Comico, Teorie del

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2006)

Comico, Teorie del

Giulio Ferroni

La cultura degli anni Settanta del 20° sec. ha prestato una particolare attenzione alle teorie del c. e del riso, facendo circolare in modo nuovo alcuni 'classici' del Novecento, rimasti relativamente in ombra nei decenni precedenti: da Le rire (1899) di H. Bergson a Der Witz und seine Beziehung zum Umbewussten (1905) di S. Freud, a L'umorismo (1908) di L. Pirandello. A questi saggi è stato attribuito in modi diversi un vero e proprio valore 'fondante', per il modo in cui raccoglievano dati essenziali della riflessione antica e moderna sul riso e sul c. e in cui la confrontavano con l'accelerazione sociale data dall'avvento delle nuove tecnologie della comunicazione. Essi variamente riconducevano i fenomeni del c. a interferenze e scontri/incontri tra livelli diversi: interferenza tra mécanique et vivant per Bergson, movimento tra i piani della coscienza, del preconscio e dell'inconscio per Freud, percezione del contrario per Pirandello. Su queste basi, la nuova attenzione al c. degli anni Settanta si legava a una sua emancipazione, nelle pratiche artistiche e negli stessi comportamenti quotidiani, dal ruolo subalterno e marginale tradizionalmente attribuitogli dalle culture ufficiali. Sia per l'azione delle nuove avanguardie, che rilanciavano la lezione delle avanguardie storiche sul piano di una cultura di massa, sia per l'effetto di nuovi comportamenti sociali (legati all'espansione economica, alla 'rivoluzione' del Sessantotto e all'emergere sulla scena pubblica di nuovi soggetti intellettuali), si rivendicava in più direzioni la funzione liberatoria e aggressiva del c., la sua capacità di scatenare pulsioni e movimenti 'alternativi', di far parlare bisogni e desideri, di rovesciare ogni modello sociale chiuso e autoritario, di dar voce agli strati più 'bassi' dell'esperienza, ormai giunti a rivendicare una loro piena legittimazione culturale e sociale. Alle classiche teorie dell'inizio del 20° sec. si intrecciava peraltro la suggestione di molteplici svolgimenti teorici datisi nei decenni successivi, sia in prossimità delle avanguardie (come nel pensiero di G. Bataille), sia in ambito più propriamente psicanalitico (come negli studi di E. Kris e in quelli di Ch. Mauron), che risalivano dalla troppo netta distinzione di Freud tra c. e Witz a una immersione dello stesso c. nell'ambito dell'inconscio, tenendo conto anche del modificarsi delle prospettive di Freud nel passaggio dalla prima alla seconda topica e di un breve saggio freudiano, Der Humor, del 1927, sia in più autonomi svolgimenti di pensiero (come nella riflessione di A. Koestler, The act of creation, 1964). Alle definizioni generali del c. e dei meccanismi del riso contribuivano inoltre gli studi relativi al vasto universo del gioco (essenziali le prospettive aperte da J. Huizinga, Homo ludens, 1939, e da R. Caillois, Les jeux et les hommes, 1958) e l'attenzione che in genere la cultura degli anni Settanta portava ai fenomeni ludici, riallacciandosi a F.W. Nietzsche e alla sua originale riassunzione della tradizione del gioco come simbolo del mondo (linea seguita da E. Fink in Spiel als Weltsymbol, 1960, da K. Axelos in Le jeu du monde, 1969, e da molti altri): a ciò si aggiungeva la suggestione del rilievo che il c. aveva assunto nella cultura di massa, dal grande cinema comico americano degli anni Venti e Trenta (B. Keaton, Ch. Chaplin, i fratelli Marx in primo piano), agli sviluppi italiani tra teatro di varietà e cinema popolare (da E. Petrolini a Totò alla cosiddetta commedia all'italiana).

Una delle prospettive che più fortemente hanno agito sulle interpretazioni e sull'orizzonte teorico del c. negli anni Settanta è stata quella di un grande saggio elaborato nel chiuso universo della Russia sovietica intorno al 1940, lì pubblicato nel 1965 e apparso in Occidente in traduzione francese nel 1970, quello di M. Bachtin, Tvorcestvo Fransua Rable i narodnaja kul´tura srednevekov´ja i renessansa (trad. it. L'opera di Rabelais e la cultura popolare: riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, 1979). Teoria e storia, ideologia e linguaggio si intrecciano qui strettamente nella definizione del collegamento tra c. e carnevale, nell'individuazione del carattere ambivalente del riso carnevalesco, creatore di un universo libero e aperto, sempre divergente rispetto ai valori ufficiali, attraverso gli strumenti della parodia, del rovesciamento, delle mésalliances, del travestimento, del realismo corporeo e grottesco; la forza del riso carnevalesco si espande nel principio della carnevalizzazione, della dialogicità e della polifonia, che scardinano ogni visione 'monologica' e autoritaria del linguaggio e dell'esperienza. Questi concetti di carnevale e carnevalizzazione hanno permesso di offrire una visione generale delle forme comiche, che variamente le ricollegava alle spinte 'alternative' degli anni Settanta e che ha agito, oltre che a livello teorico, su molte scelte culturali nonché su molti comportamenti sociali (rivelatrice in tal senso, in Italia, la prima fase dell'attività di G. Celati, il quale alla ricerca di invenzioni comiche ha collegato notevoli escursioni critiche e teoriche).

Nel contempo si è andata approfondendo l'esigenza di distinguere i diversi 'territori' del c., nel quadro delle diverse 'scienze umane', dalla linguistica alla semiologia, alla psicanalisi, all'antropologia, alla sociologia, alle linee filosofiche dell'ermeneutica e del decostruzionismo: vario è stato il lavoro di definizione delle strutture dell'ironia, dell'umorismo, della parodia, del grottesco, del falsetto, della caricatura, del motto di spirito, del nonsense, della satira, della farsa, della beffa, mentre sono stati variamente studiati gli ambiti di esperienza toccati dal c., dal rapporto servo/padrone alle professioni, alla maschera, al fantastico, al sesso, allo scatologico e così via. Ciò ha dato luogo a contributi di tipo più particolare (come gli studi di L. Hutcheon, di C. Kerbrat-Orecchioni, di M. Mizzau sull'ironia) e ad altri di tipo più generale (come, per es., quelli di J. Sareil, L'écriture comique, 1984, di J. Duvignaud, Le propre de l'homme, 1985, o di J. Émelina, Le comique, 1991). Rilievo più ampio, per la sua sistematicità e per la sua sottigliezza analitica, nell'ambito della nouvelle rhétorique, ha assunto il lavoro di L. Olbrechts-Tyteca, Le comique du discours, 1974, che ha visto nel c. uno strumento essenziale di vitalizzazione dello scambio comunicativo, di creazione di connivenza entro una comunità di discorso che aspira all'universalità, che si allarga verso un uditorio universale. Una diversa attenzione all'orizzonte retorico, coniugata in senso freudiano (entro una vera e propria retorica freudiana), è stata quella di diversi studi di F. Orlando, il quale, all'interno della sua prospettiva critico-teorica, che attribuisce un rilievo centrale al saggio di Freud sul Witz, ha distinto nettamente l'area più generale del c. da quella del Witz: nel c. ha verificato l'intreccio tra due livelli, quello di facciata, che implica una superiorità o distanza del destinatario nei confronti dell'oggetto comico (il livello della repressione, che impone una non identificazione dell'oggetto, la negazione di ogni identità con esso), e quello sotterraneo, che suggerisce invece un ritorno del represso, una identificazione con l'oggetto stesso negato dalla repressione (che equivale alla complicità suscitata dal Witz). Il c. si inserirebbe così esemplarmente nella bi-logica o logica simmetrica dell'inconscio (secondo le prospettive della psicanalisi di I. Matte Blanco); le figure comiche susciterebbero negli spettatori ancora un'interferenza, un corto circuito tra non-identificazione e identificazione. La prospettiva letteraria e freudiana di Orlando suggerisce un orizzonte teorico che può agire anche su piani diversi da quello della letteratura, che può chiamare in causa le arti in genere (molto numerosi sono stati negli anni recenti gli studi sul c. filmico) e la stessa esperienza quotidiana del riso e della comicità: ma a tal proposito va notata la diversità tra il punto di vista di chi guarda al riso come risultanza dalle costruzioni comiche (quale che sia il loro carattere) e chi invece ne studia (nel quadro di discipline più propriamente scientifiche) gli aspetti fisiologici e ne ricerca le matrici biochimiche e neuronali.

bibliografia

G. Ferroni, Il comico nelle teorie contemporanee, Roma 1974.

F. Orlando, Lettura freudiana del "Misantrope", Torino 1979.

F. Ceccarelli, Riso e sorriso. Saggio di antropologia biosociale, Torino 1988.

N. Borsellino, La tradizione del comico, Milano 1989.

P. Santarcangeli, Homo ridens. Estetica, filologia, psicologia, storia del comico, Firenze 1989.

C. D'Angeli, G. Paduano, Il comico, Bologna 1999.

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