DE FILIPPO, Titina

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 33 (1987)

DE FILIPPO, Titina (Annunziata)

Sisto Sallusti

Sorella di Eduardo e di Peppino, nacque a Napoli il 23 marzo 1898 da Edoardo (Eduardo) Scarpetta che la ebbe da una relazione extraconiugale con la nipote Luisa De Filippo. La D. si recava spesso a teatro con la madre, invitata da Eduardo Scarpetta, e prendeva parte agli spettacoli di questo fino al suo ritiro dalle scene. Nel 1913 era già generica nella compagnia di Vincenzo Scarpetta, nella quale divenne, a diciotto anni, attrice giovane, amorevolmente seguita dalla madre. Quando la D. la lasciò per la compagnia dei teatro Nuovo, le parti affidatele risultarono quasi sempre inferiori alle sue reali capacità.

"Era dotata di una voce spiccatamente teatrale, era in grado di poterne fare quel che voleva, una voce chiara, aperta e adattissima al canto, che lei modulava a suo piacimento a seconda del carattere che era chiamata ad interpretare" (P. De Filippo); gli occhi bruni lampeggiavano furberia o malizia e le fossette sulle gote le donavano un'inconfondibile aria sbarazzina.

Divenne prima donna nella formazione di Francesco Corbinci, accanto a Peppino, interpretando, fra l'altro, al teatro Cavour, Il romanzo di un farmacista povero, riduzione dal francese di Eduardo Scarpetta, alla presenza di questo, che ne rimase soddisfatto. Intanto, sposatasi a Napoli nel 1922 con l'attore Pietro Carloni, conosciuto in quel teatro (ne avrà un figlio, Augusto, l'anno successivo), cominciò a disporre di guadagni sicuri lavorando al Nuovo nella compagnia Molinari al fianco del marito. Dopo aver partecipato, accanto ad Agostino Salvietti, a una serie di pochades napoletanizzate (come Direttissimo Napoli-Roma di Kokasse, cioè Mario Mangini, nel 1927), la D. si ritrovò in ditta con i fratelli e col Salvietti nella Ribalta gaia, costituita nel 1930: rivestì otto parti diverse tra cui Miss '900 in Pulcinella principe in sogno di Kokasse e Tricot (Eduardo) e fu la moglie del prestigiatore in Sik-Sik, l'artefice magico di Tricot al teatro Olympia nel luglio. Nell'autunno il periodico Comoedia segnalò di scorcio una esilarante parodia pirandelliana di Kokasse, i Sei personaggi in cerca di autore, e ne suggerì la conoscenza critica al di fuori di Napoli. Il 4 apr. 1931, sempre presso il teatro Nuovo, tenne a battesimo con i fratelli le farse di G. Bertucci (Peppino) Tutti uniti canteremo e Don Rafele 'o trumbone, riscuotendo con loro un buon successo; il 20 luglio, presso il teatro Palazzo di Montecatini, fu la moglie ne Il chiavino di Carlo Mauro, la soprano in Un po' di lirica ci vuole... !, Amalia in Don Rafele 'o trumbone in uno spettacolo che avrebbe dovuto consolidare il prestigio del ricomposto gruppo Ribalta gaia, e che, invece, ebbe esito sfortunato.

Scritturata nella compagnia d'avanspettacolo Suvini-Zerboni, debuttò con i fratelli al teatro Puccini di Milano, ma senza successo; fu compensata della delusione al teatro Excelsior dove il consenso arrivò improvviso. La D. riteneva allora che la sicurezza economica, a lei e al marito, potesse provenire dall'attività esercitata nella sua Napoli, a contatto con un pubblico attento e spontaneo che, quotidianamente, le consentiva di verificare le sue qualità d'interprete: pertanto, anche in considerazione della proficuità professionale di unire le sue forze a quelle dei fratelli in spettacoli di qualità, accettò l'esperimento del cinema-teatro Kursaal, avendo soddisfatto l'ultimo impegno contrattuale con la Molinari (il 5 ott. 1931 un folto pubblico l'aveva applaudita nella rivista L'opera 'e pupi di Tricot e Kokasse e la critica aveva elogiato "l'insostituibile quartetto comico della Molinari", vale a dire i tre fratelli De Filippo e il Salvietti). Fu così che la sera del 25 dicembre andò in scena una farsa destinata a successi memorabili. soprattutto nelle riprese, e che, allora, ebbe la D. come "valorosa" interprete del personaggio di Concetta, Natale in casa Cupiello di Tricot: essa segnò il debutto del teatro umoristico dei De Filippo, destinato ad assumere il più grande rilievo nella storia del teatro italiano degli anni Trenta.

Nel giugno 1932 M. Bontempelli andò a sentirli recitare al teatro Reale e riscontrò in loro "perfezione di gusto, arte, naturalezza e festoso abbandono e fu questo il primo giudizio autorevole di un non napoletano, cui si affiancò cronologicamente il primo riconoscimento della loro recitazione, definita "omogenea... accurata, piacevole senza volgarità" su Commedia da parte di F. Petriccione.

In una riedizione della formazione, diligentemente studiata fin nei dettagli, la D. ebbe confermato il ruolo di prima attrice e nella festeggiatissima serata dell'8 ott. 1932 al teatro Sannazaro fu Margherita in Chi è cchiù felice 'e me! di M. Molise (Eduardo) ed Emilia Fuster, la levatrice, in Amori e balestre del Bertucci (si distinse particolarmente nella scena finale del II atto del primo lavoro). Da allora la stampa partenopea registrò una serie incalzante di successi: andarono in scena il 20 ottobre Quaranta... ma non li dimostra. che la D. scrisse con Peppino e interpretò come Sesella, la zitella innamorata, delusa e rinsavita, tagliata sulla sua misura di attrice (dopo qualche prova non significativa, fu questa la prima farsa di cui la D. curò particolarmente impostazione e dialoghi dei suo personaggio: alla prima, comunque, ella ne sottolineò l'aspetto caricaturale); il 29 ottobre L'ultimo bottone, riduzione dallo spagnolo del Molise; il 10 novembre Ditegli sempre di sì, pure del Molise; il 18 La lettera di mammà, il più grande successo del Bertucci e di Mascaria (Maria Scarpetta) negli anni Trenta; il 16 dicembre A Coperchia è caduta una stella del Bertucci.

La bravura della D. veniva scoperta, nel marzo 1934, da R. Simoni che, dopo averla ascoltata al teatro Odeon di Milano, la giudicava come "un'attrice che non si ostenta, ma sì svela a poco a poco... spontanea e colorita nell'azione e nel discorso piano, e in quelli comici, e in quelli appassionati".

Ella si preparava ad un'altra, più impegnativa prova di autrice, Ma c'è papà!, scritta in collaborazione con Peppino: la parte di Giovannina, la moglie abbandonata, paziente e tenera, segnò una divagazione nel sentimentale, a volte nel patetico e, in effetti, i critici vi ravvisarono un'attitudine nuova, a pari merito con la nervosa vitalità dei due fratelli (politeama di Napoli, 17 ott. 1935). Nella memorabile serata del 26 ottobre, sempre al politeama, fu Maria nella, riduzione in napoletano di Peppino di Liolà di L. Pirandello ed ebbe accenti assai felici specialmente nel III atto; il 14 febbr. 1936 al teatro dei Fiorentini rese con intelligenza e sicurezza, nella riduzione in dialetto di Eduardo de Il berretto a sonagli, sempre di Pirandello, il suo personaggio più difficile, quella Beatrice Fiorica cui la D. rimarrà legata, nella considerazione degli spettatori, fino alle grandi interpretazioni dell'immediato dopoguerra. Nel 1937 uscì il primo film da lei interpretato, Sono stato io! che R. Matarazzo diresse con modesto impegno: la prima di una serie di parti di fianco che, ad eccezione di quelle di protagonista rivestite sotto la regia di Eduardo, non aggiunsero nulla al suo laborioso itinerario di attrice. Il 1° aprile, al teatro Manzoni di Milano, andò in scena L'abito nuovo su scenario di Pirandello e dialoghi di Eduardo, in cui la D. ricoprì la parte di una donna torbida e oscura, non congeniale alle sue corde di interprete. Il 24 giugno presso il Quirino di Roma fu rappresentato il suo atto unico Una creatura senza difesa da L'anniversario di A. P. Cechov: recitò "con arte semplice e patetica" la parte della vecchia pensionata e la serata fu contrassegnata da "un tono e un calore eccezionali". L'anno successivo uscì, su soggetto della stessa D., il film L'amor mio non muore... di G. Amato, la cui lavorazione fu contristata e movimentata da una grave malattia di Eduardo, e che non fu accolto positivamente dai critici. Dopo essere stata Emilia nella commedia di Peppino Un povero ragazzo! (teatro Mercadante di Napoli, 31 marzo 1938), maturò in lei la decisione di lasciare i fratelli.

"Si lamentava - raccontò Peppino - a volte risentita a volte meno, di sentirsi sempre più costretta a doversi rassegnare in ruoli di fianco rispetto a quelli di mio fratello e ai miei" (a tale motivo sarebbe da aggiungere la rivalità della prima donna nei confronti della giovane attrice Lidia Maresca, a partire dal debutto di questa all'inizio della stagione teatrale 1938-39).

Uscì col marito dalla formazione ai cui successi tanto aveva contribuito e nell'autunno 1939 entrò nella compagnia dei Grandi spettacoli di Nino Taranto: più pagata sì, osservò Peppino, ma artisticamente più povera. Esordì con la rivista Finalmente un imbecille! di Nelli e Mangini (teatro Quattro Fontane di Roma, 29 sett. 1939), eseguendo col collega gustosi duetti vocali e comici. Nel 1940 si collocò un decoroso film di A. Palermi, San Giovanni decollato, in cui ella, accanto a Totò, caratterizzò con finezza Concetta, la moglie ciarliera e invadente. I due coniugi rientrarono nella compagnia del Teatro umoristico nel 1942. Per la D. erano pronte solo parti minori, ma ella, a poco a poco, riprese il posto che le competeva per capacità ed anzianità, ebbe affidata da Eduardo una parte in un film di grande successo, Ti conosco mascherina!, proiettato nel periodo più oscuro dell'occupazione tedesca, e approdò, al vertice delle sue possibilità d'in.terprete, ai quattro capolavori eduardiani del quinquennio 1945-50, il suo periodo più felice. In una famosa rappresentazione di beneficenza che segnò il debutto della compagnia Il Teatro di Eduardo al S. Carlo di Napoli, ottenuto per una sera, il 25 marzo 1945, interpretò Amalia, la commerciante clandestina prima cinica ed egoista, poi pervasa da un barlume di pietà, in Napoli milionaria (Eduardo ricorderà che, calato il sipario, dopo un silenzio di 10 secondi "scoppiò un applauso furioso e anche un pianto irrefrenabile"); poi, al teatro Eliseo di Roma, il 7 genn. 1946, fu la caricaturale Armida in Questi fantasmi!. Fiqalmente, il 7 novembre dello stesso anno, fu l'indimenticabile protagonista di Filumena Marturano al politeama di Napoli.

La perfetta adesione al personaggio di questa donna "da niente" che si sforza disperatamente di sopravvivere, attraverso l'espressione via via pacata, interrogativa, perentoria, accorata, sempre sul filo di un coerente ritmo interiore, e i sospiri, i sussurri e i singhiozzi dosati con perfetta maestria, legò la D. a Filumena, al punto che appariranno sbiadite le successive interpretazioni delle attrici che la sostituiranno (al culmine della notorietà, nel luglio 1947, fu ricevuta in udienza, con i membri della compagnia, dal pontefice Pio XII e recitò il "colloquio con la Madonna" del I atto, ottenendone un commosso elogio).

Dopo la parentesi cinematografica di Assunta Spina, un tentativo di remake parzialmente riuscito di M. Mattioli (1947) in cui sostenne una parte di fianco accanto ad A. Magnani, fu diretta da Eduardo nel film Napoli milionaria (1949) e sulla scena ebbe la sua ultima grande occasione con La paura numero uno (teatro La Fenice di Venezia, 29 luglio 1950), quando, nel quadro dell'XI Festival teatrale della Biennale, interpretò la parte di Luisa, una "dolente maniaca" che sequestra il figlio in vista di una guerra che glielo possa portare via (il personaggio domina il III atto e illumina il significato della commedia). Per Due soldi di speranza di R. Castellani collaborò alla sceneggiatura insieme con questo; interpretò la parte dell'ex cantante esigente e bigotta in Cameriera bella presenza offresi di G. Pastina, poi parti minori in una breve serie di film diretti da Eduardo con la sola splendida eccezione di Filumena Marturano, notevole proprio perché ci conserva immagine, movimento e voce del personaggio.

Quando nel 1951 uscirono questi film, la D. - che cominciava ad accusare i primi sintomi del male che l'avrebbe portata alla morte e che diradava la sua attività fino allora quasi frenetica - pensò di dedicarsi ai collages ritagliando quotidiani e riviste; poi, dopo una visita di C. Carrà che l'aveva incoraggiata, anche alla pittura ad olio: espose i primi alla galleria dell'Obelisco, i quadri, dalla composizione sciolta e fantasiosa soprattutto nei dettagli di ambienti affollati, alla galleria Schneider di Roma. Fu la scenografa di Amicizia, I morti non fanno paura, Il successo del giorno, tre atti unici di Eduardo rappresentati al Ridotto del teatro Eliseo il 9 maggio 1952, e non volle mancare alla celebrazione del centenario della nascita di Eduardo Scarpetta interpretando il personaggio di donna Concetta con tutte le risorse della sua mimica (il viso le si era scavato e conferiva intensità all'espressione) in Miseria e nobiltà (teatro Mediterraneo di Napoli, l'ott. 1953, regia di Eduardo). Dal 24 marzo, giorno del suo debutto al teatro S. Ferdinando in Monsignor Perrelli di F. G. Starace per la regia di R. Rossellini (parte della baronessa Giulia), al 2 giugno 1954. cioè fino all'ultima recita di Non ti pago! di Eduardo, fu quasi ininterrottament e presente alle rappresentazioni della compagnia, ma, soprattutto nel primo lavoro, non apparve nelle sue condizioni ideali sia per lo sforzo sostenuto sia per l'inadeguatezza della parte.

Ritiratasi dalle scene, apparve però in qualche film, ad esempio in Ferdinando I, re di Napoli di G. Franciolini (1959), ove ebbe modo di animare il personaggio'dell'intrigante Titina, e si accomiatò dal pubblico televisivo col volto di Carmela Selletta, la struggente protagonista di Mese mariano ne La Napoli di Salvatore Di Giacomo a cura di D. D'Anza (24 maggio 1960). Scrisse per N. Taranto Virata di bordo (teatro Eliseo, 13 Ottobre dello stesso anno, regia di G. D. Giagni): fu una pausa non fortunata tra i suoi impegni di benefattrice dei bambini delle borgate romane (G. Prosperi non rimase del tutto convinto dei toni sentimentali del III atto e riconobbe l'autrice in alcune brevi ma illuminate notazioni e invenzioni teatrali).

Colpita da una grave insufficienza cardiaca, negli ultimi tempi si ritirò nella sua casa romana, ove morì la sera del 26 dic. 1963.

Bibl.: Necrol. in Il Messaggero, 27 dic. 1963; Il Tempo, 27 dic. 1963; Corriere della sera, 27 dic. 1963; Il Dramma, gennaio 1964; cfr. inoltre: Comoedia (Milano), 15 novembre-15 dic. 1930; 15 giugno-15 luglio 1932; Il Mattino, 6 ottobre, 26-27 dic. 1931; 16 giugno, 9, 13, 21, 30 ottobre, 11, 19) novembre, 17 dic. 1932; 18, 27 ott. 1935; 15 febbr. 1936; 31 marzo 1938; 2 ott. 1953; 25 marzo, 3 giugno 1954; Il Messaggero, 25 giugno 1937, 30 sett. 1939; Gazzetta delle arti (Roma), 24 febbraio-2 marzo 1947; L'Italia (Milano), 20 luglio 1947; Il Gazzettino, 29 luglio 1950; Il Dramma (Torino), 15 ott. 1953; 1° maggio 1954; Radiocorriere TV, 22-28 maggio 1960, Il Tempo, 14 ott. 1960; E. F. Palmieri, Teatro ital. d. nostro tempo, Bologna 1939, pp. 249 s.; R. Simoni, Trent'anni di cronaca drammatica, IV, Torino 1958, pp. 124 s., 357; F. Savio, Ma l'amore no, Milano 1975, p. 20 e passim; P. De Filippo, Una famiglia difficile, Napoli 1976, pp. 40-43 e passim; G. Antonucci, Eduardo De Filippo, Firenze 1981, passim; A. Carloni, Vita di una donna di teatro, Milano 1984; Encicl. dello Spettacolo, IV, coll. 323-32; Filmlexicon degli autor; e delle opere, II, coll. 143 s.; Aggiornamenti... 1958-1971, I, col. 680.

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