Titolo esecutivo europeo

Diritto on line (2017)

Elena D'Alessandro

La voce analizza il regolamento concernente il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati applicabile dal 21 ottobre 2005 in tutti gli Stati membri con l’eccezione della Danimarca. La voce dà conto dei problemi interpretativi suscitati dal tenore delle disposizioni regolamentari così come di quelli derivanti dal coordinamento tra il testo del regolamento n. 805 del 2005 e le disposizioni nazionali di diritto processuale civile.

Il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati. Finalità

Il reg. n. 805 del 21.4.2004 istitutivo di un titolo esecutivo europeo per i crediti pecuniari non contestati è in vigore dal 21 ottobre 2005 in tutti gli Stati membri, con l’esclusione della Danimarca. Nel momento in cui fu introdotto – come procedimento alternativo rispetto a quello di cui al reg. n. 44/2001 (v. art. 27 reg. n. 805/2004) – il suo tratto caratteristico consisteva nell’ultroneità del conferimento dell’exequatur da parte dello Stato richiesto (all’epoca previsto dal reg. n. 44/2001) onde ottenere, in tale ordinamento, tutela esecutiva sulla base di un titolo formatosi in un altro Stato membro. Il titolo può consistere in una sentenza di condanna, in una transazione giudiziaria, ovvero in un atto pubblico.

Il reg. n. 805/2004 non istituisce un procedimento uniforme a livello europeo, limitandosi a fissare dei requisiti processuali minimi volti ad far sì che la mancata contestazione del credito da parte del debitore sia consapevole e non derivante da una mancata notizia della pendenza del procedimento. Il rilascio del certificato di titolo esecutivo europeo è subordinato alla verifica del rispetto di tali regole.

Segnatamente, i controlli sul provvedimento da utilizzare come titolo esecutivo consistono in un controllo “anticipato” effettuato dal giudice dell’ordinamento di origine al momento della certificazione:

- vuoi in ordine alla natura del credito a cui il titolo esecutivo si riferisce (art. 6 reg. n. 805/2004);

- vuoi in ordine alle modalità di notificazione dell’atto introduttivo del giudizio (in caso di titolo esecutivo giudiziale): artt. 13 e 15 reg. n. 805/2004;

- vuoi in ordine alle informazioni fornite al debitore, nell’atto introduttivo del giudizio, a proposito delle conseguenze della mancata contestazione (art. 16 reg. n. 805/2004) e agli adempimenti processuali necessari per contestare il credito (art. 17 reg. n. 805/2004).

Anche dopo che il reg. n. 1215/2012 ha generalizzato il sistema del titolo esecutivo europeo, non è venuta meno l’utilità del reg. n. 805/2004, il quale rimane suscettibile di essere utilizzato al posto del reg. n. 1215/2012 allorquando si verta in presenza di decisioni, transazioni giudiziali ed atti pubblici concernenti crediti pecuniari non contestati.

La perdurante utilità del reg. n. 805/2004 deriva dal fatto che i requisiti ostativi idonei a dare luogo ad un diniego della esecuzione nello Stato richiesto, con riferimento all’ipotesi in cui il titolo esecutivo sia una decisione giudiziale, sono numericamente più limitati di quelli previsti dal reg. n. 1215/2012. Addirittura, quando il titolo esecutivo consiste in una transazione giudiziale o in un atto pubblico non è previsto alcun requisito ostativo in grado di impedire la esecuzione nello Stato richiesto: neppure quello della manifesta contrarietà all’ordine pubblico contemplato, invece, dal reg. n. 1215/2012.

Ambito di applicazione del reg. n. 805/2004

L’ambito di applicazione del reg. n. 805/2004 tendenzialmente coincide con quello del reg. n. 1215/2012 e concerne, in generale, la materia civile e commerciale ad eccezione dei settori indicati al co. 2 dell’art. 2 reg. n. 805/2004.

Sono pertanto idonee ad originare un titolo esecutivo europeo le decisioni giudiziarie, le transazioni giudiziarie e gli atti pubblici relativi a crediti pecuniari concernenti la materia civile e commerciale.

Deve altresì trattarsi di crediti non contestati (art. 3 reg. n. 805/2004).

La nozione di credito non contestato ha carattere “comunitario” ossia è delineata autonomamente dal reg. n. 805/2004 senza rinvio al diritto processuale dello Stato membro dove si svolge il procedimento che dovrebbe portare alla formazione del titolo esecutivo.

Un credito si considera non contestato:

- quando è stato espressamente riconosciuto in sede giudiziale, ovvero mediante una transazione conclusa dinanzi al giudice nel corso di un procedimento giurisdizionale (ad esempio: ai sensi degli artt. 185 o 185 bis c.p.c.), ovvero approvata dal giudice (ai sensi dell’art. 12 d.lgs. 4.3.2010, n. 28);

- quando non è stato mai contestato dal debitore costituito nel corso del procedimento, conformemente alle procedure giudiziarie previste dalla legislazione dello Stato membro di origine (art. 3, lett. b, reg. n. 805/2004). In riferimento al giudizio a cognizione piena, stante il disposto dell’art. 115, co. 1, c.p.c. sembrerebbero da considerare tali tutti i provvedimenti emessi all’esito di un processo di cognizione in cui il convenuto non abbia preso posizione sui fatti allegati dall’attore. Ovvero si può pensare alle ordinanze ex art. 186 bis e 186 ter c.p.c.

Per quanto riguarda i procedimenti sommari è altresì da ricondurre a tale categoria il decreto ingiuntivo non opposto.

Parimenti, un credito è da considerare non contestato quando il convenuto non si è costituito per contestarlo, sempre che tale comportamento equivalga ad un’ammissione tacita del credito o dei fatti allegati dal creditore secondo la legislazione dello Stato membro d’origine. In dottrina vi era stato chi aveva ritenuto che non potesse essere certificata come titolo esecutivo europeo la sentenza contumaciale italiana emessa a favore del creditore (Farina, M., Titoli esecutivi europei ed esecuzione forzata in Italia, Roma, 2012, 115). La questione de qua, tuttavia, è stata recentemente sottoposta all’attenzione della Corte di giustizia dal Tribunale di Bologna (causa C-511/14). Mediante il rinvio pregiudiziale interpretativo il Tribunale di Bologna, adito per il rilascio di un certificato di titolo esecutivo europeo, aveva chiesto alla Corte del Lussemburgo di chiarire se «nel caso di sentenza contumaciale (in assenza) nella quale il soggetto contumace sia stato condannato, senza tuttavia alcun espresso riconoscimento del diritto da parte del contumace, se spetti al diritto nazionale decidere se tale condotta processuale valga come non contestazione ai sensi del regolamento, eventualmente, secondo il diritto nazionale, negando la natura di credito non contestato, ovvero se la condanna in contumacia comporti, per sua sola natura, in base al diritto europeo, non contestazione, con conseguente applicazione del regolamento n. 805/2004 indipendentemente dalla valutazione del giudice nazionale». La Corte di giustizia, dopo aver precisato che le autorità giurisdizionali adite per il rilascio del certificato di titolo esecutivo europeo sono adite «per un procedimento giurisdizionale» e, dunque, legittimate al rinvio pregiudiziale, ha risposto al quesito affermando che «Le condizioni in presenza delle quali, in caso di sentenza contumaciale, un credito si considera ‘non contestato’ ... devono essere determinate in modo autonomo, sulla base di questo solo regolamento» (C. giust., 16.06.1016, C-511/14, Pebros Servizi s.r.l. c. Aston Martin Lagonda ltd.). Al punto 42 della motivazione si precisa conseguentemente che «la circostanza che, in forza del diritto italiano, una condanna in contumacia non equivalga a una condanna per credito non contestato è priva di pertinenza ... L’esplicito rinvio alle procedure giudiziarie previste dalla legislazione dello Stato membro, contenuto nell’articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, lettera b) ... non riguarda le conseguenze giuridiche dell’assenza del debitore dal procedimento, essendo queste oggetto di una qualificazione autonoma in forza del medesimo regolamento, ma concerne esclusivamente le modalità procedurali secondo le quali il debitore può opporsi efficacemente al credito». Pertanto, l’unico dato rilevante è il contegno tenuto dal debitore. Quando quest’ultimo, benché reso edotto della pendenza del procedimento, abbia scelto di non difendersi in giudizio, il credito dovrà considerarsi non contestato.

Ancora, un credito è non contestato ai sensi del reg. 805/2004 quando il debitore l’ha espressamente riconosciuto in un atto pubblico.

Anche se il reg. n. 805/2004 non lo afferma espressamente, affinché sia possibile ottenere la certificazione quale titolo esecutivo europeo, il procedimento deve essere stato instaurato davanti al giudice italiano munito di giurisdizione ai sensi del reg. n. 1215/2012 (arg. ex art. 6, lett. c, reg. n. 805/2004).

In terzo luogo, per essere certificata come titolo esecutivo europeo la decisione deve soddisfare ulteriori requisiti (art. 6 reg. n. 805/2004) e, segnatamente:

- deve essere esecutiva nello Stato membro di origine (lo stesso dicasi in caso di atto pubblico o transazione giudiziale);

- non deve essere in conflitto con le norme sulla competenza giurisdizionale previste dal reg. n. 44/2001 (oggi: reg. 1215/2012) riguardanti le controversie assicurative e la competenza esclusiva;

- (in caso di titolo esecutivo giudiziale) debbono essere state rispettate le garanzie processuali minime previste dal capo III del reg. n. 805/2004, concernenti la notifica della domanda giudiziale o di un atto equivalente e le informazioni da fornire al debitore riguardo agli adempimenti procedurali necessari per contestare il credito. La certificazione non può essere concessa se l’indirizzo del debitore non era conosciuto con certezza (art. 14, par. 2, reg. n. 805/2004) e, pertanto, la notifica della domanda giudiziale è avvenuta secondo le modalità previste dal diritto processuale nazionale in caso di convenuto irreperibile (C. giust., 15.3.2012, C-292/10, G c. Cornelius de Visser, in Int’l Lis, 2012, 178).

- debbono essere state rispettate le specifiche previsioni dell’art. 6, par. 1, lett. d), se il debitore è un consumatore e il credito si riferisce ad un contratto concluso per una finalità che può essere considerata estranea al suo mestiere o alla sua professione. Come chiarito dalla Corte di giustizia, la previsione de qua viceversa non si applica ai contratti conclusi tra due persone non impegnate in attività commerciali o professionali (C. giust., 5.12.2013, C-508/12, Vapenik c. Turner, in Riv. dir. int. priv. proc., 2014, 18).

Soltanto quando tutte queste condizioni siano integrate sarà possibile domandare in ogni tempo il rilascio del certificato di titolo esecutivo europeo, da concedersi – in Italia – in lingua italiana al giudice:

- che emise il provvedimento giudiziale, poiché la certificazione di una decisione come titolo esecutivo europeo deve essere riservata all’autorità giurisdizionale (C. giust., 17.12.2015, C- 300/14, Imtech Marine Belgium NV c. Radio Hellenic SA); ovvero

- davanti al quale fu siglata la transazione giudiziale, ovvero

- che omologò la transazione giudiziale.

Infine, in base a quanto stabilito dalla comunicazione italiana, in caso di atti pubblici il certificato di titolo esecutivo europeo sarà rilasciato dal tribunale nel cui circondario è stato rogato l’atto pubblico.

Il giudice emetterà il certificato di titolo esecutivo europeo servendosi del modello contenuto nell’allegato I del reg. n. 805/2004.

Una volta certificati come titolo esecutivo europeo la decisione, la transazione giudiziaria e l’atto pubblico potranno essere eseguiti in tutti gli altri Stati membri dell’Unione (con l’eccezione della Danimarca) alla stessa stregua di un titolo esecutivo interno (art. 5 reg. n. 805/2004).

In proposito, vi è da rilevare una differenza di opinioni tra la dottrina italiana e quella tedesca. In Italia, si è ritenuto che il reg. n. 805/2004, stante il tenore del suo art. 5, consenta sia la circolazione dell’efficacia esecutiva della decisione straniera (esecuzione) sia la circolazione dell’efficacia di quella di giudicato sostanziale di cui sia eventualmente munita la pronuncia straniera (riconoscimento) (Lupoi, M.A., Di crediti non contestati e procedimenti di ingiunzione: le ultime tappe dell’armonizzazione processuale in Europa, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2008, 171 ss., spec. 188). Una parte della dottrina tedesca, facendo leva sul tenore dell’art. 11 reg. n. 805/2004 afferma, invece, che il riconoscimento dell’efficacia di giudicato è disciplinato dal reg. n. 44/2001 (Kropholler, J., Europäisches Zivilprozessrecht, 8 Auflage, Frankfurt am Main, 2005, 579; Schlosser, P., EU-Zivilprozessrecht, München, 2009, 307), oggi dal reg. 1215/2012.

Arduo è stabilire quale sia l’ordinamento che regola l’estensione dei limiti soggettivi di efficacia del titolo esecutivo europeo: le modalità operative della tecnica del riconoscimento automatico inducono a fare riferimento alla legge processuale dello Stato di origine. Tuttavia, il tenore dell’art. 20, par. 1, seconda parte, reg. n. 805/2004, a mente del quale una decisione giudiziaria certificata come titolo esecutivo europeo è eseguita alle stesse condizioni di una decisione pronunciata nello Stato membro dell’esecuzione, potrebbe invece indurre a sostenere la posizione contraria (in questo senso Péroz, H., Titre exécutoire européen, in Juris Classeur Procédure civile, fasc. 2105, Paris, 2009, 19, n. 80).

Certo è, invece, che processo esecutivo si svolgerà secondo le regole della lex fori.

Mancata necessità della spedizione in forma esecutiva

Per instaurare un procedimento esecutivo in Italia sulla base di un titolo europeo occorre fornire all’ufficio esecutivo (i.e. all’ufficiale giudiziario che deve porre in essere il pignoramento) una copia della decisione (che presenti le condizioni di autenticità prescritte) ed una copia del certificato di titolo esecutivo europeo (art. 20 reg. n. 805/2004) tradotto in lingua italiana.

Non è necessario inserire sul certificato di titolo esecutivo europeo la formula ex art. 475 c.p.c. (Trib. Milano, decr. 30.11.2007, in Foro it., 2009, I, 935; Trib. Tolmezzo, 7.3.2009, in Riv. esecuzione forzata, 2009, 477). Ciò perché i medesimi controlli che l’art. 475 c.p.c. riserva al cancelliere, sono dal reg. n. 805/2004 riservati al giudice dello Stato di origine, al momento dell’emanazione del certificato.

Rettifica o revoca del certificato

Avverso il rilascio del certificato di titolo esecutivo europeo non è ammessa alcuna impugnazione. Tale certificato, del resto, non ha natura decisoria (Cass., 22.5.2015, n. 10543).

Ai sensi dell’art. 19 reg. n. 805/2004 il certificato di titolo esecutivo europeo, una volta concesso, può essere rettificato, ad opera dell’autorità giurisdizionale che lo aveva emesso, se a causa di un errore materiale vi è divergenza tra la decisione giudiziaria e il certificato.

Parimenti il certificato potrà essere revocato se manifestamente concesso per errore. Quest’ultima espressione serve ad evitare che la richiesta di revoca, nella prassi, divenga una sorta di impugnazione avverso l’ottenuta certificazione in aperto contrasto con il tenore dell’art. 10, par. 4, reg. n. 805/2004.

La revoca del certificato, la quale è da domandarsi nello Stato di origine utilizzando il modello di cui all’allegato VI del reg. n. 805/2004, è lo strumento processuale da utilizzare per porre rimedio alle fattispecie di erronea certificazione (non vi è invece possibilità di rivolgersi al giudice dello Stato dell’esecuzione: Trib. Monza, 1.2.2010, in Riv. dir. int. priv. proc., 2011, 416). Essa può essere chiesta tutte le volte in cui l’originaria insussistenza dei requisiti per la certificazione emerga dalla mera lettura della decisione, ovvero della transazione giudiziale, o dell’atto pubblico e del certificato o comunque (si deve intendere) sia ravvisabile senza necessità di effettuare una apposita istruttoria, sulla base, cioè, di un mero controllo esterno.

Segnatamente, si verterà in presenza di un certificato manifestamente concesso per errore ogniqualvolta la certificazione sia rilasciata in mancanza dei presupposti contemplati dal reg. n. 805/2004, come risulta dal tenore letterale dell’art. 10, par. 1, lett. b), reg. n. 805/2004, ossia: i) in mancanza di un credito incontestato ai sensi dell’art. 3 reg. n. 805/2004 (ad esempio, quando la certificazione sia stata concessa dopo che l’ingiunto aveva proposto opposizione a decreto ingiuntivo ovvero in pendenza di termine per l’opposizione: Trib. Milano, 23.4.2008, in Foro it., 2009, I, 396; Trib. Mantova, 24.09.2009, in Riv. dir. int. priv. proc., 2010, 149); ii) in caso di insussistenza del requisito di cui all’art. 6, lett. b), reg. n. 805/2004, qualora il debitore sia un consumatore; iii) in caso di inosservanza degli artt. 13-17 reg. n. 805/2004 (v., ad esempio, App. Torino, 20.2.2012, Giur. it., 2013, 1374, la quale ha revocato la certificazione conferita ad un decreto ingiuntivo non opposto per mancata indicazione, in quest’ultimo, delle avvertenze imposte dall’art. 17 reg. n. 805/2004).

Se il debitore è convinto che la certificazione sia stata conferita erroneamente, potrà avanzare una la richiesta di revoca ex art. 10 reg. n. 805/2004 nello Stato di origine del provvedimento.

La revoca, viceversa, non potrà essere domandata in caso di sopravvenuta carenza dei requisiti per la certificazione: sempre prendendo ad esame il procedimento monitorio, si pensi ad un decreto ingiuntivo per cui siano decorsi i termini di opposizione e che sia stato perciò certificato come titolo esecutivo europeo ma contro il quale, in un secondo momento, sia proposta (con successo) opposizione tardiva. In tal caso, non resterà che chiedere una certificazione comprovante la sopravvenuta inefficacia (esecutiva) del provvedimento giudiziale ai sensi dell’art. 6, par. 2, reg. n. 805/2004.

Secondo la comunicazione italiana effettuata ai sensi dell’art. 30 reg. n. 805/2004, il procedimento di revoca del certificato si svolge in camera di consiglio dinanzi allo stesso giudice che emise la certificazione e si conclude con decreto (Trib. Modena, 14.12.2010, in Foro it., 2011, I, 3205). Sebbene la comunicazione non lo affermi espressamente, il rinvio è da intendersi come effettuato agli artt. 737 ss. c.p.c., inclusa la possibilità di proporre reclamo ai sensi dell’art. 739 c.p.c. Dunque il giudice che emise la certificazione, su ricorso della parte interessata e a contraddittorio integro, pone in essere una mera verifica formale della sussistenza dei requisiti contemplati dal reg. n. 805/2004, considerato che soltanto quando questi siano integrati può dirsi sussistente un titolo esecutivo in senso sostanziale. All’occorrenza, come previsto dalla disciplina dei procedimenti in camera di consiglio, il giudice potrà anche assumere informazioni. Poiché il certificato non ha natura decisoria, avverso il provvedimento emesso all’esito del reclamo non è ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111, co. 7, Cost. (Cass., 22.5.2015, n. 10543).

La richiesta di revoca potrà essere chiesta in ogni tempo.

L’opposizione all’esecuzione

L’art. 21 reg. n. 805/2004 prevede che il debitore possa instaurare un giudizio nello Stato richiesto dell’esecuzione per contestare l’idoneità alla circolazione di una decisione giudiziaria, nel caso in cui la decisione certificata come titolo esecutivo europeo sia incompatibile con una decisione anteriore, emessa nello Stato dell’esecuzione ovvero là preventivamente riconosciuta, vincolante per il debitore e per il creditore. Incompatibilità significa che le due decisioni debbono prescrivere regole di condotta di tenore contrario. L’incompatibilità potrà esservi:

a) unicamente nello Stato richiesto, perché, ad esempio, la decisione anteriore incompatibile proviene da uno Stato terzo e non è stata riconosciuta nello Stato di origine. Si tratta, precisamente, di una situazione che fa venire meno il titolo esecutivo in senso sostanziale non in tutti gli Stati membri ma soltanto in quello richiesto (che qui si ipotizza essere l’Italia);

b) sia nello Stato richiesto che nello Stato di origine.

Il tenore letterale dell’art. 21, lett. c), reg. n. 805/2004 potrebbe indurre gli interpreti a ritenere che in quest’ultimo caso l’esecuzione del dictum estero non possa essere rifiutata quando la sussistenza di una decisione incompatibile emanata nello Stato dell’esecuzione avrebbe potuto essere invocata dal debitore nel corso del procedimento nello Stato di origine ma non lo fu.

Tuttavia, la previsione potrebbe essere anche letta in chiave pubblicistica, come baluardo a difesa della coerenza interna del foro. In tal caso, il giudice dell’esecuzione dovrebbe rifiutare l’esecuzione fondata sul titolo esecutivo europeo anche quando il debitore sia rimasto inerte nello Stato di origine del provvedimento.

Se lo Stato richiesto dell’esecuzione è l’Italia, le doglianze di cui all’art. 21 reg. n. 805/2004 (concernenti l’ipotesi in cui il titolo esecutivo sia una decisione giudiziaria mentre, come detto, nessun requisito ostativo può essere invocato a fronte di un atto pubblico o di una transazione giudiziaria certificati come titolo esecutivo europeo ai sensi del reg. n. 805/2004) potranno essere fatte valere in sede di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.

Dubbio è se, accanto a tali doglianze, ne possano essere fatte valere di ulteriori, ossia quelle previste dal nostro diritto processuale nazionale per l’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c. e concernenti vuoi il profilo della inesistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata in Italia per originaria o sopravvenuta mancanza del titolo esecutivo europeo, vuoi quello della sopravvenuta insussistenza del diritto da tutelare coattivamente.

La soluzione possibilista fonda la giurisdizione del giudice dello Stato dell’esecuzione, per tali doglianze, sulla previsione di cui all’art. 24, n. 5, reg. n. 1215/2012 (secondo cui in materia di esecuzione delle decisioni, la giurisdizione spetta alle autorità giurisdizionali dello Stato membro nel cui territorio ha o ha avuto luogo l’esecuzione), come ha avuto modo di chiarire la Corte di giustizia nella sentenza Autoteile (C. giust., 4.7.1985, C-220/84, AS-Autoteile Service GmbH, in Foro it., 1988, IV, 343).

Secondo questa lettura l’art. 24, n. 5, reg. n. 1215/2012 sarebbe applicabile anche quando il titolo esecutivo europeo non consista in una decisione ma sia, invece, una transazione giudiziaria o in un atto pubblico. Infatti, come precisato dalla Relazione Jenard alla Convenzione di Bruxelles del 1968, la previsione di cui all’art. 24, n. 5, reg. n. 1215/2012 (all’epoca: art. 16, n. 5, Conv.) è riferibile alle vertenze a cui può dar luogo «il ricorso alla forza, alla coercizione o alla espropriazione di beni mobili e immobili per assicurare l’esecuzione materiale delle decisioni e degli atti», i.e. agli incidenti di esecuzione disciplinati, in Italia, dagli artt. 615-619 c.p.c. riguardanti titoli esecutivi consistenti in decisioni giudiziarie, atti pubblici e, deve ritenersi, transazioni giudiziarie (conf. OLG Amburgo, 6.2.1998- 12 U 16/96, in IPRax, 1999, 168, riferendosi ad un’ipotesi di opposizione all’esecuzione proposta a seguito dell’apertura di un processo esecutivo sulla base di un atto notarile; OLG Köln, 21.11.2012, 16 U 126/11, in IPRax, 2015, 158, a proposito di un verbale di conciliazione giudiziale austriaco certificato come titolo esecutivo europeo ai sensi del reg. n. 805/2004 e quindi eseguito in Germania).

Se si condivide la soluzione affermativa, occorrerà coordinare tale risultato con il disposto di cui all’art. 21, par. 2, reg. n. 805/2004, il quale osta a che il giudice dello Stato dell’esecuzione riesamini nel merito la pronuncia giudiziale valida come titolo esecutivo europeo. In base a tale coordinamento, il giudice dello Stato dell’esecuzione potrà soltanto rilevare la sopravvenuta inesistenza del diritto di credito che si intende soddisfare coattivamente e non anche la sua inesistenza originaria.

Conseguentemente, sempre ove si condivida questa soluzione e con riferimento al profilo della “inesistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata per carenza di un titolo esecutivo” in sede di opposizione all’esecuzione sarà possibile, per il debitore:

a) invocare la mancanza di efficacia esecutiva del titolo a favore del procedente o contro l’esecutato, i.e. invocare la circostanza per cui il titolo esecutivo europeo non è utilizzato dal creditore o da un suo successore contro il debitore o il suo successore;

b) far valere la sopravvenuta cessazione dell’efficacia esecutiva del titolo europeo. Si tratta dell’ipotesi in cui l’esecuzione sia stata intrapresa sulla base del titolo esecutivo europeo benché l’efficacia esecutiva del medesimo sia stata sospesa dal giudice dell’impugnazione ovvero sia venuta meno perché il dictum è stato riformato in tale sede. In presenza di una simile fattispecie, di regola, sarà cura del debitore chiedere, nello Stato di origine, il certificato comprovante il venir meno o la sospensione dell’esecutività, il quale sarà rilasciato secondo il modulo di cui all’allegato IV reg. n. 805/2004. Altresì, il debitore avrà l’onere di produrre tale modulo in sede di opposizione all’esecuzione.

Con riferimento, invece, al profilo dell’inesistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata in Italia per insussistenza del credito da tutelare coattivamente, in base a quanto in precedenza affermato sarà possibile invocare in sede di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. il sopravvenuto venir meno del diritto di credito da tutelare. Segnatamente, potranno essere invocate le sopravvenienze in fatto idonee a superare i limiti temporali di efficacia del dictum valido come titolo esecutivo europeo.

Per ottenere l’accoglimento del merito dell’opposizione all’esecuzione quello che rileva, dunque, è soltanto che si tratti di una sopravvenienza idonea a superare i limiti temporali di efficacia della decisione giurisdizionale estera valida come titolo esecutivo europeo.

Per contro, nessun valore assume la circostanza per cui il fatto nuovo si sia verificato successivamente ovvero anteriormente al rilascio della certificazione. Difatti, il rilascio della certificazione non è subordinato alla verifica dell’attuale esistenza del credito, dovendo l’emittente soltanto appurare la sussistenza dei requisiti di cui agli artt. 3 ss. reg. n. 805/2004.

Riferimenti normativi

Regolamento CE del Consiglio e del Parlamento europeo del 21.4.2004, n. 805 istitutivo di un titolo esecutivo europeo per i crediti pecuniari non contestati

Bibliografia essenziale

Campeis, A.-De Pauli, G., Prime riflessioni sul titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (Reg. n. 805/2004), in Giust. civ., 2004, II, 529 ss.; Carpi, F., L’ordine di pagamento europeo tra efficacia della tutela e garanzie della difesa, in Riv. dir. proc., 2002, 688 ss.; Carratta, A., Titolo esecutivo europeo. I) Diritto processuale civile, in Enc. giur. Treccani, Roma, 2006, 1 ss.; Caponi, R., Titolo esecutivo europeo: esordio nella prassi, in Foro it., 2009, I, 935 ss.; De Cesari, P., Decisioni giudiziarie certificabili quali titolo esecutivo europeo nell’ordinamento italiano, in Foro it., 2006, V, 103 ss.; De Cristofaro, M., La crisi del monopolio statale dell’imperium all’esordio del TEE, in Int’l Lis, 2004, 141 ss.; Farina, M., Il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (Reg. n. 805/2004), in Nuove leggi civ., 2005, 3 ss.; Farina, M., Titoli esecutivi europei ed esecuzione forzata in Italia, Roma, 2012, spec. 77 ss.; Fumagalli, L., Il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati nel Reg. n. 805/2004, in Riv. dir. int. priv. proc., 2006, 23 ss.; Lombardini, I., Il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati alla luce del Reg. n. 805 del 2004, Studium juris, 2005, 3 ss.; Lupoi, M. A., Di crediti non contestati e procedimenti di ingiunzione: le ultime tappe dell’armonizzazione processuale in Europa, Riv. trim. dir. proc. civ., 2008, 171 ss.; Milan, D., Il titolo esecutivo europeo, in Bonomi, A., a cura di, Diritto internazionale privato e cooperazione giudiziaria in materia civile, Torino, 2009, 193 ss.; Olivieri, G., Il titolo esecutivo europeo (Qualche considerazione sul Reg. CE 805/2004 del 21 aprile 2004), in www.judicium.it; Porcelli, G., La «nuova» proposta di procedimento europeo di ingiunzione di pagamento, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, 1259 ss.

Nell’ambito della dottrina francese v. D’Avout, L., La circulation automatique des titres exécutoires imposée par le règlement 805/2004 du 21 avril 2004, in Rev. cr. dr. int. privé, 2006, 1 ss.; Péroz, H., Le règlement Ce numéro 805/2004 du 21 avril 2004 portant creàtion d’un titre exècutoire européen pour les créancers incontestées, in Clunet, 2005, 637 ss. In Belgio: Van Drooghenbroeck, J. F.-Brijs, S., Un titre exécutoire européen, Bruxelles, 2006, spec. 37 ss.; Van Drooghenbroeck, J. F.-Brijs, S., La pratique judiciaire au défi du titre exécutoire européen, in AA.VV., Espace judiciaire européen, Bruxelles, 2007, 215 ss.

Nella dottrina spagnola: Gascón Inchausti, F., El Titolo Ejectutivo Europeo para Créditos no Impugnados, Cizur Menor, 2005, spec. 27 ss.; Fernández-Tresguerres, A., Tìtulo ejecutivo europeo, in Borrás A.-Fernández-Tresguerres, A.-Garcimartìn, F.-Gil Nievas, R., La cooperación en Materia Civil en la Unión Europea: Textos y Comentarios, Cizur Menor (Navarra), 2009, 221 ss.

In Austria: Burgstaller, A.-Neumayr, M., Der Europäische Vollstreckungstitel für unbestrittene Forderungen, in ÖJZ, 2006, 179 ss.; Fasching, H., Kommentar zu den Zivilprozeßgesetzen, 2 Auflage, Wien, 2008, 1296 ss.; Mayr, P.-Czernuch, D., Europäisches Zivilprozessrecht, Wien, 2006, 195 ss.

Nella dottrina in lingua inglese, cfr. Crifò, C., First step towards the Harmonization of Civil Procedure. The Regulation creating an European Enforcement Order for uncontested claims, in Civ. Just. Q., 2005, 200 ss.; Crifò, C., Cross-Border Enforcement of Debts in the European Union, Default Judgments, Summary Judgments and Orders for Payment, Austin, 2009, spec. 61 ss.

Con riferimento alla dottrina tedesca: Bach, I., Grenzüberschreitende Vollstreckung in Europa, Tübingen, 2008, spec. 6 ss., 183 ss.; Bittmann, D., Vom Exequatur zum qualifizierten Klauselerteilungsverfahren, Baden Baden, 2008; Nagel, H.-Gottwald P., Internationales Zivilprozessrecht, 6 Auflage, Köln, 2007, 602 ss.; Gerling, S., Die Gleichstellung ausländischer mit inländischen Vollstreckunstiteln durch die Verordnung zur Einführing eines Europäischen Vollstreckungstitels für unbestrittene Forderungen, Frankfurt am Main, 2006; Kropholler, J., Europäisches Zivilprozessrecht, 8 Auflage, Frankfurt (M), 2005, spec. 560 ss.; Kropholler, J.- Von Hein J, Europäisches Zivilprozessrecht, 9 Auflage, Frankfurt am Main, 2011, spec. 763 ss.; Heringer, A., Der europäische Vollstreckungstitel für unbestrittene Forderung, Baden Baden, 2007; Rauscher, T., Europäisches Zivilprozeßrecht, 2 Auflage, München, 2006, Band 2, 1425 ss.; Schlosser, P., EU-Zivilprozessrecht, München, 2009; Schlosser, P.-Hess, B., EuZPR, 4 Auflage, München, 2015; Stein, A., Der Europäische Vollstreckungstitel für unbestrittene Forderungen tritt in Kraft – Aufruf zu einer nüchternen Betrachtung, in IPRax, 2004, 181 ss.; Wagner, R., Das Gesetz zur Durchführung der Verordnung (EG) Nr. 805/2004 zum Europäischen Vollstreckungstitel, in IPRax, 2005, 401 ss.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

CATEGORIE