SIX, Tecnica di

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

SIX, Tecnica di

E. Paribeni

Il nome dell'archeologo olandese Six De Hillegom è rimasto collegato a un peculiare procedimento tecnico in uso in un gruppo di vasi attici dell'ultimo venticinquennio del VI sec. a. C. da lui per primo raccolti e studiati.

Il procedimento definito da E. Pfuhl schwarzbunte Technik consiste nel rendere figure e decorazioni a mezzo di larghi campi di vernice opaca, bianca e colorata applicata sul fondo nero lucido del vaso. A volte l'elemento coloristico è minimo, ridotto al solo volto e alle mani nude di una figura con le vesti rivelate unicamente dal graffito nel fondo nero del vaso.

Uno dei documenti più antichi di questa tecnica, la nota anfora nicostenica Louvre F 111 ed F 112 con una figura femminile nuda che emerge in spessa vernice bianca sul nero uniforme delle anse, è stata tradizionalmente considerata un antecedente della tecnica a figure rosse. E in effetti, anche se la maggior parte dei vasi decorati in questa tecnica sono ben più tardi degli inizî della pittura a figure rosse, è indubbio che essi rispondono allo stesso impulso di ricerche per nuove espressioni coloristiche. In generale i vasi prodotti in questa tecnica sono di dimensioni modeste e le figurazioni estremamente semplici e concentrate. Si tratta per lo più di lèkythoi, tra cui numerose quelle del Pittore di Diosphos e di Saffo. Accanto alle lèkythoi figurano ònoi e un gruppo di singolari pàtere mesonfaliche decorate con cigni e sirene e grandi teste femminili tra girali. Il vaso più famoso della serie è forse la nota kalpìs di Goluchow con una figura di donna con lyra indicata dall'iscrizione come Saffo, da cui prende il nome un famoso pittore di lèkythoi.

L'anfora del Pittore di Andokides Louvre F 203 con figure a colore riportato, viene generalmente esclusa dal gruppo di Six.

Bibl.: J. Six, in Gazette Archéol., I, 1880, pp. 193, 281; E. Pfuhl, Mal. u. Zeichn., Monaco 1923, p. 333; J. D. Beazley, Vas. Pol., p. 8; C. H. E. Haspels, Black fig. Lekythoi, Parigi 1936, pp. 65, 68; 100, 106, 107.

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