TERAPIA INTENSIVA E RIANIMAZIONE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1995)

TERAPIA INTENSIVA E RIANIMAZIONE

Corrado Manni

I termini terapia intensiva e rianimazione identificano l'insieme delle complesse procedure diagnostiche e terapeutiche finalizzate al ripristino e al sostegno di funzioni vitali (cardiocircolatoria, respiratoria, neurologica, metabolica) acutamente e gravemente compromesse. Nel contempo detti termini vengono anche utilizzati per identificare le strutture (centri di r. polivalenti e t.i. specialistiche) dotate di personale e mezzi idonei al monitoraggio e trattamento del paziente in imminente pericolo di vita. Per l'elevato contenuto tecnologico degli strumenti utilizzati e per la continua evoluzione delle conoscenze di base, la r. e t.i. si caratterizza come la più moderna tra le discipline mediche.

L'epidemia di poliomielite del 1952 nei paesi scandinavi pose, con drammatica evidenza, il problema di realizzare reparti dove fosse garantita la possibilità di assistere pazienti con grave insufficienza respiratoria da compromissione bulbare. Questa esperienza portò a riconoscere nella ventilazione a pressione positiva il sistema di scelta per il trattamento dell'insufficienza respiratoria acuta. Negli anni successivi si è assistito a un sorprendente e rapidissimo sviluppo delle tecniche per il sostegno delle funzioni vitali, reso possibile dal progresso della tecnologia che caratterizza l'era moderna.

I Centri di rianimazione e le Unità di terapia intensiva. - Il trattamento della fase critica di condizioni patologiche che compromettono le funzioni vitali richiede specifici interventi diagnostico-terapeutici con l'utilizzo di risorse (in termini di personale, supporti strumentali, terapia farmacologica) di elevata complessità e costo. L'insieme delle strutture coinvolte nel trattamento di questi malati configura i Centri di rianimazione e le Unità di terapia intensiva.

Per il loro ottimale funzionamento e per la migliore gestione possibile delle risorse è necessario rispettare alcuni requisiti fondamentali: possibilità di far convergere competenze multidisciplinari sul malato critico; disponibilità immediata e continuativa dei servizi diagnostici; collegamento funzionale dell'area intensiva con tutti i reparti e i servizi dell'ospedale che devono interagire con essa (pronto soccorso, reparto operatorio, laboratori, radiodiagnostica, centro trasfusionale). Ovviamente, all'interno dell'ospedale, i reparti di t.i. e r. vengono collocati in sedi diverse in rapporto alle loro specializzazioni funzionali e possiedono differenziazioni strutturali anche notevoli. In tal senso si possono distinguere i Centri di rianimazione polivalenti, ormai presenti in quasi tutti gli ospedali e che trattano qualsiasi patologia critica, dalle t.i. specialistiche rivolte alla cura di pazienti omogenei per patologia o per fasce di età.

Si possono, pertanto, identificare molteplici t.i.: t.i. postoperatoria; t.i. per grandi ustionati; unità di t.i. coronarica; t.i. cardiochirurgica; t.i. neurochirurgica; t.i. neonatale. Queste strutture, al contrario dei Centri di rianimazione polivalenti, sono presenti solo negli ospedali di maggiori dimensioni per far fronte a particolari esigenze assistenziali. In pratica, la r. polivalente rappresenta un modo semplice ed efficace di gestire il malato critico centralizzando il servizio e collocando in un unico luogo, per ragioni di economicità ed efficienza operativa, tecnologie e personale.

Le t.i. specialistiche, al contrario, vengono incontro all'opportunità di decentrare la gestione del malato critico, mantenendo relazioni di tipo dipartimentale con i medici che, nell'ambito dell'ospedale, sono interessati in modo peculiare al trattamento di una determinata patologia. Peraltro questo modello organizzativo determina, inevitabilmente, un aumento rilevante dei costi. La parcellizzazione di indirizzi e competenze conseguente all'esasperata specializzazione funzionale comporta, inoltre, il rischio della perdita di una visione globale del malato per inseguire l'obiettivo del monitoraggio e del trattamento delle alterazioni del singolo organo o della singola funzione.

La formazione di medici specialisti in t.i. e r. ha consentito di superare i problemi di settorializzazione, in quanto questa figura professionale si è dimostrata in grado di coordinare, in modo ottimale, l'attività dei molti specialisti normalmente coinvolti nella terapia del paziente in condizioni critiche garantendo, in questo modo, una visione unitaria del malato. In Italia la formazione di specialisti in t.i. è stata affidata alle Scuole di specializzazione in anestesia e rianimazione, e la gestione dei Centri di rianimazione e delle Unità di terapia intensiva è, nella gran parte dei casi, affidata agli anestesisti-rianimatori, in quanto: storicamente i primi rianimatori furono anestesisti; la complicanza che più spesso determina il trasferimento di un malato in un'area di t.i. è la comparsa d'insufficienza respiratoria, e l'anestesista rianimatore è il medico che possiede la maggiore competenza ed esperienza nell'uso della ventilazione meccanica; l'anestesista è uno specialista abituato alla cogestione del paziente, e un tal modo di lavorare favorisce la formazione di quelle doti di equilibrio, flessibilità e capacità di comunicazione necessarie per una corretta gestione di situazioni che richiedono competenze multidisciplinari; la conoscenza di tecniche di anestesia e analgesia costituisce parte integrante e irrinunciabile del bagaglio culturale di un intensivista.

Di fatto con il termine intensivista s'identifica un medico che si dedica a tempo pieno alla gestione del malato critico e, a questo scopo, viene preparato attraverso un iter formativo che lo rende idoneo a svolgere alcune specifiche funzioni: organizzazione delle Unità di terapia intensiva; preparazione dello staff infermieristico; attuazione delle procedure di monitoraggio atte al controllo continuo delle principali funzioni biologiche; uso corretto delle terapie rianimative, sia farmacologiche che strumentali.

Distinzione dei reparti di rianimazione e terapia intensiva. - Sulla base di una differenziazione funzionale si possono identificare: Aree di osservazione e monitoraggio intensivo; Aree di t.i. e r.; Aree di terapia postintensiva. Nelle Aree di osservazione e monitoraggio intensivo convergono pazienti con rischio elevato d'insufficienza d'organo ma che, al momento, non presentano condizioni critiche e non necessitano di terapie di sostegno delle funzioni vitali. Le Aree di t.i. e r. sono riservate al trattamento dei pazienti con compromissione, in atto, di una o più funzioni vitali. Le Aree di terapia postintensiva sono rivolte al trattamento di quei pazienti che, pur avendo superato la fase d'insufficienza d'organo, necessitano ancora di assistenza specialistica che non può essere erogata nei comuni reparti di degenza.

Sulla base della complessità delle prestazioni terapeutiche, nell'ambito dell'organizzazione dei Centri di rianimazione polivalenti e delle Unità di terapia intensiva specialistiche si possono distinguere strutture di primo livello e di secondo livello. Le strutture di primo livello sono collocate in ospedali che dispongono di tutte le specialità diagnostiche e terapeutiche. Devono essere in grado di garantire il supporto delle diverse funzioni d'organo (ventilazione meccanica, trattamento dialitico, assistenza meccanica del circolo, ecc.) e di permettere monitoraggi sofisticati (monitoraggio della pressione intracranica, della portata cardiaca, ecc.). Dette strutture, proprio per il loro alto contenuto tecnologico, hanno costi gestionali elevati; a esse dovrebbero afferire solo quei malati che, per la complessità della patologia, necessitano di specifiche terapie strumentali e di avanzati sistemi di monitoraggio multiparametrico. Un esempio del tipo di patologia per il cui trattamento sono ideali strutture siffatte è rappresentato dal politrauma. Le strutture di secondo livello sono, in genere, inserite in ospedali più piccoli e con risorse minori. Anche in queste strutture è possibile garantire il trattamento di pazienti con una singola insufficienza d'organo; non è, tuttavia, possibile assistere in modo adeguato, e per lungo tempo, pazienti con insufficienze associate di più organi.

Rapporto costo-beneficio in terapia intensiva. - L'efficienza di una t.i. dev'essere valutata in base alle capacità di ridurre mortalità e morbilità in rapporto ai mezzi utilizzati (numero di posti letto, dotazione di personale e strumenti, livello globale dei servizi dell'ospedale). Qualunque attività sanitaria, infatti, può essere paragonata a un sistema produttivo il cui risultato finale è la guarigione o il miglioramento della salute del paziente. In relazione a questo principio anche per la t.i. sono stati codificati criteri di ammissione e dimissione finalizzati a un razionale impiego delle risorse. La qualità della prestazione di una t.i. non è, comunque, determinata solo dalla progettazione, più o meno recente, della struttura o dal livello della tecnologia disponibile. Al contrario, è essenziale la presenza di personale medico e infermieristico altamente specializzato e fortemente motivato.

Criteri per l'ammissione e dimissione dai reparti di terapia intensiva: l'opportunità di ricoverare un paziente nell'area di medicina critica è essenzialmente correlata all'esistenza di un deficit delle funzioni fondamentali per la vita o a condizioni in cui è elevata la probabilità che un tale deficit possa realizzarsi: politrauma, infarto del miocardio, insufficienza respiratoria acuta, stati di shock, coma. Peraltro, la carenza di posti letto e gli elevati costi di gestione impongono l'adozione di criteri specifici per l'ammissione al reparto intensivo. Questi criteri consentono di definire tre livelli di priorità: 1° livello: pazienti critici che necessitano immediatamente di trattamento intensivo; 2° livello: pazienti che richiedono solo monitoraggio intensivo; 3° livello: pazienti con prognosi infausta a breve termine.

È anche possibile identificare criteri per la dimissione dalla t.i.: 1° livello: pazienti che non necessitano più di trattamento intensivo in quanto hanno recuperato la normale funzione dei principali organi e apparati; 2° livello: pazienti per i quali il trattamento intensivo si è dimostrato inutile; 3° livello: pazienti per i quali è ancora opportuno un monitoraggio continuo, ma che non necessitano più di t. intensive. È evidente, peraltro, che la decisione ultima sull'opportunità del ricovero e della dimissione compete al medico intensivista che formula il giudizio in base alla sua esperienza e al suo bagaglio culturale.

Collocazione dei Centri di rianimazione e delle Unità di terapia intensiva nella struttura ospedaliera. - La scelta della giusta collocazione dei Centri di rianimazione e delle Unità di terapia intensiva all'interno dell'ospedale è correlata a obiettivi diagnostici e terapeutici: le t.i. postoperatorie vanno, per es., collocate in prossimità del blocco operatorio; i Centri di rianimazione polivalenti vanno posti nell'area del dipartimento di emergenza o, comunque, nei pressi del Pronto Soccorso, dal momento che gran parte dei pazienti in essi ricoverati provengono dall'esterno dell'ospedale; per gli stessi criteri l'unità coronarica (fig. 1) e la t.i. cardiochirurgica devono trovarsi all'interno del Dipartimento di cardiologia. La scelta di una collocazione funzionalmente valida è in grado di condizionare, in modo significativo, sia l'efficienza sia i costi di gestione dell'intera struttura.

Struttura di una Unità di terapia intensiva. - Schematicamente è possibile suddividere le t.i. in due aree tra loro funzionalmente integrate: l'area di degenza e l'area dei servizi.

Area di degenza: può essere strutturata come un ambiente unico o a camere singole. La struttura ad ambiente unico risponde a criteri di economia di spazio e di personale. I vantaggi di questo tipo di soluzione possono essere così schematizzati: accesso più agevole al paziente; possibilità di migliore gestione dello spazio attorno al posto letto; possibilità di controllo ''a vista'' dei pazienti da parte del personale.

Le strutture a camere singole, invece, consentono il massimo rispetto della privacy del paziente e facilitano la prevenzione delle infezioni nosocomiali. Di fatto la scelta più comune è quella di una soluzione di compromesso: a posti letto collocati in un ambiente unico vengono affiancati box singoli per pazienti maggiormente a rischio. Diversi fattori (aumento della gravità delle patologie trattate, maggior richiesta in termini di apparecchiature diagnostiche e terapeutiche) hanno determinato un incremento significativo della necessità di spazio. L'esperienza ha dimostrato che un posto letto singolo richiede la disponibilità di una superficie non inferiore ai 25 m2, mentre per posti letto in spazio aperto bastano 15 m2. Dev'essere garantito l'accesso ai quattro lati del letto e lo spazio per gli apparecchi di terapia e monitoraggio. Il controllo ''a vista'' da parte del personale infermieristico può essere favorito, con l'utilizzo di ampie superfici vetrate, anche qualora si opti per una soluzione a box separati. È ormai diffusa la tendenza a consentire, anche se con opportuna regolamentazione, l'accesso dei parenti nel reparto di t.i.; una struttura ad ambiente unico presenta notevoli limitazioni da questo punto di vista.

Area dei servizi: dev'essere grande almeno come la zona di degenza ed è costituita da numerose strutture, tutte indispensabili per il buon funzionamento del reparto: sala operatoria per piccoli interventi; camera per la disinfezione delle apparecchiature e del materiale; camera per il medico di guardia; camera della caposala; farmacia; tisaneria; depositi per biancheria pulita, depositi per biancheria sporca, depositi per materiale e attrezzature; camera per attesa parenti.

Di particolare rilievo è anche la distribuzione dei percorsi. La soluzione ottimale è quella che prevede: un corridoio esterno per i parenti che possono così comunicare con i degenti senza venirne a contatto; un corridoio intermedio per le attività di servizio; un corridoio interno per le attività assistenziali.

Personale. - Dall'analisi dei compiti assistenziali dei reparti di t.i. discende la necessità di una presenza costante di personale medico e paramedico. Il rischio potenziale del verificarsi di eventi pericolosi per la vita impone la presenza continuativa di almeno un medico. La dotazione di personale infermieristico, ovviamente, è in relazione al tipo di attività svolta presso le Unità di terapia intensiva, e varia da un minimo di un infermiere ogni tre posti letto (t.i. a prevalente attività di monitoraggio) a un infermiere per ciascun posto letto (Centri di rianimazione polivalenti e Unità di terapia intensiva specialistiche a prevalente attività terapeutica).

Dotazione strumentale. - I Centri di rianimazione e le Unità di terapia intensiva sono dotati di complessi strumenti diagnostici e terapeutici (fig. 2), a elevato contenuto tecnologico, che possono essere distinti in strumenti per il monitoraggio (finalizzati al controllo continuo delle principali funzioni biologiche) e strumenti di terapia (finalizzati al sostegno di funzioni vitali compromesse). Tra gli strumenti di diagnosi e monitoraggio si ricordano: l'elettrocardiografo, l'ecografo, l'elettroencefalografo, il broncoscopio, il doppler, i sistemi di misurazione dei parametri emodinamici, della temperatura corporea e della attività respiratoria. Agli strumenti di terapia appartengono: i ventilatori artificiali, i defibrillatori, gli apparecchi per emodialisi, le pompe da infusione, gli aspiratori.

Un problema difficile da risolvere è la gestione dell'enorme mole di dati che afferiscono dalle strumentazioni di monitoraggio al posto letto, dai laboratori e dal servizio di radiodiagnostica. L'uso del computer permette, oggi, di raccogliere, conservare e manipolare i dati in modo da ridurre il sovraccarico d'informazione. L'introduzione delle reti locali permette inoltre la trasmissione di grosse quantità di dati favorendo il continuo flusso di informazioni tra Unità di terapia intensiva e strutture a essa funzionalmente collegate.

Di fatto l'evoluzione delle tecnologie informatiche sta trasformando profondamente i protocolli diagnostici e operativi attualmente in uso, e imporrà, in un prossimo futuro, una diversa organizzazione del lavoro di cui non è facile prevedere, al momento, la tappa finale. Anche per questo motivo si è avvertita la necessità di educare i medici e il personale infermieristico all'uso delle tecnologie informatiche. Ed è proprio con questo obiettivo che l'Istituto di anestesiologia e rianimazione dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e il Consorzio Telemed hanno realizzato un'Aula didattica multimediale per l'addestramento teorico-pratico del personale sanitario.

Bibl.: Society of Critical Care Medicine, Task Force on Guidelines, Recommendations for Critical Care Unit design, in Critical Care Medicine, 16 (1988), pp. 796-803; Id., Recommendations for services and personnel for delivery of care in a critical care setting, ibid., pp. 809-11; International Task Force on Safety in the Intensive Care Unit, International standards for safety in the Intensive Care Unit, ibid., 19 (1993), pp. 178-81; Id., Guidelines for the utilizations of Intensive Care Units, ibid., 20 (1994), pp. 163-64.

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