnano Terme, Bagni di Telese, Caramanico, Castrocaro, Monticelli Terme, Porretta Terme, Riolo dei Bagni, Salice Terme, Salsomaggiore, Santa Cesarea, Sirmione, Tabiano, Valdieri Terme, Vinadio.

A norma della vigente legislazione sanitaria italiana, l'apertura e l'esercizio di stabilimenti idrominerali sono subordinati all'autorizzazione del prefetto; la procedura per ottenere tale autorizzazione è indicata nel r. decr. 29 settembre 1919, n. 1924. La vendita delle acque minerali è soggetta invece all'autorizzazione del Ministero dell'interno secondo la procedura pure indicata nel decreto anzidetto.

Le località aventi il carattere di stazioni di cura - come dunque sono le stazioni idrominerali - possono essere ufficialmente riconosciute come tali, a norma della legge 1° luglio 1926, n. 1380: "Provvedimenti per la tutela e lo sviluppo dei luoghi di cura, di soggiorno e di turismo", modificata con la legge 29 gennaio 1934, n. 321. Perché il riconoscimento possa aver luogo è necessario siano raggiunte le condizioni di frequentazione, di attrezzatura e d'igiene che sono specificate nelle due leggi e relativo regolamento. Il decreto di riconoscimento è emanato dal Ministero dell'interno di concerto con il ministro delle Finanze; in ciascuna stazione di cura così riconosciuta è istituita un'azienda autonoma per l'amministrazione della stazione stessa.

Attualmente le stazioni idrominerali che hanno ottenuto il decreto di riconoscimento come stazioni di cura sono le seguenti: Abano Terme, Acireale, Acqui, Bagni di Casciana, Bagni di Lucca, Bognanco, Casamicciola, Castellammare di Stabia, Castel S. Pietro Emilia, Castrocaro, Chianciano, Fiuggi, Guardia Piemontese, Ischia, Levico, Montecatini Terme, Porretta Terme, Recoaro, Riolo dei Bagni, Roncegno, Salice Terme, Salsomaggiore, Santa Cesarea, San Pellegrino, Saint-Vincent, Sirmione.

Bibl.: Bibl. idrologica italiana, a cura dell'Enit, Roma 1928.