PORTINARI, Tommaso

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 85 (2016)

PORTINARI, Tommaso

Maria Paola Zanoboni

PORTINARI, Tommaso. – Nacque a Firenze nel 1428, figlio di Folco di Adoardo (Adovardo), per molti anni direttore della sede centrale del banco mediceo a Firenze, e di Caterina di Tommaso Piaciti; i fratelli, Pigello e Acerrito, furono entrambi direttori della filiale milanese del banco.

Alla morte prematura di Folco, avvenuta nel 1431, fu Cosimo il Vecchio a occuparsi degli orfani, di cui avrebbe poi fatto altrettanti capisaldi, dal punto di vista sia economico sia diplomatico-militare, della politica estera medicea, nelle sedi strategiche del banco Medici, secondo quel modo ‘informale’ di gestione dello Stato che caratterizzò sempre l’agire di Cosimo.

Le filiali, e in particolare quelle di Milano e di Bruges, rappresentarono uno strumento informale di centralizzazione economica e politico-diplomatico-militare di cui i Medici si servirono nel perseguimento di quegli obiettivi di centralizzazione decisionale in materia economica e di superamento della parcellizzazione giurisdizionale corporativa, nonché di protezionismo interno ed espansionismo commerciale sui mercati esteri, perseguita dal ceto dirigente fiorentino fin dall’inizio del XV secolo, contribuendo al tempo stesso al processo di aggregazione di una macroregione economica e di formazione dello Stato regionale.

Verso il 1440 Portinari fu mandato a Bruges, dove era già al servizio dei Medici il suo cugino più anziano, Bernardo, fondatore della filiale in quella città nel 1439, poi richiamato a Firenze nel 1448 a causa dei risultati sconfortanti della sua gestione.

Nonostante l’appoggio e le lettere di raccomandazione del fratello Pigello, fu solo dopo un periodo di tempo lunghissimo – nel 1465, dopo la morte di Cosimo il Vecchio – che Portinari venne nominato direttore della filiale, succedendo al precedente uomo di fiducia dei Medici, Angelo Tani, e diventando contemporaneamente anche loro socio. A coronamento di questo successo, Portinari ottenne da Piero de’ Medici, figlio e successore di Cosimo, il permesso di acquistare uno dei palazzi più belli di Bruges, l’hôtel Bladelin, situato nel centro economico e commerciale della città, nei pressi della Borsa, e appartenuto a Pierre Bladelin, consigliere di Filippo il Buono, per stabilirvi la sede del banco (1466). Nello stesso 1465 Portinari divenne consigliere del duca di Borgogna, Filippo il Buono, e accolse come aiutante e allievo il nipote Folco di Pigello. A parte questo riconoscimento, non ottenne mai altre cariche amministrative presso la corte borgognona; la sua influenza si basava piuttosto sui servigi che poteva rendere e sui prestiti che poteva erogare.

Dal momento che in Borgogna non c’erano ambasciatori fiorentini, Portinari svolse anche importanti missioni diplomatiche, sia per il conte di Charolais, poi duca, Carlo il Temerario (1467-1477), sia per la Repubblica fiorentina. Nel 1463 e nel 1465, ad esempio, fece da tramite tra Carlo e Francesco Sforza, mentre nella primavera del 1466 venne inviato dal duca di Borgogna a Saint-Omer per preparare le trattative matrimoniali per le nozze con Margherita di York, sorella del re d’Inghilterra Edoardo IV.

Nel 1468, in occasione del matrimonio di Carlo il Temerario con Margherita, Portinari figurava appunto come consigliere ducale, alla testa della nazione fiorentina, nel corteo nuziale: segno evidente della sua influenza e del successo del suo operato. Economia e politica andavano dunque fondendosi nella persona del banchiere mediceo.

Tra la fine del 1469 e l’inizio del 1470 rientrò a Firenze per le trattative matrimoniali e sposò la quindicenne Maria di Francesco Bandini Baroncelli, parente del sicario che uccise Giuliano de’ Medici nella congiura dei Pazzi del 1478, con lui raffigurata, agghindata alla fiamminga, nella pala dipinta da Hans Memling. Da lei ebbe cinque figli, Antonio (nato nel 1472), Pigello (nato nel 1476), Guido (nato nel 1477), Francesco (nato nel 1478), Giovanni Battista (nato nel 1485), e due figlie, Margherita (nata nel 1471) e Dianora (nata nel 1479). A costoro è da aggiungere una figlia illegittima, Maria (nata prima del 1470).

Discordi appaiono i giudizi degli storici a proposito della gestione e delle capacità di Portinari, che doveva fronteggiare una situazione molto complessa. Completamente negativa è la valutazione del principale storico del banco mediceo, Robert De Roover, che attribuì a Portinari tutta la responsabilità del fallimento della filiale, dipingendolo come personaggio spregiudicato rivolto unicamente a curare i propri interessi. Più obiettiva la recente storiografia che tende invece a ridisegnarne l’immagine sulla base di nuova documentazione (Boone, 1999; Walsh, 2005).

Dato il ruolo che ricopriva, era naturalmente impensabile che Portinari non partecipasse alle pur complesse e pericolose operazioni finanziarie in cui era coinvolto il Ducato di Borgogna. I prestiti a Carlo il Temerario e alla sua corte, l’acquisto dell’appalto del porto di Gravelines (1465) attraverso il quale transitava la lana inglese indispensabile ai produttori fiamminghi e italiani, la gestione in esclusiva delle compravendite dell’allume di Tolfa (1468), cioè di una materia prima fondamentale nella tintura dei tessuti di cui, dopo la caduta di Costantinopoli in mano ai turchi (1453), rimaneva un’unica importante miniera nello Stato pontificio, nei pressi di Civitavecchia, sono tutte operazioni che – considerate dalla passata storiografia come spregiudicate e pericolose, intraprese da Portinari per pura ambizione e causa del fallimento della filiale – vengono ora viste sotto una nuova prospettiva. Ciò che danneggiò l’appalto del dazio di Gravelines non fu la cattiva gestione da parte di Portinari, ma piuttosto la guerra civile inglese che ridusse drasticamente le esportazioni di lana.

Quanto al monopolio dell’allume papale, era evidentemente una mossa di capitale importanza, che trovò tuttavia l’opposizione dei produttori fiamminghi, segretamente sostenuti da Carlo il Temerario, che si vedevano imposti prezzi più elevati. A questo si aggiungevano le speculazioni a proprio favore di Portinari sulle compravendite di allume. I dissapori tra i Medici e il Papato, sfociati in una guerra rovinosa dopo la congiura dei Pazzi (1478), posero inevitabilmente fine alla concessione alla Repubblica fiorentina del monopolio dell’allume, che passò invece ai rivali genovesi.

Per quel che concerne i prestiti ai principi e alla corte, Carlo il Temerario e i suoi successori Maria di Borgogna e Massimiliano d’Austria, l’impressione è che Portinari dominasse, piuttosto che essere vittima: riusciva infatti sempre a ottenere in garanzia delle somme erogate gioielli di grandissimo valore, che faceva poi custodire a Firenze presso l’ospedale di Santa Maria Nuova, fondato dalla sua famiglia. Anche in questo caso fu un evento imprevisto a mettere in grave pericolo i crediti del banco nei confronti dei duchi di Borgogna: la morte di Carlo il Temerario durante la rovinosa battaglia di Nancy (5 gennaio 1477).

Uno dei principali meriti di Portinari fu il sapersi accaparrare il vasto mercato fiammingo, aprendo ai tessuti serici fiorentini uno sbocco di primaria importanza (analogamente a quanto stava cercando di fare a Milano suo fratello Pigello). Tra le principali forniture alla corte borgognona, figuravano infatti i drappi auroserici e i broccati, di cui la compagnia lucchese degli Arnolfini aveva detenuto il monopolio di esportazione a Bruges tra il 1445 e il 1464. Nel 1465 Portinari riuscì abilmente a sottrarre alla città rivale questo importante commercio, facendo delle Fiandre uno dei principali mercati di sbocco per le sete fiorentine, di cui la corte di Borgogna divenne assidua cliente fino al 1480 almeno.

Numerose e importanti le occasioni in cui furono richieste a Portinari cospicue forniture di drappi auroserici: il funerale di Filippo il Buono (giugno 1467), la joyeuse entrée (aprile 1468) e poi le nozze di Carlo il Temerario (luglio 1468), tessuti per il guardaroba della nuova duchessa e di sua madre (ottobre 1468), l’incontro di Carlo con Federico III (1473). I dipinti dei pittori fiamminghi di quest’epoca (da Jan van Eyck a Hugo van der Goes a Memling, ritrattisti di Portinari) testimoniano con dovizia di particolari quale dovesse essere la diffusione dei velluti e broccati auroserici nelle Fiandre. Molte anche le sovvenzioni per pagare le truppe.

Data l’importanza per la filiale di Bruges del commercio della lana inglese, nel 1468 Portinari cercò di evitare il fallimento della filiale di Londra, cosa che in un primo momento sembrò riuscirgli. Ben presto si delineò tuttavia l’opportunità di ritirarsi dal Paese, dilaniato in quegli anni dalla guerra delle Due rose tra gli York e i Lancaster, opportunità che i Medici, nel 1472, colsero chiudendo definitivamente la filiale londinese nel 1477. Nel frattempo Portinari aveva permesso che la filiale fiamminga si accollasse tutto l’attivo e il passivo di quella londinese, compresi i crediti, di assai difficile riscossione, con Edoardo IV che in cambio rinnovò i diritti di esportazione della lana. Fu proprio questo uno dei motivi principali della rovina della filiale di Bruges, che pure tra il 1478 e il 1480 i Medici decisero di liquidare, costringendo Portinari a rilevarla. Il passivo totale delle due sedi londinese e fiamminga – affermava Lorenzo il Magnifico – ammontava a 70.000 ducati.

Sul piano politico, le macchinazioni del re di Francia Luigi XI, volte a privare gli avversari di qualsiasi sostegno economico, contribuirono al deterioramento dei rapporti tra la Borgogna e Lorenzo il Magnifico, che nel 1473 ordinò a Portinari di limitare le sovvenzioni a Carlo il Temerario, costringendolo così nella fase finale del suo regno a imporre una pesante tassazione.

Proprio il problema delle alleanze politiche, e non l’incapacità di Portinari né l’insolvenza del Temerario – sottolinea la recente storiografia (Walsh, 2005) – fu uno dei motivi principali che portarono in seguito Lorenzo il Magnifico, diffidente nei confronti del duca, a ritirarsi dalla filiale sciogliendo la società con Portinari. Tra l’altro, Lorenzo accusò Portinari di aver finanziato troppo largamente una spedizione portoghese in Guinea (1474-75) e di aver malamente gestito la questione di due galee adibite al trasporto di merci, materiali preziosi e opere d’arte, una delle quali fu catturata dai corsari di Danzica, alleati della Lega anseatica tedesca contro l’Inghilterra, al largo di Gravelines (1473), con il suo carico di allume, sete e pale d’altare, tra cui il Giudizio Universale di Memling.

Svincolato dall’obbligo di risiedere a Bruges, nel 1477 Portinari si recò a Pisa e poi a Firenze, dove si trovava probabilmente il 26 aprile 1478, durante la congiura dei Pazzi. Nello stesso anno si trasferì a Milano, dove risiedeva ancora alla fine di marzo del 1479; nel maggio era però nuovamente a Firenze e poi (1480) nelle Fiandre, dove continuò a gestire il banco in proprio tra mille difficoltà.

Successivamente svolse una serie di missioni diplomatiche: nel 1487 venne inviato da Massimiliano d’Austria a Milano come ambasciatore presso Ludovico il Moro, si recò poi a Firenze dove rimase per parecchi mesi fino al 1489, anno in cui Lorenzo il Magnifico lo inviò in Inghilterra per discutere un trattato commerciale che faceva di Pisa la base mediterranea per il commercio delle lane inglesi. Nel 1496 fu tra i negoziatori del trattato detto Intercursus Magnus, che avrebbe regolato per molti anni le relazioni commerciali tra l’Inghilterra e i Paesi Bassi.

Di lì a poco Portinari si ritirò definitivamente a Firenze, dove morì il 15 febbraio 1501 all’ospedale di Santa Maria Nuova, fondato dalla sua famiglia nel 1285-86 e dove venne sepolto.

Portinari fu ritratto due volte da Memling, verso il 1471-72, e una volta, con la moglie e tre figli, da Hugo van Der Goes tra il 1475 e il 1478, nel trittico dell’Adorazione dei pastori, conservato agli Uffizi, opera che nel 1483 venne fatta trasportare da Portinari da Bruges a Firenze, dove suscitò un immenso interesse e influì su molti dei principali artisti fiorentini, il Ghirlandaio e Botticelli in primo luogo.

Fonti e Bibl.: Carteggi diplomatici fra Milano sforzesca e la Borgogna, I, 1453-1475, a cura di E. Sestan, Roma 1985, pp. 29 s., 166 s., 183 s., 213 s., 223-225, 233-235, 672 s.; Carteggio degli oratori mantovani alla corte sforzesca (1450-1500), XI, (1478-1479), a cura di M. Simonetta, Roma 2001, pp. 252, 312, 424.

R. De Roover, The rise and the decline of the Medici bank: 1397-1494, Cambridge (Mass.) 1963 (trad. it. Il Banco Medici dalle origini al declino (1397-1494), Firenze 1970, pp. 483-518); M. Boone, Apologie d’un banquier médiéval: T. P. et l’État bourguignon, in Le Moyen Age. Revue d’histoire et de philologie, CV (1999), 1, pp. 31-54; R.J. Walsh, Charles the Bold and Italy (1467-1477). Politics and personnel, Liverpool 2005, pp. 120-153.

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