SUDAN

Enciclopedia Italiana (1936)

SUDAN (A. T., 109-110-111)

Attilio MORI
Fabrizio CORTESI
Mario SALFI
Attilio MORI
Giuseppe STEFANINI
Renato BOCCASSINO
Giuseppe STEFANINI
Anna Maria RATTI
Riccardo RICCARDI
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Vasta regione dell'Africa centrale, che si estende entro limiti non ben definiti a sud del Sahara, fra il margine meridionale di questo e la zona equatoriale.

Il suo nome deriva dall'espressione araba Bilad al-sud an che suona "paese dei negri", con la quale gli Arabi intesero designare tutta quella parte dell'Africa abitata da genti negre in contrapposto con l'Africa mediterranea abitata da genti di colorito chiaro. Col progredire delle conoscenze geografiche del continente africano l'applicazione del nome andò restringendosi, ma vaghi e incerti ne rimasero i limiti. Al nome arabo di Bilad al-sud an corrispose la forma italiana di Nigrizia, con la quale si usò indicare ancora sino all'inizio del sec. XX la regione, e solo nella prima metà del secolo XIX incominciamo a trovare usata nella cartografia e nella letteratura europea la forma Sudan.

Permangono anche presso i geografi incertezze e disparità di criterî circa l'estensione del territorio sudanese. Restando fissato per comune consenso il limite settentrionale al margine sud del Sahara, non si trova un'eguale accordo quanto ai limiti meridionali, che taluni portano al 5°, altri all'8°, altri al 10° parallelo, mentre altri, lasciando da parte i criterî troppo rigidi della latitudine e basandosi su considerazioni fisiche, li portano alla displuviale settentrionale del bacino del Congo o anche al limite tra la regione tuttora delle steppe e quella delle savane. Una pari diversità di criterî si mostra per i limiti in longitudine. Così, per quanto riguarda il confine occidentale taluni accettano di portarlo all'Atlantico altri escludono tutta la zona costiera e il versante occidentale delle alture retrostanti, mentre per altri il Sudan si estende anche alla zona litoranea compresa tra la Senegambia e la Guinea. Quanto al confine orientale si hanno pure delle incertezze; così alcuni lo fissano al corso del Nilo, altri lo portano più ad oriente, sino cioè al piede dell'altipiano etiopico. Con tale indeterminazione di confini non si può naturalmente dare un valore preciso all'estensione territoriale del Sudan, la quale in via largamente approssimativa si può indicare con la cifra di 5 milioni di kmq.

Storia dell'esplorazione. - La conoscenza del Sudan data da tempi relativamente moderni e salvo quanto sul finire del Medioevo si apprese dagli Arabi, la sua ricognizione da parte di Europei s'inizia col sec. XIX. Si deve peraltro ritenere che gli antichi Egiziani fossero penetrati nella regione, come ce ne attestano i disegni di animali e di prodotti che appaiono nei monumenti egiziani. Vaghe notizie ne dànno gli scrittori dell'antichità classica. I Romani, che conquistarono e colonizzarono tutta l'Africa settentrionale e spinsero le loro imprese sino nel cuore del Sahara, non pare che penetrassero nel Sahara prima che vi si spingesse Giulio Materno a una data non precisata, ma che sembra risalga al sec. I d. C. Recatosi a Garama, la capitale dei Garamanti, egli fu indotto da quel re a unirsi a lui per una spedizione contro gli Etiopi. La spedizione, seguendo un itinerario non identificato, procedette per quattro mesi verso sud pervenendo ad Agisymba luogo di convegno dei rinoceronti, che si crede potesse essere nel Bornu. Non pare tuttavia che questa spedizione, che avrebbe aperto ai Romani la via del Sudan, riuscisse ad utili conseguenze. Ben poco anche per la conoscenza del Sudan apportarono le imprese di Gaio Svetonio Paolino che, operando nella Mauritania, si sarebbe spinto sino al Sudan secondo quanto ne poté riferire Plinio. Più sicure le notizie che dallo stesso autore si hanno sull'impresa dei centurioni inviati da Nerone per riconoscere le sorgenti del Nilo, ai quali fu dato di penetrare nel Sudan orientale sino al 100 lat. N. In complesso adunque scarse e vaghe informazioni si ebbero di questa parte dell'Africa prima del Medioevo, allorché incominciarono a percorrerla gli Arabi e a riferircene nelle loro relazioni. Di queste, particolarmente notevole quella data nel secolo XII da el-Bekri, e da Edrisi e più specialmente poi da Ibn Batuta, che nel 1352 da Fez raggiunse Timbuctù. Ma la fonte più notevole e più facilmente diffusa tra gli Occidentali fu la Descrizione dell'Africa e delle cose notevoli che in essa si trovano di Leone Africano pubblicata dal Ramusio nel 1° volume Delle navigationi et viaggi e nella quale un intero capitolo è dedicato al paese dei Negri, che egli conosceva per essere stato in missione del sultano del Marocco a Timbuctù e al Bornu. L'opera di Leone Africano rimase sino alla fine del sec. XVIII la fonte da cui trassero le loro informazioni i geografi che trattarono di questa parte dell'Africa, rimasta fuori dal campo di ogni diretta ricerca. Lo stesso si dica per l'opera dei cartografi, presso i quali continuò a esercitare notevole influenza la Geografia di Tolomeo. L'esplorazione sistematica del Sudan si inizia alla fine del sec. XVIII col viaggio di Mungo Park (1795-97), che, raggiunto il Niger risalendo il Senegal, ne riconobbe parte del corso e pochi anni dopo, ripreso il tentativo in cui doveva miseramente perire, riuscì a seguirne per 2000 km. lo sviluppo. Nell'intervallo compreso fra queste due spedizioni dell'ardito e sfortunato viaggiatore scozzese si compì il viaggio di F. Hornemann, che raggiunto il Bornu per la via del Fezzan si spinse verso ovest e pervenne a Nupe sul Niger dove trovò anch'egli la morte. Ma questo memorabile viaggio attraverso il Sudan occidentale poco fruttò per una più approfondita conoscenza della regione. Un contributo assai notevole vi portò invece la spedizione Dixon Denham, W. Oudney e H. Clapperton, che nel 1822-24 da Tripoli pervenuta a Kuka nel Bornu scoprì il lago Ciad e si spinse sino a Sokoto chiarendo molti punti dell'idrografia sudanese e recando nuova luce sulle condizioni fisiche e antropologiche della vasta regione attraversata. Il vasto programma concepito dal Clapperton si completò un anno dopo col nuovo viaggio da lui con altri intrapreso, che dalla costa di Guinea lo ricondusse a Sokoto, dove soccombette per malattia. Di poco posteriore a questa impresa è quella del francese René Caillé, che dalla costa della Guinea attraverso il Futa Gialon raggiunse il Niger e pervenne a Timbuctù dandocene, primo tra gli Europei, un'ampia descrizione. Con queste imprese le conoscenze del Sudan occidentale e centrale vanno così gradatamente estendendosi e troveranno poi un più ampio contributo nella memorabile impresa di cui H. Barth (v.) fu il solo superstite e il sagace narratore (1849-55). La magistrale relazione che egli ne dettò rappresenta ancora oggi la più ampia illustrazione che si possegga per quella parte del Sudan dove per ben quattro anni si svolsero gl'itinerarî della grande spedizione. Mentre così progrediva la conoscenza del Sudan occidentale e centrale l'attività esploratrice degli Europei si rivolse anche a quello orientale, acuita dal desiderio di risolvere il secolare problema dell'origine del Nilo, di estendere la dominazione egiziana, di fare opera di proselitismo cristiano in paesi dove non si era ancora affermata la propaganda islamica, di ampliare il campo dei traffici dell'avorio e, purtroppo, anche degli schiavi. La conquista egiziana del Sudan si può dire iniziata dopo il 1820 e, affermatasi nel 1839 con la fondazione di Khartum, si compie nel 1872 con l'assoggettamento dell'Unioro e si stende con quella del Darfur. Alla conquista si accompagna la ricognizione del corso del Nilo e dei suoi principali affluenti nella quale i nomi di S. Baker, di C. G. Gordon, di Romolo Gessi, di Giacomo Messadaglia occupano posti preminenti. A questi vanno aggiunti quelli dei precursori quali Giovanni Miani e Carlo Piaggia, di missionarî come Giovanni Beltrame, di mercanti quale Andrea De Bono. Il Sudan orientale fino alla sollevazione mahdista diventa così un campo di ricerche e di studî che ne fa notevolmente progredire la conoscenza (v. appresso: Sudan Anglo-Egiziano). Ritornando al Sudan centrale notevoli risultati per la sua illustrazione fruttarono le belle traversate di G. Nachtigall, di G. Rohlfs e di altri prima che, con l'assoggettamento della vasta regione alla dominazione europea, se ne intraprendesse la regolare ricognizione, il rilevamento cartografico e lo studio dei diversi territorî sotto ogni loro aspetto.

Condizioni fisiche. - Il Sudan nei limiti più ristretti della sua estensione si può considerare una regione notevolmente omogenea. Dal punto di vista del rilievo esso si presenta come una vasta distesa pianeggiante la cui altitudine si mantiene inferiore ai 500 m. e discende ai 240 m. nello specchio del Lago Ciad e a soli 170 m. nella depressione di Bodele. Le maggiori altitudini si troverebbero nella regione di spartiacque tra il bacino del Congo e quello del Nilo e del Lago Ciad dove si raggiungerebbero in qualche punto 1500 m. e più. Dal punto di vista della sua costituzione non si mantiene la stessa uniformità. La regione del Lago Ciad compresa la depressione del Bodele e così pure quella del Niger medio per un vasto raggio intorno a Timbuctù e la valle del Nilo e del Bahr el-Ghazal sono ricoperte di formazioni alluvionali recenti. Una parte notevole vi hanno i sedimenti arcaici e le rocce cristalline antiche, sulle quali si elevano in varî punti formazioni vulcaniche recenti. Un'estesa parte del territorio è costituita da formazioni di età imprecisata a struttura arenacea o calcarea mentre nella parte più occidentale prevalgono le formazioni paleozoiche di arenarie desertiche analoghe a quelle dell'adiacente regione sahariana.

Compreso totalmente nella regione intertropicale, il Sudan ha il clima che le è proprio, non modificato dall'altitudine o da una sensibile influenza del mare. Racchiuso nel gennaio tra le isoterme di 20° e di 24°, passa nell'aprile-maggio da quella di 28° a quella di 34°, con una pronunciata tendenza di aumento procedendo da nord verso sud; scarse le precipitazioni specialmente nella zona più settentrionale limitrofa al Sahara, onde si va da meno di 250 mm. annui a un metro nelle plaghe più meridionali.

Nella tabella che segue si dànno i dati climatici per alcune delle località sudanesi più caratteristiche.

Possiamo distinguere nel Sudan tre diversi bacini fluviali. Quello del Niger, quello del Ciad e quello del Nilo. Il Niger e i suoi principali affluenti si può dire che svolgano tutto il loro corso nel Sudan. Il Lago Ciad (v.), vasta distesa palustre più che un vero lago, è alimentato dallo Sciari e da altri fiumi minori il cui tributo viene assorbito tutto dall'evaporazione onde, almeno normalmente, il lago non ha emissarî e solo nel caso di forti piene pare che una parte delle acque vada a riversarsi nel Niger. Nel Nilo, che si considera costituire ad oriente il limite del Sudan, sebbene si usi comprendervi anche la parte del bassopiano che si estende sulla sua destra, affluisce principalmente il Bahr el-Ghazal che col vasto ventaglio dei suoi affluenti rimane totalmente compreso nei confini del Sudan. Una parte del territorio del Sudan, e specialmente quella settentrionale dalle scarse piogge, rientra nella zona delle regioni areiche o senza scolo fluviale.

Flora. - La flora del Sudan costituisce la provincia fitogeografica delle savane sudanesi. La fisionomia della vegetazione e della flora di questo vastissimo territorio è notevolmente varia.

Le savane occupano vaste estensioni, ove, in relazione con la periodicità del clima e con i lunghi periodi di siccità che vi regnano, abbondano le Graminacee e particolarmente le Andropogonee e le Panicee con grande varietà di forme che, in parte, si avvicinano ai tipi steppici con foglie rigide. Vi sono forme alte, come il Saccharum spontaneum (da 2 a 4 m.), ma si trovano anche specie la cui statura oscilla da 4 a 9 decimetri. Notevoli estensioni sono occupate anche da steppe e da semideserti.

Lungo i fiumi e i laghi crescono vaste cinture di canne e di giunchi in mezzo alle quali si trovano foglie galleggianti di ninfee e di Pistia; lungo il Nilo Bianco abbondano i papiri insieme con l'ambak o arbusto sughero (Herminiera elaphroxylon della famiglia Leguminose) a tronco spugnoso, che si sviluppa da 3 a 5 m. sul livello più alto delle acque, per poi morire fino alla radice nei periodi di magra e di siccità.

La vegetazione arborea è ben lungi dall'avere lo sviluppo lussureggiante delle foreste di altre zone tropicali e i legni preziosi sono rari o mancano del tutto: gli alberi difficilmente raggiungono la statura di quelli delle foreste europee: nelle pianure e negli altipiani dove sono soggetti solo alle precipitazioni atmosferiche restano bassi e rachitici. Così la maggior parte delle acacie sono nane o fruticiformi. Alcuni però raggiungono notevoli dimensioni in alcuni loro organi come: il baobab nel tronco. I legnosi sono per lo più caducifogli.

La fioritura di molte piante legnose avviene durante il periodo di siccità, quando le foglie sono ancora racchiuse nelle gemme che si aprono all'epoca delle piogge: non mancano forme sempreverdi non solo nelle zone tropicali del territorio, ma anche in quelle aride della Nubia dove i due arbusti Balanites e Boscia conservano la loro foglie, quando tutto intorno la vegetazione è secca o senza foglie.

Fra le piante legnose caratteristiche della regione sudanese abbondano, nelle foreste e nelle savane, le forme di Mimosee rappresentate dalle acacie gommifere diffuse dalla Nubia alla Senegambia: in mezzo ad esse qua e là cresce il Tamarindus indica che, in media, raggiunge le dimensioni di una quercia e non mancano altre Leguminose e un piccolo numero d'altre dicotiledoni. Sono pure sparsi i baobab, i cui tronchi al livello del suolo raggiungono da 6 a 8 m. di diametro, e begli esemplari di Ficus sycomorus, questa specie dal ricco fogliame resta però per lungo tempo priva di foglie. Nei paesi settentrionali dell'interno del Sudan è abbondante e caratteristica la Capparis decidua, arbusto cespuglioso a rami fittissimi, spinosi per le stipole persistenti, che diviene arborescente sul Niger presso Timbuctù. Fra le palme, che non sono molto abbondanti nel territorio sudanese, sono caratteristiche la palma dum (Hyphaene thebaica), il deleb (Borassus flabelliformis var. Aethiopum), che può giungere da 15 a 30 m. d'altezza.

Le piante succulente sono rappresentate da euforbie cactiformi, che formano cespugli di 9-12 m. d'altezza, da specie di Alöe e forme affini. Due Asclepiadacee abbondano nella regione: la Calotropis procera che si trova diffusa in tutta l'Africa settentrionale e centrale e si spinge a oriente fino alla Persia e all'India, ma che probabilmente ha il suo centro d'origine nel Sudan, e la Leptadmia pyrotechnica di aspetto spartiforme e sempreverde. Altra pianta quasi afilla dai rami verdi bluastri è Tamarix nilotica.

In relazione con la secchezza del clima in molti tratti del territorio sudanese non mancano i frutici e gli arbusti spinosi.

In relazione con le speciali condizioni climatiche di alcuni territorî sono sviluppati i vegetali bulbosi a rapido ciclo di sviluppo e capaci di resistere ai lunghi periodi di siccità.

Le due formazioni principali della vegetazione sudanese sono: la khala o savana e la ghabra o foresta, però la colonizzazione di talune regioni vi ha apportato profonde modificazioni.

Nelle savane è la statura delle Graminacee che influenza la vegetazione: se esse sono gigantesche, formano un fitto mantello che esclude qualunque altra pianta, all'infuori di qualche albero al quale si è precedentemente accennato; se sono invece di modeste dimensioni, troviamo frammiste Verbenacee, Acantacee, Asteracee, Gigliacee, Orchidacee, ecc., con forme succolente o a foglie cotonose o legnoso-spinose per adattamenti xerofili.

Fauna. - La fauna del Sudan include elementi della fauna etiopica propriamente detta ed elementi della regione eremiana. Per i Mammiferi citeremo, fra le Scimmie, varî cercopitechi, amadriadi, ecc. Le Proscimmie sono rappresentate da specie di Lemuridi. I Chirotteri annoverano numerose forme di Rinolofidi, Nicteridi, Rossette, Vespertilionidi. Tra gli Insettivori citeremo varî Soricidi, ricci e rappresentanti della famiglia dei Macroscelidi. Ben rappresentati i Carnivori con molte specie di viverre, icneumoni, iene, volpi, sciacalli, il leone e varî altri felini. I Rosicanti includono molte forme di Spalacidi, istrici, octodontidi, scoiattoli, topi, lepri, ecc. Tra gli ungulati citeremo la presenza dell'elefante, della procavia tra gl'iracoidei, di numerose antilopi, della giraffa, dell'ippopotamo, delle zebre, e del rinoceronte bicorne. Gli Sdentati annoverano specie del gen. Orycteropus e varî pangolini. Ricchissima è l'avifauna e i Rettili vi sono anche numerosi così come gli Anfibî e i pesci d'acqua dolce. La fauna degl'Invertebrati include numerosissime specie particolarmente per quello che riguarda il gruppo degl'Insetti e dei suoi affini.

Popolazione. - Data l'incertezza dei suoi limiti e della sua estensione e il fatto della mancanza di corrispondenza tra questi limiti e quelli delle circoscrizioni politico-amministrative alle quali si riferiscono i dati demografici, non si può fissare la popolazione del Sudan altro che in un modo largamente approssimativo. Ritenendo che rientrino totalmente nei suoi confini le colonie del Sudan Francese e del Niger (Africa Occidentale Francese) e quelle del Ciad e dell'Ubanghi-Sciari (Africa Equatoriale Francese) insieme con la parte settentrionale della britannica Nigeria e il Sudan Anglo-Egiziano, che complessivamente abbracciano un'estensione di oltre 5 milioni di kmq., la popolazione totale risulterebbe di 19 milioni di ab. con una densità media inferiore a 4 ab. per kmq., presso a poco la densità media del continente, densità che raggiunge il massimo con 16 ab. per kmq. nella Nigeria settentrionale, mentre è di appena 1 ab. nella colonia del Ciad. La popolazione del Sudan vive addensata in villaggi e città, alcune delle quali rappresentano notevoli aggruppamenti urbani sebbene nulla abbiano delle caratteristiche delle città europee e non siano altro che vaste aree, recinte da mura di terra battuta, con capanne di paglia e di fango. L'occupazione da parte di potenze europee, avvenuta negli ultimi lustri, ha fatto sorgere a fianco degli antichi centri indigeni quartieri, o per lo meno costruzioni, di tipo europeo. A parte Khartum che è ormai una città europea, la città sudanese più considerevole è Kano che conta 90.000 ab., già metropoli di un vasto e operoso regno, cui segue Kuka, o Kukawa, presso il Ciad, entrambe nella Nigeria settentrionale. Ma anche nell'Africa Occidentale Francese si trovano centri considerevoli, quali Bamako (18.000 ab.), Mirriah (15.000), Kayes (12.000). Timbuctù, un tempo celebrata come la metropoli del Sudan, non è più che un grosso villaggio di meno di 6000 ab.

Condizioni economiche. - Le condizioni climatiche della regione nella quale prevale la formazione vegetale steppica ci dànno subito un'idea di quello che possono essere le sue attività economiche: l'agricoltura cioè per le zone dove la presenza di notevoli corsi d'acqua permetta l'irrigazione e l'allevamento del bestiame. Fra le coltivazioni irrigue quella del cotone vi ha preso un particolare sviluppo. Ma l'estendersi dell'opera di colonizzazione europea che data solo da pochi decennî, permetterà di darvi un maggiore sviluppo, contribuendo in particolar modo le agevolate comunicazioni per via fluviale, dove queste sono possibili, o per ferrovia. Le costruzioni ferroviarie alle quali principalmente sono legate le possibilità di valorizzazione dell'immensa regione, che si può dire non abbia frontiere marittime, sono oggetto di particolare interessamento da parte delle potenze coloniali dominatrici. Una grande linea di penetrazione, da alcuni anni spinta sino a Kano è prossima a raggiungere le rive del Lago Ciad. Il corso superiore del Niger è già collegato al porto atlantico di Dakar mentre da tempo si pensa a collegare il Niger stesso col Mediterraneo per mezzo di una ferrovia transahariana.

Assetto politico. - Il Sudan, nel cui vastissimo territorio sorsero già degli stati autonomi forti e potenti che esercitarono un'azione considerevole nelle vicende dell'Africa centrale, oggi è nella sua integrità un immenso dominio coloniale diviso tra la Francia e la Gran Bretagna. Alla prima appartiene con le colonie dell'Africa Occidentale e precisamente con quelle del Sudan Francese, del Niger e con quelle del Ciad e dell'Ubanghi Sciari appartenenti all'Africa Equatoriale; alla Gran Bretagna vi appartiene con la Nigeria settentrionale e col Condominio del Sudan Anglo-Egiziano. Nell'Africa Occidentale Francese restano quindi compresi gli antichi stati sudanesi di Timbuctù, di Masina, dei Mandingo, dei Mossi, ecc.; nell'Africa Equatoriale i reami del Kanem, del Wadāi. Nella Nigeria settentrionale i regni del Bornu, di Kano e di Sokoto; nel Sudan Anglo-Egiziano il Kordofdn, il Darfur.

Per maggiori particolari e per i riferimenti bibliografici v. le singole voci.

Sudan Anglo-Egiziano. - Parte orientale della regione sudanese, nota un tempo come Sudan Egiziano e divenuta condominio dell'Egitto e della Gran Bretagna per una convenzione firmata tra i due governi nel 1899. Il Sudan Anglo-Egiziano confina a N. con l'Egitto lungo il 220 parallelo, ad E. col Mar Rosso e poi con l'Africa Orientale Italiana, a S. col Kenm, con l'Uganda e con il Congo Belga circa il 4° lat. N., a O. con l'Africa Equatoriale Francese e per breve tratto con la Libia: esso misura 1900 km. in linea retta da S. a N., e 1600 km. da E. a O., con un'area di 2.693.600 kmq., e congiunge il protettorato inglese dell'Uganda con l'Egitto, pure sotto il controllo inglese, assicurando così alla Gran Bretagna l'intero corso del Nilo (v.), dalle sue sorgenti nel lago Victoria Nyanza fino alle foci.

Il paese, nel suo settore di NE. dove esso si spinge fino sul Mar Rosso, è montuoso, e vi si raggiungono col Gebel Erba 2280 m. Da questi rilievi della catena dell'Etbai, che a S. si continuano con quelli dell'Altipiano Etiopico, il suolo discende gradatamente a O. fino al Nilo, il quale però in qualche tratto, come presso Berber alla 5ª cateratta, si accosta molto ai monti e li incide. Sulla sinistra del fiume si estendono vaste pianure, accidentate dai modesti rilievi del Kordofan e da quelli più marcati del Darfur (Gebel Marra, 1500-1800 m.), mentre a SO., oltre la valle del Bahr el-Ghazal, il terreno sale gradatamente fino a quote di 600 m. in corrispondenza della displuviale tra il Nilo e il Congo. Geologicamente (v. africa: Geologia) il Sudan risulta costituito nella catena dell'Etbai e nella zona al piede dell'altipiano etiopico, da scisti cristallini e rocce granitiche, con filoni quarzosi auriferi; nella parte occidentale (Nubia) affiorano invece le cosiddette arenarie nubiane, di età cretacea o più antica, che si estendono con facies analoga nel Kordofan, nel Darfur e nel bacino meridionale e occidentale del Bahr el-Ghazal; il fondo di questo e della valle nilotica è occupato da depositi alluvionali.

Data la sua posizione geografica, la grande distanza dal mare e la modesta elevazione, il Sudan Anglo-Egiziano ha clima tropicale, continentale, caldissimo: a Khartum si hanno due massimi, uno in aprile-maggio (45°) l'altro in settembre (43°). A N. di Berher il paese è un arido deserto, continuazione meridionale dei deserti egiziani, e, salvo lungo il Nilo, che è l'unico corso d'acqua, e nei fondovalle, manca ogni traccia di vegetazione. Tra il 20° e il 17° parallelo s'inizia, prima nei monti della regione orientale, poi nelle regioni collinose o pianeggianti dell'occidentale, un paesaggiti di steppa con gruppi di acacie a ombrella e praterie, che però si disseccano interamente al cessare delle piogge, le quali nell'interno cadono da mezzo giugno a settembre, mentre nella zona litoranea sul Mar Rosso i pochi violenti acquazzoni si hanno tra agosto e gennaio. Via via che si procede verso il sud le piogge si fanno più abbondanti (200-400 mm.) e meno precarie, la vegetazione diviene più rigogliosa, addirittura boscosa nel Kordofan e nel Bahr el-Ghazal, e al Nilo, che attraversa tutto il paese da S. a N., si dirigono le acque del Bahr el-Ghazal da sinistra, quelle dell'Atbara, del Gasc, del Sobat da destra. Nella zona più meridionale cadono fino a 800 mm. di pioggia e più; il Nilo Bianco è fiancheggiato da vastissime paludi piene d'erbe, che formano talora solide zattere e barre ostacolanti la vegetazione (sudd), e il paese, coperto di foreste e di stagni, ha clima pestilenziale.

La fauna selvatica africana è abbondante dappertutto, onde il Sudan Anglo-Egiziano è un paese di caccia grossa: scimmie, elefanti, rinoceronti, bufali, uccelli svariati pullulano nelle foreste del Bahr el-Ghazal e del Nilo, ippopotami, coccodrilli, uccelli acquatici, nelle paludi e nei fiumi; leoni, leopardi, giraffe, antilopi, nelle praterie e nei boschi radi del Kordofan e del medio Sudan; struzzi, varani, serpenti, nella steppa arida e nei deserti del nord. La mosca tse-tse e le zanzare sono pericolosi agenti trasmettitori di malattie: dannosi anche i tafani parassiti del bestiame, le termiti, le locuste, infeste all'agricoltura.

La parte settentrionale del Sudan Anglo-Egiziano è abitata da tribù quasi tutte di origine araba, che hanno abbracciatto l'islamismo, pur conservando riti che sono in contraddizione col Corano. Le tribù non musulmane appartengono quasi tutte al gruppo nilotico. Le principali sono: gli Scilluk, i Luo, noti erroneamente col nome di Jur, gli Agnuak, i Dinca, i Nuer, le tribù Bari e Lotuko, i Nuba, le popolazioni del Darfur, i Bongo, i Mittu, i Madi, i Belanda. Gli Asandè, noti comunemente col soprannome di Niam-Niam, non appartengono al gruppo nilotico e solo una parte di essi occupa territorio del Sudan Anglo-Egiziano. Nilotiche sono pure alcune tribù dell'Uganda: gli Acholi, i Lango e i Gialuo del Kenya. Tutte queste tribù d'origine comune, hanno conservato nella cultura materiale e spirituale elementi molto arcaici. Il Seligman divide le popolazioni nilotiche in due gruppi: dolicocefali e mesocefali: nel primo include gli Scilluk, i Dinca, i Nuer, i Lotuko - ossia i Nilotici e Nilotico-Camiti - nel secondo i Nuba, i Fungi, gli Asandè, i Bongo, i Nittu, gli Acholi e i Madi.

La lancia di ferro, che viene gettata. è l'arma piùù diffusa tra le popolazioni nilotiche, ma essa è relativamente recente. Gli Scilluk, i Dinca, i Nuer hanno ancora, con la lancia di ferro, lance di legno e di osso. Il bumerang è raro, ma sopravvive ancora. Raro è l'uso della fionda. L'arco è ancora in uso presso tutte le popolazioni nilotiche. Varie sono la forma e la grandezza dello scudo che è generalmentc di pelle. Sopravvive ancora una forma molto arcaica di difesa che consiste in un bastone che serve a parare i colpi della clava. Questa, che viene gettata, è quasi sempre di legno, talvolta non è che una radice; la clava di pietra è rara.

Gli uomini vanno nudi oppure portano una pelle che fanno passare sopra la spalla, le donne portano un pezzo di pelle che arriva fino alle ginocchia. I veri nilotici curano molto la capigliatura e portano braccialetti di avorio attorno al bicipite.

Tutte le tribù praticano la caccia, la pesca e l'agricoltura, il bestiame ha minore importanza nella vita quotidiana: i Dinca però ne sono appassionati allevatori, mentre i Luo e più ancora gli Agnuak sono soprattutto agricoltori. Recenti studî hanno messo in dubbio quanto si riteneva prima che cioè i Nilotici siano stati in origine pastori. La questione però non è di facile soluzione perché l'economia dei Nilotici ha subito nel sec. XX forti cambiamenti.

Generalmente il clan è la base dell'organizzazione sociale, la famiglia è fondata sulla poligamia, la parentela è descrittiva (i parenti del padre e della madre sono indicati con nome diverso). La sociologia è patriarcale, tracce di matriarcato sono però così frequenti e talvolta così forti che alcuni studiosi propendono a ritenere i Nilotici in origine matriarcali; senza dubbio ci sono state mescolanze di diverse culture. Alcune tribù si presentano con forti caratteri di totemismo e indizî di questa cultura si trovano in quasi tutte le popolazioni nilotiche, essa però non ha esercitato una grande influenza. Manca completamente il cannibalismo, praticato soltanto dagli Asandè che non sono Nilotici.

Tutte le lingue di queste popolazioni hanno una parola: jok (talvolta jwok, che è probabilmente derivata da jo, "essere vivente, uomo") il cui significato varia da tribù a tribù: talvolta indica l'Essere Supremo, talvolta spiriti inferiori. La credenza in un Essere Supremo, quasi sempre concepito come creatore dell'universo, è generale; diversi esploratori hanno raccolto preghiere rivolte direttamente a lui. Sopravvive un elemento delle culture più primitive, il sacrificio di primizia della caccia, della pesca e del raccolto, ma allo stato attuale delle nostre conoscenze, non è facile stabilire se quest'offerta sia fatta all'Essere Supremo o a spiriti inferiori. Il culto dei morti è molto sviluppato. Tutte le tribù hanno pietre speciali che riproducono la forma degli organi geni; ali maschili e femminili, con le quali credono di potere ottenere la pioggia, perché in esse è immanente lo spirito dell'antenato. Queste pietre sono conservate in una apposita capanna, protette da tabu, e solo chi ne ha la cura può compiere le cerimonie necessarie per provocare la pioggia. In molti casi il rito non ha esclusivamente carattere magico. Il re o altra persona di grande autorità ha l'incarico di fare questo sacrificio. Il re o il capo tribù sono in stretta relazione con la natura e quindi messi a morte ritualmente quando incominciano a invecchiare (Scilluk, Dinca) perché lo spirito della vegetazione con cui si identifica lo spirito dell'antenato immanente nel re o nel capo non s'indebolisca in un corpo che comincia a invecchiare.

L'animismo, nel nostro caso la natura concepita come popolata da spiriti per lo più cattivi, ha minore importanza del culto dei morti. Lo stregone o la strega hanno il compito di guarire gli ammalati ricorrendo a pratiche magiche e somministrando medicine.

La popolazione, fortemente decimata dalle lunghe guerre e razzie del periodo mahdista, si stimava nel 1935 a circa 5.800.000 con diverse migliaia di forestieri e immigrati (Abissini, Siriani, Egiziani) e pochi Europei, fra i quali primeggiano i Greci.

I principali prodotti vegetali sono cotone, mais, sesamo, datteri. dura, arachidi, senna, gomma arabica; i boschi producono legnami anche pregiati (ebano); prodotti della pastorizia sono bovini, pecore e capre; la caccia fornisce un po' d'avorio. Sono segnalati giacimenti d'oro, di rame, ferro, piombo, grafite, bauxite, mica, sale e gesso: l'oro si estrae e si esporta in qualche misura. Prodotti esportati sono anche cotone, gomma, caucciù, sesamo e arachidi; s'importano specialmente cotonate, zucchero, macchine, metalli e oggetti di metallo, tabacco, caffè, tè, alcoolici, farina, carbone, essenze, ecc. Il valore totale delle esportazioni fu nel 1934 pari a lire egiziane 4.117.000; quello delle importazioni ammontò in quell'anno a lire egiziane 3.945.000.

Nel Sudan Anglo-Egiziano sono aperte ferrovie con uno sviluppo di quasi 3000 km., colleganti Wadi Halfa con Sennaar e el-Obeid, Porto Sudan e Sukin con Berber da un lato, con Kassala e Ghedaref dall'altro. Le comunicazioni fra il Sudan (Wadi Halfa) e l'Egitto (Shellal presso Assuan) sono assicurate da battelli fluviali; e linee fluviali congiungono Khartum con Meshra el-Rek sul Bahr el-Ghazal, con Gambela sul Sobat, con Regiaf sul Nilo Bianco, al confine meridionale, e finalmente Sennaar con Roseires sul Nilo Azzurro: complessivamente le linee di navigazione interna hanno uno sviluppo di 4988 km.

Il Sudan Anglo Egiziano è amministrato da funzionarî inglesi e sudanesi: il governatore generale, inglese, assistito da un consiglio le cui decisioni sono soggette a veto da parte del governatore, risiede a Khartum. Il paese è diviso in 9 provincie (mudirie): Nilo Azzurro (Wadi Medani), Kassala (Kassala), Khartum (Khartum), Kordofán (el-Obeid), Alto Nilo (Malakal), Nilo Bianco (ed-Dueim), Settentrionale, Equatoriale, Darfur (el-Fasher). I mudir sono tutti inglesi.

Le città più notevoli, oltre a Khartum, la capitale, con 40.760 abitanti, posta in faccia a Ondurman, alla confluenza del Nilo Azzurro col Nilo Bianco, sono: Porto Sudan che è il principale sbocco commerciale sul Mar Rosso; Kassala centro di una fertile regione cotoniera presso il confine dell'impero italiano di Etiopia; Wadi Halfa sul Nilo, poco a valle della 2ª cateratta, con le rovine di alcuni templi della XII e della XX dinastia faraonica; Berber, pure sul Nilo, non lungi dalla stazione di Atbara, donde si dirama la ferrovia per Porto Sudan; Sennar sul Nilo Azzurro, testa di linea della ferrovia assiale e punto di distacco del tronco ferroviario per el-Obeid nel Kordofan; Wadi Medani, centro assai popoloso e attivo, e capoluogo della mudiria del Nilo Azzurro; Gallabat, presso il confine etiopico, centro dei commerci con l'Etiopia; el-Fasher, ecc. I centri al S. del 13° parallelo sono semplici villaggi indigeni con capanne di frasche: degna di ricordo Fascioda, nell'Alto Nilo, ribattezzata Kodok dopo l'incidente anglo-francese del 1898.

I principali cespiti di entrata del bilancio sono i profitti delle imprese di stato e i dazî doganali, cui si aggiungono le imposte fondiarie, i diritti di concessione e le tasse sui consumi. I bilanci del Sudan si chiudono apparentemente in pareggio, come risulta dalle seguenti cifre ufficiali (in migliaia di lire sterline egiziane):

La tesoreria egiziana provvede a saldare annualmente i deficit e a fornire prestiti e da essa strettamente dipendono le finanze del Sudan. L'unità monetaria è la sterlina egiziana.

V. tav. CXLIII.

Bibl.: C. G. Seligman e Brenda Z. Seligman, Pagan Tribes of the Nilotic Sudan, Londra 1932; Wilhelm Hofmayr, Die Schilluk, St. Gabriel, Mödling 1925; J. P. Crazzolara, Beiträge zur Kenntnis der Religion und Zauberei bei den Schilluk, in Anthropos, XXVIII, 1932; F. S. Magagnotto, Dal fiume delle Gazzelle, il sentimento religioso tra i Giur, Padova 1926; Nicolao Olivetti, Fra una tribù di Giganti, Verona 1933; C. G. Seligman, Egypt and Negro Africa, Londra 1934; M. Schmidl, Die Grundlagen der Nilotenkultur, in Mitteilungen der Anthropologischen Gesellschaft in Wien, LXV (1935), p. 86 segg. Tra le riviste è fondamentale Sudan Notes and Records, specializzata sulle popolazioni del Sudan e pubblicata a Khartum dal 1918. Vedi anche la bibl. di uganda.

Sudan Francese. - È la più grande (1.504.500 kmq., 5 volte l'Italia) delle sette colonie che costituiscono l'Africa Occidentale Francese, ma una delle più spopolate (3.527.000 ab. nel 1934, un po' più di 2 per kmq.) e delle meno sviluppate economicamente, poiché comprende vasti territorî stepposi e desertici. La parte occidentale di essa è un insieme di altipiani arenacei di circa 700 m. d'altezza, solcati dal Bafing e dal Bakoy (rami sorgentiferi del Senegal, che ne discendono mediante numerose rapide e cascate) e sormontati da rilievi isolati di basalto. La parte centrale e orientale del paese è solcata dall'alto e medio Niger, la cui valle, dapprima angusta, comincia ad allargarsi solo dopo Ségou, finché il fiume entra nell'ampia zona depressa del Masina (Macina), formata superficialmente da alluvioni quaternarie fertilissime di carattere deltizio. Qui il Niger si divide in un gran numero di bracci, fra l'uno e l'altro dei quali, nelle zone più depresse, si stendono varî bacini lacustri; nelle massime piene il fiume inonda questa regione, tra Sansanding e Timbuctù, su una larghezza di 100-150 km. Sono in corso grandi lavori idraulici per conquistare amplissime zone all'agricoltura: tra il Niger e il Bani suo affluente si ritiene di poter irrigare 750.000 ettari; a nord di Sansanding, 250.000 ettari; nel Masina, 300.000 ettari.

Monotoni altipiani, limitati da balze e ripide scarpate, e sormontati da modesti rilievi, fra i quali è da ricordare il massiccio montuoso dell'Adrar degli Ifoghas, alto sui 500 m., chiudono tanto a nord quanto a sud la vallata del Niger.

Il clima è dappertutto assai caldo e nel complesso arido. Nella parte occidentale in primavera la media delle massime si aggira sui 42-43°, quella delle minime non scende sotto i 25-26°; le piogge cadono tuttavia ancora in quantità notevole (sui 700 mm.). Anche nella parte meridionale della colonia le piogge sono relativamente abbondanti (700-800 mm.) e cadono da giugno a ottobre, abbassando un poco le temperature, peraltro sempre molto elevate. Andando verso nord le piogge diminuiscono e a Timbuctù sono già ridotte a meno di 250 mm.; aumentano invece le temperature e le escursioni annue e diurne. A Timbuctù per vari mesi la media delle temperature massime non scende sotto i 40°, e quella delle minime sotto i 23°. Boscaglie e savane predominano nell'estremo sud; poi si ha una fascia di steppe; infine si entra nel deserto.

Mossi, Haussa e Fulbe abitano nella parte meridionale della colonia, a sud del Niger; Mandingo nel medio Niger, Bambara nell'alto Niger, nomadi Mauri e Tuareg a nord del gran fiume. Pochi sono i Bianchi (1800), quasi tutti Francesi.

Capoluogo della colonia è Bamako-Koulouba (21.200 ab.); altri centri ragguardevoli sono Kayes (13.400 ab.), Sikasso (10.300 ab.), Ségou (8900 ab.), Goundam (6300 ab.), Djenné (6000 ab.), Gao (5600 ab.), Timbuctù (5400 ab.), assai decaduta, e Mopti (4700 ab.).

Le risorse economiche principali del Sudan Francese derivano dall'agricoltura e dall'allevamento. Questo dispone di un patrimonio zootecnico formato da 1,7 milioni di bovini, 2,6 milioni di ovini, 2,5 milioni di caprini, 140.000 asini, 70.000 cavalli e 30.000 cammelli, e dà all'esportazione animali vivi e pelli in ragguardevole quantità.

L'agricoltura, limitata alle zone più umide o irrigabili, è rivolta specialmente alle arachidi, per la produzione delle quali la colonia è al 2° posto fra tutti i paesi africani (dopo il Senegal), al cotone (40.000 q. di prodotto annuo) e all'agave sisalana; sono da ricordare anche le colture del miglio, del mais, del riso, del sesamo e del caffè, il cui prodotto serve essenzialmente per il consumo locale.

È da ricordare la discreta produzione di gomma arabica, che si ricava dall'Acacia verek.

Le vie di comunicazione scarseggiano; le più importanti sono date dalle sezioni navigabili del Senegal e del Niger e dalla ferrovia che, provenendo da Dakar, dopo un percorso di 1315 km., si spinge fino a Koulikoro sul Niger. Vi sono poi numerose piste camionabili. Porti marittimi utilizzati dal commercio del Sudan Francese sono St.-Louis (Senegal) e Conakry (Guinea Francese). La colonia importa cotonate, generi alimentari, automezzi, petrolio, materiali da costruzione, zucchero, sale e birra, ed esporta arachidi, bestiame, gomma, pelli, cotone, lana, sisal, ecc. Il valore delle importazioni è di solito più del doppio di quello delle esportazioni.

Quando nel 1933 fu soppressa la colonia dell'Alto Volta, e il suo territorio fu ripartito tra la Costa d'Avorio, la Colonia del Niger e il Sudan Francese, a questo toccarono 52.400 kmq. e 713.000 abitanti. (V. tav. CXLIV).

Storia.

La storia del Sudan nell'ampia accezione di tale nome, quale è indicata qui sopra, non ha una sua unità, data la grande estensione del paese e la differenza delle genti che lo abitano, né potrebbe essere esposta che in una serie di singole trattazioni. Tuttavia qualche ragione di unità è conferita a questo complesso di sviluppi storici da alcuni fattori, come, per esempio, oltre ad alcune condizioni dell'ambiente geografico, gli elementi etnografici e cioè da un lato la razza nera, dall'altro la costante vicenda delle mescolanze dei Negri, immigrati nel Sudan e a loro volta mescolati con i Negrilli, con aborigeni bianchi dell'Africa del Nord e con Semiti successivamente immigrati nel paese; e come, infine, l'influenza culturale di tale elemento bianco. Dopo le immigrazioni degli Arabi in Africa, entrano come fattori decisivi nella storia del Sudan la parte viva presa ad essa da molte grandi tribù arabe, più o meno mescolatesi con sangue nero, la diffusione dell'Islām, accettata da alcune popolazioni, da altre tenacemente combattuta in nome delle religioni pagane avite, e la relativa unità culturale che è sempre creata dall'Islām nelle regioni della sua diffusione. Fra le tribù di origine araba che hanno avuto maggiore importanza per la storia del Sudan, sono le tribù Ḥassāniyyah della Mauritania e molte altre nelle regioni del Bornu, del Lago Ciad, del Darfur, e quelle del Sudan Anglo-Egiziano.

Una questione che ha molto interesse da un punto di vista generale è quella dell'origine dell'organizzazione politico-militare, propria a molte regioni del Sudan da tempo antico; origine che, considerate le tradizioni ancor vne tra i Negri e i contatti con la cultura bianca, potrebbe agevolmente attribuirsi all'influenza di questa. È stata d'altra parte osservato che alcuni stati negri (come quelli Mossi del Niger) conservano ancora nella forma più tipica, e almeno dal sec. XI, l'organizzazione statale quale si ritrova nei grandi imperi del Sudan occidentale; e mentre questi ultimi hanno subito certamevte, e in vario modo e misura, influenze bianche, i regni Mossi sono stati sempre immuni da ogni contatto non negro. Ciò potrebbe confortare la tesi assai interessante dell'origine puramente negra delle predette istituzioni; la questione va esaminata anche mediante il confronto con altre forme culturali negre, come, per es., la produzione artistica del Benin, ecc.

Per la storia antica del Sudan le fonti sono scarsissime; negli autori classici non troviamo naturalmente che qualche vaga e incerta notizia, mentre delle tradizioni indigene non c'è molto da fidarsi. Della Nubia sappiamo di più, grazie alle relazioni che l'hanno legata in ogni tempo all'Egitto e agli scavi archeologici. Per il Medioevo varie opere arabe ci dànno non poche notizie per il Sudan occidentale, mentre per il Sudan centrale e orientale siamo quasi all'oscuro. Dall'inizio dell'età moderna sono per noi fonte importante, oltre che parecchi autori arabi (e specialmente due opere il Ta'rīkh as-Sūdān e il Ta'rīkh al-Fattāḥ del sec. XVI-XVII, edite e tradotte in francese), la descrizione dell'Africa di Leone Africano, e le relazioni di viaggiatori europei.

La maggioranza della popolazione del Sudan (v. sudanesi) è composta di Negri: il nucleo della popolazione negra africana secondo un'autorevole opinione sarebbe non autoctona, ma giunta per migrazioni che avrebbero avuto il punto di partenza verso il limite tra Oceano Indiano e Pacifico; e in due ondate, di cui la prima costituita dai progenitori dei Bantu. Nel Sudan sarebbero giunti i Negri della seconda ondata, che si sarebbero mescolati, come gli altri, con i Negrilli aborigeni, e poi con i Bianchi mediterranei autoctoni del Nord; le lievi differenze tra i popoli delle due ondate andrebbero attribuite al lungo spazio di tempo, forse migliaia d'anni, corso tra le due migrazioni. Nel sec. V a. C. essi dovevano già occupare nel Sudan le stesse sedi di oggi e avere lo stesso tipo di civiltà. Altri Bianchi immigrati, di razza semitica, hanno poi portato ripetutamente, fino all'ultima vicenda della penetrazione araba, il loro contributo alla storia e cultura del Sudan. Secondo il Delafosse non solo i Fenici (ai quali dovrebbe attribuirsi l'introduzione delle conterie, dette aggry-beads, assai comuni e pregiate tra i popoli del Sudan), ma anche un altro popolo semitico, a cui la tradizione negra allude con i suoi racconti dei Beni Israel, avrebbe portato, insieme con elementi di cultura, molte parole di origine semitica nelle lingue sudanesi, parole che secondo tale teoria non andrebbero attribuite all'influsso arabo. Questi Semiti, coltivatori e pastori, sarebbero il nucleo dell'elemento straniero che ha contribuito alla formazione di popolazioni fortemente mescolate di sangue bianco, come, per es., i Fulbè (v.). I Berberi non sembrano aver dato un contributo molto notevole; il che apparirebbe anche dallo scarso numero dí parole berbere penetrate nelle lingue sudanesi. Non sappiamo nulla della storia antica del Sudan occidentale; i Romani non giunsero oltre il Sahara, e il punto più lontano fu raggiunto dalla spedizione di Giulio Materno, che non oltrepassò probabilmente la regione dell'Air (Ahīr).

Secondo il Delafosse, le popolazioni principali che hanno preso parte attiva nella storia del Sudan occidentale dovevano costituire nella Mauritania e nell'IIod, all'epoca lontana in cui queste regioni sahariane si prestavano a vita e cultura sedentarie, un insieme abbastanza disparato, che la tradizione negra chiama con il nome di Bafur. Da questi Bafur derivarono per diramazione i Songhai, fondatori del grande impero di Gao, di cui si dirà qui appresso; e anche una grande popolazione detta Gangara o, dagli autori arabi, Wanqārah, che ha per sue frazioni principali i Bambara, i Mandingo, o Maliṅke (chiamati anche con altri nomi), ecc. In questa regione dei Bafur si sarebbero appunto stabiliti i predetti immigrati semiti, che avrebbero fondato il regno di Ghanah (la cui origine bianca è affermata dalla tradizione indigena), e poi colonizzato il Masina e la regione di Ugadu. Dall'incrocio di essi con la predetta popolazione Wanqārah (già a sua volta frutto di mescolanza di Negri con gli aborigeni bianchi) sarebbero sorti i Saracole, che regnarono poi su Ghanah; ed altrove la mescolanza con i Serer avrebbe dato origine ai Fulbè (v. sopra), che poi si dispersero in altre parti del Sudan.

Le tradizioni locali, confermate da notizie di scrittori arabi di Timbuctù, affermano che il regno di Ghanah (il qual nome, che si estese poi a indicare il regno, non è in origine che il titolo dei re, mentre la capitale, detta anche Ghanah da autori arabi ed europei, ha il nome di Kumbi o Kumbi-Kumbi) rimonta al secolo IV d. C., e che le prime dinastie erano bianche; il potere passò poi ai predetti Saracole, con la dinastia dei Sisse. Il regno di cui ci dànno concreta notizia il geografo e viaggiatore arabo Ibn Ḥawqal (che lo visitò nella seconda metà del sec. X), e altri autori arabi, nel sec. IX e X d. C., al momento cioè del suo apogeo, estendeva la propria influenza al Nord in pieno Sahara, sui Berberi Ṣanhāgiah (Awdaghost era vassalla del re di Ghanah); al sud giungeva fin oltre il Senegal, all'ovest all'Atlantico, all'est ai laghi ad occidente di Timbuctù. Ragione di prosperità del regno, la cui fama giungeva al Cairo e Baghdād, erano le miniere d'oro del Bambuk e di altri luoghi. La decadenza cominciò con il sorgere degli Almoravidi; Abū-Bakr nel 1076 distrusse Ghanah, e il regno non si riebbe più dalla disfatta. Infine nel 1203 Sumanguru, capo di un altro stato negro, quello dei Sōsō, incorporò a questo il regno di Ghanah.

Nel sec. X ha inizio la conversione del Sudan all'Islām, che, dovuta specialmente agli Almoravidi, è fattore importantissimo della storia del paese.

L'Islām penetrò largamente tra i Toucouleur del Tekrur (che corrisponde al territorio detto ora Futa Toro), popolo misto a lingua fulbè, composto di elementi saracole, mandingo, serer, e che diviene potente alleato degli Almoravidi (per i regni toucouleur, v. appresso), tra i Songhai, padroni dell'impero di Gao, e perfino tra i Saracole che, pur rappresentanti dell'elemento pagano, accettarono poi la nuova religione, ne divennero i migliori rappresentanti nel Sudan occidentale e la propagarono.

Ma Uolof, ad es., e Mandingo non si convertirono, o solo apparentemente e finché durò la potenza almoravida; la resistenza all'Islām è un fattore importante della storia sudanese, e determina, tra l'altro, l'esodo di popolazioni che ne complica le vicende.

Il regno di Soso che con Sumanguru estende il suo potere su Ghanah, come è detto qui sopra, cede ben presto all'altro regno sorgente nel Sudan occidentale, quello dei Mandingo, o Malinke (v. sopra: anche altri nomi designano tale popolazione), che per centinaia d'anni è stato il più vasto dell'Africa, e la cui dinastia, regnante ancor oggi, domina nel villaggio di Kangaba, sulla riva sinistra del Niger, nella Guinea Francese. I Mandingo dopo secoli di oscura esistenza sconfissero nel 1235 Sumanguru che aveva occupato il loro paese, distrussero Ghanah nel 1240, e dopo varie vicende raggiunsero con il re Gongo Musa o Kankan Musa (1307-1322) il massimo della loro potenza, estendendo il loro dominio sul territorio occupato ora dall'Africa Occidentale Francese con le colonie che vi sono incuneate. Il sovrano mandingo era in relazione con tutti i maggiori stati dell'Africa settentrionale. Il viaggiatore arabo Ibn Baṭṭūṭah visitò il paese nel 1352-1353 sotto il mansa Sulaimān.

La supremazia dei Mandingo nel Sudan occidentale fu abbattuta dal terzo dei grandi imperi sudanesi, quello dei Songhai, il cui primo nucleo sorse già nel sec. VII d. C. in un'isoletta del Niger e che già nel 1000 ha la sua capitale a Gao. In questo tempo il dia regnante Kossoi o Kossai si fa musulmano. L'influenza del regno Songhai si estese gradatamente e raggiunse anche Timbuctù, la cui fondazione risale al principio del sec. XII.

Intanto nel corso del secolo XI un altro popolo negro, quello dei Mossi, lontano da ogni influenza bianca (v. sopra), fondava, dentro l'ansa del Niger, due regni, che ancora sussistono, quelli di Uagadugu e di Yatenga, che nel sec. XIV avevano press'a poco la stessa estensione di oggi: l'occupazione francese si è limitata infatti a imporre ai due paesi il protettorato. Ancora oggi essi conservano gelosamente la religione pagana, e l'islamismo non ha mai potuto diffondersi fra loro.

Al principio del sec. XV, quando per merito dei viaggiatori si hanno notizie più precise sul paese, la supremazia nel Sudan occidentale è divisa tra gl'imperi mandingo e songhai, il primo predominante tra Sahara al nord e foresta equatoriale al sud, tra Atlantico all'ovest e il 3° long. O., all'est; il secondo tra Sahara e una linea tra Hombori e Karimama nel basso Niger, e tra il 3° e il merid. 0°. La potenza dei Songhai raggiunse poi il suo apogeo con la dinastia fondata dal generale saracole musulmano Mamadu Ture, o Muḥammad aṭ-Ţūrī, che si fece investire con il nome di askiā Muḥammad, e regnò dal 1493 al 1529, mentre la sua dinastia durò, in tutto, un secolo. Egli fu sovrano illuminato, che organizzò l'esercito; sotto il suo buon governo, ammirato da Leone Africano che visitò il suo regno nel 1507, ebbero fiore e rinomanza di centri intellettuali più luoghi, tra cui principalmente Timbuctù, la cui scuola di giurisprudenza, per es., produsse una notevole letteratura nei secoli XVI e XVII. L'askiā Muḥammad di cui sono anche celebrate la pietà musulmana e le opere di bene, fece il pellegrinaggio alla Mecca nel 1497, e nell'occasione del viaggio s'intrattenne con i più famosi dotti musulmani del tempo, tra cui l'egiziano as-Suyūṭī. La potenza dell'impero songhai, che aveva anche tentato di estendersi, con minore fortuna, in paese haussa nel Sudan centrale, doveva essere abbattuta dal Marocco, il cui sultano Ahmad adh-Dhahabī, degli sceriffi ḥásanī, dopo che un primo suo esercito di 20.000 uomini mandato per la conquista delle saline della regione di Teghaza, fu sconfitto, inviò una seconda spedizione capitanata da Giawdar Pascià; questi, che era un rinnegato spagnolo come la maggioranza dei suoi soldati, nel 1591 vinse il forte esercito dell'askiā Isḥāq II entrando poi a Gao e fissando la sua residenza a Timbuctù. Da lui comincia la dominazione dei pascià marocchini, che tuttavia dipendevano solo nominalmente dal Marocco, e spesso non conoscevano neanche l'arabo, parlando lo spagnolo e poi sempre più il songhai. La tirannia, che fu tale, di questi principotti che cedettero sempre più sia ai negri Bambara (v. sotto) sia ai Tuareg, fino a ridurre la loro signoria sulla sola Timbuctù, cessò definitivamente con l'entrata (1894) dei Francesi in questa città. (V. joffre).

I popoli Bambara intanto, profittando dell'indebolimento dell'impero songhai prodotto dall'assalto marocchino, avevano costituito verso la meta del sec. XVII due regni, quello di Segu (che con il re Biton Kulubali diede nel 1670 l'ultimo colpo all'impero mandingo riducendolo a pochi territorî nell'alto Niger e nell'alta Gambia) e quello di Kaarta. Nel Masina poi, un marabutto fulbè, Seku Hamadu, s'impadronisce nel 1810 di Dienné e sostituisce la propria influenza a quella del re bambara di Segu; ma poi tutti, Bambara e Fulbè, devono cedere al predominio, del resto di breve durata, del popolo dei Toucouleur (v. sopra). Nel Futa Toro i negri toucouleurs già musulmani da sei secoli, vincono i Fulbè pagani e verso il 1770 vi costituiscono uno stato teocratico che durò fino al 1881, data dell'annessione del paese al Senegal Francese. Da tale centro toucouleur musulmano muovono ‛Osmān (‛Uthmān). Dan Fōdio, che conquista il paese haussa, dove fonda un grande impero toucouleur (v. appresso), poi al-Ḥāǵǵ 'Omar, toucouleur della casta che aveva più contribuito alla costituzione dello stato del Futa Toro, e capo della confraternita Tigiāniyyah. Egli, dopo il pellegrinaggio alla Mecca nel 1820 (al ritorno dal quale sostò presso i principali sovrani del Sudan centrale, come il Kanemī, padrone del Bornu, e Moḥammed Bello allora capo dell'altro impero toucouleur, quello fondato da ‛Osmān Dan Fōdio in paese haussa) radunò nel Futa Giallon e altrove un esercito e conquistò un ampio impero, che comprese il territorio dei due predetti regni Bambara e di altri stati.

Dopo la sua morte violenta avvenuta nel 1864, i suoi figli e i parenti da lui lasciati a capo dei singoli regni conquistati caddero in discordia, mentre le popolazioni oppresse dal giogo toucouleur si ribellavano. La conquista francese (Segu 1890, Nioro 1891, Bandiagara 1893) pose fine, con sollievo di quelle, alla tirannia della famiglia di al-Ḥāǵǵ 'Omar.

Oltre a questi maggiori popoli del Sudan occidentale, Saracole, Mandingo, Songhai, Mossi, Bambara, Fulbè, Toucouleur, anche altri costituiscono stati minori, della cui storia non è possibile fare qui cenno; come gli Uolof, i Serer, i Fula con il loro stato del Futa Giallon. Al sud-est di questo seguono popolazioni primitive, anche antropofaghe, e poi, dal Bandama al Volta, gruppi di popoli più progrediti, tra cui gli Ascianti che ebbero un regno potente durato dal 1700 al 1895; e ancora più all'est altri di qualità intellettuali notevolissime, tra cui gli abitanti del Dahomey, i Noupé, i Benin.

Il regno del Dahomey fondato fino dal sec. XVI e conquistato dalla Francia nel 1894 dopo una celebre campagna, ebbe, nonostante la crudeltà dei costumi dei suoi abitanti, del resto ottimi coltivatori e artigiani, un'organizzazione notevole. Lo stato del Benin ha avuto dal sec. XV, e forse anche da epoca più antica, fiore e potenza, e di esso è ben nota la produzione artistica, in bronzo ed avorio, di cui molti oggetti ornano alcuni musei europei (v. anche liberia).

Nel Sudan centrale ha grande importanza la popolazione haussa (v.), compresa tra le regioni dei Songhai e il Bornu. I varî piccoli stati haussa del Gober (già noto nel sec. XVI), di Kano, conosciuto da Leone l'Africano, di Kátsina, ecc. riescono nel 1600 a rompere il giogo del kanta di Kebbi, sotto cui erano stati lungamente; lo shaikh toucouleur iosmān Dan Fōdio (v. sopra), appoggiandosi alle popolazioni fulbe del Gober conquistò il paese haussa al principio del 1800 e vi fondò il suo impero con capitale a Sokoto. Moḥammed Bello (1815-1837) figlio di ‛Osmān Dan Fōdio, e che fu buon letterato e scrisse molte opere in arabo, respinse l'attacco del sovrano del Bornu detto al-Kānemī (v. sotto); sotto i successori di Moḥmmed, per la loro inettitudine e per le rivolte delle popolazioni fulbè del Gober, di Kebbi, ecc. che non volevano convertirsi all'Islām, il regno toucouleur di Sokoto decadde, e gl'Inglesi lo occuparono facilmente nel 1904 incorporandolo poi nella Nigeria.

All'est del paese haussa sono il Bornu e il Kanem, la cui popolazione si riattacca ai Teda o Tebu (v. camiti). Nel sec. XII la dinastia teda, pagana fondata da Saefe, è sostituita da una dinastia kanembu, sotto un re della quale, Idrīs I (1352-1376) Ibn Baṭṭūṭah visitò il paese. Sotto Idrīs III (1571-1603) il Bornu raggiunge la sua massima potenza. Poi esso perde il possesso del Kanem, ove dopo i Bulala, che si erano più volte ribellati, vengono i Tungiur, popolazione pagana di lingua araba, che ha molta importanza per la storia del Sudan centrale; il potere va poi alla famiglia del capo Moḥammed al-Amīn (Lamine), detto al-Kānemī, che nel 1810 respinse l'attacco di ‛Osmān Dan Fōdio e dei suoi Toucouleur del Haussa. Il figlio del Kānemī è proclamato nel 1846 sultano anche del Bornu e stabilisce la sua capitale a Kuka, distrutta poi nel 1893 sotto il sultano Hāshim dall'avventuriero Rābaḥ. Ucciso questo in battaglia dal comandante francese Lamy nel 1900 il nipote di Hāshim fu riconosciuto sultano di Bornu, sotto il protettorato inglese.

Il regno Baghirmi a sud del Kanem rimonta al sec. XVI, durante il quale sarebbe stato anche islamizzato. Nel corso del sec. XVIII vince il regno del Uadai, diviene poi vassallo del Bornu, riuscendo tuttavia a emanciparsene, finché nel 1806 il Uadai gl'impone la sua sovranità, contro la quale lottò a lungo. Il sovrano ‛Abd ar-Rahmān Găurang II, attaccato da Rābaḥ accettò nel 1897 il protettorato francese. Nel Uadai, prima governato dai predetti Tungiur pagani, l'Islām penetra al principio del sec. XVII: ‛Abd al-Karīm che sconfisse i Tungiur con un esercito di Arabi e di Neri, regnò a Warah, pagando tributo al Darfur dal 1635 al 1655. La storia del Uadai, i cui re governarono spesso con crudeltà, si svolge poi tra lotte con il Bornu, il Baghirmi e il Darfur: buon sovrano fu Moḥammed Sharīf (1835-1858) messo sul trono dal sultano del Darfur di cui accettò la sovranità. Nel 1909 i Francesi presero la capitale del Uadai, il cui re Dudmurra si sottometteva nel 1911.

Il Sudan Anglo-Egiziano. - Nel Darfur dominato prima dai Tungiur, si stabilì nel sec. XVI una casa di re musulmani, che portarono la capitale a Kabkabiyyeh, e imposero la loro sovranità al Uadai. Il re Tīrāb conquistò il Kordofan, fondò al-Fasher, e fu in relazione con Napoleone durante la campagna d'Egitto. Nel 1874 il Darfur fu annesso da Zobeir Pascià al Sudan egiziano, sotto il re Hārūn, che, poi ribellatosi, fu vinto e ucciso da Slatin Bey, poi Pascià, nominato nel 1879 governatore del Darfur.

Il Kordofan, prima dominato dai Tungiur, fu poi conquistato dai Nuba, o musulmani delle provincie del sud: dopo l'annessione al Darfur fu preso nel 1821 dal defterdār Mohammed Bey, genero del viceré Mohammed ‛Alī, e annesso al Sudan egiziano.

Nella Nubia dopo la fine dei regni cristiani di Dongola e Soba che durano fino al sec. XIV, si consolida l'influenza degli elementi arabi che, immigrati fin dal sec. VIII, si erano affermati nel Sennar, ove l'Islām divenne la fede dominante. Nel sec. XV le popolazioni negre del Nilo Azzurro mescolate con gli Arabi costituiscono il regno dei Fungi, estendendo le loro conquiste a nord fino ai confini d'Egitto. Riconosciuto da tutte le tribù fu il sovrano ‛Amārah Dunqas (1484-1526); il regno aveva già grande rinomanza sotto ‛Adlān (1596-1603), il cui nipote Bādī fece spedizioni tra gli Scilluk e nel Kordofan.

Una guerra sanguinosa scoppiata all'inizio del sec. XVIII tra Sennar e Abissinia finì con la vittoria di quello, che fu assai celebrata nel mondo musulmano. Verso la fine del sec. XVIII il potere è preso dagli Hameǵ, e comincia la decadenza del Sennar, fino alla conquista egiziana.

Mohammed ‛Alī nel 1820 dopo aver preso l'oasi di Sīwah, intraprende la conquista della Nubia e del Sudan, seguendo la costante tradizione dei grandi monarchi della valle del Nilo, e per le necessità economiche (persuaso com'era di trovare in quei paesi ricchezze minerarie) e militari. La spedizione inviata nel 1820 sotto gli ordini dei figli di Mohammed ‛Alī, Ismā‛īl e Ibrāhīm Pascià, sottomise non senza resistenza la Nubia e il Sennar, ove il re Fungi si sottomise, mentre il genero di Moḥammed ‛Alī, il defterdār Mohammed bey, prendeva il Kordofān. Ismā‛īl fu poi, nella via del ritorno, ucciso a tradimento a Shendi dal mek Nimr, e il predetto defterdār accorse dal Kordofan a vendicare duramente la morte del cognato.

Fu istituito un governatorato generale dei nuovi possedimenti egiziani nella città che sorse alla confluenza dei due Nili, al-Khartum; in quel tempo Moḥammed ‛Alī ebbe dalla Turchia l'amministrazione, a titolo personale, di Massaua e Suakin. Nel 1838-39 egli visitò il Sudan, spingendosi fin quasi all'Abissinia, e disegnò un programma di rinnovamento, anche sociale, che non ebbe purtroppo intera attuazione. Il viceré Sa‛īd vi andò nel 1857 e trovò il paese in condizioni disastrose, per il cattivo governo degli amministratori, che, per la lontananza del governo centrale, agivano a loro arbitrio, e tentò porvi riparo con alcuni provvedimenti, tra cui la rinnovata proclamazione dell'abolizione della tratta degli schiavi, piaga del Sudan egiziano, arditamente e crudelmente esercitata specialmente dalle tribù arabe. Con Ismā‛īl Pascià, viceré dal 1863, s'inizia un nuovo periodo della storia del Sudan. Avuta dalla Porta, con i firmani del 1866 e 1867, una maggiore autonomia, e l'annessione all'Egitto di Massaua e Suakin, intraprese la sistematica conquista e organizzazione del Sudan (egli mirava alla conquista di tutto il paese tra Nilo e Oceano Indiano), estendendo il potere dell'Egitto su tutto il corso del Nilo fino ai laghi equatoriali, intensificando anche la lotta contro la tratta. Ismā‛īl occupò anche territorî abissini, come Harar (1874), ove stabilì una buona amministrazione: ne seguì una guerra, che ebbe sfavorevole esito per l'Egitto, tanto che nel 1884 ogni autorità egiziana era scomparsa dalla costa e dai paesi abissini. Nelle sue imprese Ismā‛īl Pascià si valse dell'opera, oltre che di Egiziani, dei più eminenti viaggiatori e scienziati europei, tra cui meritano soprattutto di essere ricordati l'inglese Gordon e l'italiano Romolo Gessi (v.). Il Gordon, dopo le sue ardite operazioni e la pericolosa lotta contro i mercanti di schiavi, ebbe nel 1877 il governo generale di tutte le regioni conquistate, con ampia autonomia: il Gessi, che fu il braccio destro del Gordon, si distinse soprattutto nell'epica lotta contro Sulaimān Pascià, figlio di Zobeir Pascià, il più audace e potente dei mercanti di schiavi e lo vinse ed uccise nel luglio 1879. I resti dell'esercito di Sulaimān fuggono con Rābaḥ, suo luogotenente, fratello di latte di Zobeir Pascià, il quale con fulminea conquista riuscì, predando e rovinando, a farsi padrone per ventidue anni di gran parte del Sudan, fino al Bornu, finché nel 1900 fu sconfitto e ucciso presso il Lago Ciad dai Francesi del Lamy.

Le spedizioni di Ismā‛īl ebbero risultati notevolissimi per l'esplorazione scientifica dell'Africa.

Si maturava intanto per varie cause, tra cui principale il malcontento per la lotta contro la tratta, e per la cattiva amministrazione egiziana, il grande rivolgimento provocato nel Sudan dall'apparire del Mahdī. Per la storia del Sudan egiziano e Anglo-Egiziano a partire da questo periodo, v. egitto, XIII, pp. 588-90.

Il trattato anglo-egiziano concluso a Londra il 26 agosto 1936 conferma (art. 11) la situazione di condominio risultante dagli accordi anglo-egiziani del 19 gennaio e 10 luglio 1899, non escludendo tuttavia che tali accordi possano essere modificati in avvenire; in quell'articolo stesso ed in uno degli allegati fa ritornare normali i rapporti fra Gran Bretagna ed Egitto nel Sudan, che erano stati alterati a favore della prima dopo l'assassinio del governatore generale del Sudan sir Lee Stack, compiuto da nazionalisti egiziani al Cairo il 19 novembre 1924.

Bibl.: Per la storia dei Negri del Sudan, v. P. C. Meyer, Erforschungsgeschichte und Staatenbildungen des Westsudan, Gotha 1897, e le varie opere di M. Delafosse, tra cui l'ottimo manuale Les Noirs d'Afrique, Parigi 1922, che contiene in chiara sinossi tutte le principali notizie che si hanno sull'argomento, e ampia bibliografia (che comprende anche le più importanti opere arabe da consultare).

Per il Sudan Anglo-Egiziano, v. oltre alla voce Sudan nella Encycl. Britann.: H. Mac Michael, The Anglo-Egyptian Sudan, Londra 1934; id., The Arabs of the Sudan, Cambridge 1922; A. Sammarco, Les règnes de Abbas, de Said et de Ismāīl (1848-1879), in Précis de l'histoire d'Égypte, IV, Roma 1935; id., Il viaggio di Mohammed Ali al Sudan, Cairo 1929. In queste opere si trova ampia bibliografia. Per la storia contemporanea, v. oltre alla citata rivista Sudan, anche Oriente moderno (Roma).

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