Timo

Universo del Corpo (2000)

Timo

Giancarlo Urbinati

Il timo è un organo ghiandolare impari e mediano, situato dietro lo sterno nel mediastino anteriore e superiore, in rapporto con il pericardio e i grossi vasi che si dipartono dal cuore. La sua funzione risulta determinante agli effetti di un normale svolgimento dei fenomeni immunitari, in quanto esso riveste un ruolo di primo piano nel conferimento dell'immunocompetenza all'organismo. È caratteristica l'involuzione fisiologica dell'organo a partire dalla pubertà (v. vol. 1°, II, cap. 6: Torace, Mediastino).

L. Anatomia e funzione

Embriologicamente, il timo deriva dal terzo e, incostantemente, dal quarto paio di tasche branchiali, unitamente alle paratiroidi inferiori (che talora possono trovarsi incluse nella ghiandola; per la filogenesi e l'ontogenesi dell'organo, v. anche linfatico, sistema). Alla nascita ha un peso tra i 10 e i 35 g, che aumenta fino a raggiungere i 20-50 g all'epoca della pubertà, per diminuire in seguito progressivamente e ridursi a 5-15 g nel soggetto anziano. L'involuzione del timo si accompagna alla sostituzione del parenchima perduto con tessuto fibroadiposo. Tuttavia, essendo l'accrescimento e la progressiva atrofia estremamente variabili in ciascun individuo, risulta assai difficile determinare il peso della ghiandola sulla base dell'età. Le malattie intercorrenti, specie se infettive o gravemente debilitanti, possono accelerare i processi regressivi e in questi casi si parla di involuzione accelerata. Il timo ha forma piramidale, è costituito da due lobi di dimensioni diseguali fusi tra loro ed è rivestito da una sottile capsula fibrosa, da cui si dipartono dei prolungamenti che penetrano nella ghiandola e suddividono in maniera incompleta i lobi in numerosi lobuli; ciascuno di questi presenta una zona esterna corticale che racchiude, al centro, la midollare. I tipi cellulari che popolano il timo sono numerosi, ma le linee che predominano sono quelle delle cellule epiteliali timiche e dei linfociti T. Le cellule epiteliali, subito al di sotto della capsula, si trovano ammassate e in stretto contatto le une con le altre, mentre più in profondità, nella corticale e poi nella midollare, formano un reticolo strutturale in cui sono contenuti i linfociti. Nelle porzioni midollari dei vari lobuli, che si continuano l'una nell'altra, si trovano anche particolari formazioni, i cosiddetti corpuscoli di Hassal, di forma rotondeggiante e del diametro di circa 30 μm, costituiti da un ammasso concentrico di elementi epiteliali disposti a spirale; tali corpuscoli possono, per degenerazione della loro parte centrale, trasformarsi in piccole cisti. Della fisiologia del timo, solo imperfettamente conosciuta in tutti i suoi aspetti, è ben nota unicamente la funzione di conferimento dell'immunocompetenza all'intero organismo. Le cellule staminali derivate dagli organi linfopoietici embrionali migrano nel timo per dare qui origine alle cellule T (v. immunità). Alla periferia dei lobuli si trova uno strato ben definito di linfoblasti (protimociti) che vengono trasformati in timociti più maturi (cellule T), presenti sia nella corticale sia nella midollare. Nella corticale, la maggior parte dei timociti è rappresentata da linfociti piccoli e compatti, che possiedono marcatori di membrana CD1, CD2, CD3, ma anche CD4 e CD8; i linfociti della midollare, invece, sono meno numerosi, ma leggermente più grandi e simili a quelli del sangue periferico, e possiedono marcatori CD4 e CD8, oltre ad alcuni loro precursori. Circa il 95% dei timociti ha un ciclo vitale di pochi giorni e, a differenza dei timociti maturi, possiede sulla superficie cellulare un antigene specifico detto T e non è in genere dotato di competenza immunitaria. Solo una piccola parte di timociti sopravvive, acquista tale competenza, perde l'antigene T, abbandona il timo e migra per via ematica andando a popolare, come linfociti T, le aree timodipendenti dei centri linfatici periferici (linfoghiandole, milza, tessuti linfoidi). Il timo contiene anche elementi cellulari di natura diversa, come macrofagi, cellule dendritiche, rari granulociti basofili ed eosinofili, scarsi linfociti B, e cellule mioidi (simili alle fibrocellule muscolari) sparse, la cui presenza suscita interesse, dati i rapporti esistenti tra timo e miastenia grave. Il timo è però anche un organo endocrino, in quanto le sue cellule epiteliali producono numerose molecole provviste di attività biologica (i cosiddetti ormoni timici) che, oltre a possedere proprietà immunoregolatrici, sono anche attive sui circuiti nervosi ed endocrini: in modelli cellulari e animali, la frazione timica 5 (TF5), la timosina α₁ e la timosina β₄ influenzano la secrezione di β-endorfina, ACTH (Adrenocorticotropic hormone), glucocorticoidi, LH (Luteinizing hormone) e LHRH (Luteinizing hormone releasing hormone). Azione ipofisotropa hanno altri ormoni timici, quali timulina, ormone timico omeostatico (HTH, Homeostatic thymus hormone) e fattore timico (TF, Thymus factor). Attualmente si ritiene che il timo rappresenti un punto di snodo tra i maggiori apparati di integrazione organismica, e cioè il sistema nervoso centrale, il sistema endocrino e il sistema immunitario, che si trovano tra loro in costante contatto, comunicazione e interdipendenza. Esistono infatti numerose prove dell'esistenza di un feedback attraverso il quale il timo trasmetterebbe informazioni al cervello, costituendo in tal modo una rete di coordinamento delle risposte biologiche dell'organismo agli stimoli nocivi (asse timo-ipotalamo-ipofisi). L'asse timo-ipotalamo-ipofisi può essere considerato un paradigma di connettività, in condizioni sia normali sia patologiche. Così, le citochine e gli ormoni timici modulano le funzioni ipotalamo-ipofisarie e, per converso, l'asse ipotalamo-ipofisi svolge un importante ruolo nella fisiologia del timo. Tra timo e ipofisi sono state anche dimostrate analogie per quanto riguarda la produzione di citochine (numerose interleuchine, interferone-γ, TGF-β, Tumor growth factor-β, ecc.) e di ormoni (GH, Growth hormone, prolattina, LH, ossitocina, vasopressina, somatostatina). Strette connessioni funzionali tra queste due ghiandole sembrano esistere anche in situazioni patologiche (alterazioni dell'asse ipotalamo-ipofisi si osservano, per es., nell'AIDS, nella malaria umana da Plasmodium falciparum e nella rabbia murina, tutte condizioni in cui è presente una grave atrofia del timo). L'asse ipofisi-timo rappresenta un circuito bidirezionale in cui l'ansa ascendente a feedback è realizzata dagli ormoni timici. L'invecchiamento causa una progressiva perdita dell'integrazione di questa rete. La comparsa precoce dell'involuzione del timo potrebbe quindi agire come evento scatenante, che darebbe inizio al graduale declino del potenziale omeostatico caratterizzante il processo di invecchiamento. Pertanto, oltre ad avere un ruolo centrale nella regolazione della funzione immunitaria, il timo può estendere la sua influenza a componenti non immunologiche del corpo, tra cui il sistema neuroendocrino, tanto da porsi alla ribalta di quella nuova disciplina che è appunto la psiconeuroimmuno-endocrinologia.

Patologia

La patologia del timo si compendia in tre gruppi: alterazioni di sviluppo, iperplasia timica e timomi. Tra le alterazioni di sviluppo va menzionata l'ipoplasia (o aplasia), che spesso si accompagna a insufficiente sviluppo delle ghiandole paratiroidi, e che sul piano clinico si caratterizza per il grave deficit oppure per l'assenza dell'immunità cellulomediata, che sono talora associati a ipoparatiroidismo. L'iperplasia timica può essere congenita (timomegalia) o acquisita, e in entrambi i casi può presentarsi nelle varianti con ipo- o iperfunzione. Tipica della patologia è la comparsa di follicoli linfoidi, simili per struttura a quelli dei linfonodi (centro germinativo, cellule reticolari dendritiche, linfociti B); queste modificazioni non sono però specifiche, potendo manifestarsi anche nelle malattie autoimmuni e in quelle croniche di natura infettiva o allergica. È spesso presente (65-75% dei casi) nella miastenia grave. I timomi vengono variamente classificati. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), si devono distinguere: i timomi A (midollari) e AB (misti), clinicamente benigni; quelli B1-3 (a localizzazione esclusivamente o prevalentemente corticale, e carcinomi ben differenziati), a basso grado di malignità; e quelli C, altamente maligni; non vengono invece presi in considerazione i timomi con stroma pseudosarcomatoso, benigni, e i carcinomi metaplastici a basso grado di malignità. Un'altra e più vecchia sistemazione nosografica è quella che divide i timomi in benigni, sia citologicamente sia biologicamente, e maligni, questi ultimi suddivisi in due tipi: il tipo I comprende le neoplasie citologicamente benigne ma biologicamente aggressive e capaci di dare invasione locale e, più raramente, diffusione a distanza; il tipo II, o carcinoma timico, è invece citologicamente maligno e presenta tutte le caratteristiche e i comportamenti dei tumori. Una speciale menzione deve essere fatta per quanto riguarda la miastenia grave. È, questa, una malattia autoimmune organo-specifica della giunzione neuromuscolare, perlopiù associata ad altre malattie autoimmuni, come il morbo di Graves, il lupus eritematoso sistemico, la sclerosi sistemica, l'artrite reumatoide ecc. Alterazioni anatomopatologiche del timo sono presenti in oltre l'80% dei casi. La produzione di anticorpi diretti contro il recettore dell'acetilcolina è il risultato di un processo immunitario guidato dall'antigene, che comincia all'interno del timo (quando il microambiente è alterato da processi infiammatori o neoplastici), ma viene esportato in sedi extratimiche già durante la fase iniziale della miastenia, cioè solo dopo che un numero sostanziale di cellule T, potenzialmente autoreattive, sono state immesse in circolo e sono state attivate. È probabile che si abbia anche la produzione di un anticorpo per il recettore situato sulle cellule mioidi, che agirebbe pertanto da antigene scatenante (miastenogenico). Alla miastenia grave contribuiscono senza dubbio fattori genetici, i quali però hanno verosimilmente un significato marginale nelle forme della malattia associate alla presenza di timomi. La terapia delle malattie del timo riguarda soprattutto i timomi ed, estensivamente, la miastenia grave. Nei timomi, la radioterapia e la chirurgia sono naturalmente in primo piano. Per quanto riguarda la miastenia grave, la chirurgia precoce dopo l'inizio della malattia risulta essenziale nelle timiti, per prevenire l'esportazione dal timo infiammato agli organi extratimici delle cellule T autoreattive, e fornisce perlopiù risultati soddisfacenti; in presenza di timomi, invece, allorché compaiono i sintomi della miastenia la disseminazione dura già da mesi o anni, e in tali casi la chirurgia mira alla prevenzione delle complicanze oncologiche e di quelle cardiovascolari locali (da compressione), e solo raramente allevia la sintomatologia miastenica.

bibl.: r. bernardini, L'unità morfofunzionale tra sistema immunitario e sistema neuroendocrino, in Psiconeuroimmunoendocrinologia, ed. U. Scapagnini, Padova, Liviana, 1989, pp. 215-58; r.g. goya, f. bolognani, Homeostasis, thymic hormones and aging, "Gerontology", 1999, 45, pp. 174-78; j.w. hadden, Thymic endocrinology, "Annals of the New York Academy of Sciences", 1998, 840, pp. 352-58; w. savino et al., Neuroendocrine control of the thymus, "Annals of the New York Academy of Sciences", 1998, 840, pp. 470-79.

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