TERRORISMO INTERNAZIONALE

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)

TERRORISMO INTERNAZIONALE

Adolfo Maresca

INTERNAZIONALE È l'attività criminosa rivolta contro persone, o gruppi di persone, o beni materiali, aventi una particolare rappresentatività, e diretta al fine d'intimorire, e, così facendo, affermare innanzi alla pubblica opinione internazionale l'esistenza di una pretesa politica e la necessità della soddisfazione di essa. Il t. può assumere la forma di delitto singolare, in quanto diretto contro una persona individualmente considerata; oppure può concretarsi nel delitto di strage, se predisposto in modo da offendere una pluralità, o una moltitudine di persone; ovvero può attuarsi nel danneggiamento o nella distruzione di beni materiali, aventi una destinazione ufficiale. (Si pensi alla sede di una missione diplomatica).

Il carattere internazionale del crimine risiede in una pluralità di circostanze: è, innanzi tutto, l'appello delittuosamente rivolto alla pubblica opinione mondiale; è, inoltre, l'irradiazione all'estero dell'azione dei centri direttivi dell'azione criminosa; è anche la possibilità che, consumato il crimine, gli autori cerchino rifugio nel territorio di uno stato estero; può essere, infine, la qualità ufficiale, rivestita dalle persone e dalle cose oggetto del crimine, in considerazione della quale alle persone e alle cose stesse compete una protezione internazionale consacrata da antiche consuetudini e da recenti convenzioni codificatrici (tali sono, tipicamente, le missioni diplomatiche considerate negl'individui e nelle sedi onde sono costituite). Gli elementi che integrano la nozione giuridica di t. i. possono, quindi, così indicarsi: 1) l'elemento materiale, che consiste nell'offesa recata a persone fisiche, o gruppi di persone, o beni materiali; 2) l'elemento intenzionale, che risiede nella volontà di compiere siffatta offesa verso persone o cose investite di una qualche qualità ufficiale, idonee a costituire un collegamento con uno stato; 3) l'elemento teleologico, costituito al fine di proclamare, mercé l'avvenuta intimidazione, la presenza operante, e non più ignorabile, di una forza politica che pretende di affermarsi nel mondo; 4) l'elemento strumentale, infine, attuato in gruppi d'individui, o singoli individui, che agiscono su specifico mandato, o per sistematica istigazione, di centri operativi siti nel territorio di uno stato, e irradianti all'estero la loro azione criminosa.

Inteso nella sua multiforme rilevanza internazionale, il t. si differenzia dall'analoga attività criminosa interna. È anche questa una forma di criminalità di natura politica; è essa stessa rivolta al fine d'intimidire le autorità costituite e sconvolgere la pubblica opinione, affermando così la necessità di una radicale trasformazione nel reggimento della pubblica cosa; può attuarsi pur essa nella plurima forma di delitto singolare, delitto di strage, o attentato a edifici e cose aventi carattere ufficiale. Ma, a differenza del t.i., tale forma di criminalità tende, di regola, a esaurirsi nell'ambito interno dei singoli stati, in quanto non fa capo a centri direttivi fuori dello stato, non confida in solidarietà straniere, non agisce in funzione di potenze estere, e non si risolve nella fuga degli autori del crimine terroristico presso stati esteri. Pur concettualmente distinte, le due forme di criminalità terroristica possono in certi casi identificarsi. Si pensi a un movimento sovversivo interno, che per conseguire i fini politici cui tende - quale la liberazione di propri adepti detenuti nelle carceri dello stato entro il quale e contro il quale agisce - effettua il rapimento, con minaccia di morte, di agenti diplomatici esteri accreditati presso lo stato stesso. In tal caso, l'atto terroristico è organizzato, bensì, nell'interno dello stato, ed è rivolto a fini di politica interna; ma si risolve in una grave offesa verso organi di stati esteri, dando luogo a responsabilità internazionali.

Nel corso della sua lunga storia, il t. ha assunto forme varie, è stato emanazione di forze politiche diverse, ha cercato giustificazioni e pretesti di distinta natura. Negli anni più recenti, il t.i., nel darsi altre giustificazioni, ha perseguito nuovi fini. All'indomani della fine della guerra di Algeria, si è scatenata in Francia una molteplicità di attentati alle persone e alle cose, intesi come protesta contro la politica algerina condotta dal governo gollista. I movimenti sovversivi, operanti in alcuni paesi dell'America latina e diretti all'immediato e radicale mutamento di regime (i cosiddetti "tupamaros"), si sono valsi ampiamente dell'arma del t., dando inizio a un'odiosa forma di attentati-ricatti: il sequestro di agenti diplomatici esteri e la barbara uccisione di essi, in caso di rifiuto opposto dallo stato accreditatario di procedere alla liberazione di detenuti politici. Un terzo filone di attività terroristiche di rilevanza internazionale è stato, e rimane, quello di organizzazioni rivoluzionarie palestinesi nei riguardi di aeromobili (v. pirateria aerea, in questa App.), contro missioni diplomatiche, verso atleti olimpionici israeliani. (Resta dolorosamente famoso il sequestro, da prima, e l'eccidio, di poi, della squadra israeliana alle Olimpiadi di Monaco nel settembre 1972). Analoghi attentati terroristici sono stati compiuti nei riguardi di organi diplomatici e altri organi ufficiali di stati, i quali sono estranei bensì al conflitto arabo-israeliano, ma detengono nelle loro carceri autori di crimini compiuti con pretesti filopalestinesi. Un quarto filone di forme rivestite e di scopi assunti dal più moderno t. è costituito dall'azione delittuosa di centri operativi, che, sotto nomi oscuri (quale l'"organizzazione contro l'imperialismo"), tendono a un progressivo indebolimento dell'apparato statale e quindi alla sovversione di esso, giovandosi all'uopo dell'arma già menzionata: sequestro, cioè, di persone particolarmente rappresentative, e ricatto allo stato, richiesto di abdicare ai suoi più gelosi poteri, con la forzata liberazione di detenuti politici, e il versamento di somme in favore degli operatori del terrorismo. Recentissima forma di t. i. è la combinazione del sequestro di persona con la cattura illecita di aeromobili, operazioni delittuose entrambe rivolte a un fine di ricatto politico e di attentato, quindi, alla sicurezza dello stato. (In tal senso sono stati, verso la Rep. Fed. di Germania, i drammatici accadimenti del settembre e ottobre 1977: da prima, il rapimento dell'industriale germanico Schleyer e, di poi, la cattura dell'aereo della Lufthansa via via dirottato sino a Mogadiscio).

In considerazione della natura internazionale del crimine, e nella consapevolezza che nessuno stato può in effetti considerarsi immune dal pericolo di esso, i membri della comunità internazionale non potevano non avvertire una naturale solidarietà, e non potevano non riconoscere l'esigenza di organizzare inter se una qualche cooperazione. Ai fini di stabilire convenzionalmente, sul piano plurilaterale, una cooperazione internazionale contro il t., esistevano - ed esistono tuttavia - ostacoli di varia natura e di diverso momento. Appartengono a un primo gruppo gli ostacoli di carattere giuridico. Si risolve in tal senso, innanzi tutto, il carattere rigorosamente territoriale della giurisdizione penale moderna, onde uno stato considera esclusiva la sua competenza per fatti criminosi accaduti nell'ambito della sua sovranità territoriale. Tende, inoltre, al medesimo effetto la natura di delitto politico, che gli autori del crimine affermano come l'esigenza stessa del loro operato. È rilevante, poi, per molti stati il precetto costituzionale che non consente all'estradizione di un cittadino, qualunque sia il crimine di cui egli è imputato. Non si può trascurare, infine, il divieto, contenuto in alcune costituzioni, all'estradizione di persone suscettive di essere condannate, nello stato richiedente, alla pena capitale. A questi ostacoli di natura giuridica si aggiungono, per certi stati, difficoltà di carattere politico. Uno stato la cui politica estera sia orientata in favore delle cause proclamate dagli autori dei crimini come giustificatrici di essi, può non essere disposto a cooperare internazionalmente per la repressione di siffatte azioni delittuose. Inoltre, stati che sono uniti da tradizionale amicizia o da motivi di contingente opportunità agli stati praticanti l'accennata politica estera, potrebbero essere molto perplessi nell'assumere impegni internazionali di cooperazione nel senso sopra indicato.

La diplomazia plurilaterale - il cui preciso compito è non già la ricognizione e la constatazione delle difficoltà avvertite dagli stati partecipi dei suoi consessi, ma il superamento delle difficoltà stesse, ai fini superiori della cooperazione internazionale - ha studiato, e continua a studiare, il problema giuridico del t. in assise di ambito diverso. Negli anni che precedono la seconda guerra mondiale, la diplomazia plurilaterale - sollecitata dall'emozione prodotta dal regicidio di Marsiglia (19 ottobre 1934) - elaborò e concluse in Ginevra, sotto gli auspici della Società delle Nazioni, due Convenzioni sul t. i. (16 novembre 1937): la prima, intesa a prevenire e a punire gli atti di t.; la seconda, rivolta a istituire una Corte internazionale di giustizia per siffatti crimini. Sottoscritte da 27 stati membri della Società delle Nazioni, le due Convenzioni non divennero, peraltro, mai operanti non essendo avvenute le necessarie ratifiche. In considerazione della nuova entità assunta dal fenomeno criminoso del t. i. agl'inizi degli anni Settanta, la diplomazia plurilaterale affrontò novamente il problema giuridico in sedi diverse. Nel febbraio 1971, su iniziativa del governo italiano, fu convocata in Roma una commissione di esperti giuridici, che elaborò in materia un primo progetto, rimasto, poi, un punto di riferimento nelle assise successivamente adunatesi in altra sede. Il 14 dicembre 1973, a conclusione di lunghi lavori svoltisi nella sesta commissione, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò una Convenzione per "la prevenzione e la repressione delle infrazioni contro le persone beneficiarie di una protezione internazionale, compresi gli agenti diplomatici". Tale atto prevede, sul piano universale, una cooperazione tra gli stati intesa, innanzi tutto, al fine di prevenire, per quanto è possibile, i crimini terroristici nei confronti degli organi delle relazioni internazionali: gli organi, cioè, della diplomazia bilaterale e plurilaterale, permanente e speciale; gli organi centrali; i funzionari internazionali. La cooperazione interstatale, così convenuta, è rivolta al fine, altresì, di assicurare la punizione dei colpevoli: ciò in virtù dell'obbligo, di natura alternativa, fatto ai singoli stati, nei territori dei quali i criminali vengono a trovarsi, di aut dedere, aut iudicare: l'obbligo, cioè, di consegnare allo stato richiedente, attraverso semplificate forme di estradizione, e ai fini del processo, gl'individui imputati dei fatti criminosi; ovvero, alternativamente, l'obbligo di sottoporre gl'individui stessi a procedimento penale, in base all'ordinamento dello stesso stato territoriale. All'uopo la Convenzione fa obbligo agli stati di prevedere nella loro legislazione penale i crimini terroristici di cui trattasi, tenuto conto della gravità anche internazionale di essi.

Sempre all'avanguardia dello studio e della soluzione convenzionale dei problemi giuridici della vita internazionale, la diplomazia plurilaterale interamericana aveva affrontato, dal primo porsi di essa in termini di drammatica gravità, la questione del t. contro i rappresentanti degli stati esteri. All'uopo aveva rapidamente concluso, tra gli stati membri dell'OSA (Organizzazione Stati Americani), una Convenzione (Washington, 2 febbraio 1971, Convención para prevenir y sancionar los actos de terrorismo configurados en delitos contra las personas y la extorsion conexa cuando estos tengan trascendencia internacional), che s'ispira essenzialmente ai criteri generali, sopra accennati, per la prevenzione e la repressione di siffatta forma di t.; e che ha costituito modello delle successive Convenzioni in materia.

Non sempre gli sforzi della diplomazia plurilaterale sono riusciti nell'intento d'imprimere alla cooperazione internazionale, sul piano universale, quel coordinamento e quella solidarietà che sono necessari per un'efficace repressione del criminoso fenomeno del t. internazionale. Nell'autunno del 1972, auspice il presidente Nixon, la delegazione degli Stati Uniti all'Assemblea generale delle N.U. propose un progetto di risoluzione, nel quale gli stati membri dell'organizzazione erano sollecitati "a prendere provvedimenti immediati per impedire l'uso dei loro territori e delle loro risorse al fine di assistere, incoraggiare e ospitare le persone implicate nella direzione, nell'appoggio, o nell'esecuzione del terrorismo internazionale". La proposta non ebbe seguito, per la convergente opposizione degli stati dell'area comunistica e di molti stati del Terzo Mondo. Un qualche seguito sembra aver avuto, peraltro, la proposta presentata nel dicembre 1976 dalla delegazione della Rep. Fed. di Germania all'Assemblea generale delle Nazioni Unite di porre allo studio un progetto di convenzione contro la presa di ostaggi. L'Assemblea generale approvò un progetto di risoluzione inteso a costituire un comitato, affidandogli il compito di studiare il problema. Tale comitato - nel cui seno si sono già manifestate chiare tendenze a togliere all'elaborando progetto ogni contenuto normativo, in nome di una pretesa priorità da riservare alle cause del fenomeno criminoso - dovrà riferire alla nuova Assemblea generale.

Bibl.: N. Levi, Diritto penale internazionale, Milano 1949; G. Glaser, Introduction à l'étude du droit international pénal, Parigi 1954; C. Eustathiades, La Cour pénale internationale pour la répression du terrorisme, in Études de droit international, ivi 1959; A. Maresca, La difesa della personalità umana nei più recenti sviluppi del diritto diplomatico, in Atti del Convegno internazionale di diritto umanitario, San Remo 1970, p. 261 segg.; C. Lombois, Droit pénal international, Parigi 1971, pp. 59 e 77; A. Maresca, La Convenzione internazionale per prevenire e reprimere atti di terrorismo internazionale (Washington, 2 febbraio 1971), in Il Diritto dei trattati, Milano 1971, p. 93; G. Schwarzenberger, Terrorists, hijackers, guerrilleros and mercenaires, in Current legal problems, 1971; A. Maresca, I crimini terroristici contro le persone degli agenti diplomatici e la reazione della coscienza giuridica internazionale, in Le missioni speciali, Milano 1975, p. 202 segg.; Autori vari, I grandi delitti politici, in Storia, n. 228, nov. 1976; Consiglio d'Europa, Rapport explicatif sur la Convention européenne pour la répression du terrorisme, Strasburgo 1977; P. Nuvolone, Contro il terrorismo come in guerra, in Il Tempo, 22 ott. 1977; Autori vari, Il terrorismo, in Storia, n. 240, nov. 1977.