TNF (Tumor necrosis factor)

Enciclopedia della Scienza e della Tecnica (2008)

TNF (Tumor necrosis factor)

Guido Poli

Una delle più importanti molecole infiammatorie, distinta in due varianti (TNF-α e TNF-β), che condividono ca. il 30% d’omologia strutturale (includente la regione interattiva con i rispettivi recettori di membrana). Altri membri di questa famiglia (detta del TNF o del NGF, Nerve growth factor) comprendono i ligandi dei recettori denominati Fas, CD27, CD30, CD40, TRAIL, APRIL, tra gli altri. I recettori formano, a loro volta, la famiglia dei recettori del TNF. Sia ligandi sia recettori di queste famiglie hanno la caratteristica di trimerizzare per trasdurre il segnale, mentre monomeri o dimeri possono svolgere un ruolo antagonista. Il TNF precede l’interleuchina-1 (IL-1), precedendola nella cinetica di risposta a classici induttori d’infiammazione quali l’endotossina batterica. L’inibizione della sintesi o dell’effetto del TNF previene molti degli effetti secondari e il rilascio d’IL-1 e di altre citochine infiammatorie più tardive quali IL-6 e interferone (IFN). Da queste il TNF si differenzia anche per il suo potenziale citotossico (condiviso con altri membri della famiglia, quali Fas ligando e TRAIL), particolarmente efficace contro cellule infettate da virus se in presenza d’IFN (co-stimolazione citotossica). Altri effetti importanti del TNF riguardano il metabolismo lipidico, esercitato soprattutto sui trigliceridi (da cui la sindrome cachettica), sulla coagulazione, sulla resistenza all’insulina e sulla funzione endoteliale. A quest’ultimo riguardo, il rilascio di TNF-α è alla base di molti effetti collaterali da citochine utilizzate come farmaci, quali IL-2, essendo responsabile della cosiddetta sindrome da trasudazione dei capillari (capillary leak syndrome) e d’altri effetti sistemici della somministrazione di alte dosi della citochina. Il TNF è sintetizzato come precursore di 26 kDa di membrana (biologicamente attivo) che viene rilasciato a opera di una proteasi (ADAM17) in una forma solubile di 17 kDa. Il TNF riconosce due recettori (TNF-R1-p55 e TNF-R-2p75) con funzioni in parte divergenti: il legame al TNF-R1 induce morte cellulare per apoptosi, in quanto nella porzione intracitoplasmatica del recettore sono presenti i cosiddetti domini di morte (DD, Death domains), condivisi con Fas e altri recettori della famiglia, mentre il legame al TNF-R2 induce sopravvivenza e proliferazione cellulare principalmente grazie all’attivazione del fattore trascrizionale NF-kB (e di altri fattori trascrizionali). I geni del TNF sono localizzati sul cromosoma 6 in prossimità dell’ampio locus occupato dai geni del Complesso maggiore d’istocompatibilità (MHC); per questo motivo al TNF (e ad altri geni implicati nella risposta immunitaria quali fattori del complemento) è stata assegnata la definizione di geni MHC di Classe III, sebbene ciò non implichi un ruolo diretto di questi fattori nel riconoscimento antigenico. Tale prossimità rende anche complessa la dissezione del ruolo di varianti alleliche del TNF in diverse patologie, quali diabete e artrite reumatoide. Un’aumentata produzione di TNF, su base genetica o epigenetica, è stata implicata in moltissime patologie o loro complicazioni, tra cui la sepsi (o SIRS, Systemic inflammatory response syndrome), la malaria cerebrale, la malattia di Crohn, diverse malattie autoimmuni (diabete, alopecia areata, spondilite anchilosante), psoriasi, encefalite da HIV e varie forme di tumore. Lo studio di animali knock-out (KO) per TNF o suoi recettori (cioè ingegnerizzati geneticamente per modificare l’espressione dei geni corrispondenti) ha evidenziato aspetti attesi e altri imprevisti, a cominciare dalla mancanza di un fenotipo patologico in assenza d’infezione e da una funzione neuroprotettiva per la citochina (evidenziati dal KO recettoriale). Un altro risultato imprevisto è stata la dimostrazione del ruolo chiave del TNF-α nella formazione del granuloma tubercolare, per cui topi KO dimostravano una maggior difficoltà a contenere localmente l’infezione e, per contro, una maggior predisposizione alla disseminazione sistemica del patogeno. Quest’osservazione è stata invocata quale spiegazione della riattivazione del micobatterio tubercolare in individui trattati con anticorpi umanizzati anti-TNF per artrite reumatoide o malattia di Crohn.

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