TELEVISIONE

Enciclopedia Italiana (1937)

TELEVISIONE (dal gr. τῆλε "lontano" e visione)

Cosimo PISTOIA

La televisione propriamente detta si occupa della trasmissione radioelettrica e della riproduzione a distanza di immagini in movimento, dal vero. Essa diventa cinetelevisione o telecinematografo quando tali immagini, anziché riprese direttamente dal vero, siano invece le immagini successive di una comune pellicola cinematografica. Non vi sono essenziali differenze di principio tra la televisione e la comune fototelegrafia (trasmissione di immagini fisse); pure la tecnica televisiva è resa enormemente più difficile dal fattore tempo. Infatti, mentre nella fototelegrafia l'intero ciclo di trasmissione del "documento" (fotografia, disegno, scrittura, ecc.) può essere compiuto con relativa lentezza, nella televisione esso deve invece compiersi in un tempo brevissimo; per ottenere infatti l'impressione della visione animata, è necessario, come nel cinematografo, che le immagini successive si seguano ad intervalli più brevi della persistenza delle impressioni visive sulla retina dell'occhio umano (circa 1/15 di secondo). Tale intervallo, negli attuali sistemi, è dell'ordine di 1/25 di secondo e, in alcuni più recenti, di 1/50.

Il problema della televisione fu studiato già da oltre mezzo secolo: nel 1880, M. Leblanc immaginava l'esplorazione con specchi vibranti, nel 1884 P. Nipkow inventava il disco che porta il suo nome, nel 1889 il Weiller presentava la sua ruota a specchi e nel 1907 il Rosing gettava le basi del metodo con l'oscillografo catodico. Ma solo l'invenzione ed i successivi perfezionamenti di quei due piccoli meravigliosi organi quali sono la cellula fotoelettrica e il tubo elettronico hanno permesso che la televisione non fosse più da considerarsi il sogno di pochi ottimisti sperimentatori da laboratorio, bensì una nuova e grande conquista della scienza e del genio umano.

Nello stato attuale della tecnica non è possibile trasmettere istantaneamente l'insieme di un'immagine; è quindi necessario decomporla in un grandissimo numero di elementi che sono trasmessi successivamente e quindi riordinati alla ricezione. L'immagine da riprodurre a distanza è dunque suddivisa, secondo un determinato ordine, in un grande numero di piccolissimi elementi. A ciascuno di questi, sia pure per un tempo brevissimo, corrisponde un valore determinato di flusso luminoso, che, "tradotto" in un corrispondente valore elettrico, viene inviato lontano, nell'ordine in cui è stata eseguita la suddivisione dell'immagine stessa. Alla ricezione, inversamente, gl'impulsi elettrici elementari in arrivo vengono nuovamente "tradotti" in altrettanti flussi luminosi elementari che, convenientemente riordinati nello spazio (in modo che a ciascuno competa la stessa posizione relativa, rispetto all'immagine, che in questa occupava all'atto della trasmissione), determinano la impressione visiva dell'immagine ricostituita. I problemi principali da risolvere sono allora i seguenti:

In trasmissione: 1. trasformazione lineare di un flusso luminoso variabile in una corrente elettrica variabile; 2. decomposizione e analisi dell'immagine in un tempo non superiore a 1/25 di secondo, 3. trasmissione a distanza, per via radioelettrica, della corrente elettrica variabile assunta come modulatrice di un'onda "supporto" a frequenza elevatissima.

In ricezione: 4. trasformazione lineare della corrente variabile, ottenuta per demodulazione della radioonda in arrivo, in un flusso luminoso variabile; 5. ricomposizione dell'immagine.

In trasmissione e in ricezione: 6. sincronizzazione perfetta dei movimenti di decomposizione e ricomposizione, in maniera da potere riordinare nello spazio, a due dimensioni dello schermo ricevente, la serie dei segnali relativi alle correnti elementari di immagine che vengono trasmessi invece secondo l'unica dimensione "tempo".

La prima trasformazione energetica è attuabile mediante la cellula fotoelettrica da considerarsi oggi perfetta in fatto di sensibilità, precisione e obbedienza. Le cellule usate in televisione sono ad effetto fotoemittente, in alto vuoto, con catodo ad ossido di cesio che ha il vantaggio di offrire, rispetto alle diverse frequenze delle radiazioni luminose visibili, una sensibilità molto simile a quella dell'occhio umano. Le condizioni essenziali di rigorosa proporzionalità tra corrente fotoelettrica e flusso luminoso incidente sulla cellula e di mancanza d'inerzia anche per le frequenze più elevate sono facilmente ottenibili con le moderne cellule. La corrente fotoelettrica, ottenuta per l'incidenza sulla cellula del flusso luminoso variabile emesso dagli elementi successivi dell'immagine da trasmettere, è di minuscola intensità; la cellula è quindi accoppiata a speciali organi amplificatori aperiodici a tubi elettronici e la corrente così amplificata è inviata a modulare la radioonda portante emessa dalla stazione trasmittente.

Nei riguardi della decomposizione e analisi dell'immagine da trasmettere, si può affermare che tutti i sistemi attuali hanno in comune il fatto che l'analisi viene effettuata da un sottile fascetto di raggi luminosi, di dimensioni finite. Quando la decomposizione di un'immagine in un numero assai grande di elementi (in televisione, "punti") avvenga in maniera tale che questi siano sufficientemente ravvicinati nel tempo, l'occhio che ne guardi la riproduzione successiva è incapace di separare detti punti l'uno dall'altro, e ne ricava una sensazione di "continuità". Un tale processo è usato nei comuni "clichés" tipografici; mentre però in questi ultimi i "punti d'immagine" esistono realmente in senso geometrico e sono quindi dei punti "discreti", nel procedimento televisivo essi sono invece fusi tra loro, poiché risultanti dalla disposizione, l'una sull'altra, di linee continue. A ogni modo, sia il punto "reale" di una riproduzione tipografica, sia quello "artificioso" della televisione, rappresentano la più piccola superficie dell'immagine, di cui sia possibile differenziare gli elementi. Per ottenere la decomposizione voluta, si esplora l'immagine da trasmettere, con una piccolissima macchia luminosa, per linee successive; a un determinato istante, solo una piccolissima regione dell'immagine sarà rischiarata. Stabiliamo ora alcuni dati fondamentali. Abbiamo visto che l'analisi di ogni immagine deve effettuarsi in un tempo brevissimo, inferiore a 1/15 di secondo; indicando allora con ni il numero delle immagini succedentisi in un secondo, chiameremo frequenza di immagine la frequenza:

Ammettendo che il più fine particolare trasmesso corrisponda a un "punto" eguale, in dimensioni, e quello che effettua l'analisi (cioè eguale alla sezione del pennello luminoso esploratore), e indicando con h il numero delle righe di analisi, si giunge alla conclusione che, per un'immagine quadrata, il numero dei "particolari" da trasmettere è dato da:

(essendo N il numero totale dei punti in cui l'immagine viene decomposta). Per ogni secondo quindi, dovranno essere trasmessi:

segnali corrispondenti. Supponendo, come di solito è uso nelle trattazioni teoriche, che i punti d'immagine siano alternativamente bianchi e neri (come in una comune scacchiera), si avrä un'alternanza completa ogni due punti contigui esplorati e si può quindi definire come frequenza limite fr, da trasmettere quella data da:

Le due frequenze fi e fp, rispettivamente di immagine e di punto, definiscono una gamma di frequenza, come vedremo estesissima, entro la quale le due correnti di immagine devono essere trasmesse senza distorsione di ampiezza e di fase. Nei sistemi televisivi moderni, ad elevata finezza di analisi, la frequenza limite fp raggiunge valori elevatissimi; così per h (righe di analisi) = 180 (e cioè per N = ~ 40.000 punti, minimo accettabile per una buona riproduzione di scene animate) e a fi = 25 Hz, si ha già fp = ~ 500.000 Hz e, per h = 240 righe, si raggiunge il valore fp = ~ 750.000 Hz. In certi sistemi più recenti, ad analisi elettronica, con h = 400 righe e con sempre 25 immagini al secondo, il valore di fp raggiunge i 2 Megahertz! Questo notevole innalzamento del limite superiore di frequenza e la necessità, d'altra parte, di dover trasmettere anche frequenze bassissime (a rigore si dovrebbe poter trasmettere anche la frequenza "zero", ma in pratica si è visto che è sufficiente tenere come limite inferiore la frequenza di immagine fi), rende sempre più difficile la regolare trasmissione di una così estesa banda di frequenze. Tuttavia la tecnica moderna è giunta a superare gravi difficoltà in maniera assai soddisfacente, sia riducendo al minimo le dimensioni dell'areola analizzatrice, sia attuando speciali amplificatori sufficientemente lineari in quella vastissima gamma di frequenze necessaria.

In merito ai procedimenti di analisi, giova fare oggi una netta distinzione tra l'analisi "meccanica ,~ e quella "statica" (detta anche "elettronica" o "catodica"). La prima, più antica (fino a ieri l'unica possibile) comprendente organi meccanici in movimento, è da considerarsi ormai sorpassata per quanto riguarda la trasmissione di scene dal vero, poiché non consente, al contrario di quella "statica", una soddisfacente finezza di analisi. È ancora usata invece nella "cinetelevisione", poiché, dati gli intensi flussi luminosi in questa possibili mediante l'arco elettrico, si può raggiungere ancora una finezza di analisi di 180 righe e, con opportuni accorgimenti, anche di 240.

I sistemi escogitati in passato dai varî inventori, per l'analisi meccanica, sono stati molti e svariati, ma l'unico che abbia fornito i primi soddisfacenti risultati e che, opportunamente modificato, è ancora in uso nella televisione, è quello basato sul classico disco di Nipkow.

È noto ai più il suo funzionamento: il principio consiste nell'intercalare, all'emissione, fra l'immagine e la cellula fotoelettrica, un diaframma mobile che lasci passare solo un fascetto luminoso elementare proveniente successivamente da tutti i punti dell'immagine. Tale diaframma mobile è costituito da un disco ruotante a conveniente velocità (in generale, tanti giri al secondo quante sono le immagini al secondo da trasmettere) e munito, alla periferia, di un certo numero di fori disposti secondo una spirale (fig.1). In tal modo, mentre il disco ruota, la "riga di analisi", esplorata da un foro durante una frazione di rotazione, è immediatamente contigua alla riga esplorata dal foro precedente. Il disco d (fig. 2) può essere posto tra la cellula fotoelettrica C e l'immagine I fortemente illuminata dai proiettori L, oppure (fig. 3) tra la sorgente luminosa L da una parte e l'immagine I e le cellule C dall'altra (all'oscuro). Il funzionamento dei due sistemi è facile a comprendersi. Nella cinetelevisione, il disco è stato modificato in quanto i fori non sono più praticati sovr'esso secondo una spirale, bensì secondo un cerchio; ciò è dovuto al fatto che la pellilicola, recante le immagini, è di per sé stessa animata da un movimento continuo (non a scatto, come nel cinematografo ordinario) dall'alto al basso. La fig. 4 mostra lo schema di un comune sistema di analisi nella cinetelevisione. Per la trasmissione di immagini in movimento dal vero, con elevata finezza di analisi, il procedimento "statico" ha risolto completamente il problema. Esso è basato sull'utilizzazione dell'oscillografo a raggi catodici opportunamente modificato. Due sono i sistemi più importanti e già attuati con favorevole risultato: il sistema Farnsworth e il sistema Zworykin, ambedue americani. Nel primo l'immagine da trasmettere è proiettata sovra uno speciale catodo fotoelettrico, ogni punto del quale emette quindi un fascetto di fotoelettroni più o meno intenso a seconda del flusso luminoso sovra esso incidente, cioè a seconda se si tratta di un punto di immagine "chiaro" od "oscuro". Con opportuni campi elettrici e magnetici si giunge a far sì che ognuno di tali pennelli elementari, attraverso un piccolissimo foro praticato in una placca affacciata al catodo, cada successivamente e con un determinato ordine su un piccolo anodo "raccoglitore" generando una minuscola corrente che viene amplificata con speciali amplificatori elettronici. Lo Zworykin, invece, ha costruito uno speciale tubo a raggi catodici, in cui il pennello catodico ha la funzione di un rapidissimo commutatore. Il tubo analizzatore o "iconoscopio" contiene nel suo interno una superficie fotoelettrica costituita da un "musaico" di elementi isolati tra loro. L'immagine, proiettata su questa superficie, provoca un'emissione di fotoelettroni, la cui intensità è proporzionale all'intensità luminosa del punto considerato. Ogni elemento acquista allora una carica elettrica positiva che è liberata dal pennello catodico il quale, opportunamente comandato da appositi campi elettrici e magnetici, esplora l'intiera immagine. I catodi fotosensibili elementari sono ripartiti sulla superficie di una lamina isolante, la cui faccia opposta, metallizzata, costituisce la superficie collettrice dei segnali. La luce agisce sul musaico fotoelettrico in modo continuo, ciò che presenta un grande vantaggio rispetto all'analisi meccanica, in cui la luce proveniente da un punto di immagine agisce solo per un periodo di tempo brevissimo. Il guadagno così ottenuto risulta proporzionale al numero dei punti di immagine, ciò che è molto importante quando si tratti di trasmettere scene all'aperto. Infatti l'iconoscopio si è rivelato capace di permettere ottime trasmissioni televisive di scene all'aperto anche con scarsa luminosità, come ad esempio, con tempo piovoso e senza sole. La Fernseh di Berlino ha studiato e attuato un interessante sistema di analisi di scene esterne, attraverso la cinetelevisione; la scena viene cioè registrata su una speciale pellicola cinematografica e questa viene analizzata con un dispositivo a disco e trasmessa. L'insieme delle operazioni di sviluppo, fissaggio e asciugatura della pellicola richiede un tempo piccolissimo dell'ordine di solo circa 15 secondi. I dispositivi sono però alquanto complessi e molto delicati.

Per quanto riguarda la trasmissione a distanza delle correnti elementari d'immagine ottenute nei modi suaccennati, non vi è alcuna differenza di principio con quanto avviene nella comune radiofonia, in cui la corrente microfonica è inviata lontano, come "modulazione" di un'onda supporto ad alta frequenza. Vi è però una differenza sostanziale dovuta al fatto da noi già osservato, che, in televisione, le correnti fotoelettriche occupano una vastissima banda di frequenza, tanto più vasta quanto più elevato è il grado di finezza di analisi del sistema. Ciò ha reso necessario il progressivo innalzamento della frequenza della radioonda supporto, fino al momento in cui gli sperimentatori si sono trovati nella necessità di dover penetrare nel campo delle onde ultracorte, sviluppandone in brevissimo tempo la tecnica.

Oggi, questa si può dire assai perfezionata, potendosi facilmente costruire trasmettitori di elevata potenza (oltre i 20 kW) con lunghezze d'onda dell'ordine di 5 o 6 metri.

Alla ricezione, il problema di ottenere un flusso luminoso che segua fedelmente le fluttuazioni della corrente di modulazione in arrivo, dopo la sua veloce corsa nello spazio, è ormai completamente risolto sempre per mezzo del tubo a raggi catodici. I precedenti sistemi a lampada luminescente (neo o sodio), a cellula di Kerr, a spirale di specchi e simili, richiedenti tutti organi meccanici in movimento, hanno ceduto ormai il campo al sistema catodico, che offre il doppio vantaggio di essere del tutto "statico" e di permettere un'elevatissima finezza di analisi. Un moderno tubo catodico ricevente per televisione comprende un catodo caldo emittente, uno o più anodi di accelerazione e di concentrazione e uno speciale "elettrodo di modulazione", cui vengono applicate le correnti (o tensioni) d'immagine in arrivo e che ha la proprietà di far variare proporzionalmente a quelle l'intensità luminosa della macchia creata dal pennello catodico sullo schermo fluorescente deposto sull'estremità del tubo, opposta al catodo. Lo schermo ha comunemente un diametro di circa 30 cm. e l'immagine che vi si riproduce sopra raggiunge le dimensioni di circa 18 x 24 cm. Per ricevere un'immagine televisiva su un tale schermo, è necessario comandare la direzione del pennello catodico in modo tale da deviare la macchiolina luminosa secondo una serie di righe adiacenti, in perfetto sincronismo con lo spostamento del punto esploratore dell'apparato trasmittente; ciò si ottiene alimentando con tensioni o correnti a variazione periodica un gruppo di due organi di deviazione, condensatori o bobine, producenti spostamenti perpendicolari l'uno all'altro. L'uno di essi agirà rapidamente per il tracciamento delle righe, l'altro, più lentamente, per il loro spostamento. Appena tracciata una riga, la macchiolina catodica deve ritornare con una rapidità estrema al punto di partenza per descrivere la linea successiva e così di seguito. I rapidissimi "ritorni" sono ottenuti mediante la forma particolare (a "dente di sega") delle tensioni o correnti di deviazione. Un sistema di televisione non sarebbe attuabile se, come già abbiamo accennato, non si fosse raggiunto il perfetto sincronismo tra i movimenti di analisi in emissione e di sintesi in ricezione. Il ricevitore infatti non deve soltanto riprodurre, tradotta in luce, la corrente variabile d'immagine, ma deve saper riprodurre anche la stessa cadenza e la stessa disposizione geometrica istantanea che si hanno nell'analisi, all'emissione. Il problema è alquanto complesso, ma si può considerare completamente risolto con l'uso di segnali speciali, detti "segnali di sincronismo", che vengono inviati dal trasmettitore insieme con la corrente di modulazione e servono a dirigere lo spostamento del pennello luminoso di sintesi, alla ricezione.

Esiste anche un altro sistema di televisione catodica, dovuto principalmente agl'inglesi Bedford e Puckle, detto sistema "a modulazione della velocità di deviazione". In esso, l'intensità luminosa della macchiolina catodica resta costante; varia invece la sua velocità di spostamento e, precisamente, questa è maggiore quando passa su parti dell'immagine che devono rimanere oscure, è minore quando passa su parti che devono rimanere chiare. Tale sistema sembra presenti dei vantaggi soprattutto riguardo al sincronismo; è però ancora allo stadio sperimentale e, ad ogni modo, sembra si possa utilizzare solo nella cinetelevisione.

Concludendo: ad oggi, il problema della televisione si può considerare risolto e le continue ricerche degli specializzati sono volte principalmente a migliorare e semplificare le attuazioni raggiunte. Se la televisione, ormai uscita dall'ambito dei laboratorî, non è ancora di dominio pubblico, ciò è da attribuire quasi esclusivamente a questioni di ordine finanziario più che tecnico. Degl'impianti pubblici oggi esistenti giova ricordare la stazione tedesca di Berlino-Witzleben, inaugurata nel 1935 (cinetelevisione, 180 righe, 25 immagini per secondo, potenza ~ 15 kW antenna, lunghezza d'onda ~ 7 m., portata utile ~ 30 km.) e la stazione francese della Torre Eiffel (analisi meccanica di scene dallo studio, 180 righe, 25 immagini al secondo, potenza ~ 2,5 kW antenna, lunghezza d'onda ~ 8 m., portata utile ~ 10 km.). Esistono infine moltissimi impianti sperimentali di televisione ad analisi catodica negli Stati Uniti d'America, in Inghilterra e in Italia (ad opera della S.A.F.A.R. di Milano e dell'E.I.A.R.).