STREGHE E STREGONERIA

Enciclopedia Italiana (1936)

STREGHE E STREGONERIA

Stefano LA COLLA
Raffaele CORSO

. Carattere essenziale che, nell'opinione volgare di tutti i tempi, distingue la stregoneria o magia nera dalla magia bianca, è lo scopo a cui la prima è diretta: arrecare nocumento al prossimo o costringerlo a fare in favore dello stregone o di una terza persona quel che non farebbe di propria volontà. La credenza che vi siano persone che abbiano tali facoltà è di tutti i tempi e di tutti i popoli; e i metodi adoperati dagli stregoni e dalle streghe sono rimasti presso che gli stessi.

Verso la fine del II millennio a. C., nell'ultimo anno di regno di Rameśśêśe III, la regina Teje trama un complotto, in cui sono implicati ufficiali di corte e dame dell'harem, per far salire sul trono, invece del legittimo erede, il figlio di lei Pentawere; dagli atti dell'inchiesta risulta che anche allora si facevano sortilegi su statuette che rappresentavano gli avversarî. Nella biblioteca di Assurbanipal (sec. VIII a. C.) s'è trovata tutta una serie di esorcismi, designata col nome di serie maqlū, per scongiurare gli effetti del sortilegio (mamītu) dello stregone (kashshapu) o della strega (kashshaptu). Il Vecchio Testamento parla di streghe e di necromanti, ma per vietarne la consultazione e le pratiche; anzi Lev. XXII, 18, prescrive che streghe e stregoni non siano lasciati vivere.

Tipi perfetti di strega presso i Greci sono Circe e più Medea; le più famose streghe sono le donne tessale e traci; presso i Romani, basti accennare all'oraziana Canidia, e alla descrizione dei più svariati sortilegi lasciata nell'Asino d'oro da Apuleio, che era stato accusato di stregoneria.

Presso tutti i popoli dell'antichità, come presso le popolazioni primitive odierne, una razza conquistatrice considera come pratiche di stregoneria le pratiche del culto dei popoli sottomessi e spesso le divinità dei vinti divengono i demonî dei vincitori: così si comportano gli Arî dell'India verso i popoli dravidici, e gli Scandinavi verso i Lapponi; nello stesso modo è considerata la religione del nemico o dello straniero: i Romani consideravano esperti in stregoneria gli Etruschi, i Marsi, i Sabini, i Peligni.

L'atteggiamento del potere pubblico verso la stregoneria continua per un lunghissimo tempo a essere quello stesso che ci attesta il codice di Hammurabi (inizio del II millennio a. C.); la magia in sé non è condannata, ma sono punibili gli stregoni per i danni che con le loro pratiche arrecano; una disposizione simile si trova nelle leggi delle XII tavole.

Il codice di Hammurabi prescrive tra l'altro che se un uomo ha accusato qualcuno di stregoneria e non l'ha provato, l'accusato deve immergersi nel fiume sacro, e se il fiume lo porta via l'accusatore ne occuperà la casa; ora, cosa curiosa, un'ordalia per le streghe mediante l'immersione in un fiume si è perpetuata, con modalità differenti, sino a tutto il sec. XVII.

In tempi posteriori, le pratiche magiche furono ripetutamente condannate dagl'imperatori romani, i quali però spesso vi ricorsero: evidentemente, si trovava un tale potere pericoloso in mano dei privati. La distinzione tra la magia benefica, permessa, e quella malefica, punita con la morte, è esplicita in un decreto di Costanzo del 321; però, anche il mago benefico era potenzialmente uno stregone, e quindi si finì col punire tanto l'una quanto l'altra forma di magia; sembra tuttavia che si continuasse ad aver di mira più il risultato delittuoso dell'incantesimo che non l'adoperare mezzi magici, e che le pratiche di stregoneria fossero impunite se non sortivano effetto nocivo.

La Chiesa primitiva condannò naturalmente la stregoneria, seguendo l'esempio della Bibbia, e identificò gli spiriti che si riteneva aiutassero gli stregoni a compiere i loro prodigi con le divinità pagane; i concilî di Elvira (306), di Ancira (314), quello in Trullo (692) stabilirono pene spirituali contro coloro che ricorrevano alla stregoneria.

Sino a tutto il sec. XI si fa distinzione tra maleficae e malefici, che usano sortilegi, filtri, immagini di cera, scatenano le tempeste, danneggiano il prossimo con il malocchio, causano l'impotenza, e strigae che volano per l'aria, uccidono i bambini per cibarsene, e possono assumere le forme più diverse. Che la prima categoria di persone esista e agisca, nessun dubbio; ma l'esistenza della seconda categoria è negata da molti, come S. Agobardo vescovo di Lione, Reginone di Prüm, Burcardo vescovo di Woms; e in ogni caso, quelli che credevano che le strigae esistessero, come Giovanni Damasceno, non hanno contro di loro il feroce atteggiamento dei secoli seguenti.

Però, l'idea, che si trova anche in S. Agostino, che i sortilegi fossero dovuti alla potenza del diavolo, faceva la sua strada; mentre, d'altro canto, la convinzione dell'esistenza delle strigae si andava affermando sempre più. Nel sec. XII, anzi, si trova già diffusa la credenza del sabba delle streghe (tregenda): le streghe non solo volano di notte, portate da oggetti e animali (specialmente scope e caproni) in virtù di speciali unguenti, ma in dati giorni si riuniscono in determinati luoghi (come il noce di Benevento in Italia, sul Brocken in Germania, ecc.: in generale, luoghi dove anticamente si celebravano culti pagani), a danzare, a partecipare ad orge sessuali coi diavoli e ad adorare Satana. Era il momento in cui sorgeva l'Inquisizione; la bolla Vox in Rama di Gregorio IX, con le prime tracce di questa nuova concezione dell'attività delle streghe, è del 1233; nel 1250 Stefano di Borbone descrive per primo il sabba; nel 1258 si ha il primo processo per stregoneria; nel 1275 l'inquisitore Ugo de Banyol condanna a Tolosa la prima strega al fuoco. S. Tommaso d'Aquino ammise la possibilità di rapporti sessuali tra esseri umani ed esseri diabolici, incubi e succubi; gli scolastici svilupparono e sistematizzarono la teoria del patto col diavolo, che dava alle streghe il potere soprannaturale di cui disponevano; intanto, l'avversione ascetica contro le donne, aveva diretto principalmente contro di esse l'accusa di farsi strumento dell'inferno. Il patto equivaleva a una vera e propria apostasia e quindi la stregoneria rientrava nella competenza dell'Inquisizione.

L'accusa di stregoneria fu del resto un comodo strumento nelle mani dei potenti per liberarsi degli avversarî: così, già nel 1307 Filippo il Bello rivolgeva ai Templari tale accusa insieme con le molte altre che gli servirono di pretesto per infierire contro il potentissimo e ricchissimo ordine.

Papa Giovanni XXII, dopo aver fatto condannare al rogo, nel 1318, Ugo Géraud vescovo di Cahors sotto l'accusa di avere attentato alla sua vita per mezzo d'incantesimi su figurine di cera, intensificò la persecuzione della stregoneria nel sud della Francia, e fu imitato dal suo successore Benedetto XII. I giudici secolari gareggiavano di zelo con gli ecclesiastici nel perseguitare streghe e stregoni; la grande campagna durata in tutta Europa dal 1434 al 1447 con l'intento di estirpare il male fu condotta in pari tempo dagli ecclesiastici e dai laici.

Il Formicarms di Giovanni Nider (circa 1440) era stato di grande ausilio per i giudici; ma il libro che esercitò la maggiore influenza e a cui si devono ascrivere innumerevoli vittime è il Malleus maleficarum del 1489 di Enrico Institoris e Giacomo Sprenger, i quali nel 1484 avevano ricevuto poteri speciali per combattere la stregoneria da Innocenzo VIII con la bolla Summis desiderantes affectibus.

Il Malleus maleficarum raccoglieva ed esponeva organicamente tutto quanto si era detto sulla stregoneria: dopo avere dimostrato l'esistenza delle streghe e dei loro poteri, i due autori descrivono minutamente come le streghe procedano e come si comportino nelle loro assemblee, presiedute dal diavolo in persona, in figura di caprone, e infine dànno le norme procedurali; gran parte, com'è naturale, data l'epoca, ha in queste l'applicazione della tortura.

I numerosissimi processi, le clamorose confessioni sia estorte con le torture sia volontarie da parte di donne isteriche o nevrotiche, diffusero per tutta l'Europa un vero terrore per i malefici di questo satanico esercito, contro cui non c'era difesa: da ciò l'accanimento feroce contro le streghe e gli stregoni. Né i riformatori, con Lutero e Calvino alla testa, furono da meno dei cattolici nella lotta contro la malizia degli adoratori e collaboratori del diavolo: la loro formazione scolastica e le parole stesse della Bibbia li spingevano su questa strada. Il paese dove si bruciarono meno streghe fu l'Italia; a Roma non vi fu una vera persecuzione; ci fu invece nella repubblica di Venezia e specialmente in Valtellina.

Il numero delle vittime della persecuzione non si può stabilire; ma fu molto grande se un solo giudice, Benedetto Carpzov, si potè vantare di avere giudicato 20 mila persone; una cifra abbastanza probabile per il periodo 1575-1700 è di circa 1.000.000 di giustiziati, un terzo dei quali nei paesi protestanti. In Francia, tra le vittime più note sono Gilles de Retz (1440), la marescialla d'Ancre (1617), il prete L. Gaufridi (1611), il prete Urbain Grandier di Loudun (1634), l'avvelenatrice C. Voisin (1680).

La credenza nella stregoneria in parte risale a idee primitive, e in parte si può ricondurre ad atteggiamenti infantili: come si è detto, sono considerati stregoni gli attardati credenti di religioni vinte; inoltre, con l'elevarsi della coscienza religiosa, atti cultuali volti al soddisfacimento di desiderî egoistici e ammessi come perfettamente leciti in un primo tempo, sono a poco a poco considerati illeciti e scadono al rango d'incantesimi e scongiuri delle potenze infernali.

Per i moderni oscure sono le confessioni spontanee, all'infuori di qualsiasi tortura, di molte streghe; ma è innegabile che esse credevano fermamente nel proprio potere soprannaturale, come molte fattucchiere di oggi: streghe e stregoni avevano le idee correnti al loro tempo, mentre poi ignoravano la forza della suggestione; d'altro canto molto di quanto si attribuiva alla stregoneria - a prescindere dai fenomeni oggi considerati di pertinenza della metapsichica - è dovuto all'autosuggestione, all'isterismo, alle allucinazioni, all'uso di droghe stupefacenti.

Ma già nel Cinquecento qualche coraggioso levava la voce per mettere in dubbio i pregiudizî circa le streghe; nel 1563 Johann Weyer (Wierus) pubblicava il De praestigiis daemonum, confutato aspramente nel 1580 da J. Bodin, che chiedeva che l'avversario fosse mandato al rogo; nel 1589 il gesuita M. Delrio, nelle sue Disquisitiones magicae ritornava al Malleus, pur chiedendo un uso più moderato della tortura. Reginald Scott vedeva il suo Discovery of Witchcraft (1584) contrario alla credenza nella stregoneria, bruciato per ordine di Giacomo I, che nel 1597 pubblicava a combatterlo la Daemonologie. Miglior successo ebbe F. v. Spee nel 1631 con la Cautio criminalis, e un più accentuato scetticismo mostrò Balthasar Bekker nel Betooverde Wereld (1691). Tutte queste opere ebbero però scarso influsso sui giudici laici; e solo nel 1701 Christian Thomasius con le sue Theses de crimine magiae trovò la giusta via, scuotendo la fiducia nelle confessioni ottenute per mezzo delle torture. In Italia, ancora nel 1749, Girolamo Tartarotti pubblicava Del Congresso notturno delle lammie, in cui combatteva la credenza nelle streghe, ma difendeva quella nella magia.

In Francia l'ultimo clamoroso processo per stregoneria fu quello contro il gesuita J.-B. Girard nel 1731; in Inghilterra l'ultima condanna è del 1712, ma la condannata non fu giustiziata; in Scozia l'ultima condanna è del 1722; l'ultimo processo a Berlino si ebbe nel 1728; a Kempten in Baviera l'ultima strega fu bruciata nel 1775; nel 1781 fu bruciata a Siviglia una donna e nel 1782 una ragazza fu decapitata in Spagna per stregoneria, e nello stesso anno un'altra ragazza fu giustiziata a Glarona (Svizzera); nel 1793 si ebbe un'esecuzione per stregoneria a Posen; nel Messico e nel Perù sembra che ci siano state condanne capitali per stregoneria in pieno sec. XIX. Ma se i processi per stregoneria sono scomparsi nel mondo civilizzato, la superstizione è così tenace, che anche oggi si leggono non di rado notizie di pretesi stregoni e streghe linciati.

Folklore.- Nelle credenze popolari le streghe e gli stregoni sono esseri umani, nati o divenuti capaci di trasformarsi per molti modi e specie in bestie (gatti a lunga coda, cani o montoni di colore nero, pipistrelli, volpi, serpenti, ecc.). Sono streghe e stregoni nati gl'individui concepiti nella notte dell'Annunciazione e venuti alla luce nel periodo delle Tempora, nella notte del Natale, e precisamente sul punto della mezzanotte. Essi si distinguono per alcuni contrassegni come il codino sul collo (punta di capelli), il codino alla base della schiena (coccige pronunziato), e possono essere liberati dal male ch'è in loro mediante speciali riti, quali, p. es., l'estrazione di qualche goccia di sangue. Diventano tali, invece, coloro che commettono qualche sacrilegio: la cosiddetta "messa del diavolo" che si ottiene commettendo, per quaranta giorni consecutivi, un peccato mortale al giorno; o il masticare e inghiottire, inginocchiati in chiesa, una foglia di olivo durante l'elevazione dell'ostia; o il sedere sulla pietra sacra dell'altare, nella notte del Natale, uscendo poi dalla chiesa per una porta diversa da quella dalla quale si è entrati. Le streghe si vedono frequentemente nei crocicchi (bivî e quadrivî); si radunano ogni sabato e, talvolta, anche il venerdì; in concilî notturni, sotto alberi (quali il noce di Benevento), ove fanno ridde infernali, ora ignude, ora a cavallo di caproni (il più terribile di tutti i concilî è quello che avviene in novembre, nella notte di S. Simone); volano per l'aria, impavide attraverso venti e bufere; e tentano continuamente insidie e malefici agli animali domestici e agli uomini, specialmente ai bambini, che battono con sacchetti di arena finissima, rendono brutti e storpî, dissanguano. Alcune hanno il privilegio di visitare l'Inferno e il Purgatorio due volte la settimana, il mercoledì e il sabato, sopra montoni nerissimi. Il potere delle streghe, che ha nella "fattura" (v.) una delle tante espressioni, aumenta nella notte di S. Giovanni. I mezzi che il popolino ancora ritiene efficaci per accertarsi della loro qualità, o della loro presenza, come quelli usati per neutralizzare i loro malefizî, sono ancora gli stessi o derivano da quelli usati un tempo dai tribunali. Gettando un pettine o qualche spillo o una moneta del giubileo nella pila dell'acqua santa, s'impedisee alle streghe di uscire dalla chiesa; guardando in un crocicchio attraverso le corna di una forcinella, si ha la virtù di vederle nelle loro funzioni e di metterle in fuga. Ad allontanarle dalla casa si getta, ogni sabato, sul fuoco un pizzico di sale e si conficca sotto la sedia un coltello. Maggiore efficacia viene data alla scopa, la quale è posta dietro l'uscio, o a una grossa pannocchia di granturco, o a uno speciale sacchetto di crine a maglia, perché si ritiene che la strega non possa introdursi nell'abitazione senza avere prima contato i fili di saggina della scopa, i chicchi del granturco o i fili di crine. In qualche luogo si recitano anche scongiuri.

V. tavv. CXXIII e CXXIV.

Bibl.: F. Oderici, Le streghe di Valtellina e la S. Inquisizione, Milano 1861; F. Traducci, Le streghe, l'astrologo e il mago, ivi 1886; J. Baissac, Les grands jours de la sorcellerie, Parigi 1890; O. Snell, Hexenprocesse und Geistesstörung, Monaco 1891; J. Regnault, La sorcellerie, ses rapports avec les sciences biologiques, Parigi 1897; C. G. Leland, Aradia, or the Gospel of the Witches of Italy, Londra 1899; R. Yve-Plessis, Essai d'une bibliographie française de la sorcellerie et de la possession démoniaque, Parigi 1900; J. Hansen, Zauberwahn, Inquisition und Hexenprozesse im Mittelalter, Monaco 1900; id., Quellen und Untersuchungen zur Geschichte des Hexenwahns und der Hexenverfolgung im Mittelalter, Berlino 1901; J. François, L'Église et la sorcellerie, Parigi 1910; Th. de Cauzons, La magie et la sorcellerie en France, voll. 4, ivi 1910-12; W. G. Soldan e U. Heppe, Geschichte der Hexenprozesse, 3ª ed., Monaco 1912; M. A. Murray, The Witch-Cult in Western Europe, Londra 1921; A. Lehmann, Aberglaube und Zauberei, 3ª ed., Stoccarda 1925; J. W. Wickwar, Witchraft and the Black Art, Londra 1925; A. M. Summers, The History of Withcraft and Demonology, ivi 1926; id., The Geography of Witchcraft, ivi 1927; Grillot de Givry, Le Musée des Sorcies, Mages et Alchimistes, Parigi 1929.

Per il foklore, cfr.: Sulle streghe, discorso istorico-critico, Roma 1875; G. Pitrè, Usi e costumi... del pop. siciliano, IV, Palermo 1889, pp. 107-113; M. Placucci, Usi e pregiudizi dei contadini della Romagna, in Arch. tradiz. popolari, IV (1886), pp. 47-49; G. Finamore, Tradiz. pop. abruzzesi, Palermo 1894, pp. 224, 233, 238; id., Credenze popol. abruzzesi, ivi 1890, p. 35 seg.; O. Conti, Letteratura popol. capracottese, Napoli 1911, pp. 171-173; L. De Nardis, Streghe e stregoni nella tradiz. pop., in La Piê, VII (1926), pp. 4-5; A. Galiani, Il tiglio di Mercatello e le streghe di Montoro, in Folklore ital., IV (1928), pp. 294-296.