TOLEMAIDE

Enciclopedia Italiana (1937)

TOLEMAIDE (Πτολεμαΐς, Ptolemais, Tolmy-ātah, Tolomitta [Orl. Fur., XVIII], Tolomita [Gerus. Liber., XV], già Tolmetta o Tolmeta; A.T., 113-114)

Giacomo Caputo

Piccola cittadina costiera della Cirenaica, situata nel brevissimo tratto pianeggiante fra il mare e il ciglione dell'altipiano cirenaico, a circa 32° 43′ di lat. N. e 20° 57′ di long. E. La cittadina, di forma triangolare e chiusa da recenti mura, conta circa un migliaio di abitanti. Il piccolo porto lavora pochissimo. Due strade, in cattive condizioni, uniscono Tolemaide a Barce nell'altipiano e a Tocra sulla costa. Piccolo porto del mutesarrifato di Bengasi sotto i Turchi, venne occupata dagl'Italiani nell'aprile 1913. Tolemaide fa parte del Commissariato provinciale di Bengasi e dipende da quello circondariale di Barce; è sede di Agenzia distrettuale.

Si deve distinguere da altre antiche città omonime. Si estendeva lungo il mare, ai piedi dell'altipiano, tra l'uadi Ziuana o Zuani e l'uadi Chambisc o Dalmah. Terminava sul promontorio e aveva un porto costituito in parte da scogliere naturali. L'isolotto dello Zarat pare debba corrispondere, essendo più grande degli altri, a quello detto dagli antichi Ilos (Stadiasmus Magni Maris, 55).

Al tempo in cui fu composto (338-35 a. C.) il Periplo, attribuito a uno Scilace, è semplicemente indicata come porto di Barce, la quale è posta nell'interno a cento stadî dal mare (Scyl. Caryand., Periplus, 108). Ma lo scalo acquistò importanza sempre crescente sulla madrepatria, sino ad apparire con un suo nome: Tolemaide.

Si spiega così perché Barce veniva talora nominata per Tolemaide e viceversa (Plin., Nat. Hist. V, 5; Strab., 837; Suida, s. v. Βάρκη; Steph., s. v. Βάρκη).

La prospera e popolosa Tolemaide, che raggiunse un grande splendore fra le città della Pentapoli romana e fu sede del vescovo Sinesio di Cirene all'inizio del sec. V d. C., andò poi decadendo - per ragioni generali e vicende proprie, per le quali fanno testo alcune Epistole e la Catastasi di Sinesio - durante il corso dello stesso secolo, verso la fine del quale il porto è da supporsi rovinato, l'acquedotto interrotto; tuttavia, ripristinato questo per volere di Giustiniano (Procop., De aed., VI, 2), Tolemaide rifiorì un'ultima volta. Anche sotto gli Arabi rimase un centro di vita, sia pure ridotto (Edrisi, trad. franc. Jaubert, Parigi 1836-1840, pp. 287-288), e così al tempo di Abulfeda (sec. XIV).

È stata recentemente iniziata l'esplorazione sistematica di Tolemaide. Si è cominciato con mettere in evidenza alcuni dei monumenti più cospicui, sterrandoli e consolidandoli, ossia il Foro con i sottostanti cisternoni a gallerie, la Basilica Massima, la Porta Teuchira, l'anfiteatro, il teatro, il viadotto, il mausoleo ellenistico. La basilica ha mostrato di possedere, nel suo stesso organismo architettonico, oltre all'abside centrale, celle laterali a trifoglio con bella cupola in pietra da taglio; nell'anfiteatro la parete dell'ambulacro del podio è apparsa decorata di pitture rappresentanti un cacciatore e il Καιρός o Occasione.

Quale luogo di scavo, è stato prescelto il settore che si è supposto fosse, in parte, del tempo del vescovo Sinesio: si è delineato un Decumano, fiancheggiato da portici e statue onorarie e preceduto da un'arco di trionfo a tre fornici con iscrizione latina del tardo impero romano; iscrizioni monumentali in greco contengono i nomi degl'imperatori Graziano, Valentiniano II, Arcadio, Onorio.

Molte sono le sculture rinvenute; fra esse hanno grandissimo pregio sette bassorilievi di menadi orgiastiche e la testa di una statua colossale di Aristeo. Notevoli le epigrafi, fra cui primeggiano una parte della redazione in latino dell'Edictum de praetiis rerum venalium, promulgato dall'imperatore Diocleziano nel 301, una stele in greco, con iscrizione metrica, contenente un'ammenda pubblica e religiosa, e un cippo in latino che documenta un atto di rivendica di terreno a favore dei Tolomensi, ordinato dall'imperatore Domiziano nell'anno 88 ed eseguito dal proconsole C. Pomponio Gallo Didio Rufo.

Bibl.: P. Della Cella, Viaggio da Tripoli di Barberia alle frontiere d'Egitto, Genova 1819, pp. 200-205; R. Pacho, Rel. d'un voyage dans la Marmarique, la Cyrenaïque, ecc., Parigi 1827-29, pp. 175-86, tavv. LXVIII-LXXI, p. 397-403, tavv. LXXIII-LXXXIX; E. W. e H. W. Beechey, Proceedings of the Expedit. to explore the Northern Coast of Africa, Londra 1828, pp. 355-364, 377-385, tavole fra pp. 338 e 338; H. Barth, Wanderungen durch die Küstenländer des Mittelmeeres, I, Berlino 1849, pp. 396-401, 485, n. 46; R. M. Smith e E. A. Porcher, History of the Recent Discoveries at Cyrene, Londra 1864, pp. 65-67; tavv. 50-54; G. Rohlfs, Von Tripolis nach Alexandrien, Brema 1871, I, pp. 157-65; J. P. Thrige, Res Cyren., Copenaghen 1828, p. 139; Krabinger, Ueber den Verfall der kyrenaischen Pentapolis in den ersten Jahrhunderten n. Chr., in Gelehrte Anzeiger, 1851, coll. 306-311; Müller, C., in Georg. Graec. Minor. (Anonymi, Stadiasmus Magni Maris), pp. 447-48; Nieri, La Cirenaica nel sec. V giusta le lettere di Sinesio, in Riv. fil. class., XXI (1892), p. 220 segg. (nell'estratto pp. 1-80); G. Halbherr, in Africa italiana, IV (1933), pp. 235-290, relazione sulla sua esplorazione del luglio-agosto 1910; E. Ghislanzoni, Notizie archeologiche sulla Cirenaica, Roma 1915, pp. 48-88; A. L. Pietrogrande, in Africa italiana, 1930, nn. 3-4, pp. 108-113; Bevan, History of Egypt, Londra 1927, pp. 75, 287 (nota), 387; Mühlhofer, Speleologia cirenaica, Bengasi 1928, p. 20, figg. 25-26; Corp. Inscr. Graec., 5184-5185; G. Oliverio, in Doc. ant. Africa ital., I, i, pp. 42 e 68 segg.; II, i, pp. 132-33, tav. XLIX. Per il decreto di Anastasio I sull'ordinamento politico militare della Cirenaica, proveniente da Tolemaide, G. Oliverio, ibid., II, 2, Bergamo 1936; P. Romanelli, Le colonie italiane - Le vestigia del passato, Roma 1930, pp. 101-105; id., La Cirenaica romana, in Africa romana, Milano 1935, pp. 221-234. Per gli scavi eseguiti, cfr. G. Caputo, in L'Illustraz. ital., 5 gennaio 1936. Cfr., inoltre, cirenaica, X, pp. 425-428; 428-429.