TEODORA imperatrice d'Oriente

Enciclopedia Italiana (1937)

TEODORA imperatrice d'Oriente

Angelo Pernice

Moglie di Giustiniano I, è la più famosa fra le imperatrici bizantine.

Intorno alla sua origine e alla sua vita anteriormente all'assunzione al trono abbiamo due versioni: quella che si ricava dai suoi panegiristi e dagli scrittori delle cose del regno di Giustiniano, e quella contenuta nella Storia segreta o Anecdota di Procopio di Cesarea. Gli storici ufficiali le dànno una genealogia illustre e la fanno nascere da un senatore; Procopio, invece, afferma che era figlia di un certo Acacio, guardiano delle fiere all'Ippodromo di Costantinopoli, e racconta che, dopo la morte del padre, essendo ancora impubere, fu dalla madre spinta sulla scena come mima, dove si acquistò presto una trista celebrità. La sua vita sarebbe diventata così scandalosa, che le persone timorate e perbene, se l'incontravano per la via, scantonavano per timore di essere contaminate dal suo contatto. La prima versione è così vaga e inconsistente e così in contrasto con quanto noi sappiamo del carattere di T. quale imperatrice, che non si può prendere in considerazione. Ma nemmeno quella di Procopio si può accettare integralmente. Che T. prima di conoscere Giustiniano abbia avuto un'esistenza burrascosa pare che non si possa mettere in dubbio, poiché è noto che in quel tempo essa ebbe una figlia e forse anche un figlio; ma che sia arrivata a quel grado di depravazione morale e di pubblica infamia che Procopio descrive è lecito dubitare ove si rifletta sia al carattere stesso della Storia segreta (v. procopio), sia alla circostanza incontestabile che, quando Giustiniano sposò T., la sua successione al trono presentava qualche incognita. Vivevano ancora e avevano dei fautori alcuni congiunti di Anastasio I, i quali, per un intrigo di corte, nel 518 erano stati privati dei loro diritti alla corona; com'è possibile ammettere che Giustiniano si esponesse al rischio di compromettere la sua posizione sfidando l'opinione pubblica con lo sposare una donna così scandalosamente nota? E d'altra parte, se T. fosse stata quella cortigiana che Procopio vuole fai credere, come spiegare che nessuna voce si levasse contro l'unione né allora né più tardi da parte dei suoi nemici? In tutta la letteratura storica contemporanea nessuna conferma si trova dell'accusa di Procopio ove se ne eccettui una frase, discutibile, dei Commentarî di Giovanni di Efeso. Con ciò non si vuol negare ogni fede a Procopio. Ammettendo l'autenticità della Storia segreta, è necessario anche ammettere che il racconto in essa contenuto ha qualche fondamento di verità; ma è evidente che questa verità è stata da Procopio profondamente alterata. Appare molto verosimile l'opinione di coloro i quali ritengono che T., pur essendo stata nella sua prima giovinezza mima e cortigiana, abbia saputo salvare le apparenze.

Quando, intorno al 522, conobbe Giustiniano, in seguito a una crisi spirituale prodotta, sembra, da una disillusione amorosa, T. aveva da alcuni anni abbandonato le scene e faceva una vita ritirata dedita allo studio delle questioni religiose e alle pratiche di pietà. Il principe, che già aveva varcato la quarantina, fu affascinato dalla sua bellezza e dalla sua intelligenza. Gli ostacoli che si frapponevano all'unione furono superati l'un dopo l'altro con una facilità che ancora maraviglia. Le nozze avvennero nel 525 e due anni dopo, essendo morto Giustino, T. fu incoronata imperatrice.

Sul trono T. si mostrò una donna veramente superiore. Essa pareva nata per regnare, tanta fu la dignità che mise nei suoi atti e l'attività che spiegò negli affari politici. Se nella vita privata sia stata un modello di sposa non sappiamo; ma è certo che nella vita pubblica essa seppe mantenere alto il prestigio della dignità imperiale ed esercitò un'influenza considerevole, e qualche volta decisiva, negli affari dello stato. Il suo potere politico si affermò per la prima volta in modo decisivo cinque anni dopo la sua assunzione al trono durante la tragica rivolta del gennaio 532, conosciuta sotto il nome di Nika, che fu per travolgere la dinastia (v. giustiniano). Quando, in questa occasione, Giustiniano si sentì perduto e, in un consiglio della corona si mostrò disposto ad abbandonare la lotta e a fuggire, T. si oppose fieramente e ai ministri e ai generali che consigliavano la fuga ricordò che essi avevano un solo dovere: difendere l'imperatore e lo stato fino all'ultimo. Le sue virili paroli e la sua imperiosa volontà riscossero i timidi; Belisario riuscì a raccogliere intorno a sé le milizie che fino allora erano state incerte e a portarle alla lotta e alla vittoria. T. con la sua fermezza aveva salvato Giustiniano e acquistato, più che per il suo matrimonio, il diritto di regnare.

Da quel momento grande fu l'azione che T. esercitò nel governo. Giustiniano, che l'amò sempre teneramente e che in ogni occasione ne esaltò la fedeltà, nulla fece senza prima consigliarsi con lei e associò il suo nome al proprio nei rescritti e nelle leggi imperiali. Di questo suo potere T. fu gelosissima e quei ministri o generali che tentarono di menomarlo accaparrandosi i favori del sovrano 0 che resistettero ai suoi ordini furono travolti nella disgrazia.

In un solo campo T. non ebbe mai causa vinta: in quello religioso. Contrariamente a Giustiniano, che era ortodosso, T. seguiva la dottrina monofisita. Per tutta la vita essa si adoperò non solo a mitigare i rigori della persecuzione contro i suoi correligionarî, ma anche a farne trionfare la dottrina promovendo dei monofisiti alle sedi patriarcali d'Oriente, come Severo ad Antiochia, Timoteo e Teodosio ad Alessandria, Antimio a Costantinopoli. Per premere su Giustiniano, essa tentò anche di far cessare l'opposizione di Roma deponendo con la violenza il papa Silverio e mettendo al suo posto il diacono Vigilio. Ma a nulla valsero i suoi intrighi e le sue pressioni: nonostante qualche incertezza e qualche concessione, fatta più che per altro per opportunismo in momenti difficili, Giustiniano rimase fermo nel suo programma che mirava a raggiungere l'unità della Chiesa in tutto l'Impero sulla base della dottrina ortodossa e dell'accordo col papato.

T. mori di cancro nel 548, non ancora cinquantenne.

La sua scomparsa segna un momento discriminatore nel regno di Giustiniano. L'attività dell'imperatore da allora subisce quasi un arresto e si nota un rilasciamento in tutta la sua azione. Ciò sta a confermare la parte grandissima che T. ebbe nel governo del grande imperatore.

Bibl.: Ch. Diehl, Justinien et la civilisation byzantine, Parigi 1901; id., Figures byzantines, I, ivi 1920; id., Théodora impératrice de Byzance, ivi s. a. Nessun valore storico ha M. Brion, L'aventureuse réussite de Théodora, Parigi 1934.