TERRA DEL FUOCO

Enciclopedia Italiana (1937)

TERRA DEL FUOCO (Tierra del Fuego; A.T., 159)

Alberto DE AGOSTINI
Emilio MALESANI
Fabrizio CORTESI

Vasto arcipelago all'estremità meridionale del continente americano, fra lo Stretto di Magellano e il Capo Hoorn.

Politicamente l'arcipelago della Terra del Fuoco, che misura una superficie approssimativa di 72.000 kmq., si trova per 50.000 kmq. sotto il dominio della repubblica del Chile, appartenendo alla repubblica argentina la sola parte orientale dell'Isola Grande denominata propriamente Terra del Fuoco, e l'Isola degli Stati (in complesso 22.000 kmq.).

Esplorazioni. - Il nome fu imposto dal primo scopritore, F. Magellano, che, dopo aver doppiato il Capo Vergini, il 10 novembre 1520 penetrava nello stretto che porta il suo nome. Un'altra spedizione spagnola nel 1525 fu dispersa mentre cercava di penetrare nel famoso passaggio, e una delle navi trascinata fino oltre il 55° parallelo intravvide il Capo Hoorn. Nel 1557 una terza spedizione partita da Valdivia (Chile) percorreva lo stretto e ne rilevava tutti i canali e le inflessioni fino al Capo San Gregorio. Successivamente, le conoscenze vennero ampliate da F. Drake, il famoso corsaro inglese, il quale per primo riconobbe che a mezzodì dello stretto non esisteva un continente australe, ma solo un arcipelago; le osservazioni del Drake non furono però accolte allora dagli studiosi. Seguirono i disgraziati tentativi di colonizzazione di P. Sarmiento, che raccolse notizie preziose sull'idrografia, la flora e la fauna (1579-84). Entrati in scena gli Olandesi con O. Van Noort, che nel 1599 attraversò lo stretto, fu organizzata nel 1615 la spedizione comandata da J. Lemaire e W. C. Schouten, i quali, oltrepassata l'imboccatura dello stretto, costeggiarono l'Isola Grande, scoprirono l'Isola degli Stati e lo Stretto di Lemaire e continuando verso SO., raggiunsero l'estrema punta meridionale da essi chiamata Capo Hoorn. Nel 1618-19 gli Spagnoli García e Gonzalo de Nogal compievano la prima circumnavigazione dell'arcipelago. Ancora nel sec. XVII si ebbero le spedizioni dell'olandese Giacomo l'Hermite (1624) e dell'inglese John Narborough, che costruì la prima buona carta dello stretto e diede notizie sulle condizioni dell'isola e dei suoi abitanti. Nel sec. XVIII l'arcipelago fu visitato da J. Cook e dalla spedizione di A. Malaspina, ma le esplorazioni sistematiche ebbero inizio soltanto nel sec. XIX con i viaggi scientifici delle navi inglesi Adventure e Beagle capitanate da Ph. Parker King prima (1826-30) e poi da R. Fitz Roy, cui era compagno C. Darwin (1831-36). A queste esplorazioni è dovuta quasi tutta la toponomastica dell'arcipelago e i rilevamenti, perfezionati e completati più tardi, costituiscono tuttora la base delle carte marine. Ricordiamo quindi la spedizione francese di J.-S -C. Dumont d'Urville (1837-38), i lavori idrografici della pirocorvetta italiana Magenta e delle navi Pisani, Caracciolo e Colombo (1882), il viaggio nell'interno della Terra del Fuoco di M. Pertuiset e Bourguet (1874), le esplorazioni fatte per conto del governo chileno (1879) e quelle dell'incrociatore tedesco Albatros. Nel 1882 per conto del governo argentino si svolse la spedizione comandata da Giacomo Bove, con la partecipazione di G. Roncagli, G. Spegazzini, D. Lovisato, D. Vinciguerra, che non solo esplorò gran numero di canali e di isole, ma raccolse importanti informazioni sugl'indigeni Ona, Alacaluf e Yahgan. Seguì (1895-97) la spedizione di O. Nordenskjöld.

Nel sec. XX segnaliamo tra gli altri il viaggio di R. Dabbene del 1904 (Viaje a la Tierra del Fuego, Buenos Aires 1905), di E. Holmberg (Viaje al interior de T. F., ivi 1906), e di C. Skottsberg (1908-09), la spedizione di C. Spegazzini e di C. Narelli (Resultados de la primera expedición a T. F., ivi 1922) e le esplorazioni di M. Gusinde (Meine vier Reisen durch das Feuerland, XVI Congr. int. of Americanist, 1924), ma soprattutto l'opera mirabile di Alberto De Agostini, missionario salesiano, che dal 1910 al 1918 compieva l'esplorazione dei canali più interni, percorreva le isole, le regioni inesplorate, saliva i monti più elevati e studiava non solo i ghiacciai, ma anche le condizioni climatiche e floristiche, e quelle degl'indigeni (I miei viaggi alla Terra del Fuoco, Torino 1923).

L'arcipelago fuegino può considerarsi diviso in due parti ben distinte: la zona andina e la zona pampeana. La prima è occupata in massima parte da un sistema complicato di elevate montagne, nelle quali è facile riconoscere la prosecuzione della Cordigliera delle Ande, la quale andò depressa e sommersa nello Stretto di Magellano nelle passate età geologiche. Numerosi e vasti ghiacciai ricoprono la sommità delle montagne e scendono fino al mare. Tra i più grandiosi sono da ricordare i ghiacciai Marinelli, Luigi di Savoia e Dalla Vedova nel Seno dell'Ammiragliato, Schiaparelli e Lovisato alle basi del M. Sarmiento; Italia, Bove, Romanche e Roncagli nel Canale Beagle. I monti non superano i 2500 metri (M. Darwin, 2310 m.; M. Sarmiento, 2105 m.), ma siccome si ergono d'un sol tratto dal mare, acquistano forme quanto mai ardite e maestose. Nel fondo delle valli si trova un'infinità di laghi le cui conche furono scavate dai ghiacciai che nel Plistocene ricoprivano le terre magellaniche e che hanno lasciato abbondanti tracce (morene, ecc.). Di questi laghi, in gran parte inesplorati, parecchi sono di vaste proporzioni. Il maggiore è il lungo (103 km.) e stretto (5,5 km. di larghezza media) Lago Fagnano, che copre una superficie di circa 550 kmq.

I fiumi e i ruscelli, numerosissimi, sono quasi tutti di breve corso, ma ricchi di acque, perché alimentati sia dalle continue e abbondanti piogge, sia dai ghiacciai.

La zona andina, fatte poche eccezioni, non possiede terreni produttivi, perché tutto è umido, pantanoso, torboso per le abbondanti precipitazioni atmosferiche; è quindi affatto disabitata, fuorché nella parte orientale del Canale Beagle, all'estremità settentrionale dell'Isola Dawson e nella parte più interna del Seno dell'Ammiragliato.

La zona pampeana, che si estende al NE. del Seno dell'Ammiragliato e della conca idrografica del Lago Fagnano, è preceduta da una regione intermedia di sierre e di altipiani ricoperti da foreste vergini. A settentrione della Sierra Carmen Sylva la vegetazione arborea scompare affatto e viene sostituita da quella erbacea, che si presta eccellentemente all'allevamento del bestiame ovino. I corsi d'acqua sono assai più estesi e meno impetuosi di quelli della Cordigliera; il più importante è il Río Pellegrini o Río Grande, che ha foce nell'Atlantico a SE. del Capo Sunday.

La costituzione geologica delle Cordigliere della Terra del Fuoco nel suo complesso è analoga a quella delle Ande della Patagonia. Nelle catene di montagne che vanno dal M. Sarmiento al M. Darwin e nelle isole occidentali e australi prevalgono le rocce cristalline arcaiche e i calcari mesozoici. La zona bassa, invece, che si estende lungo lo Stretto di Magellano, dall'estremità N. dell'Isola Dawson al capo S. Diego, a settentrione del gran Seno dell'Ammiragliato e della conca idrografica del Lago Fagnano, appartiene al Terziario. Sul lato orientale della cordigliera si sono trovati numerosi giacimenti di lignite, alcuni dei quali vengono già sfruttati soddisfacentemente, come quello di Mina Loreto, presso Magallanes.

L'arcipelago della Terra del Fuoco è assai povero di minerali utili; oltre la lignite, solamente l'oro si estrae con qualche profitto dai terreni alluvionali d'origine glaciale.

L'arcipelago della Terra del Fuoco, situato tra 52° 28′ e 56° di lat. S. e 63° 44′ e 74° 45 di long. O., non ha un clima eccessivamente freddo.

In generale il clima di tutta la regione orientale è più secco e più freddo, con maggiori variazioni di temperatura; nella occidentale invece è molto umido e piovigginoso, meno freddo e con minori escursioni termiche. Secondo le osservazioni compiute dall'osservatorio meteorologico salesiano di Magallanes in un periodo di oltre 30 anni, la temperatura media dell'estate sarebbe di 10°,5, quella dell'autunno di 6°, 2, quella dell'inverno di 1°,9 e quella della primavera di 6°,4.

Ancora maggiori differenze segnano nella regione magellanica le piogge, che variano da un minimo annuo di 260 mm. sulle coste dell'Atlantico (Río Grande) a un massimo di 3450 mm. sul versante del Pacifico (Faro Evangelista).

Si può dire che il vento soffia quasi senza interruzione nella regione fuegina, essendo assai rari i giorni di calma assoluta. Dalle osservazioni fatte in Magallanes la velocità media del vento risulterebbe di 15 km. all'ora d'estate, e di 12 d'inverno; durante le tempeste raggiunge gli 80 km. all'ora e le raffiche o colpi di vento sono di 130 e persino di 140 km. all'ora.

I venti dominanti sono quelli dell'ovest, sud-ovest e nord-ovest; rarissimi i venti dell'est.

Le foreste della Terra del Fuoco si estendono lungo il versante pacifico delle Ande. Mentre verso il N. aumentano gli elementi costitutivi che acquistano la più grande varietà sul limite forestale del Chile e per la grande umidità accompagnata da una temperatura invernale più dolce gli alberi conservano il loro fogliame e formano un'impenetrabile foresta, osserviamo una riduzione della superficie fogliare in confronto delle forme europee: però vi è un'erba viva della famiglia Halorrhagidaceae, la Gunnera Chilensis, le cui foglie rotondate a margini divisi hanno un diametro anche di m. 2,5.

Allo Stretto di Magellano le Conifere, numerose nella regione di Valdivia, sono rappresentate solo dal Libocedrus tetragona. In tutta la regione poi domina il Fagus (Nothofagus) antarctica, mentre a Valdivia si trova il F. obliqua detto roble che fornisce legno da costruzione; nella parte occidentale più umida della Terra del Fuoco abbonda il Fagus betuloides sempreverde, nelle zone più elevate e più al sud il F. pumilio forma dei tappeti fogliati alti 30 cm., perché è nano e decombente. Mancano le felci arborescenti, però vi è una specie erbacea Lomaria magellanica; nel sottobosco crescono numerosi arbusti sempreverdi fra cui dominano Ericacee, Mirtacee, Berberis, Escallonia e nel terreno paludoso fino al limite dei ghiacciai fioriscono Fuchsia coccinea, Veronica elliptica, Empetrum rubrum, Desfontainea, Pernettya. Solo nei burroni umidi e in località interne riparate si sviluppa la foresta d'alto fusto, perché essa è difesa contro i venti impetuosi e di violenza inaudita del Capo Horn. Nelle zone battute da questi venti il faggio diviene contorto, decombente o lascia il posto ai cespugli: la terra vegetale è asportata dal vento o dalle acque impetuose, sicché la vegetazione è scarsissima. Così nello Stretto di Magellano, nelle zone interne al riparo delle montagne, come ad es. a Port Famine, vi sono foreste d'alto fusto; nell'entrata occidentale dello Stretto il loro sviluppo è paralizzato dai venti, mentre nella zona piana della costa orientale gli alberi mancano completamente. Solo sulle superficie inclinate - che favoriscono il deflusso delle acque - crescono alberi in queste regioni, perché nelle superficie piane si formano vaste zone torbose dovute a Donatia fascicularis, Astelia pumila, erbe che vivono socialmente, alle quali si associano gli arbusti Empetrum e Myrtus nummularis, Caltha e la Giuncacea Rostkovia Magellanica.

Alla Terra del Fuoco il limite della regione forestale è sui 450 m. s. m., mentre quello della regione alpina raggiunge i 1137 m.

La flora del territorio comprende poco più di 300 fanerogame e le famiglie dominanti sono: Asteracee 18%; Graminacee 12%; Ciperacee 7%; Rosacee 5%; Ranunculacee, Ombrelliíere, Sassifragacee 4% ciascuna; Leguminose, Cariofillacee, Scrofulariacee 3% ciascuna. Nella zona dello stretto si trovano parecchie piante europee ma, secondo l'opinione di A. Grisebach, circa la metà di esse (22) sono dovute alle navi sbarcate o naufragate, 10 sono più o meno ubiquiste e si tratta di specie litoranee o acquatiche e 17 non sono identiche alle specie europee ma solo ad esse molto simili: la presenza della Gentiana prostrata in questa regione è spiegata dallo stesso autore con la migrazione degli uccelli del genere Diomedea.

La flora antartica occupa la zona fra 500 e 1000 m.: qui crescono Adesmia a corti rami spinosi, i rappresentanti di generi boreali delle Ranunculacee, Cariofillacee, Pinguicola, ecc., i generi antartici con specie endemiche: Azorella (Bolax), Ombrellifere; Acaena e Pernettya (Ericacee); Poa flabellata, Hierochloa Magellanica (Graminacee).

Vi sono parecchie relazioni tra la flora antartica e quella della Nuova Zelanda, come dimostrano i generi: Drymis, Aristotelia, Acaena, Fuchsia, Gunnera, Donatia, Griselina, Forstera, Calceolaria, Ourisia, Laurelia, Drapetes, Nothofagus, Callixene, Astelia, Rostkovia; come pure con la flora artica per la presenza di alcune specie comuni o affinissime dei generi: Caltha, Ranunculus, Draba, Cardamine, Melandrium, Epilobium, Geum, Saxifraga, Chrysosplenium, Galium, Erigeron, Gentiana, Primula, Empetrum.

La fauna della Terra del Fuoco ha poche specie di Mammiferi e alcune di queste si trovano soltanto in determinate zone. Il guanaco (Auchenia guanaco) è il quadrupede che più abbonda, specialmente nella regione precordiglierana, dove vive in branchi ancora numerosi, mentre già scarseggia nelle pianure, dove si trovano le estancias. La volpe (Canis magellanicus) e la lontra (Lutra felina) sono assai ricercate per la pelliccia, e vanno sempre più diminuendo in seguito alla caccia assidua che viene loro fatta. Nelle pianure del nord abbonda un piccolo roditore, il coruro (Ctenomys magellanicus), che ha minato quasi completamente il terreno. Tra i Mammiferi marini si trova ancora, nelle acque dell'arcipelago qualche rara balena, un tempo assai frequente. Numerosi sono ancora i delfini (Delphinus microps) e due specie di Pinnipedi: l'Arctocephalus australis, che dimora sugli scogli, lungo le coste del Pacifico, e l'Otaria jubata.

Fra gli Uccelli di rapina si trovano il condor (Sarcorhamphus gryphus) e varie specie di falconidi e di rapaci notturni (Bubo magellanicus e Noctua cunicularia). L'ordine dei Rampicanti è rappresentato dal picchio nero (Ipocrantor magellanicus) e particolarmente dai pappagalli o loros (Conurus magellanicus). I Palmipedi e i Trampolieri sono quelli che richiamano di più l'attenzione nella Terra del Fuoco, non tanto per la varietà e bellezza delle specie, quanto per il numero immenso d'individui. In primo luogo sono da annoverare i pinguini (Aptenodytes magellanica), caratteristici della fauna fuegina e patagonica, di cui si conoscono sette specie. Sugli isolotti si trovano anche numerosissimi i cormorani o marangoni (Phalacrocorax caruncula, Stercorarius magellanicus) e gli albatros (Diomedea exulans). Nelle lagune della parte settentrionale della Terra del Fuoco si vedono a centinaia i fenicotteri (Phoenicopterus igni pallatus), le anitre e anche i cigni dalla testa e collo nero. Dei Trampolieri sono da ricordare le otarde (Anser polyocephalus o Chloefaga magallanica), che vivono a migliaia nella regione pampeana, la bandurria (Ibis melanopis), il terutero (Vanellus cayenensis), che viene così denominato per il suo stridulo grido. Di Rettili si trova soltanto una piccola lucertola (Ptygoderus pectinatus).

L'insufficienza del calore nella stagione estiva ed i venti quasi continui che soffiano dal sud-ovest impediscono la maturazione dei cereali; vengono soltanto coltivati con buon esito i foraggi, gli ortaggi e le patate. La caccia alle foche, la pesca, l'esportazione del legname e lo sfruttamento dei depositi auriferi nei terreni di alluvione, furono dapprima le principali risorse del territorio, ma quando nel 1887 s'introdusse la pastorizia, che si sviluppò e crebbe mirabilmente, incominciò una nuova era di prosperità e di progresso per la Terra del Fuoco.

La popolazione dell'arcipelago fuegino è molto scarsa. Nella sezione argentina vivono 3800 ab. Nella parte chilena la popolazione deve essere notevolmente inferiore a questa cifra. I centri più notevoli sono: Ushuaia, con un migliaio di ab., capoluogo del territorio argentino, situata lungo il Canale Beagle; Río Grande alla foce del fiume omonimo, sulla costa dell'Atlantico, e Porvenir in territorio chileno sullo Stretto di Magellano, quasi di fronte a Magallanes. Quest'ultima città chilena, situata all'estremità sud della Patagonia, è diventata il centro commerciale e marittimo della Terra del Fuoco e di tutta la regione magellanica. Piccoli nuclei di popolazione sono sparsi qua e là nelle estancias, particolarmente nelle pianure settentrionali e orientali. Gl'Italiani sono in scarso numero. In Magallanes e nei principali centri dell'arcipelago fuegino esistono numerose case e missioni di salesiani di Don Bosco, che ebbero inizio fin dal 1887 per opera di mons. Giuseppe Fagnano. (V. tavv. XCIII e XCIV).

Bibl.: R. Fitz Roy, Narrative of the voyage of the "Adventure" and "Beagle", II, Londra 1839; C. Darwin, Viaggio d'un naturalista intorno al mondo, trad. it., Torino 1873; G. Bove, La spedizione antartica italo-argentina 1881-82, in Boll. Soc. geogr. it., 1883; C. Spegazzini, Plantae per Fuegiam... anno 1882 collectae, Buenos Aires 1896; L. Carbajal, La Patagonia, voll. 4, Torino 1899-1900; D. Lovisato, Appunti etnografici con cenni geologici sulla Terra del Fuoco, in Cosmos di G. Cora VIII (1884); R. Lista, Viaje al país de los Onas: Tierra del Fuego, Buenos Aires 1887; W. M. Conway, Aconcagua and Tierra del Fuego, Londra 1902; O. Nordensjöld, Svenska expedition till Magellanderna, Stoccolma 1898-1901; C. Skottsberg, The wilds of Patagonia: A narrative of the Swedish expedition to Patagonia, Tierra del Fuego and the Falkland Island, Londra 1911; G. B. De Gasperi, Primi appunti sui ghiacciai della Terra del Fuoco, Firenze 1922; A. De Agostini, I miei viaggi nella Terra del Fuoco, Torino 1923; M. Borgatello, Nella Terra del Fuoco, ivi 1924; R. Riccardi, Nuova misurazione dell'area dei principali laghi patagonici, in Boll. R. Soc. geografica ital., 1934, pp. 416-424; A. Coiazzi, Gli Indi dell'arcipelago fueghino, Torino 1911; G. Beauvoir, Los Shelknam: Indígenos de la Tierra del Fuego, Buenos Aires 1915; J. M. Cooper, Analytical and critical bibliography of the tribes of Tierra del Fuego and adjacent territory, Washington 1917; A. Tonelli, Grammatica e glossario della lingua degli Ona-Selknam della Terra del Fuoco, Torino 1926.