TAGETE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

TAGETE (Tages)

G. Camporeale

Dèmone etrusco. La tradizione concorde ne fa un fanciullo dall'aspetto senile per la sua scienza, spuntato all'improvviso dalla terra nell'agro di Tarquinia, dinanzi ad un contadino che arava. Egli fornisce agli Etruschi i precetti dell'etrusca disciplina (v.), i quali saranno fissati per iscritto, tramandati nei secoli successivi e infine tradotti nella lingua dei Romani. Dopo di che scompare. La stessa tradizione gli riconosce la paternità di buona parte dei libri sacri etruschi, detti spesso tagetici: i libri haruspicini (tradizione unanime), fulgurales (Am., Adv. nat., ii, 69, mentre Servio, Ad Aen., vi, 72 li attribuisce alla ninfa Vegoe), rituales (Macr., Saturn., v, xix, 13), acheruntici (Serv., Ad Aen., viii, 398). Gli altri libri di cui si ha notizia, pertinenti all'etrusca disciplina, non sono ascritti espressamente a Tagete.

Il fatto in sé è un luogo comune che è alla base di molte religioni antiche e anche moderne.

Purtroppo la mancata attestazione del nome su monumenti etruschi rende difficile il riconoscimento della figura. I vari tentativi di identificazione, basati sugli aspetti specifici fissati dalle fonti letterarie, non sono riusciti soddisfacenti. Il fanciullo che su uno specchio etrusco del III sec. a. C., a Berlino (Gerhard, Etr. Sp., clxv) viene presentato da Menrva ad Hercle non può essere identificato con T., sia perché in una scena analoga su un altro specchio coevo (Gerhard, cit., clxxxi) viene denominato Epeur sia perché rientra in un tipo noto in scene di contenuto vario raffigurate su specchi della stessa epoca (Gerhard, op. cit., clxvi, cxxxi, ccxiii). Meno improbabili riescono altri suggerimenti. La scena di alcune gemme etrusche del IV-III sec. a C. (Furtwängler, Gemmen, tavv. xx, 53; xxii, 1-9, 13), riferita in un primo tempo alla saga di Orfeo, la cui testa spunta dalla terra, è stata riferita recentemente alla saga di T.; così la raffigurazione sul coperchio di una cista prenestina del II sec. a. C. a Villa Giulia (Charites, Bonn, 1957, tav. xxxii, 3), in cui un fanciullo, del quale si scorge solo il busto, legge dinanzi a cinque personaggi. La difficoltà, per quest'ultimo monumento, sta nel fatto che le fonti letterarie non attribuiscono mai a T. una "lettura" dei precetti; anzi questi ultimi saranno scritti in un secondo momento. Perciò potrebbe trattarsi o di una variante etrusca della saga o di un espediente iconografico, adottato dall'incisore, dovuto a confusione tra due momenti della saga stessa: il vaticinio dei precetti e la scrittura.

Bibl.: C. O. Thulin, Die etruskische Disciplin, Göteborg 1905-06; C. Pauli, in Roscher, V, 1916-24, c. 3 s.; L. Pareti, Le origini etrusche, I, Firenze 1926, p. 13 ss.; St. Weinstock, in Pauly-Wissowa, IV A, 1932, c. 2009 ss.; C. Clemen, Fontes historiae religionum primitivarum praeindogermanicarum, indogermanicarum minus notarum, Bonn 1936, p. 119 (index nominum, s. v. Tages); id., Die Religion der Etrusker, Bonn 1936, p. 14 ss.; R. Enking, in Jahrbuch, LIX-LX, 1944-45, p. 111 ss.; A. Grenier, Les religions étrusque et romaine, Parigi 1948, p. 16 ss.; R. Herbig, Götter und Dämonen der Etrusker, Heidelberg 1948, p. 30 s.; id., Charites, Bonn 1957, p. 182 ss.