Teoria dell'attaccamento

Enciclopedia della Scienza e della Tecnica (2008)

teoria dell’attaccamento


Teoria elaborata dallo psicoanalista inglese John Bowlby negli anni Ottanta del secolo scorso per spiegare il legame madre-figlio. Agli inizi del XX sec., Freud sosteneva che il bambino forma un legame d’amore con la madre perché impara ad associare la presenza della madre con il soddisfacimento del bisogno fondamentale di essere allattato; secondo Bowlby, invece, il bambino (come i piccoli di altri Mammiferi) ha una tendenza naturale a sviluppare un legame con la madre indipendentemente dal soddisfacimento della fame. La ragione di ciò è che la vicinanza della madre e il contatto con lei sono, nell’ambiente naturale, la migliore garanzia per evitare pericoli. Secondo Bowlby, quindi, l’allattamento non è sufficiente per indurre la formazione del legame madre-figlio; sono necessari anche tutti quei segnali sociali, tra i quali particolare importanza hanno il contatto fisico e l’essere coccolato, che il piccolo cerca per istinto. A sostegno della teoria di Bowlby, lo psicologo sperimentale americano Harry Harlow dimostrò che piccoli di scimmia reso (Macaca mulatta), allevati artificialmente in assenza della madre, passano la maggior parte del tempo in contatto con un fantoccio ricoperto di morbida pelliccia, mentre limitano le loro interazioni con un secondo fantoccio, privo di pelliccia ma fornito di biberon, al solo breve periodo della poppata. Un ulteriore elemento a sostegno della teoria etologica dell’attaccamento è l’osservazione che i bambini maltrattati fisicamente dalla madre non la evitano, ma cercano paradossalmente di essere confortati proprio da chi è fonte delle loro sofferenze. In sintesi, il legame con la madre non è il risultato di un apprendimento basato sulla ricompensa, ma piuttosto l’espressione di un sistema comportamentale innato la cui espressione è influenzata da segnali di natura sociale. Studi successivi hanno dimostrato che il legame con la madre è il prototipo di altri legami affettivi che l’individuo formerà nel corso della sua vita: il rapporto d’amore con il partner non include solo elementi sessuali, ma anche componenti emotive che derivano dal sistema di attaccamento. Anche il legame del genitore con il figlio risente grandemente del modo in cui il sistema di attaccamento si è sviluppato a suo tempo nel genitore attraverso le sue esperienze infantili. Quindi un buon rapporto con i genitori durante l’infanzia predispone alla formazione di solidi e soddisfacenti legami d’amore nella vita adulta. Al contrario, un attaccamento patologico nell’infanzia, esito di esperienze precoci infelici, predispone a disturbi psicopatologici nell’età adulta e compromette lo sviluppo delle successive relazioni affettive. Grazie agli studi del neurobiologo Jaala Panksepp, ora è noto che, nel controllo delle emozioni affettive, un ruolo importante è svolto dagli oppioidi endogeni, sostanze dotate di azione analgesica, sedativa ed euforizzante che vengono prodotte a livello cerebrale. In molte specie animali il contatto fisico o l’interazione sociale con un compagno di gruppo con il quale esista un legame affettivo scatenano la liberazione di oppioidi; viceversa, la separazione dai compagni di gruppo o, nei piccoli, dalla madre si accompagna a una diminuzione dei livelli cerebrali di oppioidi. (*)

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