TEMPERA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

TEMPERA

M. Cagiano de Azevedo

La tecnica della pittura a t. ha per particolarità di usare colori sciolti in acqua e addizionati di un glutine, che deve fissarli al supporto dopo che saranno stati spalmati. Questa tecnica è documentata in tutti i paesi del Mediterraneo.

La si conosce infatti in Egitto, basti citare il pannello ligneo del Museo dell'Istituto Orientale dell'Università di Chicago, probabilmente risalente alla VI dinastia, dipinto su ambedue le facce e con i colori spalmati direttamente sul legno (Prentice-Duell, in Technical Stud., viii, 1940, p. 175); la si conosce nell'ambiente della civiltà cretese-micenea, poiché alcune delle pitture di Cnosso, Festo, Tirinto e Micene, condotte su di una preparazione a gesso, sono eseguite con colori che oggi non presentano tracce di agglutinante, ma questo certamente doveva esistere poiché altrimenti la pittura non avrebbe resistito al tempo: si doveva trattare di colle di pesce o di torli d'uovo (Prentice-Duelì, in Technical Stud., x, 1942, p. 179). La si conosce in Grecia, ove nel 1935 furono rinvenuti presso Corinto (v. pitsà) dei pìnakes di legno di cipresso dipinti a t. con i colori dati su di una preparazione a gesso e stemperati in rosso d'uovo (in Am. Journ. Arch., xxxix, 1935, pp. 5, 134). La si conosce in Etruria, dove le più antiche tombe a tumulo di Caere presentano i colori spalmati direttamente sulla parete rocciosa, con una tecnica che ha tutta l'apparenza della tempera. Scendendo nel tempo, molto probabilmente, stele funerarie greche sono t. encausticate, così come doveva essere t. encausticata la pittura delle statue (Cagiano, in Boll. Ist. Rest., 1951, 5-6). In età romana molti ritratti del Fayyūm (v.) sono a tempera. Inoltre incomincia l'uso di rifinire a t. le pitture a fresco, quando l'intonaco sia ben asciutto: quest'uso si afferma sempre più in età paleocristiana fino ad arrivare al massimo verso il VII-VIII sec.: esempio caratteristico è la Madonna in trono fra Santi della Cappella di SS. Quirico e Giulitta in S. Maria Antiqua, ove tutte le figure ed il fondo sono campiti a fresco, mentre tutte le rifiniture sono a t. (Cagiano, in Boll. d'Arte, 1949, p. 60). Larga applicazione trova in questi secoli la t. nell'illustrazione dei codici.

I glutini impiegati sono l'uovo, documentato dai pìnakes corinzî e le colle animali ricordate dalle fonti. Tra queste sono da menzionare la xylocolla e l'ichthyocolla (Dioscoride, III, 83 e 84); fatta con i ritagli di pelle di bue la prima e con le interiora di alcune qualità di pesce la seconda. Eraclio (De coloribus) aggiunge la colla fatta con ritagli di pergamena (la odierna colla di coniglio) e quella fatta con formaggio purgato nell'acqua delle parti grasse (la odierna caseina). Si conosceva anche la colla forte, come risulta da notizie di Teoffio.

La t. andava verniciata: in taluni ritratti del Fayyūm l'encausticatura (v. encausto) aveva tale ufficio. Altre vernici sono quelle che risultano dai passi di Plinio (Nat. hist., xv, 7 e xxxv, 36). La prima consisteva in zopissa, o pece purificata dall'acqua di mare, resina e cera sciolte in acqua ragia o oleum picinum. La seconda era la famosa vernice usata da Apelle che, prima dell'uso, aveva l'aspetto di un atramentum o inchiostro, mentre poi, dopo spalmata proteggeva i dipinti senza nasconderli, anzi fondendo la eccessiva vivezza dei colori: li patinava, insomma. A quanto sembra questa vernice doveva essere costituita di resina ricavata dalla combustione dei pinastri delle montagne greche, disciolta in acqua ragia. Una tale mistura infatti, pur essendo perfettamente trasparente, risulta, in vitro, nera. Va ricordato che la pittura da cavalletto, e quindi in primo luogo la pittura a t., era in Grecia arte liberale (Plin., Nat. hist., xxxv, 36). Si veda anche s. v. pittura.

Bibl.: W. Berger, Beiträge zur Entwicklungsgeschichte der Maltechnik, Monaco 1904; A. Previati, La tecnica della pittura, Milano 1937; M. Dorner, Malmaterial und seine Verwendung, Stoccarda 1935; R. Branzani, Pitture Murali, Città di Castello 1935; E. Aletti, La tecnica della pittura greca e romana, Roma 1951; M. Cagiano de Azevedo, Le tecniche della pittura parietale antica, in Atti del VII Congr. Int. di Arch. Class., I, 1961, p. 150.