LECCHI, Stefano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 64 (2005)

LECCHI, Stefano

Silvia Paoli

Nacque da Antonio nel 1804 in un centro lombardo minore situato tra Milano e Lecco. Il nome della madre è ignoto.

Le fonti (Roma, Arch. del Vicariato, Parrocchia di S. Giacomo in Augusta, Stati delle anime, 1851-59; Arch. di Stato di Roma, Fondo Castellani, Notizie di fotografia per Augusto Castellani, Roma 1863) tramandano che fu pittore e fotografo; ma se di una possibile formazione pittorica non esiste testimonianza, notevolmente documentata è la sua produzione fotografica sperimentale.

Del 10 ott. 1842 è la prima notizia della sua attività come fotografo dagherrotipista: all'Académie des sciences di Parigi fu infatti presentato un suo metodo per colorire i dagherrotipi (andati perduti), metodo in grado di determinare effetti diversi da quelli che si sarebbero ottenuti tramite la colorazione di un'immagine su carta. Il 17 giugno 1843 i resoconti dell'Académie rendevano note alcune applicazioni del metodo presentato l'anno precedente; il 22 apr. 1844 gli stessi resoconti informavano che il L. aveva presentato un apparecchio fotografico di sua invenzione dotato di un dispositivo di messa a fuoco per regolare le rispettive posizioni della lastra e dell'obiettivo una volta conosciuta la distanza dal soggetto. Nel 1845, in una lettera inviata agli inizi di dicembre a W.H.F. Talbot, inventore della calotipia, R. Calvert Jones menzionava alcune carte salate (le stampe positive su carta tratte dai negativi calotipici) del L., senza citarne i soggetti, da lui viste in alcuni negozi a Lione, ad Avignone e a Marsiglia (Critelli, p. 48). Tra il 1844 e il 1845 il L. era quindi presente nel Sud della Francia e a Parigi ed è probabile che qui, in un clima attento alle sperimentazioni, egli abbia affinato le proprie capacità professionali, abbandonando la dagherrotipia per la calotipia. G.W. Bridges scrisse nel 1847 a Talbot informandolo di aver conosciuto il L. a Napoli in agosto e di averlo visto scattare quattordici fotografie a Pompei (ibid.). Il L., riferiva Bridges, insegnava e praticava la calotipia con ottimi risultati, raggiungendo la perfezione soprattutto nella resa dei cieli.

Del L. si conosce oggi una sola carta salata che raffigura un viale di Pompei, appartenente alla collezione Ruggero Pini di Como. Piero Becchetti conserva nella sua collezione romana una carta salata raffigurante la torre di Pisa, datata al 1848 circa, che testimonia la presenza del L. in quel periodo in Toscana. Dal 1849 al 1858 la sua presenza è ben documentata a Roma, dove egli fu probabilmente in contatto con la scuola dei calotipisti romani, di cui facevano parte, tra gli altri, F. Flachéron, E. Constant, G. Caneva.

La maggior parte delle sue fotografie si data al 1849 e riprende i luoghi di Roma che furono teatro degli scontri tra Francesi, forze papaline e sostenitori della Repubblica. Le quarantuno carte salate reperite nel 1997 presso la Biblioteca di storia moderna e contemporanea di Roma, insieme con le venti ritrovate nel 1998 alla Civica Raccolta delle stampe A. Bertarelli di Milano e ai cinque esemplari della collezione Dietmar Siegert di Monaco di Baviera (quasi tutte con firma e data), sono oggi da considerare le prime fotografie in assoluto di un evento bellico. Tra queste sono comprese anche alcune vedute di luoghi monumentali della città di Roma, riprese probabilmente qualche mese prima dell'inizio degli scontri. Tutte le immagini hanno la stessa impostazione a prospettiva centrale tipica della veduta e, come nelle fotografie dei luoghi degli scontri, le poche persone presenti sono ritratte in posa perché i lunghi tempi di esposizione non consentivano la ripresa del movimento. La scarsa fortuna avuta dalle immagini della Repubblica Romana del 1849, realizzate in poche tirature circolanti all'epoca negli ambienti democratici e repubblicani (la serie ritrovata a Milano apparteneva al medico garibaldino A. Bertani, che appose lunghe didascalie descrivendo fatti e personaggi, mentre la serie romana era di A. Calandrelli, triumviro della Repubblica insieme con L. Mariani e A. Saliceti), fu compensata dall'enorme fortuna avuta dalle traduzioni litografiche. Le più importanti serie incisorie tratte dalle fotografie del L. furono le quattro tavole (con tre litografie ciascuna) Ruine di Roma dopo l'assedio del 1849, pubblicate da M. Danesi insieme con C. Soleil, e l'Atlante generale dell'assedio di Roma di P. De Cuppis, entrambe edite nel 1849.

Nel 1851 il L. risultava residente a Roma al n. 36 di via del Corso con la moglie Maria Anna Rizzo e quattro figli: Achille, Mario, Antonia e Adelaide. Del 1851 è una sua carta salata (con firma e data) che riproduce la parte centrale di un quadro di F. Vettori conservato al Museo del Risorgimento di Roma (Critelli, p. 35). Nel 1852 il L. era domiciliato in via dei Greci, n. 10; mentre dal 1853 al 1857 risiedette in via Mario de' Fiori, n. 48. Tra il 1855 e il 1856 viene registrata la sua assenza dalla città. Nel 1858, anno in cui la figlia più piccola Adelaide si ritirò in monastero, abitava in via Vittoria, n. 15, dove rimase fino al 1859.

Il L. morì tra il 1859 e il 1863, probabilmente a Roma.

Fonti e Bibl.: Comptes-rendus… de l'Académie des sciences… (Paris), luglio-dicembre 1842, p. 752; luglio-dicembre 1843, p. 138; gennaio-giugno 1844, p. 754; D. Palazzoli, S. L., in Fotografia italiana dell'Ottocento (catal.), a cura di D. Palazzoli - M. Miraglia - I. Zannier, Firenze 1979, p. 160; P. Becchetti, S. L., in Alle origini della fotografia: un itinerario toscano, 1839-1880 (catal.), a cura di M. Falzone del Barbarò - M. Maffioli - E. Sesti, Firenze 1989, p. 213; Italien sehen und sterben. Photographien der Zeit des Risorgimento (1845-1870) (catal., Köln), a cura di B. von Dewitz - D. Siegert - K. Schuller-Procopovici, Heidelberg 1994, pp. 269 s.; S. L.: un fotografo e la Repubblica Romana del 1849, a cura di M.P. Critelli, Roma 2001 (saggi di M.P. Critelli, M. Miraglia, S. Paoli, con fonti e bibl. aggiornata).

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