TOTILA

Enciclopedia Italiana (1937)

TOTILA

Giovanni Battista Picotti

Baduila, com'è chiamato nelle monete sue e nei Fasti, o Totila, l'Immortale, come è detto in alcune fonti narrative, era nipote di quell'Ildibado, intorno al quale si erano raccolte, dopo la resa ai Greci di Ravenna (540), le forze militari superstiti degli Ostrogoti. Era ancora giovine, quando, ucciso Ildibado e innalzato dai Rugi Erarico, trattò prima con i Greci per consegnare Treviso e il presidio gotico da lui comandato e poco dopo, ucciso Erarico, fu acclamato re (autunno 541). Batté i Greci a Faenza, inviò milizie, che, tentata invano Firenze, li sconfissero di nuovo nel Mugello, occupò Cesena, Urbino, Montefeltro (S. Leo), Pietrapertosa (Passo del Furlo), e, nel mezzogiorno, Benevento e Cuma, dove trovò un grande tesoro, s'impadronì di due flotte greche, prese Napoli per fame (543). Si comportò allora come "padrone d'Italia", guadagnandosi, con una politica moderata e con la cura per le classi rurali più umili, il favore, se non dei grandi proprietari e dei senatori, certo della massa delle popolazioni italiane; la visita sua a San Benedetto, celebrata dalla leggenda, sembra prova di tendenze conciliative di quell'ariano anche in fatto di religione. Belisario, mandato a combatterlo con forze troppo scarse, non poté impedire che altre città delle Marche e dell'Umbria e Roma stessa (17 dicembre 546) cadessero in mano di T. Questi, per preghiera del diacono e futuro papa Pelagio, risparmiò le persone dei vinti, ma disfece le mura e abbandonò la città quasi vuota per combattere nel Mezzogiorno. Roma fu allora rioccupata da Belisario e difesa contro T., ma, battuti i Greci a Rossano (548) e ritornato quello in Oriente, fu ripresa da T. (549), che si atteggiò a restauratore dell'Urbe. Fallito però un tentativo di accordo con Giustiniano, ruppe ogni legame di soggezione anche apparente all'imperatore, ne tolse il nome e l'effigie dalle monete, sottomise la Sicilia, fece devastare le coste della Balcania, ridusse i Greci a Ravenna e a poche altre terre. Ma la sua flotta fu affondata o presa dai Greci a Senigallia e sebbene T. occupasse ancora la Sardegna e la Corsica, non seppe o non poté impedire che Narsete, scendendo lungo la costa dell'Adriatico e piegando poi verso l'interno, giungesse a Tagina (Gualdo Tadino). Qui i Goti furono disfatti e T. perì nella fuga (luglio 552).

Fonti: Procopio, La guerra gotica, II, III (Fonti per la storia d'Italia), Roma 1890; Jordanes, Romana, in M. G. H., Auct. antiq., V, 50-51; Chronica minora, ivi, IX, XI, XIII; Liber pontificalis, ed. Duchesne, I, Parigi 1886, p. 298; Gregorio Magno, Dialoghi (Fonti per la storia d'Italia).

Bibl.: Kampfner, T. König der Ostgoten, Inowrazlaw 1889; Th. Hodgkin, Italy and her invaders, IV, Oxford 1895; G. Romano, Le dominazioni barbariche in Italia, Milano s. a.; L. M. Hartmann, Geschichte Italiens, 2a ed., I, Lipsia-Gotha 1920.