DOLABELLA, Tommaso

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 40 (1991)

DOLABELLA, Tommaso (Tomasz)

Marius Karpowicz

Probabilmente figlio del pittore bellunese Nicola, nacque verso il 1570 a Belluno, dove apprese le prime nozioni di pittura. Verso il 1585 si trovava a Venezia, dove fu allievo e collaboratore ("primo aiuto") di Antonio Vassilacchi detto Aliense (Tomkiewicz, Weneckość…, 1961, p. 87).

Il primo suo lavoro di cui si ha notizia è la decorazione murale - perduta - eseguita con l'Aliense nella chiesa dei Ss. Apostoli a Venezia (Id., 1959, p. 12; Skrudlik, 1914, p. 99). Successivamente i due lavorarono alla decorazione del palazzo ducale dove, sul soffitto della sala del Senato, il D. eseguì nel 1592 il suo primo dipinto autonomo, raffigurante Il doge Pasquale Cicogna che adora il Ss. Sacramento, composizione complicata, piena di simbolismi, nello spirito del manierismo veneziano. Negli anni 1592-1594 la bottega dell'Aliense eseguì dieci quadri con storie della Vita di Gesù per i benedettini di Perugia (basilica di S. Pietro). I primi di questi dipinti vennero eseguiti a Venezia, gli altri a Perugia, dove l'Aliense e il D. giunsero all'inizio del 1594: alcuni sono firmati dal Vassilacchi e l'opera del D. va quindi cercata fra i dipinti non firmati, due dei quali - l'Entrata di Gesù in Gerusalemme e la Resurrezione di Lazzaro - presentano notevolissime affinità con le opere eseguite dal D. più tardi a Cracovia (Tomkiewicz, Weneckość…, 1961, pp. 89 s.). È invece discutibile l'attribuzione al D., fatta da studiosi italiani, di alcuni quadri anonimi conservati a Belluno e dintorni (Tomkiewicz, 1975, p. 72); solo la Flagellazione di Cristo (Belluno, Seminario Gregoriano), tratta peraltro da un'incisione precedente, è stata ficonosciuta da Tonikiewicz (1959, p. 13) Come opera del Dolabella.

Quando il re di Polonia, Sigismondo III Vasa, che era stato per molti anni cliente dell'Aliense, propose a questo di recarsi in Polonia come primo pittore di corte, l'Aliense rispose negativamente, ma inviò a Cracovia il suo "primo aiuto" (Ridolfi, 1648). Il D. dovette giungere in Polonia fra il 1596 e il maggio 1598, poiché in tale mese registrò sui libri comunali di Cracovia un'autorizzazione rilasciata all'Aliense per la vendita dei beni mobili e immobili da lui posseduti in Italia (comun. di W. Tomkiewicz). Fino al 1609 il D. lavorò per il re come "pictor regius" (Tomkowicz, 1912).

Dapprima eseguì i dipinti storici (Tomkiewicz, 1975, p. 73) destinati a decorare il castello sul Wawel (bruciati nell'incendio del 1702), poi, per il castello reale di Varsavia, i ritratti della famiglia reale e i quadri L'incoronazionedi Sigismondo III, La battaglia di Byczyna, Laconquista di Smoleńsk, Szujski ricevuto nella sala del Senato, La battaglia di Chocim. Questi quadri, rubati dagli Svedesi (1656) e dai Russi (1707), sono andati perduti. conosciamo soltanto la composizione di Szujski ricevuto nellasala del Senato da una stampa di Tomasz Makowski (prima metà del XVII sec.). Fra i ritratti è ritenuto opera del D. quello, molto ritoccato, che rappresenta Sigismondo III a cavallo (verso il 1611, oggi nella raccolta statale d'arte al Wawel): si conoscono infatti due ritratti simili tratti da incisioni eseguite dallo stesso D. (Tomkiewicz, 1950, pp. 162 s., ill. 12 s.).

Dopo il trasferimento del re e della corte da Cracovia a Varsavia, nel 1609, il D. rimase a Cracovia e passò al servizio dei principali Ordini religiosi, lavorando per il re soltanto occasionalmente.

Nel 1606 aveva sposato Agnieszka Piotrkowczykówna, anch'essa pittrice e aiuto del marito, figlia di un libraio ed editore di Cracovia. Il D. eseguì acqueforti per illustrare i libri pubblicati dal suocero. Nel 1620 il re concesse al D. e a un suo cognato, fratello della moglie, il privilegio di tenere una bottega editoriale; le illustrazioni anonime, uscite da questa stamperia, furono probabilmente create dal Dolabella. Tra il i 609 e il 1611 il D. eseguì gli affreschi della cappella della celebre Madonna di Częstochowa: si sono conservati Angeli sulle vele delle volte. Nel convento di Jasna Góra si trovano ancora tre quadri da cavalletto che presentano le caratteristiche della bottega del D.: La Vergine che vince le eresie, La comunione dei rappresentanti della dinastia degli Jagelloni, Il trasporto delle reliquie di s. Paolo eremita (questo quadro è opera dell'ultimo periodo d'attività del D., che vi partecipò in misura minima).

Negli anni 1612-1618 il D. dipinse quadri religiosi per i gesuiti e per i francescani di Cracovia, per la cattedrale sul Wawel e per l'abbazia dei cisterciensi nella vicina Mogila (tutti dispersi). Nel 1618 passò al servizio dei domenicani di Cracovia, riempiendo, negli anni successivi, tutto il convento e la chiesa di tele e affreschi.

La maggior parte dei dipinti andò perduta durante l'incendio di Cracovia del 1850; si conservano i quadri del refettorio, della cappella di S. Giacinto e alcuni dipinti del convento. Il complesso del refettorio conta dieci tele, oggi sparse in diversi locali. Quattro tele di enormi dimensioni - Le nozze di Cana e L'ultima cena nella chiesa, La moltiplicazione dei pani e dei pesci (firmato) e La cena da Simone nel refettorio - dipinte nel primo periodo (1618-1622) sono stilisticamente le più veneziane tra le opere del D. giunte sino a noi. Le altre sei vennero eseguite dal D. in un periodo posteriore, con una forte partecipazione della sua bottega, e sono S. Antonio abate che visita s. Paolo eremita, Gesù tra le case di Maria e Marta, Gli angeli che nutrono s. Domenico e i suoi allievi, La cena di Melchisedech con Abramo, L'uscita degli ebrei dall'Egitto, La pesca miracolosa. Dei dipinti presenti nella cappella di S. Giacinto nella chiesa dei domenicani soltanto le quattro storie della Vita del santo sono state eseguite nella bottega del Dolabella. Nel convento si trovano La scuola di s. Tommaso d'Aquino ed una seconda versione, più piccola, dell'Ultima cena. Nel presbiterio della chiesa si trova La Madonna che appare a s. Giacinto.

Contemporaneamente il D. lavorava anche per altri conventi, soprattutto per l'Ordine dei canonici regolari. La chiesa del Corpus Domini a Cracovia, appartenente a quest'Ordine, conserva due grandi tele, L'apoteosi dei canonici regolari e La morte di s. Thomas Becket, per le quali il D. ricevette nel 1627 il forte compenso di 150 zloty (Tomkiewicz, 1975). L'adorazione dei pastori sull'altare maggiore di questa chiesa è uno dei migliori quadri del Dolabella. Per la chiesa di questo stesso Ordine a Krasnik (Lublino), il D. eseguì, nel 1626-1627, tre grandi composizioni: Il giudizio mistico, La processione del Rosario, La messa di ringraziamento (in ottimo stato di conservazione) e alcune tele minori (ritoccate).

Nel convento dei bernardini a Warta (Grande Polonia) si conserva un S. Stanislao davanti al tribunale reale (1624); nel castello sul Wawel a Cracovia un'enorme Battaglia di Lepanto, dipinta dopo il 1632 per i domenicani di Poznali.

Con la morte del re Sigismondo III (1632) e la salita al trono del figlio di questo, Ladislao IV, il D. riprese i contatti con la corte. Eseguì infatti per la cappella reale della chiesa di Bielany presso Cracovia una serie di quadri con episodi della Vita del santo patrono del re e dorature per l'enorme compenso di 1.200 zloty (Tomkiewicz, 1959, p. 57). Si sono conservati: S. Ladislao visita le chiese, S. Ladislao aiuta i poveri, La morte di s. Ladislao e La canonizzazione di s. Ladislao. Negli anni successivi, e particolarmente nel 1637, il D. inviò a Varsavia quadri, per lo più di soggetto storico, per le residenze reali, e specialmente per il castello di Varsavia (distrutti, sono noti dalle descrizioni, cfr. Kobierzycki, 1655). A quel periodo risale il ritratto di Ladislao IV a cavallo (Raccolta statale d'arte al Wawel) che W. Tomkiewicz (1950) ha riconosciuto come opera del Dolabella.

Nel 1638, dopo la morte della moglie, iniziò per l'artista un periodo di insuccessi e di dispiaceri. La famiglia della moglie gli intentò un processo per motivi patrimoniali (Tomkiewicz, 1959, pp. 56, 78); la corporazione dei pittori di Cracovia, della quale il D. era membro) gli mosse accuse, dovute all'invidia per il gran numero di ordinazioni da lui ricevute, per il fatto che dava lavoro a troppi lavoranti (Ga̢siorowski, 1860). Le vertenze con la corporazione erano iniziate già da tempo, ma questa volta il conflitto si fece più acceso. Il D. cominciò a pensare a un suo ritorno in Italia. Gli venne però in aiuto il re, annullando nel 1641 le pretese della famiglia della moglie e risolvendo a favore del D. la vertenza con la corporazione (Tomkiewicz, 1959, p. 56).

Sono datati alla seconda metà degli anni Trenta i dipinti con scene della Vita dei santi dell'Ordine dei canonici regolari, particolarmente belli e ben conservati, sugli stalli della chiesa del Corpus Domini a Cracovia, dipinti giustamente attribuiti al D. in base a raffronti stilistici (Morawska, 1977). Negli anni 1642-1643 il D. dipinse per il re quattro quadri (dispersi) destinati al palazzo di Ujazdów presso Varsavia: L'arrivo della regina Cecilia Renata in Polonia, L'incoronazione di Cecilia Renata, La nascita del principino Sigismondo Casimiro, Allegoria delle vittorie di Ladislao IV (Tomkiewiez, 1959, p. 61). Su commissione del vescovo di Cracovia, J. Zadzik, il D. eseguì dei dipinti storici da collocare sui soffitti del palazzo vescovile di Kielce. Se ne sono conservati tre, molto grandi: Il giudizio degli ariani, Ladislao IV riceve i messi di Svezia, L'incendio di una città (Mosca 1611?) e altri più piccoli: L'assedio di Tortin nel 1629, Il congresso dei delegati di pace di Stara Wieg, I negoziati con gli Svedesi a Szturmska Wieg, Le trattative presso Smolensk. Minima fu la partecipazione del D. a una serie di quadri eseguiti dalla sua bottega per la cappella della famiglia Del Pace nella chiesa dei camaldolesi a Bielany (Zarewicz, 1871).

Negli anni 1646-49 la bottega del D. eseguì ancora un ciclo della Vita di s. Adalberto (bruciato nel 1760) per la cattedrale di Giezno, su commissione del primate Lubińfiski (Tomkiewicz, 1959, p. 70).

Probabilmente all'inizio degli anni Quaranta il D. si sposò per la seconda volta con una borghese di Krosno, Jadwiga Lopacka, che dal 1650 è presente negli atti legali come vedova del D. (Id., 1975). Al periodo di questo secondo matrimonio deve risalire il grande quadro Adorazione della ss. Trinità esposto sull'altare maggiore della chiesa parrocchiale di Krosno, che presenta tutte le caratteristiche della bottega del Dolabella.

Il D. morì il 27 genn. 1650 a Cracovia e fu sepolto nella cripta della chiesa dei domenicani.

Alle opere documentate la critica ha aggiunto numerose attribuzioni che però andrebbero tutte sottoposte a verifica.

Il D. diede un'impronta alla pittura polacca che perdurò sino all'ultimo ventennio del sec. XVII. Gli va comunque riconosciuto il merito di aver diffuso, attraverso la sua prima attività in Polonia, il colorismo veneto e le conquiste artistiche dei grandi veneziani, specialmente del Tintoretto, del Bassano e del Veronese. Più tardi, invece, la tavolozza del D. si spegne, tendendo sempre di più al monocromo, mentre le figure si allungano in modo esasperato e la prospettiva lineare appare spesso trascurata. In accordo con le tendenze della Controriforma, egli fa coesistere nella sua pittura il mondo soprannaturale e quello reale, le folle di santi in cielo e le folle di fedeli sulla terra, risentendo, in questo, in parte del Tintoretto e in parte dei pittori greci immigrati a Venezia. Non va infatti dimenticato che il maestro del D., Vassilacchi, era di origine greca, e non è un caso che nelle opere più tarde del D. si possano perfino riscontrare elementi in comune con la maniera di El Greco: un'intonazione orientale che peraltro doveva corrispondere a un gusto diffuso in quel periodo in Polonia, se le sue opere godettero di popolarità e di stima tanto eccezionali. L'altro aspetto della pittura del D., quello realistico, era conseguente alla precisione con cui osservava la realtà polacca che lo circondava. Tutte le scene terrene, religiose o storiche, si svolgono sempre nell'ambito di Cracovia e alla corte polacca. È stato dimostrato che nei suoi quadri riproduceva oggetti reali (per esempio reliquiari, ostensori, altari) e che nei protagonisti delle sue scene sacre ritraeva persone a lui contemporanee, secondo un procedimento, ampiamente imitato in Polonia, che venne detto "attualizzazione" (Skrudlik, 1914, p. 158).

Numerosi furono gli allievi e gli imitatori del R; fra gli altri ricordiamo: W. Cieszyńsky, Z. Dzwonowski, J. Kasiński, A. Nozeni, J. Proszkowski, S. Wódka.

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