OCHEDA, Tommaso de

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

OCHEDA, Tommaso de

Chiara Di Giorgio

OCHEDA, Tommaso de (Deodato Nemesio Tommaso). – Nacque a Tortona il 18 dicembre 1757 da Diego, figlio del capitano spagnolo Francesco (che, nativo di Siviglia, era stato al servizio di Carlo III in Spagna e poi di Eugenio di Savoia) e da Teresa Bigurra, appartenente ad antica famiglia tortonese. Il padre morì sicuramente prima del 1768 (Rozzo, 2005, p. 185) e Ocheda da allora fu seguito dal fratello maggiore Carlo.

Studiò dapprima nel collegio dei gesuiti di Monza, ove soggiornò fra il 1768 e il 1775 (v. le 31 lettere inviate al fratello: ibid., p. 186); in seguito fu avviato agli studi giuridici a Bologna e quindi a Pavia, dove sembra si trasferì verso il 1783, probabilmente senza ottenere la laurea, non essendovi notizie certe a riguardo.

Indubbio è che, negli anni giovanili, fu maggiormente attratto dagli studi filosofici che non da quelli giuridici: a questo periodo risale infatti la stesura di un libro sulla filosofia degli antichi – a tutt’oggi smarrito – come si evince da alcune lettere inviate al fratello da cui è possibile desumere l’impianto dell’opera, divisa nelle sezioni di metafisica, morale e fisica (Montani, 1831, pp. 150 s.). Negli anni dell’università, ebbe inoltre contatti con il giansenista Martino Natali, allora docente di teologia a Pavia, che nel 1784 lo raccomandò al conte Antoine Arnauld Gabriel Du Pac de Bellegarde a Utrecht (Carteggi di giansenisti liguri..., 1941, p. 221); ma fu grazie alle sollecitazioni di Girolamo Tiraboschi (forse conosciuto a Bologna) e del gesuita spagnolo Juan Bautista Colomés se, dal gennaio 1785 al marzo 1789, Ocheda fu impegnato come bibliotecario da Pietro Antonio Crevenna Bolongaro, colto mercante milanese residente ad Amsterdam, possessore di un’eccezionale collezione libraria.

L’impegno di Ocheda nella catalogazione della famosa biblioteca di Crevenna allora comprendente più di 8000 titoli, con cura particolare al reperimento delle edizioni di pregio, è testimoniato dalla stesura del voluminoso Catalogue des livres (I-V, Amsterdam 1789), unica opera a stampa del bibliografo tortonese. In questi stessi anni di permanenza olandese dovette dare un notevole contributo intellettuale all’edizione di Callimaco pubblicata a Leida nel 1787 dal filologo Laurens Van Santen, che nel proemio lo ringraziò per la preziosa collaborazione (Montani, 1831, p. 19).

Nel 1789 sopravvenute difficoltà finanziarie obbligarono tuttavia Crevenna a privarsi dei servigi di Ocheda nonché a vendere buona parte della biblioteca. Sollevato dal suo incarico, Ocheda continuò a soggiornare ad Amsterdam come segretario particolare di Carlo Ignazio Montagnini, conte di Mirabello, rappresentante del sovrano sabaudo presso le Province Unite sin dal marzo 1778, che aveva conosciuto in occasione di un viaggio all’Aia nel 1786 «in cui per caso ebbe a compagno l’Oriani [Barnaba] a provveder telescopii» (ibid., p. 149). Lo stesso conte avrebbe desiderato lasciarlo come suo rappresentante all’Aia avendo accettato un altro incarico presso gli Archivi regi a Torino nel giugno 1789 (Tigrino, 2011), ma la corte sabauda anticipò le sue intenzioni inviando come suo sostituto all’Aia Ignazio Isidoro Thaon di Revel. La posizione di Ocheda restò vacillante ancora per poco: contestualmente all’arrivo di Revel, giunse all’Aia anche Frederick North, conte di Guilford, già conosciuto negli anni passati da Ocheda in casa di Crevenna. Lord Guilford, non senza la benevola intercessione di Revel, gli procurò una raccomandazione per un posto di bibliotecario presso il bibliofilo e politico inglese George John Spencer.

Dopo aver declinato gli inviti del fratello e degli amici piemontesi a concorrere per un incarico pubblico di bibliotecario a Torino, nel gennaio 1790 Ocheda si trasferì a Londra presso lord Spencer, allora titolare di una delle biblioteche più pregiate d’Inghilterra, che negli anni a seguire registrò incrementi straordinari (arrivando a circa 40.000 titoli), grazie anche e in particolare all’impegno di Ocheda, che rimase al suo servizio fino al 1818. In questo lungo arco di tempo lavorò alla stesura di un corposo catalogo «fatto con metodo enciclopedico» (Prose di biografia degli Italiani illustri, 1841, p. 269), tuttavia senza riuscire a pubblicarlo: e il celebre bibliografo Thomas Frognall Dibdin ne riutilizzò largamente i materiali senza farne menzione esplicita (Bibliotheca spenceriana..., I-VII, London 1814-23).

Durante il lungo soggiorno inglese mantenne numerosi contatti, per via epistolare, con eruditi, librai e intellettuali di ogni parte d’Europa, «come documentano le fatture degli acquisti, che ci portano al conte Maffei di Venezia, come ad Aloys Blumauer di Vienna, a Pierre Besson di Cracovia o a James Payne di Londra» (Rozzo, 2005, p. 189), nonché con gli amici e conoscenti lasciati in Italia, per esempio con il gesuita Juan Colomes che il 22 gennaio 1793, in occasione della morte di Nicolas Jean Hugon de Basseville a Roma, gli scrisse da Bologna. Strinse rapporti anche con studiosi stranieri, come David Ruhnken, bibliotecario a Leida, William Roscoe, o il filosofo Franciscus Hemsterhuis.

Ai rapporti epistolari con gli amici, devono essere aggiunti quelli professionali con vari personaggi impegnati nel settore librario, come l’editore Giovan Battista Bodoni, il bibliotecario della Marciana di Venezia Jacopo Morelli o l’italianista irlandese Cooper Walker (ibid., p. 191), con i quali Ocheda mantenne contatti quasi esclusivamente per ragioni di compravendita o prestito di volumi.

È nelle lettere scambiate con Cooper Walker che emerge anche un nutrito numero di giudizi letterari su autori sia italiani sia inglesi. A proposito dell’Inamoramento de Orlando di Boiardo, Ocheda, a esempio, scrisse (confutando il giudizio di William Roscoe): «Non v’ha italiano mediocremente versato nella propria lingua, che non sappia che il Rafaccimento di quel Poema fatto dal Berni è così superiore all’originale nelle grazie e nei vezzi della lingua e nel verseggiare, che il primo Poema scritto con frasi Lombarde, ripieno di errori di Grammatica, dispiacevole per la durezza ed asprezza dei versi non è più letto, ed è divenuto un articolo rarissimo di Bibliografia» (ibid., p. 194).

Anche Foscolo scrisse a Ocheda mentre lavorava al secondo saggio su Dante (febbraio-marzo 1818), facendogli richiesta di poter consultare alcuni volumi presso la Spencer House. Poiché alcune delle opere richieste si trovavano fuori dalla biblioteca, Ocheda rispose che la consultazione non era possibile e Foscolo soprassedette alla richiesta. Da Londra si attivò inoltre per aiutare l’abate Stefano Egidio Petroni, fornendogli alcune notizie sulle fonti del romanzo picaresco Gil Blas de Santillane di Alain-René Lesage (Petroni, 1823). Si impegnò inoltre a promuovere la pubblicazione delle rime del poeta cinquecentesco Luca Valenziano, suo concittadino (Montani, 1831, pp. 11 s.), cui finalmente lavorarono alcuni studiosi tortonesi nel biennio 1815-16 (in partic. Lodovico Costa e Carlo Ceruti: Rozzo, 2005, p. 194), fino alla pubblicazione milanese del 1816 per i tipi di Carlo Dova (Valenziano, 1816).

Nel 1818 decise di rientrare in Italia, sembra principalmente per motivi di salute. Con il sussidio di una pensione concessa da lord Spencer e con circa 5000 volumi al seguito, si stabilì a Firenze presso la locanda della Fontana (Vannucci, 1866, p. 155), e qui intrattenne rapporti con intellettuali italiani e stranieri grazie alla cultura e all’erudizione maturata negli anni di studio della biblioteca spenceriana. Tra le conoscenze di quest’ultimo periodo spiccano quelle con Vincenzo Gioberti e Giacomo Leopardi. Insieme a Leopardi aveva peraltro condiviso l’alloggio alla locanda della Fontana per circa un mese (Rozzo, 2005, p. 197), mentre uomo dotto e di spirito fu stimato da Gioberti, com’è testimoniato nel suo epistolario (Gioberti, 1927, I, p. 21).

Morì a Firenze il 16 febbraio 1831.

Fu sepolto nel primo chiostro di S. Croce, dove sembra che il nipote ed erede Luigi fece apporre una lapide con un’epigrafe commemorativa dettata da Giovan Battista Niccolini, di cui però non è rimasta traccia eccetto che per la trascrizione presente nella Necrologia (Montani, 1831, p. 148) e in un’edizione delle opere in prosa dell’autore (cfr. Niccolini, 1823, p. 315). La commemorazione di Niccolini – che come scrisse Atto Vannucci «[...] visitava spesso Tommaso de Ocheda, da lui ammirato come il più grande erudito d’Italia» (Rozzo, 2005, p. 184) – ricordava i natali di Ocheda, i suoi impieghi da bibliotecario per Antonio Crevenna e per Lord Spencer e la lunga dedizione agli studi e all’erudizione piuttosto che alla composizione di proprie opere («[...] Volle per grande amore d’imparziale sapienza/ Rifiutar quella gloria/ Che ottener potea cogli scritti»; Niccolini, 1823, p. 315). Oltre all’epigrafe trascritta da Giuseppe Montani, poco dopo la morte di Ocheda fu inoltre pubblicata un’incisione litografica recante il suo ritratto, realizzata da L. Giunti e stampata dalla litografia Salucci, con la didascalia dantesca «Sillogizò invidiosi veri» che in Paradiso, X, 138 si riferiva a Sigieri da Bramante (l’incisione è riprodotta in Rozzo, 2005, p. 185).

Fonti e Bibl.: Oltre alle indicazioni bibliografiche di e su Ocheda contenute in Rozzo, 2005, si vedano: G.B. Niccolini, Prose di Giovan Battista Niccolini fiorentino..., Firenze 1823, p. 315; M. [G. Montani], Necrologia, in Antologia, XLII (1831), 126, pp. 147-155; Id., Agli amici ed estimatori di T. de O., ibid., XLIII (1831), 127, pp. 154 s.; Prose di biografia degli Italiani illustri..., a cura di E. De Tipaldo, VIII, Venezia 1841, pp. 269-272; A. Vannucci, Della vita e delle opere di G.B. Niccolini, Firenze 1866; U. Rozzo, Un grande bibliotecario tortonese: T. de O., in Miscellanea storica tortonese, a cura di U. Rozzo, Tortona 1980, pp. 41-52; Id., La biblioteca «inglese» di T. de O., in Biblioteche private in età moderna e contemporanea, Atti del Convegno internazionale, Udine... 2004, a cura di A. Nuovo, Milano 2005, pp. 183-199; V. Tigrino, Montagnini, Carlo Ignazio, in Diz. biografico degli Italiani, LXXV, Roma 2011, pp. 747-753. Si rimanda inoltre a: Opere volgari di m. Luca Valenziano derthonese, Milano 1816; S.E. Petroni, Notizie istoriche sul Le Sage, ed osservazioni critiche sull’originalità dell’autore di Gil Blas, tratte dal libro del Signore J.A. Llorente, London 1823; V. Gioberti, Epistolario, edizione nazionale, I, Firenze 1927, ad ind.; Carteggi di giansenisti liguri, I-II,a cura di E. Codignola, Firenze 1941, ad indicem.