TERRENUOVE FIORENTINE

Enciclopedia dell' Arte Medievale (2000)

TERRENUOVE FIORENTINE

E. Guidoni

Si definiscono T. sei centri - San Giovanni Valdarno, Terranuova Bracciolini, Castelfranco di Sopra, Castello di San Barnaba (od. Scarperia), Firenzuola, Giglio Fiorentino - fatti costruire ex novo da Firenze tra la fine del sec. 13° e il 14° nel territorio della Repubblica con prevalente funzione antifeudale.

Pur rientrando pienamente nel vastissimo quadro delle fondazioni di tipo agricolo-militare progettate in diverse aree italiane ed europee, con caratteri di impianto spiccatamente regolari, le T. sono di particolare interesse per l'originalità della concezione urbanistica e la precisione tecnica della realizzazione.Le T. si possono suddividere in due gruppi. Le prime tre - Castelfranco, San Giovanni, Terranuova nel Valdarno superiore (prov. Arezzo) - presentano strette affinità di disegno (in particolare il complesso impianto di Terranuova appare rigorosamente affine a quello di San Giovanni), e rientrano in un programma unitario di ristrutturazione di un territorio di recente acquisizione, in direzione di Arezzo e Roma. Anche se Terranuova è stata realizzata solo a partire dal 1337, tutte e tre possono essere datate, come invenzione progettuale, alla fine del Duecento: nel 1296 secondo Giovanni Villani (Nuova cronica, IX, 17), ma più probabilmente nel 1299. Infatti una delibera della Repubblica del 26 gennaio di quell'anno cita esplicitamente tre centri: "tres terre seu comitates de novo construantur et hedifficentur et fiant et popullentur in partibus vallis Arni et videlicet due ex eis in planitie et partibus de casuberti tertia vero in burgo seu iuxta burgum plani alberti" (Firenze, Arch. di Stato, Provvisioni, Reg., 9, c. 136v; Richter, 1937-1940).Delle altre tre (prov. Firenze) solo Castello di San Barnaba e Firenzuola, deliberate nel 1306, hanno avuto compiuta realizzazione, essendo fondate a difesa della Repubblica sull'importante strada Firenze-Bologna.Caratteristica comune delle T. è la rigorosa simmetria di impianto, incentrata su un asse longitudinale - la strada di attraversamento compresa tra le due porte principali - e su una piazza centrale, dove prospettano la chiesa o il palazzo pubblico sede del magistrato fiorentino, o entrambi. Alla via principale (dove si addensano le strutture primarie e le case dei cittadini più ricchi) si affiancano, parallelamente, vie secondarie longitudinali, interrotte da collegamenti trasversali secondari, di minore ampiezza e con funzioni subordinate.Nelle T. del Valdarno superiore i diversi elementi - mura, porte, rete viaria, lotti per le abitazioni, edifici pubblici - sono coordinati tra loro secondo un originale modello di reciproca integrazione e interrelazione, che conferisce all'insediamento una qualità architettonica e 'artistica' unitaria. Se il modello d'impianto rinvia a precedenti esperienze anche toscane - come Pietrasanta (prov. Lucca), e Camaiore, (prov. Lucca), fondate dai Lucchesi nella seconda metà del sec. 13° -, il disegno di queste T. segna tuttavia una svolta nella storia della progettazione urbanistica, aderendo sostanzialmente a un'intenzionalità di ricerca intellettuale sofisticata e rigorosa, da accostare allo stil novo. La gerarchia trasversale tra le strade e i lotti è ottenuta mediante la costruzione di un cerchio radiato, determinante figure poligonali a sedici lati (San Giovanni) o a ventiquattro lati (Terranuova): un procedimento che elabora sapientemente spunti della tradizione urbanistica antica, ma che risponde al concetto, sostanzialmente prospettico, della unità spaziale della città, coordinata e subordinata a un centro origine dello spazio. All'armonico diminuire della larghezza delle strade e degli isolati, dell'asse centrale verso le strade più periferiche, corrispondeva un'altezza decrescente dell'edilizia, come si può osservare, tra l'altro, dal rilievo di San Giovanni redatto, nella scala del braccio di panno fiorentino, nel 1553 (Firenze, Arch. di Stato, Cinque Conservatori del Contado, 258, f. 602v: pianta compilata da Piero della Zucca).

La qualità spaziale-prospettica si rivela in tutta la sua potenzialità nella piazza centrale di San Giovanni, dove il palazzo Pretorio campeggia isolato e disponibile alla visione frontale, accostandosi così a contemporanee esperienze dell'Italia centrale. Un'analoga esaltazione del ruolo dell'edificio principale sulla piazza si trova per es. nella piazza del duomo di Orvieto e nella piazza e palazzo Comunale di Cagli (prov. Pesaro e Urbino), città nuova rifondata nel 1289 da Niccolò IV con il nome di Sant'Angelo Papale.L'attribuzione vasariana ad Arnolfo di Cambio (v.) del disegno di San Giovanni e Castelfranco appare quindi come un'indicazione pienamente attendibile, se si intende in un più vasto quadro di ricerche progettuali e prospettiche maturate tra Roma e Firenze negli ultimi anni del 13° secolo.Le T. sono state studiate, come fenomeno a sé stante, da Richter (1937-1940), che ha pubblicato un'ampia selezione di documenti d'archivio (con esclusione di Giglio Fiorentino). L'impianto urbanistico di San Giovanni, Terranuova e Castelfranco è stato per la prima volta analizzato e interpretato nei suoi caratteri progettuali da Guidoni (1970), che ne ha individuato la costruzione mediante il cerchio; a questo testo si rifà la letteratura posteriore (Friedman, 1974; Baldari, 1980). Infine, la possibile correlazione tra diminuzione della profondità dei lotti e il meccanismo di tassazione, in funzione esclusiva dell'ampiezza del fronte strada delle abitazioni, è stata proposta da Guidoni (1981) in rapporto con l'esempio documentato del 'borgo' di Carpi, in Emilia.

Bibl.:

Fonti. - Giovanni Villani, Nuova cronica, a cura di G. Porta, 3 voll., Parma 1990-1991: II, pp. 35-36; Vasari, Le Vite, II, 1967, p. 53.

Letteratura critica. - T. Cini, Appunti storici sulla Valle dell'Ambra, Montevarchi 1907; E. Baldi, L'oratorio della Madonna delle Grazie in San Giovanni Valdarno, Firenze 1914; M. Richter, Die 'Terra Murata' im florentinischen Gebiet, MKIF 5, 1937-1940, pp. 351-386; D. Bacci, Terranuova Bracciolini nella sua storia, Firenze 1956; C. Higounet, Les 'terre nuove' florentines du XIVe siècle, in Studi in onore di A. Fanfani, III, Milano 1962, pp. 3-17, E. Guidoni, Arte e urbanistica in Toscana 1000-1315, Roma 1970, pp. 224-234; D. Friedman, Le terre nuove fiorentine, ArchMed 1, 1974, pp. 231-247; A. Mariotti, Le 'terre nuove' come utopia, in Dialettica territoriale fra alto e basso Medioevo, Firenze 1974, pp. 165-168; E. Baldari, San Giovanni Valdarno, in Storia dell'arte italiana, VIII, Inchieste su centri minori, Torino 1980, pp. 133-162; I. Moretti, Le ''terre nuove'' del contado fiorentino, Firenze 1980; E. Guidoni, Una città quattrocentesca: l'urbanistica di Carpi tra Medioevo e Rinascimento, in Società, politica e cultura a Carpi ai tempi di Alberto III Pio, "Atti del Convegno internazionale, Carpi 1978", Padova 1981, II, pp. 719-724: 722; D. Friedman, Florentine New Towns. Urban Design in the Late Middle Ages, New York 1988 (trad. it. Torino 1996); E. Guidoni, Storia dell'urbanistica. Il Duecento, Roma-Bari 1989; La città e le case, Storia della città, 1990, 52; E. Guidoni, L. Pieroni, Atlante storico delle città italiane. Talamone, Roma 1994.E. Guidoni

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