TIPASA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

TIPASA (Tipasa)

P. Romanelli

Città nella Mauretania Cesariense, situata sul mare a circa 70 km ad O di Algeri; si distendeva su tre promontori, per una lunghezza, compresi, oltre alla zona recinta, gli immediati sobborghi, di circa 1500 m. Nella parte più profonda dell'insenatura orientale era il porto, e quivi dovettero stanziarsi i primi coloni cartaginesi, a giudicare dalla presenza qui presso di una necropoli punica, con tombe a camera e a fossa che, per il materiale rinvenuto, possono considerarsi come le più antiche (VI-V sec. a. C.).

Il nucleo originario e centrale della città romana era sul promontorio mediano, il più ampio e prominente, dove sono stati rimessi in luce, oltre ad edifici privati, il Foro con i suoi annessi e due templi.

Esso era, sembra, difeso da un muro a doppio paramento di grandi conci squadrati e, dalla parte del mare, dalla conformazione stessa del terreno scosceso; più tardi, costruita la nuova cerchia, questa cinta primitiva andò in disuso. Il Foro misurava m 50 × 27, era circondato di portici su tre lati; su uno di questi si apriva la curia, preceduta dalla tribuna per gli oratori, su un altro era il Capitolium; i dislivelli del terreno erano superati mediante scale, per una delle quali, a O, si scendeva dalla piazza alla basilica, a tre navate, di cui la centrale absidata. Alla base dello stesso promontorio, verso S, sono stati messi in luce due templi, ambedue preceduti da una corte, secondo il tipo più frequente nell'Africa: si ignorano le divinità cui erano dedicati. Attiguo è l'anfiteatro; singolare è la presenza nel sottosuolo di esso di un colombario, che certamente deve datarsi ad un periodo in cui la città non si estendeva fin qui. Più ad occidente, lungo il corso di una strada che è da identificare verosimilmente con il decumano, tratto interno all'abitato della via costiera da Algeri (Icosium) a Ccsarea, si alzano un ninfeo e il teatro. Quello ha la consueta forma ad esedra con nicchie inquadrate da colonne, ed è uno dei maggiori edifici del genere conservati nell'Africa; di questo sono stati scavati alcuni gradini e le sostruzioni della cavea, oltre alla base della scena. Terme, case private con pitture e mosaici, e uno stabilimento, forse per la concia delle pelli, completano il quadro della città romana, che, fu circondata da mura non nel III sec., come finora si pensava, ma nel 147, al tempo di Antonino Pio, in relazione con la guerra contro i Mauri, per la quale essa dovette costituire la principale base di operazione. La cinta è costituita da una cortina spessa circa m 1,50, con rozzo paramento a blocchetti, all'esterno e all'interno, e riempimento a sacco, il tutto collegato da una malta di singolare compattezza; alta in origine da 7 ad 8 m, ha una lunghezza di m 2.300 e pianta a forma di trapezio irregolare, il cui quarto lato sul mare era con probabilità privo di ogni fortificazione. Torri quadrate e circolari si distribuivano lungo il suo percorso: tre grandi porte corrispondevano all'incirca alle tre direzioni principali, verso E, S ed O: due di esse erano precedute da un ampio vestibolo a forma semilunata, un tipo che si ritrova in porte della Gallia e della Germania del primo periodo imperiale; vi erano anche due porte secondarie.

L'ampiezza del giro fu determinata dalla necessità di appoggiare la cerchia, ad E e ad O, ai punti più atti alla difesa, e di costituire, come si è accennato, una buona base di operazione all'esercito contro i Mauri; non sembra infatti che tutta l'area interna ad essa fosse mai interamente abitata, nemmeno in età più tarda. Ad E la cinta viene a passare attraverso una necropoli della quale sono state esplorate in varî momenti molte tombe, scavate nel terreno, distribuite fra il II sec. a. C. e la fine del I d. C.: tombe a cremazione e a inumazione, con ceramiche puniche e romane (aretine e galliche), vetri, ecc.

Nella guerra di Firmo, alla fine del IV sec., la città fu presa e saccheggiata. In età cristiana essa fu sede episcopale e la tomba della sua martire S. Salsa fu meta di molti pellegrini: si spiega così come essa conservi molti e notevoli monumenti di questo periodo. Dentro le mura verso occidente è una grande basilica (m 52 × 45), costruita nel IV sec., a sette navate (in un secondo tempo la navata centrale fu suddivisa a sua volta in tre navi): è con la Domous el Karita di Cartagine una delle maggiori chiese africane; aveva annesso il battistero, di forma circolare, con relativo consignatorium; i materiali per la costruzione erano stati in gran parte presi da edifici pagani; era ornata di mosaici. Nel sobborgo occidentale era la cappella che il vescovo Alessandro fece costruire nel IV sec. per deporvi i corpi dei suoi predecessori: questi corpi, sepolti prima in una cripta di carattere catacombale, erano stati poi messi in sarcofagi al di sopra di una specie di terrazza rialzata; il pavimento della cappella era ornato da mosaici con motivi decorativi e iscrizione; un altro mosaico, con una lunga iscrizione celebrativa, copriva la tomba del costruttore; singolare il fatto che le due iscrizioni si ripetono, unite, in una chiesa di Cuicul. Intorno alla cappella si distende un vasto sepolcreto. Subito fuori la porta orientale erano un'area funeraria cristiana e una basilica, dedicate ai SS. Pietro e Paolo; più oltre la tomba e la chiesa di S. Salsa, anch'essa circondata da un vastissimo sepolcreto che, con la densità delle tombe, dimostra la venerazione di cui era circondata la martire, sono invece ad E della città. Le vicende subite dal grande complesso sono varie e non ben chiare. All'inizio la tomba costituita da una cassa di pietra nella quale era stata deposta una Fabia Salsa, non la santa, ma una sua parente, od omonima, fu racchiusa in una piccola cappella. Questa fu, nel V sec., ornata di mosaici tra cui uno con iscrizione in onore della santa. Più tardi, forse nel VI sec., essa fu completamente trasformata nella basilica attuale, a tre navate: si pensa che fu forse allora che le reliquie della santa, riportate dalla Spagna dove erano state messe in salvo durante la persecuzione vandalica, furono deposte in un bel sarcofago pagano con la rappresentazione di Diana e Endimione: la questione è tuttavia ancora oscura.

Le tombe del cimitero all'intorno sono costituite prevalentemente da semplici sarcofagi, che però erano forse coperti in origine da mosaici: in mezzo ad esse sono i resti di una camera per le agapi funerarie e di un piccolo martyrium. Un'altra vasta necropoli del I-II sec. d. C., è stata di recente esplorata ad O della città: comprende tombe a camera scavate nella roccia, tombe con tumulo di terra, tombe a cassone e cinque colombarî.

Un piccolo museo raccoglie gli oggetti rinvenuti negli scavi, che, condotti saltuariamente in passato, hanno da qualche anno ricevuto più vivo impulso: fra i pezzi in esso conservati meritano di essere ricordati un mosaico proveniente dall'abside della basilica civile che, entro una decorazione a pelte e fiorellini, ha nel centro un gruppo di prigionieri di singolare efficacia espressionistica e intorno, entro riquadri minori, varie teste-ritratto forse di indigeni, che ricordano nello stile i ritratti del Fayyūm: è probabilmente da mettere in relazione con la guerra maura di Antonino Pio; un sarcofago a colonnette di tipo asiatico con il gruppo dei coniugi ripetuto due volte e i Dioscuri ai lati; altri sarcofagi, mosaici di mensae cristiane con iscrizioni, suppellettile varia.

Bibl.: St. Gsell, Promenades archéol. aux environs d'Alger, Parigi 1926, p. 85 ss.; J. Lassus, Autour des basiliques chrétiennes de Tipasa, in Mel. Éc. franç. de Rome, 1930, p. 222 ss.; Windberg, in Pauly-Wissowa, VI A, 1936, cc. 1413-1423, s. v.; P. M. Duval, Cherchel et Tipasa. Recherches sur deux villes fortes de l'Afrique romaine, Parigi 1946; P. Cintas, Fouilles puniques à Tipasa, in Rev. Afric., XCII, 1949; J. Baradez, Tipasa ville antique de Maurétanie, Algeri 1052 (piccola monografia a carattere divulgativo, ma ricca di illustrazioni); J. Baradez, Les nouvelles fouilles de Tipasa et les opérations d'Antonin le Pieux en Mautétanie, in Libyca, II, 1954, p. 89 ss.