Tomba

Enciclopedia Dantesca (1970)

tomba

Marisa Cimino

Ha in D. valore generico di " sepoltura ", ma può assumere significati più definiti a seconda del contesto in cui si trova. È in senso generico " luogo di sepoltura " in If VI 97, dove Virgilio afferma che al momento del giudizio universale ciascun rivederà la trista tomba, e continua dicendo che allora l'uomo rivestirà il proprio corpo e ascolterà la sentenza divina. Si riferisce invece a un ben definito tipo di sepoltura in X 40 Com'io al piè de la sua tomba [di Farinata] fui, quella che accoglie Farinata e altri eretici e che, ai vv. 29 e 124, è chiamara ‛ arca ' (v.), con termine mai usato altrove in quest'accezione, indicante la particolare forma di tali sepolcri.

In Pg XII 17 sovra i sepolcri le tombe terragne / portan segnato quel ch'elli eran pria, è l'aggettivo terragne a definire un altro tipo di t., " cioè li avelli che sono piani in terra con le lapide di sopra, e fa menzione l'autore più tosto di questi che de' sepolcri alti, perché viene a suo proposito " (Buti): D. paragona infatti le immagini scolpite nel piano della prima cornice, quella dei superbi, alle immagini scolpite sulle grandi lastre di marmo o di pietra di tali sepolture.

Controversa l'interpretazione del vocabolo in If XIX 7 Già eravamo, a la seguente tomba, / montati de lo scoglio in quella parte / ch'a punto sovra mezzo 'l fosso piomba. Benvenuto chiosa " ad tertiam bulgiam, quam Auctor bene vocat tumbam, quia in ea sunt sepulti simoniaci ", e ne seguono le orme il Landino, l'Andreoli e la maggioranza dei moderni commentatori e studiosi, tra cui S. A. Barbi, nella riedizione del commento del Casini, M. Barbi, Momigliano, Sapegno, Mattalia.

Ma il Buti interpreta " sommità, altezza ", e sembra questa l'esatta interpretazione al D'Ovidio (in Lett. dant. 349; e cfr. P. Renucci, in " Bull. Société d'Études Dant. du C.U.M " XIII [1964] 7): " Tomba non è la bolgia ma il suo coperchio, il ponte, lo scoglio... non a caso il ponte è chiamato con vocabolo che di solito è così sepolcrale... ogni bolgia è una sepoltura... tomba è il ponte sulla bolgia dei simoniaci ". Sulla stessa linea il Torraca: " rialto, qui la parte più alta del ponte ", e il Porena: " Tomba si usò assai spesso, conformemente all'origine della parola, come pietra o costruzione che sorge sulla buca sepolcrale; onde potemo riferirla al ponticello ". Già nel commento Casini-Barbi si legge: " sono interpretazioni a cui non si arriva senza sforzo " e il Pagliaro (in Lect. Scaligera I 630) precisa: " è interpretazione da respingere, perché, oltre ad attribuire a tomba un significato non suo, creando tautologia con scoglio, che, per l'appunto, indica sempre il ponticello scosceso e roccioso che sovrasta Malebolge (Inf XX, 26; XXI, 30; XXVI,17), non si adegua stilisticamente allo sviluppo narrativo ".

Alla diversa interpretazione del passo corrisponde una diversa interpunzione. La '21, l'edizione Petrocchi e altri accettano la proposta di M. Barbi (cfr. " Bull. " XVIII [1911] 9 e Problemi I 241) e pongono la virgola dopo tomba; interpretare t. come " sommità ", " altezza ", porterebbe come conseguenza uno spostamento o l'abolizione della virgola.

Controversa anche l'interpretazione di If XXXIV 128 Luogo è là giù da Belzebù remoto / tanto quanto la tomba si distende, / che non per vista, ma per suono è noto / d'un ruscelletto. Per Benvenuto infatti t. è l'Inferno, " qui est sepultura omnium mortuorum damnatorum "; per il Buti " il luogo voto che l'Autore finge intorno a Lucifero ", e così il Lana, l'Ottimo. Sono su questa linea lo Scartazzini nel commento lipsiense: " tomba: l'Inferno... per esser ivi sepolti assieme con Satana tutti que' che son morti a Dio ", e il Torraca. Il Mattalia commenta: " fa bel contrasto nel finale della cantica... tomba riaprentesi, per resurrecturi ".

Tuttavia per M. Barbi t. è quel sotterraneo, quella caverna, quella natural burella, " per la quale Dante prende a camminare poi che s'è staccato dal pelo di Lucifero "; mentre il cammino ascoso (v. 133) " è una via sotterranea che [i due poeti] trovano a un'estremità di essa tomba o burella ". Infatti a un'estremità della burella, " e perciò rimoto tanto da Belzebù quanto essa caverna o tomba si estende, c'è un luogo, un punto... al quale Dante e Virgilio arrivano guidati non dalla vista ma dall'udito, cioè dal suono d'un ruscelletto che quivi, a quel punto, / discende per la buca d'un sasso ch'egli ha roso; e quella buca così ascosa, tanto da non potersi ritrovare se non per virtù dell'orecchio, è il loro cammino per tornare nel mondo " (" Bull. " XVIII [1911] 12; Con Dante e con i suoi interpreti, Firenze 1941, 251-253). Considerano senz'altro valida tale interpretazione, tra gli altri, il Momigliano e il Mazzoni. Cfr. anche A. Camilli, Quattro chiose all'Inferno, in " Lettere Italiane " IV (1952) 127-129. Di diverso parere è il Bassermann, secondo il quale t. indica il " cono infernale ", mentre Burella designerebbe il vuoto, la cavità che circonda le gambe di Lucifero (in Auslese aus einem Dante-Kommentar: cfr. " Studi d. " XVIII [1934] 175).

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