Tamburo

Enciclopedia Dantesca (1970)

tamburo

Raffaello Monterosso

Il termine è impiegato due sole volte nella Commedia: nella digressione che inizia in If XXII (con tamburi e con cenni di castella, v. 8) e nell'episodio di Maestro Adamo (XXX 103), la cui epa croia / ... sonò come fosse un tamburo. Lessicalmente è un neologismo, di probabile origine orientale, che prese il posto del classico tympanum, ancora in uso nell'antico francese del sec. XII (Guido da Pisa: " Venter [di Maestro Adamo] sonuit sicut tympanum, quod vulgo dicitur tamburo ").

Le testimonianze di esso nell'alto Medioevo sono scarse. Il riferimento più ampio si trova in Isidoro di Siviglia: " Tympanum est pellis vel corium ligno ex una parte extensum; est enim pars media symphoniae in similitudinem cribri. Tympanum autem dicitur, quod medium est, unde et margaretum (margaritum) medium tympanum dicitur, et ipsum ut symphonia ad virgulam percutitur " (Gerbert, I 24 a; il passo è ripreso anche da Hieronimus de Moravia, in Coussemaker, I 9 b). Tuttavia non mancano documentazioni iconografiche, sebbene esse sembrino riferirsi a scene esotiche e grottesche piuttosto che a strumenti effettivamente impiegati nella pratica. In ogni caso, il t. dell'alto Medioévo, di derivazione orientale, aveva dimensioni ridotte, tanto da poter essere tenuto orizzontalmente, legato a un polso del suonatore, e da lui percosso con ambo le mani. A partire dal sec. XII, invece, il t. assume fogge più simili a quelle poi invalse nelle epoche successive. Le dimensioni potevano essere varie, specie per quanto riguarda la profondità della cassa, la quale talora eguagliava il diametro, talora era assai più bassa. Altri t. avevano forma emisferica, simile a quella dei moderni timpani d'orchestra, se pur molto più piccoli, ed erano generalmente adoperati a coppie, sospese alla cintola del suonatore. Nell'insieme, si trattò pur sempre, nel Medioevo, di uno strumento rudimentale, adoperato esclusivamente a fini pratici (segnali di richiamo, accompagnamento sussidiario ad altri strumenti quali i flauti) o, ancor più spesso, come accessorio della vita militare. La progressiva scomparsa degli aristocratici cavalieri, sostituiti sempre più largamente, a partire dalle crociate, con truppe mercenarie, solitamente appiedate, esigeva l'impiego del t., assai più importante e più utile di altri idiofoni per sottolineare le diverse fasi della vita sul campo, quali il ritmo di marcia, o i segnali dell'attacco, necessariamente abbastanza forti per soverchiare il diffuso clamore.

L'avvicinare a un t. il ventre gonfio dell'idropico Maestro Adamo può sembrare una semplice canzonatura, parallela all'altra secondo la quale il Maestro è simile a un liuto (If XXX 49); in verità si tratta di una precisa notazione tecnico-medica (" extenditur venter et sonat sicut tympana ", Bartolomeo Anglico; " et quum venter percutitur manu, auditur ex eo sonitus utris ", Avicenna) piegata da D. a servire gli scopi ‛ comici ' da lui perseguiti nella decima bolgia (Bosco).

Bibl. - M. Gerbert, Scriptores ecclesiastici de musica sacra potissimum, 3 voll., St. Blasien 1784 (rist. anast. Hildesheim 1963); E. de Coussemaker, Scriptorum de musica Medii Aevi, 4 voll., Parigi 1864-1876 (rist. anast., Hildesheim 1963); The new Oxford History of Music, III, Londra 1960, 491-493 (traduz. ital. Milano 1964, 550-552); C. Sachs, Reallexicon der Musikinstrumente, Berlino 1913; ID., The History of musical Instruments, New York 1940, 288-290; J. Blades, Percussion Instruments and their History, Londra 1970, 210 ss.; U. Bosco, La decima bolgia, in " Letture Classensi " 4, Ravenna 1973, 213.