MAMACHI, Tommaso Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 68 (2007)

MAMACHI, Tommaso Maria (al secolo Francesco Saverio)

Cesare Preti

Nacque nell'isola greca di Chio il 3 dic. 1713, da una famiglia forse di origine francese. A quindici anni, nel 1728, vestì l'abito domenicano nel convento dei predicatori dell'isola natale, dove fece il noviziato, al termine del quale professò i voti. Passò poi a Firenze, inviato dai superiori nella residenza di S. Marco per approfondire gli studi di filosofia e teologia. Priore del convento fiorentino era Giuseppe Agostino Orsi, futuro cardinale e maestro del Sacro Palazzo, che lo guidò negli studi favorendone una formazione ispirata al più fermo rigorismo teologico e dottrinale. Dopo aver conseguito, secondo prassi, gli ordini minori e maggiori, fu ordinato sacerdote nel 1736.

Completati gli studi teologici nel 1737, il M. restò fino al 1738 a Firenze, dove diede alle stampe la sua prima opera, un volume con due dissertazioni: De ethnicorum oraculis, e De Cruce Constantino visa et de Evangelica chronotaxi, con cui si rivelò storico e polemista di valore. Intanto, divenuto l'Orsi nello stesso anno segretario della congregazione dell'Indice, il M. fu chiamato a Roma, dove ottenne il lettorato di fisica alla Sapienza fino ad allora tenuto dal suo maestro. Cominciò così una stretta e proficua collaborazione tra i due, che consentì in breve al M. di acquisire una buona notorietà nell'ambiente romano, dove si segnalò come capace organizzatore culturale nell'Accademia di teologia, attiva dal 1740 al 1757 e uno dei principali luoghi di elaborazione culturale del "partito degli zelanti" negli anni del pontificato di Benedetto XIV Lambertini. Manifesto di tale "partito" possono essere considerati due lavori apparentemente minori del M.: l'orazione letta alla Sapienza nel febbraio del 1741, De Leone X pontifice maximo oratio (Romae 1741), e la raccolta di opere di s. Antonino Pierozzi da Firenze Opera omnia ad autographorum fidem nunc primum exacta, vita illius, variis dissertationibus et adnotationibus aucta, a cui è acclusa una Vita del santo scritta dallo stesso M., curata insieme con il confratello Dionisio Remedelli e pubblicata a Firenze nel 1741-42.

In entrambe le opere veniva proposto come modello di ecclesiastico l'uomo sì colto, ma soprattutto attento a guidare il laicato verso impegnativi traguardi di vita religiosa e morale. Alla complessa e discussa figura di Leone X Medici egli attribuiva il merito di avere concorso, nel concilio Lateranense V chiuso nel 1517, a definire le decisioni relative al divieto di stampa dei libri senza il permesso del vescovo o dell'inquisitore; all'obbligo di un quinquennio di studi umanistici, teologici e di diritto canonico per quanti avessero avuto intenzione di dedicarsi alla vita religiosa; e al rifiuto di qualsiasi compromesso nei riguardi del nascente luteranesimo. La stessa chiave di lettura egli applicava alla figura del fondatore del convento di S. Marco in Firenze, di cui tratteggiava il ruolo di pastore zelante nella cura dei costumi del suo gregge, di studioso e moralista sommo, di guida attenta e di promotore accorto di capolavori dell'arte cristiana come le pitture del Beato Angelico per il convento fiorentino. Singolare, ma significativo, è che tra tutte le opere di s. Antonino presentate, a dispetto del valore capitale di lavori tecnici quali la Summa moralis, si tendesse a privilegiare uno scritto come l'Omnis mortalium cura, ossia lo Specchio di coscienza, opera divulgativa di non alto livello, destinata a educare i fedeli.

Affiliato nel 1742 al convento romano di S. Maria sopra Minerva, nello stesso anno lasciò la lettura della Sapienza per la cattedra di filosofia nel collegio Urbano di Propaganda Fide. Qui, nel dicembre del 1743, pronunciò l'orazione d'apertura dell'anno accademico, pubblicata con il titolo di Oratio de ratione tradendae philosophiae designatis orthodoxae religionis propagatoribus, Romae 1744.

Giustamente nota, l'Oratio rappresenta forse il momento di maggiore concessione allo spirito del tempo. In essa, infatti, al di là di una scontata, ma convinta, difesa della filosofia scolastica come vera filosofia cristiana, non si esita ad attribuire alle Boyle lectures una funzione essenziale nella difesa del cristianesimo dalle insidie dell'ateismo. A questo proposito si citano, in particolare, le lectures di Samuel Clarke e di William Derham, ed è sottolineato con vigore il valore apologetico della teologia naturale di Isaac Newton. Tale apertura è, comunque, temperata da un giudizio molto netto sulla polemica che allora si andava sviluppando tra illuministi italiani e fautori del cosiddetto "partito del demonio": i primi attribuivano alla superstizione le credenze nella magia e nella stregoneria, i secondi - tra i quali lo stesso M. - riaffermavano con enfasi la realtà del sabba e delle streghe, come manifestazione dei poteri di Satana.

Nel 1746 il M. fu elevato alla dignità di bibliotecario della Casanatense di Roma e poi, il 28 apr. 1749, a quella di teologo casanatense. Ciò gli permise di attingere materiale per una delle sue opere maggiori, Originum et antiquitatum Christianarum libri XX, I-V, Romae 1749-55.

Dei venti promessi il M. compose solo quattro libri e di parte di questi fornì anche una traduzione italiana (De' costumi de' primitivi cristiani, I-III, Roma 1753-54), dato il grande favore di pubblico che l'opera incontrò. A decretarne il successo furono in parte la notevole erudizione, che ne fece per quasi un secolo una delle opere di riferimento per lo studio del cristianesimo primitivo; in parte la natura degli argomenti trattati, che, in quanto utilizzabili nella polemica contro il "lassismo" teologico dei gesuiti, suscitarono grande interesse e furono molto discussi. È però da sottolineare che, pur essendo rintracciabili nel libro accenni polemici contro le posizioni della Compagnia, essi sono ascrivibili alla tradizionale avversione dei domenicani contro i gesuiti, e non ad accostamenti alle posizioni giansenistiche, rifiutate e combattute in tutte le loro implicazioni, in particolare nell'asserzione di una presunta povertà originaria della Chiesa. Anzi, l'opera fu da più parti tacciata di essere la punta di diamante di un'abile operazione tendente a sfruttare in senso conservatore la propensione, allora diffusa in alcuni settori cattolici, a un ritorno alla Chiesa pretridentina.

Nel 1756 il M. curò con altri confratelli la stampa del primo volume degli Annales Ordinis praedicatorum, dati alla luce in Roma per i tipi di Marco e Nicola Palearini, che, pur se tratta solo del periodo della vita di s. Domenico (1170-1221), non è da intendere come opera apologetica sul santo, in quanto comprende una importante Appendix di documenti molto importanti per la storia dell'Ordine.

L'opera fece emergere sempre più la figura del M. come storico, mettendo in secondo piano quella del polemista, di cui aveva già dato notevole prova. Di lì a qualche tempo, però, gli avvenimenti politici lo spinsero a rivestire il secondo e più scomodo abito. Infatti, il dilagare in tutta Italia della polemica e della discussione sulla religione e sul ruolo della S. Sede, sul diritto della Chiesa di possedere e amministrare beni materiali, lo sollecitarono a dare alle stampe, anonimi e con la falsa indicazione Venezia 1766, i libri intitolati Del diritto libero della Chiesa di acquistare e di possedere beni temporali sì mobili che stabili, I-V (Roma 1769-70). In essi il M., polemizzando con Antonio Genovesi, Pedro Rodríguez de Campomanes, Tommaso Antonio Contin e Carlo Antonio Pilati, difendeva il principio dei diritti inalienabili del clero sui beni terreni, utilizzando non solo argomenti di principio ma anche, e assai sottilmente, ragioni economiche e sociali, tra cui quelle di una maggiore mobilità di capitali - e quindi di una maggiore redistribuzione di ricchezze e di benessere - derivante dall'acquisto di beni immobili laicali da parte della Chiesa, che meglio avrebbe saputo amministrarli; di una funzione assistenziale svolta dalla Chiesa a mezzo di questi beni, evitando rivolte e disordini sociali. L'argomentazione più interessante si riferiva alla pericolosità estrema, per la stabilità sociale, dell'idea di paritas, ovvero di uguaglianza sociale e politica.

Il libro provocò violente risposte, come quelle del Genovesi nella seconda edizione delle Lettere accademiche, Napoli 1769 (p. 212), di Giovanni Andrea Serrao, di Salvatore Spiriti, del già ricordato Contin, di Giuseppe Maria Galanti; ne fu inoltre proibita la diffusione, pena la galera, in Spagna, a Napoli, in Toscana e a Venezia. D'altronde, almeno nel territorio della Repubblica veneta, subì una sorte simile anche un'altra opera, anch'essa attribuibile al M., seppur pubblicata anonima, costituita da una serie di lettere inviate da Roma a partire dal dicembre 1766: La pretesa filosofia de' moderni increduli esaminata e discussa pe' suoi caratteri in varie lettere, I-II, Roma 1767. Si tratta dell'attacco di un polemista bene informato contro il pensiero enciclopedico francese, e in particolare contro quello di Jean-Jacques Rousseau, inteso come radicalmente sovversivo dei rapporti esistenti tra Chiesa e Stato, intento a cancellare dallo spazio pubblico la religione e a minare l'istituzione ecclesiastica.

In linea con il sentire della maggioranza dei membri della Curia romana, queste due opere aprirono al M. le porte di alcune importanti congregazioni di governo della Chiesa. In particolare, nel febbraio del 1770 divenne consultore della congregazione del S. Uffizio, per la quale nel corso degli anni elaborò alcuni importanti pareri su libri presi in esame in seguito a denunce, tra cui quello che portò alla proibizione delle opere di Julien Offroy de La Mettrie. Nel 1779 divenne segretario della congregazione dell'Indice dei libri proibiti, per la quale curò la redazione del XVII volume dei Diari, ovvero gli atti delle sedute della Congregazione. Nel 1791 Pio VI Braschi lo nominò maestro del Sacro Palazzo, al fine di valersi della sua penna.

In quegli anni, comunque, gli impegni di Curia non lo distolsero dall'attività di polemista in difesa della S. Sede, attività che lo spinse ad aggiungere la sua voce - in particolare con l'opera l'Epistolarum, de ratione regendae Christianae Reipublicae deque legitima Romani pontificis potestate, libri tres, Romae 1776-78 - alle molte che, in Italia e nel mondo cattolico, già si erano alzate a favore del primato del vescovo di Roma contro lo scritto, pubblicato con lo pseudonimo di Giustino Febronio, di Johann Nikolaus von Hontheim De statu Ecclesiae et legitima potestate Romani pontificis, Bullioni [Francofurte sul Meno] 1763. Inoltre, la preoccupazione di una radicale riorganizzazione della cultura cattolica, da lui sempre più avvertita soprattutto per combattere una battaglia interna contro le fazioni che con l'ipotesi di una riforma minacciavano l'unità della Chiesa, lo spinse dapprima a intervenire con note di suo pugno nelle edizioni romane di opere allora molto utilizzate - noto è il caso del settimo tomo della Storia della letteratura italiana( tradotta in lingua italiana dal p. Giannantonio Moschini, Roma 1784, di Girolamo Tiraboschi, da cui nacque un'astiosa polemica con l'autore e altri letterati italiani -, poi a favorire la fondazione nel 1785 di un settimanale, il Giornale ecclesiastico di Roma, per diffondere le posizioni ufficiali della Chiesa in materia dottrinale e confutare gli scritti ritenuti pericolosi. Il Giornale - che chiuse le sue pubblicazioni nel 1798 - fu molto letto ed è stato ritenuto la culla del cattolicesimo reazionario ottocentesco.

Il M. morì a Corneto Tarquinia (oggi Tarquinia) il 5 giugno 1792.

Fonti e Bibl.: Presso l'Arch. della Congregazione per la Dottrina della fede (Città del Vaticano), del M. sono conservati manoscritti - oltre al volume dei Diari dell'Indice - nove pareri (o censurae) assai corposi su altrettante opere esaminate dal S. Uffizio nel 1770-89, poste nei relativi fascicoli della serie Censurae librorum. Un elenco quasi completo delle opere a stampa e di inediti del M. è in A.M. Papilon, Opera omnia Th. M. Mamachi O.P., in Archivum fratrum praedicatorum, V (1935), pp. 241-260; altre indicazioni di opere in G. Melzi, Diz. di opere anonime e pseudonime, I, Milano 1848, pp. 33, 262, 306; II, ibid. 1852, pp. 347, 408; III, ibid. 1859, pp. 21, 105. Notizie utili in: A. Fabroni, Vitae Italorum doctrina excellentium qui saeculis XVII et XVIII floruerunt, XVIII, Pisis 1804, pp. 55-76; A. Waltz, Historia Ordinis praedicatorum, Romae 1850, pp. 225-236; Nouvelle Biographie générale, XXXIII, Paris 1860, coll. 123-125; M. Parenti, Aggiunte al Diz. bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani di Carlo Frati, II, Firenze 1959, pp. 425 s.; L.A. Redigonda, Scuole domenicane, Bologna 1967, ad ind.; G. Pignatelli, Aspetti della propaganda cattolica a Roma da Pio VI a Leone XII, Roma 1974, ad ind.; G. Ricuperati, Giornali e società nell'Italia dell'ancien régime, in C. Capra - V. Castronovo - G. Ricuperati, La stampa italiana dal Cinquecento all'Ottocento, Bari 1976, pp. 258 s., 263-266; F. Venturi, Settecento riformatore, II, Torino 1976, pp. 125-128, 185-198, 203-211; M. Rosa, Aufklärung cattolica in Italia, in Cattolicesimo e lumi nel Settecento italiano, a cura di M. Rosa, Roma 1981, pp. 14 s.; V. Ferrone, Scienza, natura e religione, Napoli 1982, pp. 561, 649 s.; Id., I profeti dell'Illuminismo, Roma-Bari 1989, pp. 37 s.; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica, XLI, pp. 95-97.

CATEGORIE