STROZZI, Giovan Battista, detto il Giovane e il Cieco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 94 (2019)

STROZZI, Giovan Battista (Giambattista)

Anna Siekiera

, detto il Giovane e il Cieco. – Nacque a Firenze nel 1551 da Marietta d’Agnolo Tornabuoni e da Lorenzo di Federigo, discendente del ramo cadetto della grande famiglia originaria del quartiere di S. Maria Novella.

Compì gli studi classici alla scuola di Piero Vettori. Fu accolto nell’accademia privata di Tommaso del Nero a pochi mesi dalla fondazione avvenuta nel febbraio del 1569. Nel maggio del 1571 l’adunanza decise di chiamarsi degli Alterati. Strozzi scelse il nome accademico Tenero e per l’impresa un platano annaffiato dal vino con il motto Potantibus umbram. Nello stesso periodo entrò nell’Accademia fiorentina (1570). Intrapresi studi universitari a Pisa, nell’autunno del 1572, con altri giovani membri degli Alterati istituì una succursale pisana dell’accademia. Fino al 1579 egli alternò la frequentazione dello Studio, specie delle lezioni di Francesco Buonamici e di Francesco de’ Vieri, agli impegni nell’attività accademica fiorentina, partecipando alle discussioni intorno ai generi epico e tragico, ma soprattutto rileggendo il poema dantesco secondo i canoni aristotelici. Prese parte alla seduta degli Alterati del 29 maggio 1573, quando pochi accademici presenti decisero di «pigliare la difesa di Dante contro al Castravilla» (Diario degli Alterati I, c. 47r). Nel 1574 lesse all’Accademia fiorentina la Lettione sopra i madrigali, in cui diede rilievo all’opera innovatrice dello zio Giovan Battista Strozzi il Vecchio nello sviluppo moderno della forma.

Strozzi il Giovane, almeno in teoria, si allontanò dalla gravitas del madrigale primocinquecentesco e nella Lettione indicò per tale forma «picciola», «che nella sua picciolezza tutte le parti ci racchiude, e quasi le membra contiene d’ogni altro poema più grande» (Orazioni, 1635, p. 159), le regole formulate da Aristotele per la tragedia e per il poema epico.

Negli stessi anni partecipò agli incontri della Camerata fondata da Giovanni de’ Bardi, dove si faceva musica e si discettava della cultura musicale degli antichi greci. Il 22 luglio 1580 fu eletto reggente degli Alterati e stabilì come tema del reggimento la lingua volgare. Nel dicembre del 1580 tenne lezioni sul genere neutro e sulla poesia dantesca.

Del dibattito intorno alla Commedia, che all’epoca coinvolse gli accademici Alterati e diversi letterati in rapporti con Strozzi, come Iacopo Mazzoni e Orazio Capponi, rende ragione il carteggio strozziano con il senese Belisario Bulgarini, iniziato nel 1579 (Siena, Biblioteca comunale, D VI 9, da c. 188r). Fu eletto console all’Accademia fiorentina nel 1582 e il suo consolato nacque con l’intento di ringiovanire l’istituzione pubblica e di ritornare a promuovere l’uso del volgare nelle scienze. Nello stesso periodo, accusò gravi problemi agli occhi che in vecchiaia gli compromisero del tutto la vista. Nel 1583, da istitutore dei giovani principi della casata medicea, allestì le regole grammaticali della lingua toscana, pubblicate a Firenze da Pietro Nesti soltanto tra il 1630 e il 1634, con il titolo Osservationi intorno al parlare, e scrivere toscano e in forma anonima.

Prese parte al dibattito sul poema eroico che nell’Accademia degli Alterati alla fine del 1582 mutò nel confronto tra il Furioso e l’opera tassiana. Quando si accese la polemica intorno all’autore della Gerusalemme, slittando dal piano letterario al piano politico della crisi diplomatica tra Firenze e Ferrara (1584-85), Strozzi fu tra i promotori della difesa di Torquato Tasso. Nel suo reggimento iniziato il 2 febbraio 1586, esortò Alessandro Rinuccini e Lorenzo Giacomini a replicare alle accuse avanzate dall’Accademia della Crusca. Rivendicò con forza l’autonomia degli Alterati rispetto alla Crusca (15 marzo 1586, lettera a Tomaso Costo), ma rimase equidistante nei giudizi sui due poeti, messi in contrapposizione per le aspre critiche delle loro opere anche in seno agli Alterati: «l’Ariosto mi pare un gran poeta, il Tasso mirabile» scrisse a Bulgarini «dì ultimo di maggio 1586» (Siena, Biblioteca comunale, D VI 9, c. 199r). Nel dicembre 1587, insieme a Giovanni de’ Bardi, firmò il documento che attestava l’originalità del lavoro di geometria di Galileo Galilei.

Da tempo autore di testi per sbarre, bufolate, intermezzi delle feste cittadine, nel 1589, per l’allestimento della Pellegrina di Scipione Bargagli (nozze Medici-Lorena), scrisse i madrigali del IV intermedio, musicati da Giulio Caccini, Cristofano Malvezzi, Giovanni de’ Bardi, e ideò, per la stessa rappresentazione al teatro mediceo, le dieci statue dipinte a finto marmo nella scenografia eseguita da Buontalenti.

L’anno seguente si trasferì a Roma, alla congregazione dell’oratorio della Vallicella di Filippo Neri. In quel periodo fece parte dell’Accademia dei Pastori della Val Tiberina con il nome di Silvano, frequentò la corte pontificia di Clemente VIII e il salotto letterario del cardinale Cinzio Aldobrandini, dove nel 1594 pronunciò la lezione In lode del poema eroico. Alla Vallicella strinse legami con Cesare Baronio, Antonio Possevino, Antonio Querenghi, che poi nel 1597 introdusse nell’Accademia fiorentina, e con Federico Borromeo dal quale soggiornò a Milano nel 1595, offrendogli la propria consulenza linguistica; un ricco carteggio testimonia una lunga e profonda amicizia con il cardinale. Di nuovo a Firenze, il 26 agosto 1599 dinanzi agli Alterati tenne la lezione Dell’unità della favola, in cui per mezzo di ricercate similitudini fra lettere e arti visive teorizzò il concetto dell’unità aristotelica quale varietà ordinata di elementi eterogenei. Nel 1608, per le nozze del futuro granduca Cosimo con Maria Maddalena d’Austria, curò il quinto intermedio della commedia Il giudizio di Paride di Michelangelo Buonarroti il giovane, in cui celebrava le gesta di Amerigo Vespucci. Lavorò a lungo anche sul poema epico dedicato alla scoperta dell’America, che non portò a termine. Amico e corrispondente di letterati, musicisti e personaggi eminenti, Giovan Vincenzo Pinelli, Leonardo Salviati, Baccio Valori, Francesco Patrizi da Cherso, don Giovanni de’ Medici, Strozzi strinse legami con i principali poeti del suo tempo, Tasso, Giovan Battista Marino, Gabriello Chiabrera, Battista Guarini, Angelo Grillo, Tommaso Stigliani, Francesco Bracciolini. I suoi madrigali scritti in occasione delle feste medicee furono messi in musica da Piero Strozzi (1579) e da Ottavio Rinuccini (1586).

A Chiabrera lo univa la poetica barocca della meraviglia, nonché il gusto delle materie preziose. Da interlocutore del dialogo sul verso sciolto del savonese, Il Vecchietti, Strozzi difendeva l’uso della rima nel poema epico. Tuttavia, egli condivise con Chiabrera l’esperienza dell’endecasillabo sciolto dei sermoni (rimasti quasi tutti inediti). Nel settembre del 1609 mise a parte Galilei della lettura dinanzi alla corte medicea della sua epistola sul telescopio e il 6 aprile 1611 a Roma all’Accademia degli Ordinati, in sua presenza, pronunciò la Lezione in biasmo della superbia, dove, in adesione ai principi controriformistici, rifletteva sul giusto mezzo fra la sete di conoscenza necessaria all’indagine scientifica e la tracotanza conoscitiva dei ricercatori degli arcana naturae, del tutto dannosa per la morale.

Mecenate generoso, nella sua casa fiorentina nei pressi della piazza S. Trinita, ospitava le sedute degli Alterati e avviava agli studi letterari dei giovani, e fra questi Giovanni Ciampoli, futuro segretario dei brevi e canonico di S. Pietro. A Roma nel 1624 Strozzi fu ospite del papa Urbano VIII (Maffeo Barberini), già suo allievo, il quale oltre ad aumentare la prebenda assegnatagli dal papa Aldobrandini, concesse il titolo di marchesato alla possessione di Forano, proprietà del nipote Giovan Battista.

Morì a Firenze il 9 novembre 1634.

Opere. La gran parte della sua opera rimase inedita: Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 8820, Vat. lat. 8852, Vat. lat. 8854, Vat. lat. 8855, Vat. lat. 8858, Vat. lat. 8860, Vat. lat. 8866; Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie terza, 170, 174, 175, 176, 187; Firenze, Biblioteca nazionale, II.I.397, Magl. VII.29, Magl. VII.55, Magl. VII.325, Magl. VII.329, Magl. VII.380.

Edizioni a stampa. I quattordici madrigali e una quartina iniziale, dipinti negli affreschi di Jacopo Ligozzi con episodi della vita di Francesco d’Assisi, nel chiostro del convento Ognissanti a Firenze, furono pubblicati nelle Rime spirituali di diversi autori in lode del serafico Padre S. Francesco, e del sacro Monte della verna, Firenze 1606, cc. 53v-58r; Essequie del Serenissimo don Francesco Medici, Firenze, Sermartelli 1587; Orazioni et altre prose del signor Giovambattista di Lorenzo Strozzi, Roma 1635; ripubblicate otto volte dopo la princeps (1657-1710), le Osservationi intorno al parlare... dal 1715 mutarono il titolo in Osservazioni intorno alla nostra lingua; Madrigali di Giovan Battista Strozzi il Giovane, a cura di S.A. Barbi, Firenze 1899; G. B. Strozzi il Vecchio, Madrigali inediti, a cura di M. Ariani, Urbino 1975, pp. 137-141 (qui erroneamente attribuiti a G.B. Strozzi il Vecchio).

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Carte strozziane, Serie terza: 75, 84, 97, 102, 116, 148, 165, 166, 168, 187, 194; Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Ashb. 558 I e II (Diario degli Alterati); Biblioteca nazionale, Magl. VIII.1399; Magl. IX, 124.

S. Salvini, Fasti consolari dell’Accademia fiorentina, Firenze 1717, pp. 244-259; G. Chiabrera, Elogi d’uomini illustri, in Alcune poesie di Gabriele Chiabrera..., Genova 1794, pp. 77-102; S.A. Barbi, Un accademico mecenate e poeta. G.B. S. il Giovane, Firenze 1900; F. Sassetti, Lettere da vari paesi, 1570-1588, a cura di V. Bramanti, Milano 1970, ad ind.; F. Fido, «L’America»: primo canto di un poema inedito di G.B. S. il Giovane, in Studi secenteschi, 1982, n. 23, pp. 277-310; P. Cherchi, Molte Veneri e pochi Adoni (con un inedito attribuibile a G.B. S.), in Esperienze letterarie, 1988, n. 13, pp. 15-38; C.V. Palisca, The Florentine Camerata. Documentary studies and translations, London 1989, ad ind.; S. La Via, «Concentus Iovis adversus Saturni Voces»: Magia, Musica astrale e Umanesimo nel IV Intermedio fiorentino del 1589, in I Tatti Studies, 1993, vol. 5, pp. 111-156; M. Rossi, Per l’unità delle arti. La poetica ‘figurativa’ di G. S. il Giovane, ibid., 1995, vol. 4, pp. 169-213; M. Plaisance, Accademia e il suo principe. Cultura e politica a Firenze al tempo di Cosimo I e di Francesco de’ Medici, Manziana 2004, pp. 325-337, 365-367, 375-391, 397-399; J. Chater, Poetry in the service of music. The case of G. S. the younger (1551–1634), in The Journal of musicology, 2012, vol. 29, n. 4, pp. 328-384; M. Camerota, G.B. S. e Galileo: dall’Accademia degli Alterati a quella degli Ordinati, in Tintenfass und Teleskop: Galileo Galilei im Schnittpunkt wissenschaftlicher, literarischer und visueller Kulturen im 17. Jahrhundert, a cura di A. Albrecht - G. Cordibella - V.R. Remmert, Berlin-Boston 2014, pp. 167-184; A. Siekiera, «La lingua volgare si può ridurre in regola come la latina et la greca, et altre». Uno scritto grammaticale attribuito a G. S. il Giovane, in Studi di grammatica italiana, 2015, n. 34, pp. 161-183; L. Amato, «Nobil desio d’honore». A proposito di alcuni madrigali sul calcio in livrea di G.B. S. il Giovane, in Storia, tradizione e critica dei testi. Per Giuliano Tanturli, a cura di I. Becherucci - C. Bianca, Lecce 2017, pp. 11-22; F. Rossini, G.B. S. il Giovane a Roma: la “Lezione in biasmo della superbia” (1611), in Aevum, 2017, n. 91, pp. 733-762; R. Ferro, Carteggi del tardo Rinascimento. Lettere di G.B. S. il Giovane e Girolamo Preti, Pisa 2018, pp. 9-158; La Crusca e i testi. Lessicografia, tecniche editoriali e collezionismo librario intorno al Vocabolario del 1612, a cura di G. Belloni - P. Trovato, Padova 2018, ad indicem.

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