SVEZIA

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Svezia

Elio Manzi e Magalì Steindler
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(XXXIII, p. 40; App. I, p. 1041; II, ii, p. 933; III, ii, p. 877; IV, iii, p. 555; V, v, p. 360)

Geografia umana ed economica

di Elio Manzi

Popolazione, insediamenti e rete urbana

La popolazione della Svezia, che nel 1998, secondo una stima, ammontava a 8.875.000 ab., è distribuita in modo ineguale: nelle tre vaste contee settentrionali del Norrbotten, del Västerbotten e dello Jamtland la densità demografica oscilla fra i 3 e i 5 ab./km², mentre i quattro quinti degli abitanti vivono nella parte meridionale del paese, a sud della latitudine di Uppsala, dove si concentrano attività industriali e terziarie e agricoltura intensiva. Inoltre, la grande maggioranza della popolazione risiede nella fascia litoranea, a una distanza di meno di 30 km dalle coste del Mare del Nord e del Mar Baltico, sulle quali sorgono le tre maggiori città e la gran parte degli insediamenti più rilevanti.

Nelle agglomerazioni urbane di Stoccolma, Göteborg e Malmö vivono quasi 3.000.000 di persone, cioè circa un terzo dell'intera popolazione. La Grande Stoccolma, con 1.605.500 ab. (1998), è un'unità amministrativa e funzionale che accorpa, oltre al comune della capitale, altri 21 comuni; l'agglomerazione di Göteborg (più di 760.000 ab.) include 12 territori comunali; quella di Malmö, o della Scania meridionale (poco meno di 500.000 ab.), all'estremo Sud del paese, comprende 9 comuni. La tendenza all'inurbamento, peraltro, è andata diminuendo nel corso degli anni Novanta, per cui le regioni intorno alle tre maggiori città, e anche quelle comprese in un raggio di 20÷30 km da altri centri di rilievo, come Uppsala e Jönköping, hanno registrato solo modesti incrementi demografici.

La popolazione ha un tasso di accrescimento annuo del 5‰ (1990-98), superiore alla media dei paesi comunitari, e una natalità del 10,2‰ (1997), nonostante la popolazione originaria risulti piuttosto invecchiata. Questa relativa vitalità demografica deriva infatti dalle correnti di immigrazione dall'estero, poiché nell'ultimo decennio la S. ha accolto migliaia di profughi da varie regioni: dall'Eritrea, dall'Iran e da Stati della penisola indocinese, dell'America Latina e anche dell'Europa orientale.

L'insediamento rurale svedese ha conosciuto recenti trasformazioni, come anche l'agricoltura nel suo complesso. I miglioramenti apportati alla rete delle comunicazioni hanno consentito alle popolazioni rurali di accedere a lavori e redditi urbani, sia industriali sia terziari. Campagna urbanizzata viene definita dagli esperti svedesi di fenomeni socioterritoriali quello spazio che dista più di 30 km da una città di almeno 10.000 ab., e non più di 30 km da un centro abitato medio-piccolo (tra i 2000 e i 3000 ab.). Invece la campagna comprende tutte le aree prive di città facilmente raggiungibili, per lo più aree prevalentemente forestali nelle zone centrali e settentrionali del paese.

Condizioni economiche. - Il patrimonio forestale svedese resta uno dei maggiori d'Europa, con una produzione di 60 milioni di m³ di legname (1997). Nell'ultimo ventennio s'è accentuata la tendenza all'abbandono dell'agricoltura nelle regioni più settentrionali a favore della specializzazione forestale, che ormai in esse occupa quasi il 100% della superficie utilizzata (circa la metà delle foreste è di proprietà privata e in esse si registra un'elevata diffusione del lavoro part-time).

L'adesione all'Unione Europea (1995) ha accelerato alcuni processi di riconversione dell'agricoltura, con una più decisa riduzione del numero delle aziende e un aumento delle loro dimensioni. Anche le esportazioni e le importazioni hanno subito accomodamenti; sono aumentate, per es., le vendite di prodotti alimentari svedesi tipici negli altri paesi dell'UE e le esportazioni di prodotti derivati dalla silvicoltura, come la pasta di legno, la carta e i mobili finiti o componibili.

L'allevamento specializzato si localizza in una fascia sud-orientale, a ridosso delle principali aree agricole. Secondo valutazioni del Ministero dell'Agricoltura, le aziende agricole a tempo pieno si ridurranno da circa 35.000 a meno di 20.000 in un ventennio, mentre crescerà il numero di quelle part-time, specie nelle aree più accessibili dalle maggiori città, dove le piccole aziende possono più agevolmente sopravvivere. Dopo un trentennio di incrementi produttivi per ha, di meccanizzazione spinta nelle maggiori aziende e di largo impiego di prodotti chimici, l'agricoltura e l'allevamento si adeguano gradatamente a procedimenti più compatibili con la salvaguardia ambientale e si espande notevolmente l'agriturismo.

Fra i cereali la produzione della segale (1,6 milioni di q nel 1998) e quella del frumento hanno una buona ripresa, dovuta all'incremento nella fabbricazione di prodotti di farina integrale o semi-integrale largamente esportati, mentre diminuisce la produzione dell'orzo. Continuano a espandersi l'orticoltura in serra e la produzione ittica (370.880 t di pescato nel 1996, tra pesca marittima e acquacoltura), che riforniscono i mercati urbani principali, alleviando la forte corrente di importazione. L'allevamento del bestiame risulta stazionario, con un lieve incremento dei bovini (1.706.000 capi nel 1998). L'allevamento delle renne, praticato in modo tradizionale fino agli anni Settanta dalle popolazioni lapponi nel Nord del paese, ha adottato sistemi tecnologici, con collegamenti radio, scooter della neve, elicotteri per la sorveglianza dall'alto: il numero delle renne è in lenta crescita (279.900 unità nel 1994).

Sebbene la S. sia un importante paese industriale, ricco di tradizioni produttive specializzate, negli anni Novanta il terziario si è presentato come il settore dominante ormai in ogni provincia. Le industrie metalmeccanica, automobilistica, aeronautica, chimica e della lavorazione del legno risultano ancora solidamente gestite, con notevoli correnti di esportazione. Alcune imprese 'globali', con diffusione operativa in tutto il mondo, sono svedesi; esse associano l'attività del settore secondario a quella distributivo-terziaria, e decentrano la produzione con minor contenuto tecnologico in luoghi lontani, oppure si riservano il design (come nel mobilificio, nel settore tessile e nell'elettromeccanica), mentre parte della lavorazione avviene all'estero, dove il costo del lavoro è più basso.

La relativa dispersione territoriale delle industrie, legate fra loro da vincoli di gestione ma non più di localizzazione unitaria, e l'aumento delle priorità ambientali caratterizzano l'evoluzione del settore secondario. Poiché la S. è forte importatrice di materie prime e di fonti energetiche e altrettanto consistente esportatrice di prodotti finiti, è soggetta alle fluttuazioni della congiuntura economica internazionale. Si prevede che l'allargamento dell'UE ad alcuni paesi dell'Europa orientale, come la Polonia o le repubbliche baltiche, e l'apertura maggiore di enormi mercati come quelli della Federazione Russa, della Cina e dell'India, porteranno concorrenza alla S. ma anche grandi possibilità di espansione per le sue imprese 'globali' che si stanno già preparando mediante forti investimenti nella ricerca scientifica. Tuttavia la rigidità del mercato del lavoro e i sensibili oneri dell'assistenza sociale pesano negativamente sull'economia, sebbene i servizi offerti siano efficienti.

La produzione mineraria, famosa per l'ottima qualità del ferro della Lapponia (13 milioni di t nel 1996) e per la relativa abbondanza di risorse in rame (sempre in Lapponia, 71.700 t), piombo e zinco, è stata in passato stimolo per l'industria metallurgica specializzata. Oggi l'attività mineraria della S., dotata di tecnologie avanzate, si sta imponendo su numerosi mercati internazionali: infatti, le società minerarie svedesi operano con partecipazioni minoritarie o paritarie in Canada, Australia, Brasile e in altri paesi dell'America Meridionale e dell'Africa.

Le infrastrutture viarie risentono della relativa chiusura storica della S. rispetto all'Europa, ma l'internazionalizzazione crescente e l'adesione all'UE hanno comportato forti necessità di ammodernamento. Interventi di ristrutturazione sono stati realizzati lungo il principale itinerario stradale del paese fra Hälsingborg, Malmö (approdi dei traghetti dalla Danimarca) e Stoccolma.

I problemi ambientali, molto sentiti, frenano un'espansione eccessiva delle infrastrutture (per es. degli aeroporti). Si prevede, tuttavia, che il traffico aereo internazionale, finora prevalentemente concentrato nell'aeroporto di Arlanda (Stoccolma), verrà convogliato anche su altri scali. Un grandioso ponte sull'Öresund, tra l'area metropolitana di Copenaghen e quella di Malmö, è in via di completamento, in modo che la conurbazione internazionale di quello stretto possa fruire di un collegamento stabile, finora assicurato da frequenti traghetti.

bibliografia

E. Manzi, L'Europa del Nord, in E. Manzi, A. Melelli, P. Persi, L'Europa occidentale, 2° vol., Torino 1990, pp. 244-66.

The national atlas of Sweden, 17 voll., Stockholm 1990-96.

The Economist Intelligence Unit, Country profile, Sweden, 1993-94, London 1993; OCSE, Études économiques, Paris 1998.

Storia

di Magalì Steindler

Negli anni Novanta, la S. cercò di confermare la sua stabilità politica ed economica in vista dell'ingresso nell'Unione Europea (UE), sancito dal referendum del novembre 1994 e formalizzato a partire dal 1995. Nel settembre 1994, dopo quattro anni di governo conservatore, i socialdemocratici erano tornati alla guida del paese; a loro spettava il compito di prepararlo all'appuntamento europeo.

Nell'agosto 1995 I. Carlsson, leader socialdemocratico e primo ministro negli anni 1986-91 e 1994-96, annunciò la decisione di abbandonare le sue cariche in seno al partito e all'esecutivo. Nel marzo 1996 egli fu sostituito alla guida del Partito socialdemocratico e del Consiglio dei ministri da G. Persson, ex ministro delle Finanze, sostenitore di una politica di rigore e della necessità per la S. di aderire all'Unione economica e monetaria europea (UEM) entro il gennaio 1999.

L'operato del nuovo premier mirava essenzialmente al risanamento del bilancio, attraverso una linea di austerità, accompagnata da drastici tagli allo stato sociale: già come ministro era riuscito a ridurre fortemente il disavanzo (dal 12% del PIL nel 1994 si era passati al 6% nel 1996); il traguardo finale era di raggiungere l'equilibrio entro il 1998. Nonostante l'indubbia efficacia (il deficit fu in effetti quasi annullato entro i termini previsti), la strategia adottata da Persson aveva come prezzo da pagare il progressivo ridimensionamento del welfare svedese: le pesanti riduzioni di bilancio operate ai danni delle prestazioni pubbliche mettevano in discussione un modello sociale che fino ad allora era parso inattaccabile. A rendere urgente un piano di risanamento delle finanze concorrevano tra l'altro il recente ingresso della S. nella UE e la prospettiva di un suo inserimento nel programma di unione economica e monetaria a partire dal 1999. C'era d'altra parte da tener conto del sorprendente risultato delle elezioni europee del settembre 1995 (le prime per la S.), che avevano fatto registrare un risultato molto deludente per i socialdemocratici, fortemente europeisti (solo il 28,1% dei voti, contro il 45,3% realizzato alle precedenti politiche), a fronte di un inatteso successo degli oppositori all'Unione, Verdi e Partito della sinistra, che miglioravano sensibilmente i risultati delle politiche del 1994. Divenne dunque prioritario, tra la fine del 1996 e il principio del 1997, vagliare i pro e i contro di un'eventuale adesione della S. all'Unione monetaria europea: se una commissione indipendente istituita allo scopo esortò alla prudenza, la Banca centrale rivendicò l'importanza di partecipare al progetto fin dalla sua fase iniziale, nel gennaio 1999. Pressato dal parere sfavorevole dell'opinione pubblica, delusa da un'esperienza che, a due anni dall'ingresso nella UE, sembrava portare con sé più costi che vantaggi, nel giugno 1997 il governo annunciò che la S. non avrebbe preso parte alla prima fase dell'Unione monetaria europea.

Un altro punto nodale nel programma politico del governo socialdemocratico era il destino delle 12 centrali nucleari installate nel paese, la cui chiusura definitiva, sulla base dei risultati del referendum del 1980, era programmata per il 2010. A 15 anni di distanza, tuttavia, considerazioni relative ai costi e ai tempi necessari per la conversione a forme di energia alternative spinsero a riaprire il dibattito: nel febbraio 1997 fu deciso lo smantellamento dei due reattori della centrale di Barsebäck entro il 2001. Le proteste da parte degli industriali e degli stessi sindacati, che ponevano l'accento sull'altissima spesa che avrebbe comportato la chiusura di stabilimenti in perfetto stato, rinnovarono i dubbi su opportunità, tempi e modi di un abbandono definitivo del nucleare. La questione rimase aperta, in attesa di essere nuovamente affrontata dopo il 2001. La sollecitudine dimostrata nell'affrontare la questione nucleare trovava parziale giustificazione nell'approssimarsi delle elezioni legislative, previste per il settembre 1998. Persson doveva fare i conti con i risultati di una politica economica di rigore che, se su alcuni fronti aveva prodotto ottimi risultati, aveva lasciato irrisolti due problemi capitali come la disoccupazione (giunta nel 1997 all'11%) e il debito pubblico: i sacrifici sostenuti in nome dell'Europa non sembravano giustificati dai risultati. L'esito delle consultazioni confermò la debolezza del partito di maggioranza: i socialdemocratici ottennero solo 131 seggi (36,6% dei voti), ben 30 in meno rispetto alle precedenti politiche. Sorprendente fu il successo del Partito della sinistra, che passò da 22 a 43 seggi. Indeboliti per aver subito il peggior risultato elettorale in settant'anni circa, i socialdemocratici riuscirono comunque a formare un governo di coalizione con i Verdi e il Partito della sinistra (ottobre 1998), sempre sotto la guida di Persson.

Tra il 1997 e il 1998, l'opinione pubblica svedese fu sconvolta dal riemergere di un passato agghiacciante, che rimetteva profondamente in discussione l'immagine della Svezia. Tutto ebbe inizio il 20 gennaio 1997, quando il quotidiano liberale Dagens Nyheter denunciò l'acquisto da parte delle banche svedesi, tra il 1941 e il 1944, di oro proveniente dai saccheggi nazisti. Nel novembre successivo, lo stesso giornale portò alla luce le colpe della S. nei confronti dei profughi ebrei, i cui passaporti erano stati resi riconoscibili mediante l'apposizione di una 'J'. Tali rivelazioni, unite al ripetersi di manifestazioni e attentati neonazisti, non sempre repressi con sufficiente fermezza, scossero fortemente la coscienza nazionale svedese. Ancora maggior scalpore suscitò, nell'agosto 1997, la pubblicazione (sempre su Dagens Nyheter) di due articoli in cui si dimostrava la sterilizzazione forzata perpetrata tra il 1935 e il 1975 ai danni di circa 60.000 persone giudicate fisicamente o mentalmente inferiori. All'orrore generale, il governo svedese rispose annunciando la creazione di una commissione di inchiesta per indagare sull'accaduto e predisporre nel marzo 1999 un risarcimento alle vittime superstiti. Piuttosto che respingere un passato così profondamente inquietante, la S. reagì assumendosene la responsabilità: fin dal 1997 le autorità si adoperarono perché la scelta filonazista e gli orrori della politica eugenetica divenissero argomento di analisi nell'insegnamento scolastico.

Nel settembre 1999 il governo annunciò una riduzione delle imposte e un incremento delle spese nei settori sanità, educazione e servizi sociali, procedendo nei mesi seguenti a una riduzione del bilancio militare.

bibliografia

O. Petersson, Swedish government and politics, Stockholm 1994.

P.Esaiasson, S. Holmberg, Representation from above. Members of Parliament and representative democracy in Sweden, Aldershot-Brookfield (Vt.) 1996.

H. Stig, Swedish politics during the 20th century. Conflict and consensus, Stockholm 1997.

N.Aylott, Swedish social democracy and European integration. The people's home on the market, Aldershot-Brookfield (Vt.) 1999.

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