BORSALINO, Teresio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 13 (1971)

BORSALINO, Teresio

Franco Bonelli

Nacque ad Alessandria il 1º ag. 1867, da Giuseppe e da Angela Prati. Mandato in Svizzera, Belgio, Germania e Inghilterra perché si perfezionasse nelle lingue, aveva poi compiuto, nella fabbrica paterna, un duro tirocinio di apprendista e aveva ancora lavorato in Germania come operaio per perfezionarsi nel mestiere; solo più tardi ebbe affidata dal padre l'intera trafila delle mansioni impiegatizie che lo dovevano portare a responsabilità di direzione.

Come capo dell'azienda, il B. perseverò, nei primi anni del Novecento, nei criteri che avevano caratterizzato la gestione paterna, basata su continui perfezionamenti tecnico-produttivi e sul reinvestimento dei profitti, col vantaggio, però, di poter contare da questo momento sin verso la vigilia della prima guerra mondiale su alti livelli della domanda interna ed esterna.

L'impresa, trasformata in società anonima per azioni nel 1905 con un capitale di cinque milioni e mezzo di lire, continuò a prosperare e ad ampliarsi. Dal 1905 al 1914 il capitale sociale restò immutato, ma l'impresa, grazie ad un cospicuo autofinanziamento, effettuò elevati ammortamenti, aumentò le proprie riserve e poté compiere continui investimenti produttivi. Il numero delle persone occupate passò da 1.250 nel 1901 a 1.400 nel 1906 e a circa 1.800-2.000 verso il 1913-14; il numero giornaliero dei cappelli prodotti passò da 2.800 nel 1901 a 4.000 nel 1906, a 5.500 nel 1909 e 7.000 verso il 1914. La produzione annua salì a 1.650.000 cappelli nel 1909, di cui 900.000 destinati all'esportazione, rispetto alla cifra di 750.000 del 1900, e salì a 2 milioni nel 1913.

Dopo il grave rallentamento dovuto alla congiuntura bellica negli anni 1915-1918, la produzione annua risalì nuovamente a circa un milione e mezzo nel 1922 e toccò nuovamente i due milioni di cappelli, di cui circa il 60% esportati, nel 1929. Solo dopo tale anno, dapprima a causa della caduta della domanda conseguente alla crisi economica mondiale che si protrasse sin verso il 1933 e poi - dopo la ripresa economica - a causa delle condizioni che ostacolarono gli scambi internazionali e di un rallentamento della domanda interna, il livello della produzione si stabilizzò su quote inferiori a quelle che si erano potute registrare alla vigilia della prima guerra mondiale una prima volta, e una seconda volta alla vigilia della "grande crisi". Gli ostacoli alla libera circolazione dei prodotti sul piano mondiale e i mutamenti di costume nell'abbigliamento, che ridussero l'uso del cappello, avevano ormai avviato alla vigilia della seconda guerra mondiale un progressivo ridimensionamento dell'attività produttiva. Le esportazioni costituirono tuttavia una quota crescente del fatturato dell'impresa, e il marchio "Borsalino" consolidò ulteriormente il suo prestigio mondiale. Nel 1939 l'impresa alessandrina era la maggiore tra le produttrici italiane di cappelli di feltro di pelo, e aveva consolidato la sua posizione alla testa delle poche imprese di maggiori dimensioni che venivano concentrando da parecchi decenni la capacità produttiva del settore. Gli impianti costituivano un complesso organico di reparti, dotato di una propria centrale termoelettrica, che si estendeva su una superficie di 60.000, mq. di cui 38.000 coperti. Le persone occupate tra impiegati e operai erano circa 1.280 e la produzione giornaliera di circa 3.000 cappelli.

Il B. sin dall'inizio del secolo aveva affiancato, alle istituzioni aziendali di previdenza e assistenza già realizzate dal padre, l'assistenza medica in fabbrica, una "Fondazione a ricordo di Giuseppe Borsalino" per la concessione di premi agli operai pensionati e ulteriori altre provvidenze. La Cassa interna malattie venne poi trasformata e riorganizzata in Cassa mutua sindacale (1927), la Cassa di previdenza impiegati in Cassa pensioni e quiescenza (1931); e dal 1929 si introdussero delle provvidenze a favore della maternità e dell'allattamento.

Durante gli anni 1920-1930 il B. destinò ad istituzioni di assistenza e beneficenza e alla amministrazione comunale di Alessandria una gran parte dei redditi del suo cospicuo patrimonio personale, accumulato attraverso una avveduta gestione dell'eredità paterna e degli utili dell'impresa. Nella piana di Valle San Bartolomeo, presso Alessandria, fece costruire il sanatorio Vittorio Emanuele III, capace di 216 posti di degenza, dotato delle più moderne attrezzature per le cure medico-chirurgiche e per il soggiorno dei malati; donò alla città di Alessandria l'acquedotto "Giuseppe Borsalino" la cui costruzione venne iniziata nel 1924e i cui utili cominciarono ad essere devoluti dal 1928 al sanatorio; finanziò la sistemazione e il rifacimento delle fognature della città; contribuì con somme cospicue ad ampliare l'attività benefica della Divina Provvidenza - una istituzione fondata alla fine del secolo XIX da una benefattrice alessandrina che la reverenza popolare chiamò Madre Michel - costruendone l'ospizio capace di offrire assistenza a 400 donne anziane, inabili o minorate, nonché l'istruzione e l'addestramento professionale a 100 orfanelle, e ampliandone la casa madre capace di ospitare 150 persone, per la preparazione delle suore da destinarsi all'opera di assistenza dell'ospizio, degli ospedali e asili di carità. Il B. costruì inoltre una Casa di riposo per persone anziane d'ambo i sessi prive di mezzi e incapaci al lavoro per l'età e al comune di Pecetto, ove era nato suo padre, donò un moderno e razionale acquedotto.

Le opere di beneficenza, la carica di senatore dal 1924 e la presidenza dell'Unione provinciale fascista degli industriali, tenuta in vari periodi e ininterrottamente dal 1931, e i progressi della sua impresa industriale assicurarono al B. un posto di primo piano nella vita alessandrina nel periodo compreso tra le due guerre. Egli non occupò tuttavia cariche pubbliche, amministrative e politiche; mentre la stessa sua adesione tacita ed esclusivamente formale al fascismo fu inizialmente motivata dalla considerazione - comune del resto in quegli anni a gran parte del ceto imprenditoriale italiano - che il nuovo regime avrebbe avuto la possibilità di ristabilire un ordine sociale e politico più favorevole alle attività di produzione. Il B., anzi, fu sempre guardato con sospetto dagli ambienti alessandrini del partito fascista, per quella che si diceva essere la sua anglomania, e perché non realizzava le sue opere sociali nell'ambito delle provvidenze del regime fascista e quindi con avversa sensibilità politica.

Il B., che nel 1933 aveva sposato Alessandra Drudi (in arte Gea Della Garisenda), nota cantante italiana, morì ad Alessandria il 29 marzo 1939.

Bibl.: Oltre la bibl. della voce Borsalino Giuseppe, tra i vari necrologi sulla stampa si veda l'edizione straordinaria de Il Piccolo di Alessandria del 1º apr. 1939, in occasione della sua morte.

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