SUFETI

Enciclopedia Italiana (1936)

SUFETI (meno bene Suffeti; lat. sufētes, ebr. shōph'ṭīm)

Arnaldo Momigliano

Nome di magistrati fenici, noti particolarmente per Cartagine e per amministrazioni di località sotto influenza del sistema cartaginese. Per il nome, che accentua, come primaria, la competenza giudiziale, v. giudici.

In Cartagine i sufeti compaiono come i magistrati supremi, e poiché al momento della fondazione Tiro, donde provenivano i colonizzatori, era governata a monarchia, mentre i sufeti vi sono stati introdotti come magistrati supremi solo in età ellenistica, K. J. Beloch ha sostenuto uno sviluppo parallelo della istituzione in Tiro e in Cartagine, per cui in entrambi i posti dalla monarchia si sarebbe passati all'incirca all'inizio dell'età ellenistica (300 a. C.) alla magistratura annuale dei sufeti. E poiché, inoltre, le fonti classiche chiamano spesso re i sufeti cartaginesi, si avrebbe nel nome la traccia del periodo in cui effettivamente governavano a Cartagine dei re. Ma questa tesi non può essere accolta. È anzitutto improbabile che in Cartagine si sia conservata per un certo tempo la monarchia, dato che essa si considerava, come colonia, strettamente dipendente dalla madrepatria. È invece molto più verosimile che Cartagine fin dall'origine sia stata governata in nome della madrepatria, da sufeti, che poi, con l'affermarsi dell'autonomia della colonia, acquistarono più nettamente l'aspetto di magistrati supremi della città. È pertanto verosimile che l'introduzione di sufeti come magistrati supremi a Tiro in età ellenistica sia da considerarsi entro certi limiti un'influenza cartaginese. Con ciò non si esclude, anzi si ammette, che altre colonie fenicie, per esempio, Utica, abbiano avuto sin dall'origine il sufetato, ma è però chiaro che l'estensione dell'istituzione dipende dal prestigio di Cartagine. I sufeti in Cartagine erano due e costituivano la magistratura eponima: è possibile che altrove fossero in numero diverso, e non ne mancano indizî, sebbene tenui. Incerto poi che anche membri di diverse magistrature (per es., i Centoquattro a Cartagine) portassero il nome di sufeti: se nella tariffa di Marsiglia dopo i due sufeti eponimi sono indicati dei "colleghi" loro, è malsicura l'interpretazione. In Cartagine i sufeti convocavano e presiedevano la gerusia e probabilmente l'assemblea popolare, erano l'organo esecutivo per la politica estera e interna, avevano il supremo potere giudiziario, però limitato in prosieguo di tempo dai Centoquattro. Il comando militare almeno in età ben documentata non sembra appartenere come specifico ai sufeti; ma i sufeti potevano essere nominati comandanti supremi. La loro scelta avveniva in un ristretto numero di famiglie, come del resto per tutte le altre magistrature, dato il carattere oligarchico della costituzione cartaginese. Il sufetato fu mantenuto dai Romani insieme con l'amministrazione punica in molte località della Sardegna e dell'Africa, nonché a Malta. Problematico è il rapporto tra questi sufeti e i magistrati romani, nel caso che le città, che conservavano i sufeti, fossero elevate a municipî o colonie; ma il problema è solo parte di quello più generale dei rapporti tra queste organizzazioni civiche puniche e le municipalità romane. A Volubilis, per esempio, (Cagnat-Merlin, Inscriptions latines d'Afrique, n. 634) è probabile che sufeto non sia che una seconda denominazione di duumviro. I sufeti spariscono nel sec. III d. C. Talune iscrizioni testimoniano che il sufetato in età romana poteva essere dato honoris causa senza che la carica fosse ricoperta: erano cioè assegnati gli ornamenta sufetis.

Bibl.: Alle indicazoni date alla voce cartagine si aggiungano K. J. Beloch, Griechische Geschichte, 2ª ed., III, ii, p. 107 segg., e V. Ehrenberg, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IV A, col. 643 segg.

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