RUFFO, Tommaso

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 89 (2017)

RUFFO, Tommaso

Giuseppe Caridi

– Nacque a Napoli il 15 settembre 1663 da Carlo, terzo duca di Bagnara, e dalla sua seconda moglie Andreana Caracciolo dei duchi di Celenza.

Dalle prime nozze con Costanza Boncompagni dei duchi di Sora il padre aveva avuto Francesco, che gli sarebbe succeduto nel Ducato di Bagnara e negli altri feudi. Altri fratelli di Tommaso, nati come lui dal secondo matrimonio di Carlo Ruffo, furono Giuseppe, sposatosi con la congiunta Caterina Ruffo; Paolo, che avrebbe dato origine alla linea feudale dei duchi di Baranello; Fabrizio e Domenico, entrati entrambi nell’Ordine di Malta sulle orme dello zio paterno Fabrizio, gran priore di Capua. Dalle nozze particolarmente prolifiche dei genitori di Tommaso nacquero anche quattro femmine, di cui solo la primogenita Lucrezia si sposò – in prime nozze con Ferdinando d’Alercon e in seconde nozze con il congiunto Geronimo d’Alercon – mentre le altre tre si dedicarono alla vita religiosa e divennero monache.

Dopo avere compiuto i primi studi nel collegio Clementino, Ruffo, che mostrava particolare predisposizione per le discipline giuridiche, fu iscritto all’Università romana della Sapienza dove conseguì la laurea in utroque iure. Gli impegni accademici non gli impedirono tuttavia di compiere viaggi nel principale feudo della sua famiglia.

Nel luglio del 1685 si trovava infatti a Bagnara per attendere insieme con la popolazione locale l’arrivo da Palermo della statua della Madonna del Carmine, portata poi in processione nella chiesa appositamente eretta dove egli celebrò un solenne pontificale alla presenza delle massime autorità della provincia.

Papa Innocenzo XI lo nominò internunzio a Bruxelles, ma Ruffo rinunciò all’incarico per potere completare gli studi. Accettò invece qualche anno dopo, nel 1693, la nomina alla vicelegazia di Ravenna, conferitagli dal nuovo pontefice, Innocenzo XII, che in virtù della sua competenza giuridica gli affidò nello stesso anno anche l’incarico di referendario del tribunale della Segnatura di grazia e giustizia.

Il 21 maggio 1694 venne inviato dal papa a Malta in qualità di inquisitore con l’incarico di risolvere la controversia determinatasi tra i locali Cavalieri gerosolimitani e la Repubblica di Genova; al fine di agevolarne la missione, otto giorni più tardi furono spedite in suo favore da parte della S. Sede lettere credenziali ai viceré di Napoli e di Sicilia e al gran maestro dell’Ordine di Malta. Grazie ai risultati conseguiti al servizio del pontefice, il 7 marzo 1696 Ruffo fu promosso arcivescovo titolare di Nicea di Bitinia. Nel marzo del 1698 ricevé gli ordini sacri extra tempora dal cardinale vicario di Roma e poco dopo ebbe l’incarico di nunzio apostolico in Toscana. Questa nomina sarebbe stata probabilmente una proficua tappa per una brillante carriera diplomatica se Innocenzo XII avesse dato seguito al trasferimento nella prestigiosa sede della nunziatura di Madrid, alla quale, dopo la missione in Toscana, lo aveva in un primo momento destinato. Ruffo era sul punto di partire per la sede assegnatagli quando il papa cambiò idea preferendo inserirlo nel proprio entourage e lo nominò suo maestro di camera.

Il nuovo papa, Clemente XI, il 27 novembre 1700, pochi giorni dopo la sua elezione, lo nominò prefetto della Camera apostolica e nel 1702 gli affidò la guida dell’arcidiocesi di Napoli, carica arcivescovile che però Ruffo non accettò preferendo continuare ad adempiere l’ufficio palatino cui era stato preposto. In tale veste curò la redazione di un importante manuale sul ruolo dei maestri di Curia. Dopo avere ottenuto la dispensa papale per la parentela che lo legava al cardinale Giacomo Boncompagni – vincolo che avrebbe perciò potuto comprometterne la carriera ecclesiastica – nel concistoro del 17 maggio 1706 ottenne la nomina a cardinale prete con il titolo di S. Lorenzo in Panisperna, assegnatogli un mese più tardi, ma che egli lasciò nel gennaio 1709 optando per quello di S. Maria in Trastevere. Gli fu inoltre conferita la commenda delle abbazie calabresi di S. Maria del Patire, di S. Maria del Carrà e di S. Salvatore di Briatico.

Per volere del papa, Ruffo riprese successivamente la carriera diplomatica e nel novembre del 1710 venne inviato come legato a Ravenna e poi, in seguito alla morte del cardinale Taddeo del Verme, a Ferrara, dove svolse tale funzione nel quadriennio 1710-14, mantenendo tuttavia per un certo periodo anche le legazie di Ravenna e Bologna. A Ferrara si segnalò ben presto per l’oculatezza amministrativa, essendo riuscito a saldare un debito di 300.000 ducati di cui era oberata la città e a sgravare la popolazione locale di tre onerose gabelle, tra cui quella sulla macina del grano, particolarmente invisa al popolo. Tornato a Roma, nel 1717 fu nuovamente inviato a Ferrara in qualità di vescovo di quella diocesi, carica che avrebbe mantenuto fino al 1738.

Durante il suo lungo episcopato, Ruffo si preoccupò tra l’altro di dotare la sede diocesana di adeguate strutture edilizie. Portò infatti a termine la costruzione della cattedrale di S. Giorgio, restaurò il seminario, fece erigere un nuovo palazzo vescovile e due ville suburbane. Riuscì inoltre a ottenere, il 21 maggio 1725, dal nuovo pontefice Benedetto XIII l’esenzione di Ferrara dalla giurisdizione di Ravenna, a cui era fino ad allora soggetta, e la sua elevazione a Chiesa metropolitana. Al fine di avere diretta conoscenza della realtà dei vari centri della diocesi, compì frequenti visite pastorali e, preso atto di volta in volta delle diverse anomalie da sanare, emanò una serie di decreti volti a migliorare le condizioni spirituali e materiali delle istituzioni soggette alla sua giurisdizione ecclesiastica.

Nel frattempo aveva cumulato un altro importante incarico, succedendo nel luglio del 1726 al cardinale Francesco Barberini junior nel vescovato di Palestrina, diocesi suburbicaria che resse mantenendo tuttavia l’amministrazione apostolica di Ferrara. Ulteriore testimonianza dello stretto legame intrecciato con la città di Ferrara fu la forte pressione da lui esercitata presso la S. Sede affinché fosse elevata a sede arcivescovile, promozione conseguita nel luglio del 1735 da Clemente XIII, che emanò la bolla Paterna pontifici, e che gli valse la riconoscenza della popolazione locale, come risulta dall’iscrizione di una lapide marmorea appositamente collocata nella cattedrale.

Il 3 settembre 1738, per l’età ormai avanzata – stava infatti per compiere 75 anni – e per la salute cagionevole, lasciò la guida della diocesi di Ferrara e optò per quella meno impegnativa di Porto e Santa Rufina e fu nominato da Clemente XII vicecancelliere e abate commendatario di S. Lorenzo in Damaso. Due anni dopo succedette al cardinale Pietro Ottoboni nella carica di segretario della congregazione del S. Uffizio, divenendo inoltre decano del Sacro Collegio dei cardinali e quindi titolare della cattedra vescovile di Ostia e Velletri. Suo uditore fu monsignor Angelo Braschi, divenuto poi papa con il nome di Pio VI. Queste cariche furono assegnate all’anziano cardinale dal nuovo papa Benedetto XIV, asceso al soglio pontificio il 22 agosto 1740 al termine di un lunghissimo conclave nel corso del quale uno dei principali candidati alla successione di Clemente XII era stato lo stesso Ruffo, sulla cui elezione avevano inizialmente concordato i rappresentanti delle principali potenze cattoliche, a eccezione di quelli dell’Impero asburgico, il cui rifiuto si rivelò poi determinante. In qualità di segretario del S. Uffizio in occasione del giubileo del 1750 a Ruffo toccò l’onore di aprire la Porta Santa della basilica di S. Paolo.

Ritiratosi a Roma presso il palazzo della Cancelleria, già appartenuto al cardinale Ottoboni, portò con sé, collocandola in cinque stanze – da lui stesso definite nel suo testamento «nobile galleria» –, la splendida quadreria che aveva collezionato nel corso degli anni, comprendente pregevoli dipinti, 140 dei quali analiticamente descritti nel 1734 da Jacopo Agnelli, tra cui spiccavano opere di Diego Rodríguez de Silva y Velázquez, Luca Giordano e Francesco Solimena.

La sua notevole passione per l’arte e quindi per la sua ricca collezione è provata dalle accurate disposizioni testamentarie lasciate al suo erede universale Letterio Ruffo, secondo duca di Baranello, figlio del fratello Paolo e padre del cardinale Fabrizio, noto protagonista della spedizione sanfedista del 1799. Per evitarne la frammentazione, al nipote Letterio fu infatti ordinato di mantenere integra la quadreria, che venne pertanto vincolata a fedecommesso. Se avesse voluto trasferirla a Napoli, il nipote nel trasporto avrebbe dovuto attenersi a precise disposizioni da lui dettagliatamente indicate. Alla linea primogeniturale della famiglia, derivata dal fratellastro Francesco, duca di Bagnara, e rappresentata dal nipote cardinale Antonio Maria, Ruffo lasciò una prelatura, istituita a Roma e comprendente un palazzo in piazza Ss. Apostoli, una casa in via Frattina e la libreria.

Morì a Roma nel palazzo della Cancelleria il 16 febbraio 1763 e fu sepolto nella chiesa di S. Lorenzo in Damaso, nella cappella di S. Nicola, giuspatronato della sua famiglia.

Fonti e Bibl.: Notizie sui Ruffo di Calabria in Napoli, Biblioteca nazionale, XV.D.4.

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