TOMBA

Enciclopedia Italiana (1937)

TOMBA (gr. τάϕος, τύμβος, μνῆμα; lat. sepulcrum, locum, tumulus)

Goffredo BENDINELLI
Piero BAROCELLI
Luigi CREMA
Ernst KUHNEL

Vocabolo tecnicamente di ampio significato, indicando nell'uso comune un ricettacolo funerario qualsiasi, a prescindere dalla forma del rito (inumazione o cremazione) e del costume funebre: sinonimo perciò di semplice fossa, come di sarcofago, di urna, di cassa funeraria, nonché di camera sepolcrale e di monumento all'aperto, modesto o solenne. Con lo stesso termine intendiamo qualsiasi monumento funerario, il quale all'esterno, o anche soltanto all'interno, presenti caratteri di monumentalità architettonica (per ogni altra forma di deposizione, v. cimitero; necropoli; sarcofago, e gli usi funerarî dei singoli popoli).

Preistoria. - Il dissolvimento del cadavere richiese, in genere, fino da tempi remotissimi qualche particolare adattamento o cura. Ancor oggi noi incontriamo presso le popolazioni naturali diversi usi. Presso alcune il cadavere viene semplicemente abbandonato o poco e malamente coperto e riparato, oppure la fossa è appositamente scavata profonda nel terreno. Talora si pratica una forma di cremazione a fuoco libero. Presso alcune popolazioni il cadavere era, ed è tuttora, oggetto di complicati trattamenti, prescritti da rituali, dai quali consegue o una particolare preparazione del cranio o la mummificazione artificiale.

Il documento sicuro più antico di speciale trattamento del cadavere, che ci sia finora noto, sembra sia quello offertoci da esplorazioni condotte recentemente in anfratti cavernosi a Ciu-cu-tien presso Pechino, entro un deposito umano dello spessore di una cinquantina di metri, il cui processo di formazione risalirebbe secondo H. Breuil a tempi immensamente remoti, che videro nell'Europa occidentale transalpina i più vecchi strumenti litici chelléani. Nel deposito di Ciu-cu-tien vennero in luce resti del sinanthropus, essere umano intelligente, dall'aspetto ancora alquanto scimmiesco. Erano solo cranî: nessun osso del tronco e delle membra, che finora si sappia, mentre per contro nel giacimento stesso gli avanzi degli animali raccolti ammontano a migliaia e si riferiscono a tutte le parti del corpo. Si dedurrebbe esserví stata una selezione delle ossa: il Breuil inclinò a pensare che, dì tutto il cadavere, solo i cranî, privati della loro carne per putrefazione, fossero stati riportati nel luogo di abitazione (v. L'Anthropologie, 1931 e 1932).

La scoperta di un certo numero di tombe d'inumati entro i depositi delle grotte di Grimaldi nell'estrema Liguria (v. liguria: Preistoria), oltralpe nel sud-ovest della Francia, nel Belgio, nell'Europa centrale, dimostra l'esistenza di un culto funerario già presso le famiglie vissute durante i remotissimi tempi paleolitici superiori: i vivi davano asilo ai loro morti, o a qualcuno di essi, entro le stesse abitazioni. I cadaveri sono deposti sovente sopra il focolare domestico, supini o rannicchiati sul fianco sinistro, protetti da poca terra e da qualche lastrone di pietra. Quei cadaveri erano stati rivestiti dei loro abiti di pelli ferine e accompagnati da qualche oggetto di suppellettile; alcuni giacevano su uno strato di quell'ocra rossa, che serviva a decorare il corpo. In uno strato sottoposto a quello di un villaggio neolitico era la tomba a fossa terragna di inumato di Lama dei Peligni (v. abruzzo: Preistoria). Nei secoli posteriori del neolitico, dell'eneolitico, del bronzo e del ferro si continuò a inumare nelle abitazioni, sia nelle grotte, sia nelle capanne. Infatti a Serra d'Alto presso Matera e a Ripoli nelle Marche si rinvennero resti di cadaveri eneolitici inumati in capanne abbandonate. Il "seppellimento secondario" (scheletro deposto nella tomba interamente o parzialmente, previa decomposizione delle carni) è ormai sicuramente accertato per i tempi neoeneolitici.

Nei tempi preistorici, principali forme di tombe furono le seguenti:

Fosse di inumati scavate nel terreno: molto diffuse e frequenti in tutti i tempi. A esemplificazione, si possono addurre le tombe eneolitiche di Remedello nella pianura di Brescia, dove, in evidente relazione con la natura del terreno, le fosse erano in nuda terra, senza alcuna protezione di pietrame, e dove il cadavere era stato deposto rannicchiato sul fianco sinistro, rivestito dei proprî abiti e dei proprî ornamenti; le tombe di Villanova Baltea in Val d'Aosta, di aspetto neolitico, nelle quali lastroni di pietra formavano pareti e copertura delle fosse e i resti scheletrici davano evidenza di seppellimento secondario; le tombe di Rinaldone presso Viterbo, scavate nell'arenaria.

Grotticelle artificialmente scavate nella roccia: l'uso risale pure in Italia all'eneolitico. Si citano le grotticelle dell'Isola di Pianosa; del Lazio; del grande sepolcreto sardo di Anghelu Ruju, dove alcune grotticelle erano di pianta già alquanto complessa per varie cellette. Siffatte grotticelle continuarono ad essere scavate in Sicilia durante la civiltà del bronzo in grandissimo numero e con molta regolarità e precisione.

Tombe megalitiche: dalle più semplici aventi vera e propria forma di dolmen si passa ai "corridoi coperti" (allées couvertes) della Penisola Iberica e della Francia, ancora di tempi eneolitici e dei primi tempi del bronzo, alle sarde Tombe dei giganti di civiltà nuragica (v. dolmen; megaliti).

Sepolture tumulari: frequenti segnatamente nell'Europa Centrale negli ultimi tempi del bronzo e nei primi del ferro: riparavano esse, secondo i tempi e i luoghi, tombe di inumati o di cremati. Sovente uno stesso tumulo segnalava e proteggeva varie tombe.

Cassette di lastroni o pozzetti per tombe di cremati: comuni nelle regioni nelle quali era diffusa la cremazione.

Recinti funerarî: intorno a tombe sia di cremati sia di inumati, apparvero frequenti nei tempi della prima civiltà del ferro.

Antichità. - Egitto. - Il primo importante capitolo dell'architettura funeraria si svolge sul suolo d'Egitto; dove, a cominciare dalle prime dinastie, se ne ammirano manifestazioni celebri fra quelle di tutti i tempi. Basta citare le tre grandi piramidi, o tombe faraoniche di al-Gīzah (v. piramide). La piramide sepolcrale regolare trae origine dalla piramide "a gradoni": tipo anche questo di monumento sepolcrale faraonico, risultante da una serie di tronchi di piramide sovrapposti. Tronchi di piramide isolatamente costruiti in muratura prendono il nome arabo locale di mastaba (v.), e costituiscono il tipo corrente del monumento sepolcrale egiziano.

Mastabe e piramidi, costruite a filari regolari di pietra calcarea, ricoprivano la dimora del defunto, in una camera scavata nel sottosuolo, al termine di un profondo pozzo, verticale o inclinato. Alla fine del medio impero egiziano (sec. XVI a. C.), il costume delle vistose tombe e costruzioni sepolcrali viene meno. Sacrificando ogni ostentazione di lusso esterno al bisogno di conferire alla tomba le maggiori garanzie d'inviolabilità, gli architetti egiziani presero a costruire le tombe esclusivamente nel sottosuolo, scavando la roccia fino a notevole profondità, in luoghi appartati e di difficile accesso, con assoluta abolizione - come sembra - di ogni segnale esterno, anche il più modesto. Anche per il periodo precedente, all'infuori della schematica apparenza esterna, la struttura della tomba egiziana si presenta in genere molto complessa, poiché attorno alla camera sepolcrale vera e propria, contenente il sarcofago di pietra, si aprono pozzi, corridoi di accesso, e secondo un disegno organico, variabile di volta in volta, cappelle funerarie, magazzini e ripostigli sia per la custodia del "doppio" del defunto, sia per contenere le provviste e le suppellettili ritenute occorrenti nella vita dell'aldilà.

In Mesopotamia solo recentemente si sono osservate antiche tombe, e specialmente in strati molto antichi e nella regione più meridionale (Caldea). La tomba è talora a camera, in muratura, profondamente interrata; i corredi funebri sono alle volte molto ricchi (tombe reali d'Ur).

Creta e Micene. - Nel mondo cretese-miceneo le testimonianze monumentali relative al culto dei morti sono di una relativa esiguità, specie se paragonate a quelle del mondo egiziano. Ciò a causa della meno buona conservazione delle necropoli, come anche dell'importanza minore, per quanto tuttavia notevole, ivi riconosciuta al culto funerario. Le tombe scavate nel suolo, a semplice fossa, non sono mai molto profonde. Ma tombe di altro tipo erano tutt'altro che ignote sul suolo cretese. In ordine cronologico di sviluppo, le tombe cretesi più antiche, non considerando il tipo semplice di tomba a fossa e a pozzo, si dividono come segue: a) grotticelle scavate nella roccia; b) camere rettangolari a vòlta, in muratura a blocchi; c) tombe a thólos, o a pianta rotonda e cupola. Del secondo tipo sono le due tombe regie di Isopata, presso Cnosso, e di Cnosso stessa, scoperte da A. Evans: l'una e l'altra precedute da corridoio rivestito di blocchi in muratura. Resti di tombe a thólos furono rinvenuti dalla Missione archeologica italiana. La tholos di Hagía Triáda occupava un'area di nove metri di diametro, delimitata intorno da un muro di blocchi di pietra sovrapposti a filari regolari e a progressiva rastremazione, sino a formare una specie di cupola. Un lungo e stretto corridoio scavato nel terreno conduceva alla camera sepolcrale, che era pure completamente interrata. La costruzione della cupola determina una certa sopraelevazione dal suolo, visibile anche a distanza.

Le tombe a thólos giustamente più famose sono quelle che tuttora si ammirano a Micene (v. micene, XXIII, pag. 158, e cretese-micenea civiltà, XI, p. 878). Maggiore di tutte la tomba volgarmente denominata "Tesoro di Atreo" o "tomba di Agamennone". Pure grandiosa, per quanto priva di coronamento, la tomba a thólos di Orcomeno (Beozia), impropriamente denominata il "Tesoro di Minyas", di 14 m. di diametro.

Tombe a thólos rovinate si rinvennero in altre parti della Grecia continentale: nella Laconia (Vafiò), nella Messenia (Tragana, Bodià, ecc.), a Kakóbathos in Trifilia (la Pilo di Nestore), a Spata, Menidi e Torico nell'Attica, e fino nella lontana Tessaglia (Dimini, Sesklo, ecc.), a testimonianza dell'ampia diffusione della civiltà micenea. Pure caratteristico di questa civiltà, e a Micene più antico delle thóloi è il sepolcreto rinvenuto da E. Schliemann dentro l'acropoli di Micene, presso la Porta dei Leoni (v. micene, XXIII, p. 158).

Mentre a Micene e altrove le classi ricche avevano le grandi tombe generalmente a thólos, le meno ricche utilizzavano per i proprî morti semplici e piccole camere scavate nella roccia: munite anch'esse di drómos, e di stómion o porta fornita di lastra di chiusura. L'uso di simili tombe rupestri, a pianta quadrata, ellittica o circolare, coperte da vòlta a cupola, si trova diffuso a Creta, nel Peloponneso, nelle tsole dell'Egeo e in Asia Minore, dovunque la civiltà micenea ebbe a far sentire la propria influenza. In Sicilia le necropoli sicule in genere, del versante orientale dell'isola, esplorate da P. Orsi, con le migliaia di tombe e grotticelle scavate nella roccia, alcune delle quali vere e proprie thóloi sepolcrali, attestano, insieme alle suppellettili, i medesimi influssi.

Etruria arcaica. - Mentre uno scarso sviluppo presentano in Grecia le costruzioni sepolcrali a partire dal periodo geometrico, in genere riducibili al tipo di semplice tomba a fossa o a pozzo, un'architettura funeraria monumentale prende piede nell'Italia centrale, in Etruria, a cominciare dal sec. VII a. C., in seguito all'arrivo di elementi etnici, o forse soltanto artistici, di origine transmarina. Prima di questo periodo non si trovano su suolo etrusco che semplici tombe a pozzo, scavate per deposizione del vaso cinerario. I maggiori centri litoranei etruschi, Vetulonia, Populonia, Cere, con le loro necropoli, presentano tuttora eloquenti testimonianze di quest'architettura funeraria d'origine forestiera. La necropoli di Vetulonia è famosa principalmente per i suoi "circoli", o aree sepolcrali di forma circolare, delimitate intorno da un circuito di pietre fitte. Tombe a cupola o a thólos, di piccole dimensioni, protette sopra terra da recinti circolari di delimitazione, si rinvennero pure a Populonia (sepolcreto "delle Granate"). La struttura architettonica di codeste tombe e il loro sistema di delimitazione rivelano un'esperienza tecnica, la quale si rifà a modelli simili a quello del sepolcreto regio di Micene. Le tombe populoniesi risultano talora munite di semplici letti funerarî fatti di pietre. Meritano poi di essere ricordate le tombe vetuloniesi della "Pietrera" e del "Diavolino" (v. etruschi, XIV, p. 525), dove il tipo della camera a pianta quadrata si fonde, per il sistema di copertura a cupola a filari aggettanti, col tipo di tomba a thólos. Come applicazioni dirette di questo tipo di tomba in Etruria sono da considerare l'ipogeo detto "La Mula", tra Quinto e Sesto Fiorentino, a pianta circolare e cupola molto irregolare, e la tomba simile di Casal Marittimo: dove la struttura della cupola, più regolare, è raccomandata a un pilastro centrale di sostegno del sommo della vòlta (v. etruschi, XIV, tav. LXXXII), com'era nel citato ipogeo della "Pietrera".

La struttura esterna della tomba a thólos, non completamente interrata, doveva essere sempre un rialzo artificiale e regolare di terreno: cioè un tumulo. Con la forma esterna, rotondeggiante, del tumulo fa assoluto contrasto la planimetria interna, con la cella, o le celle, e i relativi corridoi di accesso, a pianta quadrata o rettangolare. Uno dei più antichi "tumuli" sepolcrali etruschi è indubbiamente a Cere, quello al quale apparteneva la notissima tomba "Regolini-Galassi" (scoperta nel 1836), così detta dal nome degli scopritori. Codesta tomba, celebre per le sue suppellettili preziose, conserva tuttora sul posto il suo aspetto architettonico primitivo (v. etruschi, XIV, tav. LXXIX). La tomba corridoio era sviluppata sulla corda di un tumulo circolare. In seguito, ampliate tutt'in giro le dimensioni del tumulo, con un muro perimetrale di base, altri cinque ipogei in senso perfettamente radiale, tutti del medesimo tipo e di grandezza minore del primo, furono aperti alla periferia del tumulo.

Approfittando della natura tufacea del suolo ceretano, ancora in età arcaica (sec. VI) furono disegnate e ricavate nel banco di roccia (nella necropoli della "Banditaccia") numerose basi cilindriche di largo diametro (sino a oltre 40 metri), opportunamente sagomate, per tumuli a coronamento artificiale di terra. Nel banco stesso roccioso, partendo dal sommo della base, si praticarono in scavo, e in senso vario, raramente in senso radiale, gradinate di accesso a corridoi e camere sepolcrali lateralmente provvedute di banchine. Il soffitto era displuviato, ma anche piano, con finta travatura lignea, retta da colonne (tomba "dei Capitelli"). Essendo le camere a deposizioni plurime, si può tenere per certo che ogni singolo ipogeo appartenesse a una sola famiglia o gens. Meno sicuro è che a diramazioni di una medesima gens appartenesse il complesso degl'ipogei di un tumulo. Indubbiamente i tumuli appartenevano comunque a famiglie patrizie, i minori ceti sociali accontentandosi di tombe ipogee a camera e banchine, senza coronamento di tumulo.

I tumuli, a cono più o meno accentuato, dovevano essere la caratteristica principale di tutte le necropoli etrusche arcaiche di qualche importanza. Così, oltre a Cere, tumuli meno esattamente identificati e identificabili si trovavano a Veio, a Tarquinia, a Vulci. Grandi tombe a tumulo erano la "Cuccumella" e la "Cuccumelletta" di Vulci, su cui anche dopo gli scavi esaurienti poco di positivo si conosce. Al costume appunto dei tumuli deve il norme la località dei "Monterozzi" nella necropoli di Tarquinia. Presso Chiusi la tomba a tumulo di Poggio Gaiella fu già arbitrariamente identificata con la tomba di Porsenna, descritta da Plinio (Nat. Hist., XXXVI, 91) sulla traccia di Varrone. A Populonia (località S. Cerbone), dove il suolo non offriva comodi banchi di roccia, tumuli sepolcrali abbastanza grandi (fino a 18 metri di diametro), con letti funebri di pietra su gambe tornite, si trovano elevati su tamburi cilindrici costruiti in muratura, insieme con l'unica stanza sepolcrale che occupa il centro del tumulo, e al relativo drómos. Come a Cere e altrove, così anche a Populonia il tumulo doveva risultare di terra di riporto ed essere innalzato dopo che la stanza sepolcrale era stata costruita e ricoperta da falsa cupola di lastre di pietra a secco, ora precipitata. Un tumulo sepolcrale in muratura, del tipo dei precedenti, populoniesi, è quello di Montecalvario (Castellina in Chianti), esplorato nel 1915: con quattro lunghi ipogei a camere e corridoi, disposti perfettamente in croce, con resti di sculture architettoniche. L'altezza del tumulo si calcola in m. 40 circa; il diametro-base superava i 50 metri. Altro tumulo completamente artificiale, del tipo e dell'età dei precedenti, era la "Grotta Sergardi" o "Melone di Camucia" presso Cortona, dove, al centro di un terrapieno di m. 62 di diametro, si apre una doppia fila parallela di camere sepolcrali. Dei numerosi tumuli arcaici che un giorno costellavano la necropoli etrusca di Cortona, conviene ancora ricordare la "Tanella di Pitagora" e il "Melone del Sodo", esplorato nel 1925, con uno dei più complessi ipogei sepolcrali appartenenti a questo genere di monumenti. Per Veio si cita la tomba a tumulo di Monte Aguzzo; nonché la tomba Campana (fine sec. VII), con lungo drómos e due celle, di cui soltanto la prima con banchine per inumati. La tomba Campana è famosa per le pitture che tuttora ne adornano le pareti, e che sono il più antico monumento della pittura etrusca. Meno notevoli tumuli sepolcrali quelli rinvenuti presso Chiusi, a Saturnia, ecc.

Nel Viterbese, a Bieda, Norchia, Castel d'Asso, S. Giuliano e a Sovana, è diffuso un tipo particolare di tombe a camera, con scale e facciate monumentali (architravi; timpani, ecc.) tutte ricavate nel masso. Il tipo di origine antica (sec. VII-VI) rimane fino agli ultimi tempi della civiltà etrusca.

Asia Minore (preromana) e Scizia. - Per la tipica architettura a tumulo, così diffusa in Etruria, il mondo antico non offre altri riscontri che in Asia Minore. Nei dintorni della città di Sardi (Lidia), sul fiume Ermo, si stende, tuttora inesplorata, la necropoli antica detta di Bin Tepè' (cioè "delle mille colline"), caratterizzata da numerosi rialzi artificiali di terreno, riconoscibili come monumenti sepolcrali. Tra questi uno grandissimo (alto 70 metri) suole essere indicato come il tumulo di Aliatte re di Lidia, secondo il ricordo e la descrizione di Erodoto (I, 93). Anche nella Frigia, presso l'antica capitale Gordion, si trovano numerose collinette artificiali, indicate come le tombe dei re del paese. Da tali affinità culturali tra mondo etrusco e mondo asiatico, vi è chi crede di trarre conferma alla tradizione indicante gli Etruschi come originarî appunto della Lidia. Tumuli funerarî si trovano pure nella Russia meridionale (antica Scizia): nella regione intorno al Mar d'Azov, si rinvengono e sono stati sin qui esplorati molti di essi, dall'aspetto di terrapieni o collinette artificiali, con tombe a camera sottostanti, scavate a pozzo nel suolo e al centro del tumulo. Trattandosi di terreno friabile, senza banchi di roccia, al fine di mantenere libera sotterra la camera sepolcrale a pianta quadrata, s'innalzò al disopra di questa, nelle tombe scitiche più antiche, una specie di soffitto ligneo, il quale fungeva poi da armatura di tutto il rialzo artificiale di terra. In seguito, con la colonizzazione greca, si hanno nella medesima regione, e specialmente a Panticapeo e nella Penisola di Taman, tumuli monumentali (kurgany), con ipogei regolarmente costruiti a filari isodomi di pietra, con soffitto a vòlta o a gradoni aggettanti, con pitture alle pareti e agli stessi soffitti. Al centro della camera era il sarcofago, per lo più di legno, finemente scolpito e dipinto.

Un'altra caratteristica della regione microasiatica è quella delle tombe rupestri, con fronti monumentali scolpite nella roccia, simili a quelle già ricordate di una parte dell'Etruria, e tipiche di certe regioni (Frigia, Licia, Paflagonia, Cappadocia). Non di rado la fronte di codeste tombe ha l'aspetto di un'edicola con timpano di coronamento (come la "tomba di Mida" a Jasili-kaia). Altre volte assumono la figura, alquanto più complessa, di costruzioni civili, o case di abitazione, con ossature a elementi lignei. In special modo ricca di tali costruzioni è la Licia. Riunite talora e abbarbicate le une sulle altre in gruppi affollati, possono dare, a qualche distanza, l'impressione di un villaggio montano. Il costume delle tombe scavate nella roccia trova riscontro anche in Persia. Rupestri sono le tombe degli Achemenidi a Nakschi-Rustem, presso Persepoli, vistosamente inquadrate, come la tomba di Serse, in una specie di fronte di tempio, o heroon, con colonnato. Altro tipo di tomba, persiano o microasiatico, è quello della cella funeraria eseguita in costruzione sopra terra e isolata come una torre, al disopra di un alto basamento a gradini: come la tomba di Ciro a Pasargade. A un tal genere di architettura funeraria risalgono, attraverso modificazioni e ampliamenti, talune costruzioni sepolcrali famose, come il monumento "delle Arpie" a Xanto di Licia (fine sec. VI), semplice e massiccia torre quadrata a coronamento scolpito, il monumento "delle Nereidi" pure a Xanto, specie di alto basamento quadrato, sormontato da un peristilio, e, sul medesimo schema architettonico, lo stesso mausoleo di Alicarnasso (v. mausoleo). Simili monumenti prendono anche il nome di heroon (v.), per il loro aspetto di templi o santuarî, dedicati singolarmente al morto, parificato a un "eroe" e perciò in certo modo divinizzato. Un tipo particolare di heroon rappresentava la tomba di un ignoto satrapo a Ǧölbasï-Trisa in Licia (sec. V-IV a. C.).

Etruria classica. - A partire dal sec. V sembra cessare in Etruria il costume dei "tumuli" sepolcrali, prendendo sempre maggiore sviluppo quello delle tombe ipogee più o meno grandi e sontuose, senza alcuna apparente vistosità esterna. Le tombe tarquiniesi, celebri per le loro pitture non anteriori alla metà del sec. VI, si aprono nel sottosuolo a profondità compatibile con la solidità della roccia e con lo sviluppo della tomba in altezza. Una gradinata, ricavata pure nella roccia, immette nella tomba: una semplice camera quadrangolare, più o meno spaziosa, a soffitto displuviato, con ricche e vivaci pitture a decorazione delle pareti e del soffitto. Tali le tombe "dei Tori", "delle Leonesse", "degli Auguri", "della Caccia e Pesca", "dei Vasi dipinti", "del Barone", "del Triclinio", "dei Leopardi", "della Pulcella" "del Letto funebre", ecc.

Tutte queste tombe tarquiniesi, e le altre coeve o posteriori, scavate pure nella roccia, a Orvieto e a Chiusi, hanno il soffitto displuviato simmetricamente a una pseudo trave maestra, o pseudo columen, centrale. Avendo dovuto in seguito scavare camere ipogee di sempre più vaste dimensioni, gli architetti etruschi adottarono il soffitto a piattabanda, sostenuto da pilastri risparmiati nella roccia, a opportune distanze: come si vede nella tomba tarquiniese "del Cardinale", con soffitto a cassettoni, e in quella del "Tifone", con soffitto piano; e a Cere, oltre che nella tomba, arcaica, "dei Capitelli", nelle tombe, più recenti, dette "delle Iscrizioni", "dell'Alcova", e "dei Rilievi", di tutte la più famosa. Questa, munita di loculi alle pareti, deve la sua fama alla ricca decorazione a rillevo, in stucco policromo.

L'idea della tomba a più vani è già contenuta più che in germe negli antichissimi ipogei. Essa viene quindi sviluppata al fine così di aumentare lo spazio disponibile, come anche di conferire alla dimora dei morti la massima somiglianza con le case dei viventi. Perciò appunto vengono ricavate nel masso le travi dei soffitti, le cornici intorno alle porte, le membrature delle banchine funerarie, concepite come dei letti. Specialmente interessante è la disposizione degli ambienti. Intorno a una specie di atrio, a cui si accede dal lungo drómos d'ingresso, si trovano disposte, simmetricamente all'asse maggiore, varie celle funerarie. Esempio tipico di questa architettura sono le tombe vulcenti, e specialmente la "tomba François", a pianta centrale (fine sec. IV). Un diverso andamento da questa, con un maggiore sviluppo di ambienti, presenta la "tomba dei Volumnî", presso Perugia (sec. III-II), con atrio centrale rettangolare e alto soffitto displuviato, con timpano scolpito. L'ultima fase dell'architettura funeraria etrusca sembra testimoniata dalle camere sotterranee in costruzione a filari di pietra, con ampia vòlta a botte, come si trovano nel Perugino (tomba di S. Manno presso Perugia, tomba di Bettona, tomba di Vaiano presso Castiglion del Lago, ecc.). Tutte queste tombe etrusche tarde, o etrusco-romane, erano fatte per contenere urne cinerarie di pietra, collocate su appositi gradini.

Mondo ellenistico. - Mentre nella Grecia propria dell'età classica l'architettura sepolcrale non sembra mai avere assunto un grande sviluppo - non potendosi parlare di architettura funeraria nel caso di semplici stele o cippi o altri segnali di comuni tombe a fossa - nelle regioni greche della periferia tale architettura presenta invece un interesse notevole. Ricordiamo a tale proposito un altro tumulo funerario: quello di Langaza, presso Salonicco, esplorato nel 1910. Si tratta di un monumentale ipogeo con vestibolo e camera coperta da vòlta a botte, preceduto da facciata architettonica stuccata e dipinta, con elegante porta interna di marmo. Nell'Italia grecizzata, o Magna Grecia, l'uso di ipogei sepolcrali risulta abbastanza diffuso. Anche a prescindere da taluni interessanti ipogei, inediti, della necropoli di Taranto, ipogei sepolcrali di struttura monumentale a più camere, di età non anteriore alla fine del sec. IV, si rinvennero, e in parte si conoscono tuttora, a Canosa e a Lecce. Per Cuma in Campania si hanno testimonianze di tombe ipogee di modello vario. Caratteristiche le tombe cumane coperte da pseudocupola tronco-conica. A tombe greco-sannitiche a camera appartengono le frammentarie pitture sepolcrali cumane, conservate nel Museo Nazionale di Napoli. Dal suolo stesso di Napoli ritornarono alla luce, in tempi diversi, ipogei sepolcrali a camere coperte da vòlte a botte o a padiglione, talora con banchine o letti funebri di pietra lungo le pareti, e con decorazioni pittoriche parietali più o meno ricche. Ipogei, questi, di età ellenistica tarda, o ellenistico-romana.

Mondo romano. - Passando al mondo romano, si trovano insieme raccolte, anche in rapporto all'architettura funeraria, l'eredità ed esperienza acquisite dal mondo etrusco-italico, e quelle del mondo greco, asiatico, africano. Il primitivo ipogeo sepolcrale degli Scipioni, del sec. III a. C., sulla Via Appia, è da considerare un'imitazione delle tombe a camera etrusche. La tomba piramide di Caio Cestio sulla Via Ostiense (sec. I a. C.) è alla sua volta una testimonianza dell'influsso dell'Egitto ellenistico in Roma. Senza precedenti è invece il monumento sepolcrale di M. Vergilio Eurisace a Porta Maggiore in Roma: specie di mausoleo a pianta quadrata, e quasi cubico con elementi architettonico-decorativi ispirati dal mestiere di fornaio esercitato in vita dal defunto. Il tipo di mausoleo patrizio più in uso nel mondo romano è quello a pianta circolare: cilindro di pietra o laterizio rivestito di pietra, o anche di marmo, con semplici fasce decorative a bassorilievo.

Tali il monumento di Cecilia Metella sulla Via Appia, il sepolcro dei Plauzî a Ponte Lucano (Via Tiburtina); quello detto di "Casal Rotondo"; quello di Munazio Planco a Gaeta: per non ricordare che i più noti, tutti del sec. I a. C. Altro tipo di monumento sepolcrale, detto non meno arbitrariamente degli "Orazî e Curiazî", è una costruzione a pianta quadrata (sormontata da cippi tronco-conici), la quale sorge presso Albano, a destra della via provinciale per l'Ariccia.

Il mausoleo di tipo cilindrico, quasi divenuto ormai "nazionale", venne adottato in Roma per le tombe solenni degl'imperatori. Di che sono prova tuttora il mausoleo di Augusto, e il mausoleo di Adriano (Mole Adriana o Castel S. Angelo). In questi e simili casi lo schema geometrico originario andò soggetto a modificazioni e ad abbellimenti sui cui particolari non potremmo entrare per insufficienza di testimonianze. Lo stesso tipo di costruzione solenne, a pianta circolare, con coronamento a cupola si riconosce nel mausoleo detto dei Gordiani (Tor de' Schiavi) sulla Via Prenestina, nel mausoleo di Gallieno al terzo miglio dell'Appia, e nel mausoleo di Romolo, figlio di Massenzio (conservato in prossimità del circo di Massenzio), presso S. Sebastiano pure sull'Appia. Appartengono alla medesima famiglia di monumenti, non ostante la struttura architettonica più complessa, il mausoleo di Diocleziano a Spalato (oggi duomo di Spalato), il mausoleo di S. Elena, madre di Costantino, sulla Via Labicana (Tor Pignattara), e quello coevo di S. Costanza, l'unico ben conservato sulla Via Nomentana. Il mausoleo di Teodorico, eseguito circa l'anno 519 presso Ravenna, costituisce l'ultimo grandioso esempio di mausoleo imperiale sostanzialmente concepito secondo lo schema imposto da una gloriosa tradizione plurisecolare (vedi appresso: Medioevo ed età moderna).

Gl'innumerevoli sepolcri di famiglia, che per lunghissimo tratto si seguivano ininterrotti ai margini delle vie suburbane di Roma, e specialmente della Via Appia, lungo la quale non rimangono oggi che avanzi irriconoscibili, si uniformavano con una certa frequenza all'accennato schema costruttivo a pianta centrale. Dalla semplice cella quadrata; con vòlta a crociera, si passò a più complesse costruzioni circolari con corona di nicchie ora esterne ora interne (absidi), ora esterne e interne insieme. Né sempre tali costruzioni circolari erano a piano unico, ma talora anche a due piani, tanto all'esterno quanto all'interno. Da Roma tale architettura sepolcrale lussuosa si diffonde in Campania e in altre regioni d'Italia e dell'impero. Più che nei superstiti avanzi monumentali, i relativi documenti storici, per l'Italia almeno, si rintracciano qua e là tra i disegni e gli appunti, più o meno schematici, di numerosi architetti del Rinascimento. Esempî di tombe monumentali dove appare variamente combinato il tipo del monumento a pianta quadrata con quello del monumento a pianta rotonda, sono così il sepolcro volgarmente denominato la "Sedia del Diavolo" sulla Via Nomentana, come il curioso sepolcro, di età severiana, detto la "Conocchia", presso S. Maria Capua Vetere. Un esempio di sepolcro a pianta esclusivamente quadrata, né perciò meno ricco dei precedenti, era quello di Annia Regilla (di età. antoniniana) alla Caffarella sull'Appia. Al di là delle Alpi meritano di essere particolarmente ricordati: il sepolcro dei Giulì a Saint-Rémy, tipo di mausoleo a due piani sfinestrati, di diversa struttura, con coronamento a guglia e alto plinto quadrato, a facce riccamente scolpite; e il mausoleo dei Secundinii a Igel (Treviri), alta costruzione piena, a pianta quadrata, abbondantemente decorata di bassorilievi sulle quattro facce, ciascuna sormontata da timpano e tutte insieme da un coronamento a imbuto rovesciato. Più comuni, però, in Italia e fuori, dovevano essere le tombe monumentali di tipo asiatico, sotto forma di sarcofagi all'aperto eretti su alta base: come la cosiddetta "tomba di Nerone" sulla Via Cassia. Pure frequenti, almeno nella Campania, i monumenti con sedile semicircolare o esedra sormontata da alta colonna e vaso funerario (come la tomba pompeiana di Esquilia Polla): in rapporto con l'idea di richiamare, mediante l'offerta di un riposo, l'attenzione del passeggero sulla tomba e la sua iscrizione.

Esemplari imponenti e grandiosi di tombe in forma di edicole o tempietto (heroon) erano quelli che una volta si ammiravano presso le città romane di Asia Minore (come a Térmesso in Pisidia): con il sarcofago, o i sarcofagi, nel vestibolo o nella cella, talora aperta sulla fronte, in rapporto con l'idea persistente, di origine orientale, del culto da prestare al defunto eroicizzato. Né meno rigogliosa che nelle altre provincie dell'impero, l'architettura sepolcrale si sviluppa nell'Africa settentrionale (Algeria, Tunisia, Tripolitania). Anche nell'Africa romana è assai diffuso il tipo di tomba mausoleo, su podio molto elevato, con o senza gradinata antistante. Dal heroon o edicola funeraria, si sviluppa tutta una varietà di tipi: prospetti di colonnati e di nicchie, o di pseudocolonnati e di pseudonicchie, eretti sopra alti plinti, e muniti di coronamento a timpano o a piramide più o meno acuta. Taluni monumenti sepolcrali africani presentano aspetti bizzarri: come di esili guglie pressoché di tipo gotico, edicole, padiglioni poligonali, ecc.

In molti casi, e con maggiore frequenza nell'Italia centrale e in Roma, la ricchezza architettonica e decorativa delle tombe era sviluppata, più che altro, al coperto, in sottosuolo; circostanza questa che ha servito a garantire la conservazione e l'integrità delle tombe talora fino ai tempi nostri. Tombe ipogee di aspetto monumentale, scavate nella roccia, e ricche di ornamenti scolpiti e dipinti, tuttavia caratterizzano anche le necropoli dell'Egitto ellenistico-romano: come tuttora si vede nella "catacomba" di Kêm-el-Shugafa e nella necropoli di Anfushy presso Alessandria. Di età più tarda (sec. III d. C.) è l'ipogeo sepolcrale, con pitture d'ispirazione classicheggiante, a Megaret-Abu-Sxeil presso Palmira. Conviene notare come, specialmente sul suolo romano, le tombe ipogee, per quanto lussuose, non si possano identificare, di regola, come tombe di famiglie aristocratiche e facoltose, dato che anche per le tombe si teneva a far pompa del proprio grado sociale e della propria ricchezza, non già nelle tenebre del sottosuolo, ma all'aperto. Le tombe dell'Appia, come quelle dell'Isola Sacra presso Ostia, costituiscono di ciò una conferma. In quei casi in cui a tombe e sepolcreti ipogei va unito il nome di una gens romana, non si tratta già di tombe gentilizie ma d'ipogei per i liberti di una gens, o nobile famiglia. Tali i colombarî romani, famosi in passato, degli Arrunzî, degli Statilî, e dei liberti dell'imperatrice Livia (sulla Via Appia). Tale forma economicamente assai indovinata di tomba comune apparteneva anche a collegi o a privati che ne vendevano poi i loculi (v. colombario).

La decorazione delle pareti e delle vòlte degl'ipogei sepolcrali era ottenuta in rilievo, per mezzo di stucchi artistici, o in piano, per mezzo di pitture; oppure, in qualche caso, con stucchi e pitture insieme. Un imponente sepolcreto, o tomba plurima, a vòlta, con absidi ed edicolette, è il colombario, tuttora ben conservato, detto di Pomponio Ila presso Porta Latina, con civettuole decorazioni pittoriche (età tiberiana). Con le vòlte, e parte delle pareti, riccamente decorate di stucchi figurati e di pitture si conserva tuttora la tomba ipogea degli Anici, e decorata di soli stucchi, assai fini, quella simile dei Valerî sulla Via Latina; entrambe di struttura architettonica assai semplice (prima metà sec. II d. C.). Di sole pitture a soggetti varî e leggieri si adornava il colombario sotto la Villa Pamfili al Gianicolo (ora ricostruito con le pitture originali al Museo Nazionale Romano); mentre di pitture a soggetti mitologici di stile ben più solenne si ricoprivano un giorno le pareti e le vòlte della tomba gentilizia dei Nasonî, tuttora in parte conservata sulla Via Flaminia (in soprassuolo, con arcosolî). Di età alquanto più tarda di queste tombe, si deve considerare il gruppo d'ipogei, pagani, decorati parte di stucchi, parte di pitture, rinvenuti e conservati sotto la basilica di S. Sebastiano sulla Via Appia: di età forse non più tarda del sec. II. Al sec. III d. C. si possono ascrivere due tombe a camera dipinte, a semplice pianta quadrata, rinvenute nel 1921 e nel 1923, la prima sulla Via Trionfale, al IX chilometro da Roma, la seconda sulla Via Flaminia, poco più a nord della tomba citata dei Nasonî: una con sarcofagi di marmo scolpiti, l'altra con cassoni e arcosolî, entrambe adorne di pitture a soggetti figurati e floreali. I sarcofagi romani scolpiti, che tanto interesse artistico rivestono per sé medesimi (v. sarcofago), e di cui raramente accade d'indagare le circostanze del rinvenimento, costituirono in genere la suppellettile di tombe a camera del tipo di quelle sopra ricordate.

La struttura architettonica e la sintassi decorativa di cubicula e di cryptae, o camere sepolcrali, nelle stesse catacombe cristiane di Roma (v. catacombe), si richiamano sostanzialmente a modelli di tombe monumentali assai diffusi nel mondo pagano contemporaneo. Altrettanto si dica di sepolcri isolati e di epoca tarda, come quelli di Trebio Giusto, sulla Via Latina, e degli Aurelî, al Viale Manzoni in Roma, dalle stesse pitture parietali, di contenuto simbolico, risultanti come tombe di personaggi e di comunità dediti a culti sincretistici.

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Medioevo ed età moderna. - All'inizio dell'età medievale, il mausoleo di Teodorico a Ravenna (grande mole di pietra fasciata da dieci arcate nella parte inferiore, che racchiude una camera sepolcrale cruciforme, e con un ambiente superiore rotondo coperto dalla colossale cupola monolitica) chiude il ciclo che dal tumulo etrusco aveva portato al grande sepolcro imperiale romano. Dopo di esso per alcuni secoli manca nei sepolcri quasi ogni manifestazione monumentale. Come cappelle-mausolei, non più isolate come quella di Galla Placidia, ma aderenti alla chiesa, si possono ricordare quella ricca di musaici eretta nel sec. IX, in Roma, da Pasquale I per la propria madre Teodora, nella chiesa di S. Prassede, e detta ora cappella di S. Zenone, e poi, all'inizio del sec. XII, la tomba di Boemondo presso la cattedrale di Canosa di Puglia.

Il tipo più semplice di tomba, la lastra che al livello del pavimento ricopre la fossa col cadavere, in piena età medievale presenta moltissime varietà. La materia, oltre la pietra, può esserne il metallo, talvolta smaltato come nella tomba di Carlo il Calvo che era in Saint-Denis, più raramente la terracotta. Abitualmente vi è scolpita la figura del defunto a rilievo più o meno pronunciato o a semplice contorno. Si ha anche qualche esempio di impiego del musaico.

Quando il rilievo acquistò una certa pienezza la lastra non poté più essere calpestata dai fedeli come le altre parti del pavimento, ed essa fu rialzata su un leggiero zoccolo o addirittura appoggiata su tozze colonnine o sostegni a forma di animali accucciati. Quando le lastre sono molto rialzate vengono a costituire un altro tipo di tomba, "a zoccolo", trasformazione di quella a sarcofago.

I sarcofagi continuarono ad essere la parte essenziale della maggior parte dei monumenti tombali. Nelle regioni meridionali, dove permase più viva la tradizione classica, si adoperarono per lungo tempo sarcofagi antichi o imitati da questi, e vi si posero realmente i cadaveri. Nelle regioni settentrionali a partire dal secolo XI-XII il sarcofago divenne solo simbolico e il cadavere fu seppellito al disotto. Esso si trasformò anzi in un parallelepipedo di muratura, rivestito di una decorazione in pietra e ricoperto da una spessa lastra su cui è sovente rappresentata l'immagine del defunto. Le prime di queste immagini risalgono al sec. XI, ma esse si fecero numerose soprattutto al sec. XIII. La tomba divenne come il letto di parata su cui era esposto il morto prima della sepoltura. Le braccia sono incrociate o distese e le mani tengono le insegne delle cariche ricoperte: la spada per i cavalieri, il pastorale a destra per i vescovi e a sinistra per gli abati, ecc. Ai piedi un animale simbolico: leone per i cavalieri, dragone o cane per i chierici e le dame. La fronte è decorata con archeggiature, fogliami, scene figurate. Nel sec. XIV si ebbero anche sepolture doppie e su di esse si vedono giacenti marito e moglie, l'uno accanto all'altra. Cosi le tombe fatte rifare da S. Luigi per i suoi antenati, nell'abbazia di Saint-Denis. All'estremità di queste tombe dietro le figure giacenti, erano spalliere con colonnine sulle quali si ponevano i ceri. Nel secolo seguente agli elementi descritti se ne aggiungono altri, come angeli dalle ali spiegate o paggi inginocchiati presso il capezzale dei defunti.

In armonia con l'evoluzione dell'architettura gotica, lo zoccolo perde la sua conformazione massiccia e viene tutto traforato da arcatelle sotto le quali sono poste statuette, per solito di piagnoni, che nel Medioevo seguivano i funerali solenni. Poi le arcatelle spariscono e le lastre scolpite sono sorrette dalle statuette stesse che prendono funzioni di telamoni o di cariatidi, con il che si ricade in un altro tipo di tomba precedentemente descritto.

Tanto le tombe a zoccolo quanto i sarcofagi erano spesso sormontati da un baldacchino di pietra, che derivava dai baldacchini di stoffa posti al disopra dei catafalchi, o, secondo Viollet-le-Duc, almeno nella forma che aveva in età romanica, dalle coperture, quasi pergole di legno o di ferro, dette hearse dagli Anglosassoni, che si ponevano sulle sepolture.

In Francia il baldacchino nel sec. XII e XIII è costituito da una serie di arcatelle a giorno attraverso le quali si vede la statua del defunto e che sostengono una copertura piatta o displuviata, nel quale caso essa può ricevere una ricca decorazione, anche con figure (tomba di S. Stefano a Aubazine, Corrèze). In Italia fino dal sec. XII si hanno tombe monumentali con una copertura. E basti ricordare quelle dei re normanni nel duomo di Palermo, che rivelano una chiara impronta classica sia nelle colonne che sorreggono il tetto displuviato, sia nei arcofagi di porfido sorretti da sostegni di varia forma. Questa disposizione però in Italia non rimane frequente. Si ritrova in sepolcri posti all'esterno delle chiese: così nelle tombe bolognesi del sec. XIII (dei Glossatori, del Passageri) con la copertura a piramide sorretta da un ordine di colonne che poggiano su altre colonne o su un basamento pieno; a Verona nelle tombe degli Scaligeri, sul sagrato di S. Maria Antica, con le alte cuspidi che portano sul culmine la figura del defunto armato a cavallo; e in pochi sepolcri gotici nell'interno di chiese come quello di Caterina d'Austria in S. Lorenzo, a Napoli. Le forme a baldacchino delle tombe isolate si ripetono però anche in tombe addossate alle pareti: così nel monumento Fieschi, nella basilica di S. Lorenzo fuori le mura a Roma, che ha una copertura displuviata retta sul davanti da due colonne, in quella di Cangrande della Scala a Verona, che anzi diede il tipo per le altre isolate, e in sepolcri gotici napoletani di cui si parlerà in seguito. Frequenti sono dal sec. XIII al XIV in Francia e in Inghilterra: il baldacchino acquista ivi importanza di vera costruzione ad arcate ogivali, timpani aguzzi e pinnacoli, sostenute da quattro o sei (eccezionalmente cinque) pilastri.

Altra disposizione tombale è quella distinta in Francia con il nome di enfeu, che ha inizio col sec. XII. La tomba era applicata alle pareti esterne delle costruzioni chiesastiche. E uno degli esempî più antichi è una tomba situata tra i contrafforti della certosa di Tolosa, in un'alta nicchia arcuata, chiusa da colonnine. In Italia s'incontrano esempî di tombe coperte da un arco, disposte in serie quasi al livello del terreno. Così gli avelli addossati alla facciata di S. Giacomo Maggiore, a Bologna, e quelli sulla facciata e sul fianco di S. Maria Novella, e nel chiostro della Bádia, a Firenze.

Nel sec. XIII questo tipo di tomba passa nell'interno delle chiese e l'arcata diviene puramente decorativa. Si ha a Firenze una serie di tombe di questo modello a nicchia. Il sarcofago vi fa anche da basamento, e ai suoi estremi poggiano le colonnine o i pilastri che reggono l'arco; il fondo è dipinto. Con la venuta a Roma di Arnolfo di Cambio, nell'ultimo quarto del sec. XIII, il sepolcro fiorentino vi si diffonde e, al contatto con l'arte cosmatesca, si modifica acquistando una forma che si mantiene stabile per un certo tempo. Già prima d'allora si era manifestata l'influenza dei senesi con i monumenti dei Savelli nella chiesa dl Aracoeli, che i Cosmati avevano rivestito dei loro smalti. Il primo monumento eseguito da Arnolfo è quello di Adriano V in S. Francesco a Viterbo. Su un basamento poggia il sarcofago decorato con colonnine tortili, su cui è distesa la statua del pontefice, un po' inclinata per meglio essere veduta. Due colonne reggono al disopra un arco trilobato sormontato da un timpano acuto, con foglie rampanti lungo i lati. Il tutto è decorato con riquadri di porfido e serpentino e con formelle a strisce di musaico, secondo la maniera cosmatesca. Tutta una serie di monumenti segue questo tipo. In essi si vedono spesso due angeli sollevare sui lati una cortina scoprendo l'immagine del sepolto. Sul fondo possono esservi statue e iscrizioni, come nel monumento del cardinale di Braye in S. Domenico a Orvieto, esso pure di Arnolfo, o musaici, come nei monumenti cosmateschi del cardinale Consalvo Rodriguez in S. Maria Maggiore, e del vescovo Durand in S. Maria sopra Minerva, a Roma. Il tipo dei sepolcri arnolfiani si diffuse anche in Umbria (monumento di Benedetto XI in S. Domenico, a Perugia). A Napoli Tino di Camaino costruì monumenti sepolcrali di forme più complesse, con grandi baldacchini, spesso con l'urna sorretta da sostegni figurati. E il suo stile fu seguitato dai suoi aiuti (monumento di re Roberto, in S. Chiara).

Accanto a questi si hanno varî tipi di sepolcri sollevati da terra. Il tipo più semplice è dato dal sarcofago sorretto da mensole, di cui è uno dei più antichi esempî quello del Falconiere nel chiostro dell'Annunziata, a Firenze, privo di figure. Da questo gli artisti, e principalmente Tino di Camaino, seppero trarre partito per numerose variazioni. Sul sarcofago è posta la statua del defunto, sdraiata come nella tomba di Gastone della Torre nel chiostro di S. Croce, o seduta in atto di dormire come nella tomba del vescovo Antonio d'Orso in S. Maria del Fiore. Nel monumento del cardinale Petroni, nel duomo di Siena, sulla figura del defunto si stende una cortina ricadente da un'edicola gotica con le statuette della Vergine e di santi, e sollevata ai quattro angoli da angeli. Oppure il sarcofago sormontato da un'arcata, come nella tomba di Tedice Aliotti, in S. Maria Novella. In altri monumenti (dell'arcivescovo Saltarelli, di Nino Pisano, in S. Caterina a Pisa) una serie di colonnine regge una copertura trapezia sulla statua coricata del defunto. Nel monumento del vescovo Tarlati, nel duomo d'Arezzo, il sarcofago è al disopra di una triplice fila di bassorilievi, così in alto che la figura del vescovo fu posta non sopra, ma dentro di esso e si vede attraverso la fronte aperta. Nella tomba di Cino de' Sinibaldi, nel duomo di Pistoia, Cino è rappresentato seduto in cattedra a insegnare ai suoi scolari, e questo tanto nel bassorilievo sulla fronte del basamento o sarcofago, quanto in figure a tutto tondo poste sul basamento stesso. A Bologna la rappresentazione del maestro in cattedra circondato dagli scolari è frequente nelle tombe dei lettori dello Studio (sarcofago di Bartolomeo da Saliceto, nel Museo Civico). Tali sepolcri rientrano nel tipo dell'urna a copertura inclinata, con al disopra una statuetta della Vergine tra due angeli o due santi, al quale si possono riallacciare alcuni monumenti pisani, come quello della famiglia Gherardesca nel Camposanto, ed altri milanesi, come le tombe dei Visconti in S. Eustorgio. Più semplici sono i sepolcri costituiti da sarcofagi della forma ora descritta, ma con decorazione molto sobria, sorretti da colonnine o da cariatidi nelle quali si manifesta l'influsso nordico (tombe di Alamanno Caviccioli e di Francesco e Simone de' Pazzi, nel portico di S. Croce). Un bell'esempio di questo tipo si ha nella tomba nicchia a forma quadrata (sepolcri di Bernardo Giugni e del conte von Anderburg, nella Badia, a Firenze).

I sepolcri veneziani - che constavano in genere del sarcofago sorretto da due mensole, chiuso talvolta da un'arcata - verso la metà del '300 subiscono una trasformazione: l'arco diviene più ampio e s'imposta su colonnine, ed entro il vano coperto da affreschi la tomba apparisce campata in alto su una cortina variopinta. Sia in questo sia in altri modelli, le tombe si distinguono in genere a Venezia per una ricca decorazione scultorea. Così nel monumento a Tommaso Mocenigo, nei Ss. Giovanni e Paolo, il sarcofago è coperto da una fitta serie di nicchie con figure, e al disopra di esso vi è una uguale disposizione decorativa. Nel Veneto si hanno anche molti esempî di uno speciale tipo di sarcofago con una nicchia in mezzo alla fronte e altre nicchie angolari, di chiara impronta classica (arca di Iacopo da Carrara nella chiesa degli Eremitani, a Padova). Tale è il sarcofago di Paolo Savelli, ai Frari, sormontato direttamente da una statua equestre, disposizione uguale a quella del monumento a Barnabò Visconti, di Bonino da Campione, ora nel Museo Archeologico di Milano.

Fuori d'Italia conviene ricordare ancora i monumenti funerarî a nicchia con il fondo coperto di sculture (tomba di Dagoberto nella chiesa di Saint-Denis). Queste nicchie in Spagna presentano talvolta una decorazione a maioliche (tomba di don León Enríquez in S. Paola, a Siviglia). Sempre in Spagna, va segnalata la magnifica tomba policroma del cantore Aparicio, bell'esempio di stile funebre mudejar, nella vecchia cattedrale di Salamanca.

Nel Quattrocento, col rinnovamento artistico, mutano le forme ma non muta la disposizione fondamentale dei sepolcri. Nel monumento dell'antipapa Giovanni XXIII, nel battistero di Firenze, opera di Donatello e Michelozzo, al disopra di un'alta zona basamentale è il sarcofago sostenuto da mensole e sormontato da un drappo sollevato sui due lati. In questo sepolcro e in altri in cui si può riconoscere il suo influsso si manifesta una derivazione e uno sviluppo dell'arte trecentesca. La cortina ricadente dall'alto a forma di padiglione, che nel monumento Brenzoni, in S. Fermo a Verona - dei primi del Quattrocento e ancora legato alle forme gotiche - serve di sfondo alla scena della Resurrezione, compare in altre tombe quattrocentesche, come in quelle della beata Villana in S. Maria Novella e d' Isotta in S. Francesco a Rimini. Ma il "sepolcro in aria" come lo chiama il Sansovino, o "sepoltura rilevata", vale a dire non poggiata sul pavimento ma sorretta in alto da mensole, come quella del Bentivoglio, in S. Giacomo Maggiore a Bologna, di Iacopo della Quercia, cade in disuso.

Donatello e Michelozzo, a Napoli, nel sepolcro del cardinale Brancaccio in S. Angelo a Nilo, seguirono fedelmente lo schema gotico. L'urna è portata da tre figure maschili, ma la copertura che la sormonta è sorretta da due colonne corinzie e la cortina si riduce a un drappeggio lungo l'arcata, talché i due angeli, alla testa e ai piedi del defunto, non ne reggono che un lembo.

Un tipo di sepolcro che ebbe largo seguito e sviluppo anche fuori della Toscana è quello dato da Bernardo Rossellino con il monumento di Leonardo Bruni, in S. Croce. La disposizione, che segue la tradizione brunelleschiana, è a nicchia con un prospetto architettonico ad arco sorretto da due pilastri; l'urna ha sopra quasi sempre il giaciglio con la figura del defunto. Nella tomba del Marsuppini, di Desiderio da Settignano, nella stessa chiesa, i due angeli che nel monumento Bruni al sommo dell'arco reggono lo stemma, sono scesi all'imposta dell'arco e sostengono un festone ricadente dal centro. Lo stesso Rossellino nel monumento funerario del cardinale di Portogallo, in S. Miniato, amplia lo schema, disponendo entro un'arcata, con la fronte ornata di cortine sollevate, l'urna con la figura del defunto, e nel fondo la Madonna e angeli. La tomba di Maria d'Aragona (di Benedetto da Maiano?) nella chiesa di Monte Oliveto, a Napoli, segue questo modello.

Il primo Rinascimento ha anche un tipo di tomba che si può dire "ad arcosolio", in cui su un'alta zona basamentale variamente decorata vi è una nicchia semicircolare con entro l'urna. Esso ha un prototipo trecentesco nel sepolcro di Taddeo Pepoli in S. Domenico, a Bologna. Seguono il modello descritto la tomba Pandolfini nella Badia di Firenze, quelle Sassetti in S. Trinita, Inghirami nel duomo di Prato, ecc. E da esso derivano varî monumenti funerarî con il sarcofago entro nicchie rettangolari o arcuate, tra gli altri quello superbamente severo a Giovanni e Piero de' Medici, del Verrocchio, nella sagrestia vecchia di S. Lorenzo.

Altre forme furono usate da Mino da Fiesole che, pur seguendo nell'insieme lo schema del Rossellino, vi apportò innovazioni originali, e in particolare, facendo avanzare la trabeazione, ridusse la nicchia a forma quadrata (sepolcri di Bernardo Giugni e del conte von Anderburg, nella Badia, a Firenze).

Specialmente ad opera di Mino fu introdotto a Roma, nella seconda metà del sec. XV, il tipo del sepolcro fiorentino che, alquanto modificato, vi ebbe grandissima diffusione. Prima di allora si erano avuti in Roma monumenti in cui l'impronta classica aveva maggiore o minore predominio sulle forme medievali. Nella tomba del cardinale Vulcani, in S. Francesca Romana, la figura del defunto, secondo il modello così frequente oltralpe, posa su un alto zoccolo; in quella del cardinale d'Alençon, in S. Maria in Trastevere, sollevata da terra, la fronte reca scolpita la scena dei funerali e al disopra il corpo del cardinale è contenuto in una bassa nicchia rettangolare. Nel 1447 Isaia da Pisa modella il primo grande monumento papale, per Eugenio IV. I monumenti per papi, cardinali, ecc., assunsero da allora in poi un tipo ben definito: per solito una nicchia rettangolare di proporzioni poco slanciate, inquadrata in un ordine architettonico a colonne o pilastri sormontati spesso da un timpano semicircolare, con la salma stesa sull'urna e al disopra, scolpita a bassorilievo sul fondo della nicchia, la Madonna tra due angeli o due santi, o altre figure od ornati. Il più bello di questi monumenti fu quello di Paolo II, di Mino da Fiesole e Giovanni Dalmata, che era alto quasi dieci metri ed è ora smembrato. Si allontana dal tipo descritto il monumento di Innocenzo VIII di Antonio Pollaiolo, ora mal ricomposto nella navata sinistra di S. Pietro. Nella disposizione originaria in alto vi era il papa morto, disteso sull'urna, in basso il papa vivo, seduto in atto di benedire, tra le virtù cardinali.

Luigi Capponi introdusse a Roma il motivo dei busti entro nicchie, che applicò nel monumento dei fratelli Bonsi nel chiostro di S. Gregorio al Celio. La pietra tombale fu ancora impiegata, mentre divenne rara in seguito. Le lastre, specialmente quelle scolpite ad altorilievo erano sollevate da terra su uno zoccolo; infatti Paolo IV in un breve confermato poi da Pio IV e da Gregorio XIII, ordinò che le sepolture sporgenti sul piano dei pavimenti fossero portate al livello di questi. In alcune lastre vi sono parti in musaico: così è raffigurato in musaico il generale dei domenicani, Muñoz da Zamora, nella sua tomba in S. Sabina. Questo tipo di tomba fu usato fino a Eugenio IV anche per papi e cardinali e l'ultimo esempio ne è il sepolcro bronzeo di Sisto IV già nella cappella del Sacramento in S. Pietro, di A. Pollaiolo ora nel Mus. Petriano.

A Venezia si hanno monumenti complessi come quello al doge Niccolò Tron, di Antonio Rizzo, nella chiesa dei Frari, in cui la nicchia si trasforma in un grande arco poco sporgente, poggiante su due pilastri, e il sarcofago è sollevato su mensole tra una ricca decorazione di statue e bassorilievi. Forme anche più monumentali presenta il sepolcro del doge Pietro Mocenigo, nei SS. Giovanni e Paolo, di Pietro Lombardo e figli: entro un arco su pilastri e nicchie è il sarcofago sorretto da telamoni, con sopra il doge in piedi, tra due paggi. A Bergamo il monumento a B. Colleoni, dell'Amadeo, ricco di sculture, è sormontato da una statua equestre che ricorda esempî trecenteschi. Figure equestri compaiono anche in altri monumenti di tipo veneto, come in quello a rilievo di Antonio Rido, in S. Francesca Romana, a Roma.

Verso la fine del secolo cominciarono ad essere frequenti le stele e i cippi.

Il rinnovamento artistico che segnò il principio del Cinquecento si ripercosse nel monumento sepolcrale. Questo prese allora vera e propria importanza architettonica; la nicchia centrale si aprì come un arco trionfale tra due ali laterali, di minore importanza e spesso anche di minore altezza. Al centro è la figura del defunto, che in taluni esempî, come nella tomba del doge Venier in S. Salvatore, a Venezia, del Sansovino, è ancora disteso sul suo letto di morte; ma più spesso sembra dormire, con la testa appoggiata a un braccio, come nei due monumenti dello stesso artista, per il cardinale Ascanio e il cardinale Basso, nel coro di S. Maria del Popolo, e nel monumento di Adriano VI nella chiesa dell'Anima, di Baldassarre Peruzzi, dal possente partito architettonico ravvivato da marmi colorati. Nei due monumenti simili di Leone X e di Clemente VII, nel coro della Minerva, i papi appaiono seduti nella nicchia centrale; nei bassorilievi dell'attico s'incominciano a rappresentare gli atti più notevoli della vita del defunto. La composizione di questi monumenti è ripetuta con maggiore ricchezza e policromia di marmi nei sepolcri di Pio V e Sisto V nella cappella Sistina, in S. Maria Maggiore, in cui i papi non figurano seduti, ma inginocchiati. Lo stesso schema fu seguito, al principio del secolo seguente, da Flaminio Ponzio nei sepolcri di Clemente VIII e Paolo V nella cappella Paolina, simmetrica alla precedente, con le variazioni nella decorazione e nella policromia suggerite dalle nuove correnti artistiche che avevano allora inizio.

Fuori d'Italia gli schemi medievali continuano ad essere ripetuti, però con le forme classiche, che si erano ormai imposte dovunque. Si hanno ancora tombe a zoccolo, come quelle eseguite da Domenico Fancelli per i re cattolici nella cappella reale di Granata. Singolare composizione presenta il monumento del conte di Nassau, nella chiesa maggiore di Breda; sulla statua del defunto vi è una tavola con sopra l'elmo e l'armatura, sorretta da quattro guerrieri inginocchiati. Nel monumento elevato da Guido Mazzoni a Carlo VIII in Saint-Denis, la statua del re era non sdraiata ma inginocchiata in atto di preghiera. Nella tomba di Luigi XII e Anna di Bretagna, dei fratelli Giusti, i defunti sono ritratti due volte, giacenti sul sarcofago e in ginocchio sull'edicola, trasformazione del baldacchino gotico, in cui il sarcofago è contenuto, e questa è pure la disposizione della tomba di Enrico II, del Primaticcio.

Raro è in Italia questo schema a edicola isolata (tomba di G.G. Visconti nella certosa di Pavia) come pure il tipo di tomba a zoccolo (sepolcro bronzeo di G. B. Zeno, in S. Marco a Venezia).

Ma anche oltralpe si diffonde la tipica disposizione di un'inquadratura architettonica addossata alla parete (monumento di Louis de Brézé nella cattedrale di Rouen). Intimamente legata all'architettura d'interni chiesastici, si trova in esempî di grande imponenza, come le tombe di Carlo V e di Filippo II, di Pompeo Leoni, nell'Escoriale. Lo schema di due tombe simmetriche ai due lati dell'altar maggiore, con i defunti in atto di pregare, volti verso l'altare stesso, già usato nella chiesa di Parral, presso Segovia, è qui ripetuto con una grandiosità severa. Con questo ci accostiamo alla concezione delle cappelle sepolcrali, che acquistano ora particolare importanza. A Napoli, nella cappella Caracciolo di Vico, in S. Giovanni a Carbonara, architettata da Giovanni da Nola, le sculture sono profuse con fasto spagnolesco. A Roma Raffaello disegna con classica armonia la cappella Chigi in S. Maria del Popolo, con le due tombe a piramide ispirate dall'antichità. A Firenze Michelangelo crea un nuovo tipo nei sepolcri medicei, nella sagrestia nuova di S. Lorenzo, a piramide costituita in alto dalla statua del defunto e in basso da due figure allegoriche. Sono note le vicende della grandiosa concezione del monumento a Giulio II, di cui è sistemata in S. Pietro in Vincoli parte di un lato nel cui mezzo troneggia il Mosè. Nelle concezioni michelangiolesche la scultura ha il predominio sull'architettura; sotto la direzione di Michelangelo, Guglielmo della Porta scolpì in S. Pietro la tomba di Paolo III, in cui la parte architettonica è ridotta al minimo: in alto è la statua del papa seduto, in basso sono le figure della Giustizia e della Fede. Lo schema, derivato dai sepolcri medicei, ispirò a sua volta i sepolcri papali del'600. Ma in altri monumenti funerarî, pur dominati dall'influsso michelangiolesco, l'architettura ha piena importanza, così in quello Benavides nella chiesa degli Eremitani a Padova, dell'Ammannati.

Il mausoleo isolato mantiene ancora forme semplici e severe. La cappella Trivulzio, del Bramantino, addossata alla facciata di S. Nazaro Maggiore, a Milano, è esternamente quadrata e internamente ottagona. Nudo, più che semplice, tanto l'esterno quanto l'interno, e di proporzioni molto slanciate; le urne sono poste in nicchie arcuate, a grande altezza dal pavimento. Le icnografie poligonali si manifestano spesso anche all'esterno, come nel mausoleo di Stadthagen, di G. M. Nosseni, a pianta eptagona.

I monumenti minori sono per lo più composti di un busto e di un'epigrafe, ma vi è molto spesso un'inquadratura architettonica a pilastri o mezze colonne. Anche in essi, nella seconda metà del secolo, al marmo bianco si sostituiscono i marmi colorati.

Nel sec. XVII, col sepolcro di Urbano VIII, del Bernini, si afferma la nuova forma del mausoleo papale, già iniziata, si è visto, col sepolcro di Paolo III e che continuerà ormai ininterrotta fino all'età neoclassica. La figura del papa, che domina le due figure simboliche, è in atto di benedire o di pregare. Quasi ogni elemento o schema architettonico viene soppresso; prevale in modo assoluto la scultura, e questa impiega largamente il bronzo e i marmi colorati e cerca di dare ad essi la morbidezza della stoffa, la pastosità della carne, persino la vaporosità delle nuvole, e vuole produrre nuovi e impensati effetti con il movimento dato alle figure e ai drappeggi e con la bizzarria delle invenzioni: così nello scheletro che scrive il nome del papa nel monumento Barberini o che alza il drappeggio nel sepolcro di Alessandro VII. Le concezioni e le disposizioni dei sepolcri sono ormai estremamente variate. In quelli in cui è ancora usato il sarcofago, spesso da questo emerge per metà la figura del defunto (monumento a Innocenzo X a S. Agnese, tomba di Salvator Rosa in S. Maria degli Angeli). Il Bernini per il sepolcro Cornaro in S. Maria della Vittoria fece affacciare un gruppo di persone, che parlano tra loro e si sporgono in varî atteggiamenti a una finestra attraverso la quale si vede la prospettiva di un ambiente a colonne. Il motivo delle nicchie con mezze figure è del resto largamente sfruttato; un esempio bizzarro è offerto dalla tomba fattasi dal Ghisleni in S. Maria del Popolo, nella quale dietro una inferriata si vede la parte superiore di uno scheletro di marmo giallo. Nelle tombe Bolognetti, nella chiesa di Gesù e Maria, le immagini dei defunti sono situate entro logge intimamente legate all'architettura interna della chiesa.

Si hanno ancora monumenti in cui lo schema architettonico conserva la sua importanza, come quelli Falconieri in S. Giovanni dei Fiorentini, del Borromini, o quello del cardinale Bonelli in S. Maria sopra Minerva, di C. Rainaldi. Particolare grandiosità ha il monumento al doge Pesaro, ai Frari, in cui l'architettura del Longhena è ravvivata da numerose sculture. E una linea architettonica conservano i sepolcri a piramide, come le tombe Altieri, in S. Maria in Campitelli, che hanno come epigrafe le parole umbra l'uno e nihil l'altro. Ma col progredire dell'età barocca la scultura prevale in modo assoluto, con i suoi effetti di movimento e di policromia, e si hanno, ad esempio, monumenti in cui le figure hanno per sfondo ampî e ricchi drappeggi. Così la tomba di Maria Flaminia Chigi, in S. Maria del Popolo, a Roma, e quella del patriarca Morosini, in S. Nicolò dei Tolentini, a Venezia; sempre a Venezia, questo schema acquista particolare grandiosità nel monumento Valier, nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo. Tra le grandi composizioni funerarie è notevale in Francia il monumento a Maurizio di Saxe, nella chiesa di S. Tommaso, a Strasburgo, in cui il Pigalle ha rappresentato il maresciallo circondato dai simboli delle sue vittorie, in atto di scendere nella tomba che la morte gli apre.

Le cappelle gentilizie in cui sono spesso collocati questi sepolcri presentano lo stesso sfarzo di marmi colorati e di bronzi (cappella Cybo in S. Maria del Popolo), e nel settecento si avviano poi alla semplicità elegante del primo neoclassicismo (cappella Corsini, in S. Giovanni in Laterano).

Nell'evoluzione del sepolcro papale si ha un brusco passaggio dalle vecchie alle nuove correnti artistiche. Al monumento a Benedetto XIV, in S. Pietro, in cui il pontefice, ritto in piedi, con le vesti agitate da un vento impetuoso, sembra fare un gesto di minaccia più che di benedizione, si passa ai monumenti canoviani a Clemente XIV nella chiesa dei Ss. Apostoli, e a Clemente XIII nella Basilica Vaticana. In essi si continua ad adottare lo schema piramidale iniziato da Michelangelo, ma è bandita la policromia; la forma del plinto, su cui il pontefice appare seduto o inginocchiato, e dell'urna sottostante sono freddamente classiche; e uguale carattere hanno tanto la statua del papa quanto le due figure allegoriche poste in basso, su due piani diversi. Il modello, con alcune varianti, fu seguito fino alla tomba di Leone XIII, del Tadolini, in S. Giovanni in Laterano, in cui si accenna un ritorno alla policromia e al movimento barocco.

Altro tipo di monumento funerario neoclassico è la piramide addossata alla parete e decorata con figure a rilievo o a tutto tondo (monumento a Maria Cristina, del Canova, nella chiesa degli Agostiniani a Vienna), oppure l'urna o il cippo con bassorilievi o figure allegoriche, o la stele greca, e, in seguito, anche le lapidi, spesso col ritratto del defunto, inquadrate in edicole fedelmente imitate da modelli quattrocenteschi.

L. T. S. Visconti ideò la tomba di Napoleone, a Parigi, cavità circolare sotto la cupola degli Invalidi, con in mezzo l'imponente urna di granito. Nei mausolei isolati sono strettamente imitate le forme delle rotonde classiche (mausoleo sul Rotenberg presso Stoccarda, di G. Salucci; tomba di Volta a Camnago).

Intanto veniva la proibizione di seppellire nelle chiese. I monumenti, posti nei cimiteri, mutano un po' il loro carattere. Grande libertà viene lasciata all'artista per la loro concezione, e si hanno le più varie forme, dalle più semplici, costituite da croci e lastre tombali, alle figure e ai gruppi allegorici, che ebbero grande voga fino all'inizio del secolo XX. I monumenti più importanti hanno in genere la forma di cippi o colonne, o sono cappelle in cui si manifestano le varie tendenze architettoniche, dall'imitazione degli stili medievali all'attuale semplicità.

Nelle chiese continuano a essere posti eccezionalmente cenotafî; notevole, nella cattedrale di Siviglia, quello di Cristoforo Colombo, opera di A. Melida, in cui si vedono quattro grandi figure policrome, di bronzo sbalzato, incedere maestosamente portando la bara del grande navigatore.

Ricordiamo, inoltre, le tombe degli ultimi pontefici, e i sepolcri dei re d'Italia nel Pantheon.

La guerra mondiale e il dopoguerra hanno dato occasione a monumenti di particolare carattere e significato. Il Duca della Vittoria è stato sepolto in S. Maria degli Angeli, in una cappella sotto il livello del pavimento, scoperta. Ai caduti in guerra e per la causa fascista furono dedicati sacrarî nelle maggiori chiese d'Italia (Santa Croce a Firenze, Gran Madre di Dio a Torino) e, mentre imponenti ossarî (v.) raccoglievano le salme sui campi di battaglia, il Milite Ignoto era sepolto in Roma, sull'Altare della Patria.

Estremo Oriente; America precolombiana. - In Cina il tipo di tomba era in stretta relazione con la condizione sociale del defunto. Si passava così dalle fosse distinte da una semplice pietra ai piccoli tumuli, agli altari sotto un padiglione, alle stele poggianti su tartarughe, simboli dell'eterna beatitudine, ai recinti con l'ingresso segnato da pilastri. Per gl'imperatori si aveva un grande tumulo, costituito talvolta da un'elevazione naturale del terreno, preceduto da un recinto rettangolare in cui si seguono varie porte onorarie, un tempio, un altare.

In Birmania si hanno vere costruzioni sepolcrali, di tipo simile alle pagode, con tetti aguzzi, a rientranze successive (tomba del re Manda Min, a Mandalay).

Altri popoli orientali hanno tombe prive di ogni idea di monumentalità, con coperture o segni distintivi di materiale caduco. Così nel Borneo le fosse sono coperte da un tetto di canne sorretto da una leggiera armatura lignea, dipinta.

Nell'architettura precolombiana dell'America Centrale e del Messico le tombe consistevano in piccole camere voltate. Vi è ancora incertezza sulla destinazione di alcuni edifici - con la tipica disposizione ad alto basamento parallelepipedo o tronco-conico su cui è una cappella - ora creduti templi e che potrebbero essere invece sepolcri. Nelle regioni andine, corrispondenti alla Bolivia e al Perù meridionale (necropoli di Sillustani), si hanno tombe in forma di torri, oppure in grotte scavate nei fianchi dei monti, o semplicemente a fossa.

V. tavv. CLVII e CLVIII.

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Arte islamica. - I mausolei conservatisi nel mondo islamico, quasi tutti di principi o di uomini in reputazione di santità, sono generalmente edifici a cupola, di struttura molto diversa, dai più semplici ai più grandiosi. Nessuno può essere sicuramente riferito ai primi secoli della civiltà islamica; e quelli che portano il nome di personalità dei secoli VIII e IX tutti di forme più sviluppate, furono evidentemente rimaneggiati. Assunsero vera importanza alla fine del sec. X e poi con l'avvento dei Selgiuchidi. Collegati con lo sviluppo delle costruzioni in laterizio in Persia, quivi si presentano subito in due diversi aspetti, di torre sepolcrale (rotonda o poligonale, spesso con tetto a punta a foggia di tenda) o di sepolcro a cupola. I più noti monumenti dei diversi tipi sono il Gunbed-iQābūs in Giurgiān (1006), a pianta stellata, il mausoleo riccamente decorato della Mu'mineh khātun in Nakhshevan (1186), a pianta decagonale, e il grandioso edificio a cupola del sultano Sangiar in Merw (1157). Nel Irāq si costituì un tipo locale con coronamento torriforme formato di varie zone esterne di stalagmiti (mausoleo di Zubaidah, presso Baghdād). Derivano dal tipo iranico a cupola i grevi mausolei elevati in India ai sovrani dei secoli XIII e XIV ed a cui bastioni e scarpate conferivano l'aspetto di fortezza. Nel periodo della dominazione mongolica, il mausoleo a cupola tende in Persia a diventare più monumentale, come si vede particolarmente nel mausoleo UlgiaitūKhudabaudah (morto nel 1316), elevato nella sua residenza di Sultānyyah; il verticalismo dell'imponente cupola a sesto acuto richiama il sistema gotico. Samarcanda ebbe alla fine del secolo XIV nella Via dei Sepolcri dello scià Zinde una delle più originali necropoli del mondo; vi sono inumati numerosi membri della famiglia del grande Tīmūr, mentre egli stesso è sepolto un po' discosto nel grandioso Gūr Emīr (terminato nel 1504), in uno dei monumenti più significativi dell'architettura islamica, con cupola scannellata e cordonata a foggia di tenda sopra un alto tamburo cilindrico. Seguì poi in Persia e nel Turkestān il mausoleo a padiglione elevato tra giardini, tipo che trovò in India la sua più perfetta espressione nel celeberrimo rāǵ Mahall presso Agra, elevato nel 1630-48 dall'imperatore Shāh Giahān in memoria della consorte, edificio a cupola con facciata felicemente ripartita da nicchie ad arco, e le quattro torri angolari eseguite in modo così armonico e razionale che lungamente si è creduto opera di architetto europeo.

Il mausoleo (turbeh) ebbe poca importanza nello sviluppo dell'architettura osmanica: generalmente fu a cupola, di struttura poco complessa, e spesso annesso alle moschee.

In Egitto, mausolei degni d'interesse s'incominciano a trovare nel periodo ayyūbita, cioè agli inizî del sec. XIII; poi, sotto i Mamelucchi essi hanno un'importanza decisiva nell'architettura religiosa, benché abbiano poca varietà in confronto al loro grande numero. Il tipo di sepolcro a cupola, introdotto probabilmente dal Turkestān vi ebbe un definito sviluppo: la cupola ebbe la forma di elmo, impostata su pennacchi angolari decorati spesso di stalagmiti. Negl'immediati dintorni del Cairo, sorge nella solitudine del deserto un intero complesso di simili monumenti commemorativi, detti sepolcri dei Califfi e dei Mamelucchi. Tra gli altri vi si trovano mausolei abbinati con due cupole riunite da un arco. Il fatto che nel Cairo le moschee e le madrasah (v.) formavano una sola cosa con la tomba del loro fondatore conferì al mausoleo un'importanza più decisiva che altrove per tutta l'architettura sacra.

Nelle regioni islamiche occidentali le tombe dei santoni (qubbah, marabutto: v.) di modeste dimensioni, costruite in mattonì e tinteggiate a calce in un bianco abbagliante, mettono una nota caratteristica nel paesaggio. In numerose regge esistevano grandi mausolei per la famiglia regnante; tale la Rawdha nell'Alhambra, destinata a sepolcro dei re di Granata, di cui si conservano alcune vestigia e numerosi epitafî. Rimangono solo rovine informi dei sepolcri dei Merinidi presso Fez, mentre il campo sepolcrale della stessa dinastia in Shella presso Rabat consentì per lo meno di rilevare la pianta originale di quel principesco camposanto. Nella città di Marocco resta il mausoleo dei Sa‛diani (sec. XVI) con oratorio e numerose celle sepolcrali riccamente decorate in stucco.

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