Postkeynesiana, teoria

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

postkeynesiana, teoria

Domenico Delli Gatti

Indirizzo teorico in ambito macroeconomico della scuola di pensiero che si ispira a J.M. Keynes (➔), in particolare al Keynes della The general theory of employment, interest and money (1936). Tra i concetti fondamentali sui quali si basano i modelli p. vi sono la nozione che il sistema economico sia un processo che si muove in maniera irreversibile attraverso il tempo; il ruolo delle aspettative in un mondo incerto; il ruolo delle istituzioni economiche e politiche nel sistema economico; l’importanza dell’aspetto della distribuzione del reddito e del potere (politico, economico ecc.) per la comprensione dei problemi economici reali del mondo. Sia per l’approccio metodologico sia per le implicazioni normative, la teoria p. si contrappone alle scuole macroeconomiche ‘dominanti’, ossia agli schemi concettuali che hanno giocato in successione il ruolo di paradigma prevalente in macroeconomia, a partire da quello della sintesi neoclassica (➔ neoclassica, economia) degli anni 1950 e 1960 fino alle teorizzazioni neokeynesiane (➔ neokeynesiana, teoria) o della cosiddetta new neoclassical synthesis (➔) del primo decennio del 21° secolo.

I postkeynesiani

Nell’ambito della scuola p. si possono distinguere due filoni. Il primo, presso la University of Cambridge (UK), si sviluppò negli anni 1960 e 1970 grazie agli studi dei principali esponenti J. Robinson, N. Kaldor e L. Pasinetti. Secondo Robinson, la sintesi neoclassica, i cui maggiori rappresentanti P. Samuelson, R. Solow e F. Modigliani (➔) insegnavano presso il MIT di Cambridge (USA), esprimeva un keynesismo ‘annacquato’ e ‘imbastardito’ con elementi della scuola neoclassica. Kaldor (➔) e Pasinetti svilupparono un modello di crescita economica e distribuzione del reddito che esprime un approccio alternativo alla teoria della crescita neoclassica proposta negli stessi anni da Solow. L’approccio di Kaldor e Pasinetti alla rilettura dell’opera di Keynes sottolinea l’assonanza della ‘rivoluzione keynesiana’ in economia con la ripresa del punto di vista classico, in particolare di D. Ricardo (➔), filtrato attraverso il pensiero neoricardiano (➔ neoricardiana, teoria) di P. Sraffa, P. Garegnani e Pasinetti. ● Il secondo filone della scuola p. si è invece concentrato prevalentemente negli Stati Uniti. P. Davidson, fondatore del «Journal of Post Keynesian Economics», e H.P. Minsky ne sono le figure più rappresentative. Davidson ha elaborato un’interpretazione dell’opera di Keynes che enfatizza il ruolo dell’incertezza radicale (e non riducibile a rischio probabilistico) e della ‘liquidità’. Minsky ha ripreso alcuni temi dell’analisi di Davidson, ma l’ha sviluppato in chiave finanziaria, giungendo a formulare la cosiddetta ‘Ipotesi di instabilità finanziaria’, secondo cui, in periodi di espansione, la fragilità finanziaria degli agenti (per es. il leverage (➔) delle imprese) aumenta e conduce a una crisi finanziaria: un’ipotesi che ha trovato conferma in occasione della crisi del 2008-10.

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