TRACIA

Enciclopedia Italiana (1937)

TRACIA (A. T., 75-76)

Claudia MERLO
Arnaldo MOMIGLIANO
Pietro ROMANELLI
Radu VULPE

Regione storica della Penisola Balcanica, la cui estensione ha molto variato attraverso il tempo. Oggi il nome è rimasto a indicare la porzione sud-orientale della Penisola Balcanica, ma non corrisponde ad alcuna divisione amministrativa né politica. Appartiene per la maggior parte alla repubblica turca, per il rimanente - Tracia occidentale - alla Grecia.

La Tracia si affaccia al Mar Nero, al Mar di Marmara e all'Egeo, separata dalle regioni interne della Penisola Balcanica dalle catene montuose del Rodope, del Sakar Planina e dei Monti Strangia. A ovest si considera come confine il basso corso del Mesta; a NO. la Tracia si estende fino alle catene più meridionali del massiccio del Rodope o, in senso più largo, fino al Kara Balkan, comprendendo allora anche un lembo di territorio bulgaro (bacino dell'Arda, affluente della Marizza). Poiché anche lungo le coste del Mar Nero e del Mar di Marmara s'innalza una serie di rilievi (continuazione dei Monti Strangia, Tekir dağ, Kurun dağ), essenzialmente la Tracia è formata da un vasto bacino tutto chiuso da monti e colline, scolato dalla bassa Marizza e dal suo affluente Erghene. Vi si possono distinguere tre principali tipi di paesaggio. A O. e a N. le montagne cristalline del Rodope, del Sakar Pl., e della parte settentrionale dei Monti Strangia; a E. e a S., lungo il Mar Nero, il Mar di Marmara e il Mar Egeo, le zone montuose e collinose terziarie dei Monti Strangia meridionali (Eocene), del Tekir dağ e Kurun dağ (Miocene e Pliocene); al centro il bassopiano coperto di sedimenti terziarî e quaternarî, solcato dall'Erghene e dalla Marizza. A essi è ancora da aggiungere la zona di bassopiani paludosi e di colline terziarie che si stende ai piedi del Rodope fino al delta del Mesta. Si può inoltre considerare come facente parte della Tracia anche la Penisola di Gallipoli, l'antico Chersoneso tracico. Il più importante corso d'acqua della Tracia è la Marizza che, superata attraverso la stretta di Harmanlii la cintura montuosa che separa il bassopiano bulgaro dalla Tracia, l'attraversa da N. a S., serpeggiando nell'ultimo tratto del corso in un vasto piano paludoso; ma il maggior fiume appartenente interamente alla Tracia è l'Erghene (Erǧene Nehr) che costituisce l'asse del bacino interno, attraversandolo per intero dai Monti Strangia alla Marizza e arricchendosi del tributo di numerosi corsi d'acqua che scendono dai Monti Strangia e dal Tekir daǧ. Dal versante meridionale del Rodope scendono alcuni corsi d'acqua tributarî dell'Egeo, tra cui il Kouroussai che sfocia nell'ampio lago costiero, Bourou. Altri brevi corsi d'acqua scendono dai Monti Strangia al Mar Nero e dal Tekir daǧ al Mar di Marmara. Le coste della Tracia, basse e spesso orlate di paludi, sia verso il Mar Nero sia verso il Mar di Marmara e l'Egeo, non hanno porti importanti: quasi tutto il traffico si concentra a Costantinopoli. La Tracia, essendo aperta verso il mare, gode di un clima abbastanza temperato, che presso la costa permette lo sviluppo delle piante mediterranee. La vegetazione è rappresentata dalla macchia e dal bosco, molto ridotto però per gl'inconsulti diboscamenti, nella cintura montuosa; dalla steppa nella zona centrale, più povera di precipitazioni.

L'opera dell'uomo, tuttavia, va modificando, più intensamente da qualche anno a questa parte, l'aspetto naturale del paesaggio. Le colture dei cereali, limitate alle zone circostanti ai villaggi, si vanno estendendo nel bassopiano interno, dove in alcune aree si coltiva anche il cotone; ma le migliori zone agricole si trovano al piede delle montagne marginali, dove si stende una fascia di calcari eocenici ricca di sorgenti, di colture, di villaggi; sulle pendici del Tekir daǧ e presso la costa dell'Egeo si coltivano anche gli alberi da frutta mediterranei (fichi, mandorli, ecc.). Una grande trasformazione si va operando anche nella Tracia occidentale greca, che ha dovuto far posto a numerosi coloni in seguito allo scambio di popolazione con la Turchia dopo la guerra greco-turca: nelle colline si estendono le colture arboree, nei piani i cereali; acquista importanza sempre maggiore la coltura del tabacco (specialmente nella regione di Xánthé e di Komotinē) e non mancano frutteti e orti. La popolazione è ancora rada in tutta la Tracia, ma la parte orientale, turca, conta il grande agglomerato di Costantinopoli. Le industrie sono ancora poco o nulla sviluppate, fuori dei maggiori centri. La Tracia deve invece la sua grande importanza soprattutto alla sua funzione di passaggio fra la Penisola Balcanica e quella Anatolica: la linea ferroviaria che unisce Istanbul con la Grecia da una parte, la Bulgaria e l'occidente balcanico dall'altra, attraversa il bacino tracico nella sua parte centrale, lungo la valle dell'Erghene.

Politicamente la maggior parte della Tracia appartiene alla Turchia e costituisce il lembo di territorio europeo rimasto alla repubblica asiatica; si divide nei tre vilâyet di Adrianopoli (Edirne, 7565 kmq., 150.850 ab. nel 1927 - 20 per kmq. - di cui 34.530 nel capoluogo), Istanbul (5482 kmq., 794.430 ab. - 145 per kmq. - di cui 246.000 nel capoluogo) e Tekir daǧ (Rodosto; 5950 kmq., 131.450 ab. - 22 per kmq. - di cui 14.570 nel capoluogo, situato sulla costa del Mar di Marmara, ai piedi delle colline del Tekir daǧ). Altri centri notevoli sono Kirklareli e Çatalca. La popolazione è in grandissima maggioranza turca, dopo i recenti scambî di popolazione con la Grecia.

La Tracia occidentale greca fa parte delle provincie di Komotinē (Rodope, 4516 kmq., 180.800 ab. nel 1928 - 40 per kmq. - di cui 31.550 nel capoluogo) e di Alexandroúpolis (Dede Agač, 4280 kmq., 123.070 ab. - 29 per kmq. - di cui 14.020 nel capoluogo): il secondo è il principale centro costiero; nell'interno ricordiamo, oltre Komotinē, Xánthe (35.900 ab.). Considerando come confine nord-occidentale della Tracia il Kara Balkan, un lembo di questa regione è compreso, come già si è detto, entro i confini della Bulgaria (provincie di Măstanlă e di Haskovo).

Preistoria.

Il territorio corrispondente alla Tracia antica, circondato da grandi arterie di comunicazione quali il Danubio, il Ponto Eusino, gli Stretti, l'Egeo, le vallate dell'Axios (Vardar) e del Margo (Morava), e attraversato da una ricca rete di vie naturali, è facilmente accessibile alle influenze esteriori. Però queste influenze non riescono a penetrare e a diffondersi in una maniera omogenea, a causa delle montagne che da un lato rendono difficili le relazioni con l'Occidente e dall'altro dividono il paese in due parti: la Tracia meridionale, gravitante verso l'Egeo e l'Asia Minore, e la Mesia, esposta principalmente alle penetrazioni dal settentrione. Queste condizioni geografiche di unione e di separazione determinano in primo luogo l'evoluzione della preistoria tracia.

Le ricerche sistematiche di preistoria nel territorio della Tracìa propriamente detta ebbero inizio soltanto verso la fine del sec. XIX, e furono eseguite soprattutto in Bulgaria.

Il Paleolitico è poco rappresentato: non si tratta che di un certo numero di selci e cuspidi di osso aurignaciane, trovate in associazione con elementi di fauna diluviale (Elephas primigenius, Ursus spelaeus, Hyaena spelaea, Bos primigenius, Equus caballus fossilis, ecc.).

In cambio, per il Neolitico e l'Eneolitico il materiale è abbastanza abbondante, permettendo conclusioni più ricche. Resti di questi tempi furono rinvenuti in alcune grotte e specialmente nei numerosissimi abitati isolati, in forma di piccole alture, diffusi dappertutto, che gli archeologi chiamano di solito col termine arabo di tell.

Salvo poche eccezioni nella regione di Vidino, spettanti alla civiltà danubiana della Serbia (tipo Vinča), e nel Chersoneso (tumulo così detto di Protesilao), che concerne la civiltà egea e anatolica (Troia I-II), i tell neo- ed eneolitici delle contrade tracie appartengono a una civiltà specifica, balcano-danubiana, che si stende omogenea verso il sud al di là dei Balcani fino presso l'Egeo, mentre verso il nord varca il Danubio abbracciando la pianura valacca.

Stando alle osservazioni stratigrafiche ottenute nelle stazioni di Romania (Boian, Gumelniţa, Glina, Atmageaua Tătărească, Vidra, Căscioarele) - poiché osservazioni similari sono quasi inesistenti nelle altre regioni tracie -, si distinguono nella civiltà balcano-danubiana le tre fasi seguenti: Boian A (circa 2500 a. C.), prettamente neolitica, con ceramica a decorazione intagliata e riempita di color bianco, in stile spirale-meandrico oppure tessile, Gumelniţa A (circa 2400-1800 a. C.) e Gumelniţa B (circa 1800-1500 a. C.).

Le ultime due fasi, accertate in tutti i tell della Valacchia, della Dobrugia, della Tracia greca (Dikili Taš presso Filippi) e dell'intera Bulgaria (Račev, Mečkiur, Sveti Kirilovo, Salmanovo, Devè Bargan, Kogià Dermen, Sultan Selo, ecc.), sono le più caratteristiche per la civiltà, balcano-danubiana. Esse mostrano anzitutto una spiccata superiorità tecnica ed artistica della ceramica: decorazione incisa e colorita con grafite o con una sostanza bianca, in uno stile simile a quello della civiltà moldava Cucuteni B. La plastica è specialmente abbondante: figurine fittili rappresentanti soprattutto il simulacro della divinità femminile, comune in quella età a tutta l'Europa orientale, all'Egeo e all'Asia occidentale. Peculiarmente locali sono i simulacri di osso della medesima divinità. Le figurine maschili sono rarissime. L'industria litica predomina, ma appaiono anche ornamenti in oro e utensili primitivi di rame. Il rito funebre è quello dell'inumazione con scheletri rannicchiati.

La civiltà balcano-danubiana, nelle sue fasi Gumelniţa A e B, presenta in primo luogo affinità con la civiltà moldavo-ucraina della ceramica dipinta (decorazione e forme dei vasi, strumenti litici, elementi della plastica antropomorfa), ma, a differenza di quella, offre anche importanti legami con l'Asia Minore e con l'Egeo (elementi di plastica, vasi antropomorfi, corni di consacrazione, idoli marmorei, ecc.). Essa differisce affatto dalla civiltà contemporanea della Macedonia, nonché da quella danubiana della Serbia. Soltanto con la Tessaglia mostra alcune affinità nella decorazione ceramica, ma più vaghe che con la Moldavia. La stirpe degli abitanti che hanno sviluppato questa civiltà è assai discussa: alcuni vedono in essi i primi Traci; altri, invece, stando a indizî non trascurabili, li considerano preindoeuropei.

Sempre all'eneolitico si potrebbero ascrivere ipoteticamente anche i disegni rupestri antropomorfi della Bulgaria settentrionale, analoghi a quelli dell'Oltenia (Romania), dell'Iberia, della Liguria, ecc.

La civiltà balcano-danubiana finisce repentinamente: i tell sono abbandonati prima dell'età del bronzo. Pochi soltanto sembrano mostrare anche elementi del principio di questa età. Si tratta, certo, di un grande cambiamento di popolazione avvenuta nel secondo millennio a. C.: probabilmente l'invasione degli Indoeuropei, in specie dei Traci, venuti dal nord; però la questione non può essere esaminata più profondamente per mancanza di ricerche. Le poche stazioni dell'età del bronzo conosciute nella Bulgaria settentrionale, nonché due palafitte di Varra e di Burgas, non vennero ancora esplorate scientificamente. Né furono sufficientemente studiati i numerosi dolmen aggruppati nelle montagne sudorientali della Bulgaria. Il materiale concernente l'età del bronzo è scarso e sporadico. Da questo materiale si può concludere che la Tracia, anche in questi tempi, è strettamente legata alle due principali aree cicine: il nord carpato-danubiano e il mezzogiorno egeo e anatolico. Le affinità nordiche sono più importanti: spade, piccole asce, scuri carpatiche a un solo tagliente, ceramica incisa simile a quella della Valacchia, ecc. Le influenze meridionali sono rappresentate dalle spade micenee di Kalaglare e di Perustica, dall'amuleto di Semčinovo in forma di labrys (ascia), dai vasi fittili a orlo obliquo, dalla scure di pietra levigata a linee e sporgenze a rilievo di Gorsko Kalugerovo (analogia con Troia), dalle ascette decorate a protomi di tori, ecc. Elementi misti, micenei e carpato-danubiani, si ritrovano nel celebre tesoro aureo di Vălci-Trăn. È però da notare che l'omogeneità dell'età eneolitica non si verifica più: le affinità carpato-danubiane sono intense solamente al nord dei Balcani, mentre le influenze meridionali appaiono soprattutto nel bacino dell'Ebro.

L'età del ferro (circa 1000 a. C. -46 d. C.) - durante la quale si svolgono quegli avvenimenti della storia tracia tramandatici dalla tradizione letteraria - non è documentata archeologicamente che per i secoli VI-III a. C. Il materiale proviene da ripostigli e specialmente da tombe piane e a tumulo, queste ultime diffuse in gran numero dappertutto. Gli abitati sono ancora inesplorati. Le scoperte più notevoli sono: i tumuli funerarî dei dinasti traci di Duvanlij presso Filippopoli (oggetti ionici e attici di gran lusso, metallici e fittili, dei sec. VI-V a. C.; elementi scitici; nomi traci); le tombe scitiche di Brezovo, Bedniakovo, Panaghiurište; l'anello a iscrizione tracia di Ezerovo; gli ornamenti d'argento illirici di Bukovci.

L'incinerazione e l'inumazione esistono contemporaneamente, indifferentemente dai tipi delle tombe. Gli scheletri sono distesi.

La civiltà tracia del ferro si caratterizza per una evidente passività dinnanzi alle influenze esteriori. Gli elementi di origine locale sono poco rilevanti.

Le influenze esteriori si dividono in tre gruppi: a) greche, molto intense, grazie alla moltitudine delle colonie stabilite sul litorale egeo e pontico; b) hallstattiane, venute dall'ovest per il tramite degli Illirî; c) danubiane, comprendenti gli elementi nord-traci (getici), scitici e celtici. La distribuzione ineguale di queste diverse influenze nel territorio tracio rivela un progressivo effetto della funzione separativa che la catena dei Balcani accusa fin dall'età del bronzo: la Tracia meridionale è interamente compresa nella sfera di espansione della civiltà ellenica, mentre la Tracia danubiana, cioè la Mesia, diventa un semplice prolungamento della Dacia, con la quale condivide le stesse vicissitudini. Dopo il passaggio della Tracia sotto il diretto dominio romano, le due regioni, trasformate in due provincie distinte, continuano a evolversi separatamente. La Tracia meridionale finirà per ellenizzarsi interamente, mentre la Mesia diventerà, accanto alla Dacia e alle altre provincie danubiane, un paese spiccatamente latino.

Bibl.: S. Casson, Macedonia, Thrace and Illyria, Oxford 1926; G. Wilke, Bulgarien, in Ebert, Reallexikon d. Vorgeschichte, II, p. 204 segg.; V. Mikov, Stazioni e scoperte preistoriche in Bulgaria (in bulgaro), Sofia 1933; B. Filow, Die Grabhügelnekropole bei Duvanlij, ivi 1934; G. Kazarow, Beiträge zur Kulturgeschichte der Thraker, Sarajevo 1916; V. Pârvan, Getica, Bucarest 1926; R. Vulpe, L'âge du fer dans les régions thraces de la péninsule Balcanique, Parigi 1930; VI. Dumitrescu, La plastique anthropomorphe en argile de la civilisation énéolithique balcano-danubienne, in IPEK, 1932-33; I. Nestor, Stand d. Vorgeschichtsforschung in Rumänien, Francoforte sul M. 1934.

Storia.

La Tracia è toccata la prima volta dalle grandi vicende storiche circostanti durante la cosiddetta spedizione scitica di Dario (circa 513 a. C.) ed è poi occupata più durevolmente dai Persiani per opera di Mardonio nel 492. Nel 480 serve di passaggio per l'invasione in Grecia di Serse. La sconfitta allontana a poco a poco i Persiani, che però circa il 476 resistevano ancora al primo attacco di Cimone; e si sostituisce sulla costa il predominio ateniese, che culmina dopo varie vicende nell'occupazione del Chersoneso tracico nel 476 e nella fondazione di Amfipoli del 437. Anche a O., i Macedoni avevano esteso il loro confine fino allo Strimone (Struma) al tempo di Alessandro I. La reazione nazionale contro la duplice (e contrastante) ingerenza straniera porta alla costituzione di un regno di carattere feudale abbastanza saldo nell'est, con la prevalenza della tribù degli Odrisi.

Ne è fondatore Teres, che mantiene buone relazioni con gli Sciti, la cui influenza su tutta la vita e cultura tracia è vasta e permanente. La capitale del regno degli Odrisi era almeno nel sec. IV a Cipsela. Per la comune rivalità con la Macedonia, il successore di Teres, Sitalce, stringe nel 431 alleanza con Atene e, probabilmente in seguito a essa, invade nel 429 la Macedonia, senza peraltro fare opera duratura. Gli Ateniesi stessi del resto non lo sostengono. Sitalce muore nel 424 combattendo contro i Triballi, e gli succede il nipote Seute. Circa il 400 era sovrano Medoco o Amadoco, da cui si separa un congiunto, Seute, che occupa la regione intorno a Bisante: questo Seute è aiutato dai mercenarî di Ciro Minore, tra cui Senofonte. Circa il 389 succede a Medoco Hebryzelmis; non per molto tempo, tuttavia, giacché Cotys, figlio di Seute, riesce a unificare ancora lo stato: e ha per un certo tempo al suo servizio l'ateniese Ificrate, che ne sposa una figlia.

Il regno di Cotys apre sempre più all'influenza commerciale e militare greca, in specie ateniese, la Tracia, anche nelle tribù non dominate dagli Odrisi. Gli Ateniesi, già cacciati dal Chersoneso alla fine della guerra del Peloponneso, vi tornano nel sec. IV a mettere piede. La Tracia è da tempo ottimo centro di reclutamento di mercenarî. Atene ha anche molti meteci traci. Il che spiega la rinnovata diffusione dei culti traci nel sec. V e IV, continuazione della vecchia influenza della Tracia sulla Grecia in tema di religione. La morte di Cotys nel 360 portò allo spezzamento del regno degli Odrisi in tre parti: una, con centro Cipsela, del figlio Cerseblepte, un'altra fra lo Strimone e il Nesto di Berisade e una terza intorno a Maronea di Amadoco; a Berisade succedette presto il figlio Cetriporide. La discordia, causa ed effetto dello spezzamento, accresceva le influenze greche: Cerseblepte era dominato dal greco Caridemo; Taso fondava la colonia Daton nella zona aurifera più ricca del bacino del Pangeo. Anche il Chersoneso tracico già sottratto all'influenza ateniese doveva essere per gran parte riconosciuto all'egemonia di Atene. Ma più forte diveniva l'influenza della Macedonia, con Filippo. E la Tracia, stretta fra Atene e la Macedonia, finiva per cadere pezzo a pezzo in mano di Filippo (spedizione conclusiva 342-1).

Filippo prima riduceva a vassalli e poi eliminava i sovrani traci, faceva delle miniere del Pangeo la sua più importante ricchezza, cominciava la colonizzazione, che era anche la prima vera urbanizzazione della Tracia, con alcune fondazioni tra cui Filippopoli. La Tracia era govemata per conto suo da uno stratego: e lo stesso Chersoneso tracio passava dopo Cheronea in mano della Macedonia. Restavano liberi da diretto dominio macedonico in specie i Triballi, contro cui fece una spedizione Filippo e un'altra Alessandro nel 335. In genere tutta la Tracia fu irrequieta durante il regno di Alessandro. Uno stratego della Tracia, Zopirione, morì nel 325 combattendo contro Sciti e Geti. Dopo la morte di Alessandro, la Tracia fu governata da Lisimaco, prima alle dipendenze di Antipatro, poi autonomo. Lisimaco fece della Tracia il centro di un regno potente, ma basato sull'elemento greco e macedone, e greca fu la capitale Lisimachia da lui fondata.

Una dinastia indigena poté conservarsi nell'interno, e proprio di Odrisi, come indica il nome del re Seute. Caduto Lisimaco nel 281 e tosto ucciso Seleuco di Siria, che ne aveva conquistato il regno, è eletto re dai soldati Tolomeo Cerauno, il quale a sua volta è poco dopo ucciso dai Celti (Galati) che ne invadono il regno. Intorno all'Emo (Balcani) s'impianta un regno celtico, mentre permangono dinasti odrisi, e sulla costa si insediano i Seleucidi, poi sostituiti nella seconda metà del sec. III dai Tolomei. I Traci riescono lentamente a ricacciare i Celti, che spariscono politicamente alla fine del sec. III. Ed è allora che Macedonia e Siria con un superficiale accordo e un intrinseco disaccordo imprendono a contendersi il dominio della Tracia costiera, fermati dai Romani, che nel 189 cedono il Chersoneso a Eumene di Pergamo e più tardi oppongono ai Traci alleati di Perseo altri loro alleati. Dopo la battaglia di Pidna i Traci passano sotto un reale, se non nominale, protettorato romano; e nel 148 sono costretti ad abbandonare ai Romani l'usurpatore di Macedonia Andrisco, che avevano tentato di sostenere. Nel 129 s'inizia l'occupazione territoriale da parte di Roma, perché il Chersoneso e le regioni costiere vicine sono annesse alla provincia di Macedonia. Dopo di allora i Romani devono di frequente intervenire in Tracia per prevenire o reprimere attacchi contro i territorî romani: tenaci nella resistenza soprattutto le tribù dei Bessi e degli Scordisci. Pericoloso per i Romani il grande stato, che riesce a costituirsi il dacio Burebista, il quale circa il 55 a. C. conquista anche le città greche della regione. Con la morte di Burebista, nel 45 circa, il pericolo viene tuttavia meno. D'altra parte Silla si era assicurata l'amicizia di un dinasta locale, Sadala, il cui figlio Cotys sosterrà Pompeo a Farsalo, ma il cui nipote (Sadala) saprà farsi perdonare da Cesare. Tuttavia, dopo varia fortuna, questa famiglia non sapeva conservare il regno, e si faceva sostituire dai fratelli Remetalce e Rascuporide. Questi, dimostratisi fedeli a Roma durante una ribellione anti-romana, circa 13-11 a. C., e i loro diretti discendenti diedero luogo a nuove rivalità e a nuovi disordini. L'assassinio (44-46 d. C.) di Remetalce, nipote di Remetalce, faceva infine maturare, sotto il regno di Claudio, l'annessione a Roma.

Il paese si presentava anche allora in condizioni diverse di sviluppo civile dalle coste, dove, sull'Egeo, sulla Propontide e sul Ponto Eusino, fiorivano da secoli numerose colonie greche, all'interno dove invece la popolazione indigena, dedita all'agricoltura, alla pastorizia e alla caccia, era rimasta tenacemente stretta alle sue tradizioni sociali ed economiche.

Claudio si limitò per il momento a dare alla Tracia quella forma di govenno provinciale, di carattere prevalentemente amministrativo, che era rappresentata da un procuratore imperiale. In tali condizioni la provincia rimase fino a Traiano, che ne fece invece un governo regolare, affidato a un legato di rango pretorio residente a Perinto.

La provincia, percorsa per tutta la sua parte centrale dall'Ebro, andava dal Nesto fino al Ponto Eusino; a occidente erano nel suo territorio Pautalia e Serdica; a settentrione essa valicava certamente la catena dell'Emo, pur essendo da questa parte ancora incerti i suoi confini con la Mesia (v.); Bisanzio rimase fino al tempo di Vespasiano città libera; comunque, al tempo di Plinio il Giovane, la città rilevava dalla Bitinia anziché dal governatore della Tracia. Occorre infine ricordare che la penisola del Chersoneso, pur geograficamente parte della Tracia, era sottratta all'autorità del legato, in quanto proprietà imperiale. Di un'assemblea provinciale (κοινόν) si ha ricordo fin dal tempo di Antonino Pio; al principio del sec. III la sua sede era a Filippopoli.

Se si eccettuino le colonie della costa e nell'interno Filippopoli, che aveva già da prima adottato la costituzione cittadina greca, il paese aveva ancora un'organizzazione fondata sul villaggio (κώμη) e sulla tribù (ϕύλη); più tribù riunite formavano la στρατηγία, il cui capo era nominato dal govematore romano. L'azione del governo imperiale fu diretta fin da principio alla più larga diffusione dell'organizzazione cittadina, sia accrescendo l'importanza e il territorio delle città già esistenti, sia fondando nuovi centri urbani: in tal modo esso veniva anche a favorire indirettamente la diffusione e la penetrazione nel cuore del paese di una civiltà superiore, che fu naturalmente la civiltà greca, quale Roma stessa aveva fatta sua in tutta la parte orientale dell'impero.

Cominciò Claudio deducendo la colonia di Apri; a Vespasiano si debbono quelle di Deultum e di Flaviopolis nel Chersoneso, la quale ultima tuttavia, data la particolare condizione giuridica della regione, dovette avere piuttosto il carattere di uno stanziamento di coloni imperiali; una speciale importanza in questo campo ebbe l'opera di Traiano, svolta qui, come nella Mesia, in dipendenza della conquista e dell'annessione della Dacia: egli fondò le città di Plotinopoli, Marcianopoli, Traianopoli, Nicopoli all'Istro, Nicopoli al Nesto, e diede i diritti di municipio ad Anchialus e a Serdica, che da lui aggiungono al nome l'epiteto di Ulpia. Adriano fondò Adrianopoli, importante nodo stradale. Più tardi ancora Marco Aurelio rivolgerà le sue cure a Filippopoli; non sembra esatto tuttavia quanto si è già detto altra volta che Filippo nel 248 desse a questa il diritto di colonia. Quale fosse il cammino percorso in tale campo nel periodo tra i Flavî e la metà del sec. II rileviamo dal confronto fra il numero delle strategie dato da Plinio (50) e quello dato da Tolomeo (14). Accanto alle città vere e proprie il governo imperiale diede sviluppo agli emporia, cioè ai mercati periodici, cui convenivano le popolazioni delle campagne in tempi stabiliti. Dallo statuto di Pizus, del 202 d. C., rileviamo che, accanto all'emporio, Roma cercò talvolta far sorgere un nucleo quasi urbano, costituito da qualche centinaio di cittadini, cui erano assegnate delle terre e concessi particolari privilegi: l'emporio era, agli effetti del governo comunale, aggregato a una città da cui riceveva un capo, al quale spettava la giurisdizione civile e penale.

Ma tale processo di urbanizzazione non trovò, pare, grande rispondenza nella popolazione indigena: nelle città si formò una piccola borghesia terriera e artigiana e convennero immigrati, specie dall'Asia e dalla Grecia, attratti dal miraggio di guadagno che poteva offrire il commercio dei prodotti della regione; ma il grosso della popolazione trace rimase estranea a tale urbanizzazione, come alla penetrazione della civiltà greca.

Le tribù tracie furono ognora una delle fonti più cospicue per l'arruolamento delle truppe. La provincia ebbe, almeno fino al secolo III, un presidio militare piuttosto esiguo, costituito da pochi corpi ausiliarî; maggiore era la sua importanza dal punto di vista della viabilità: ché essa costituiva la necessaria regione di passaggio terrestre fra l'Europa e l'Asia, e tra la valle del Danubio e il mare. Nerone e i Flavî furono i primi a curare in essa lo sviluppo e la manutenzione delle strade.

Provincia del tutto tranquilla sino alla fine del sec. II, la Tracia cominciò in questo tempo a essere turbata dalle lotte fra Settimio Severo e Pescennio Nigro; ma più gravi turbamenti le portarono le invasioni barbariche a principiare dalla metà del sec. III; nel 251 i Goti presero Filippopoli; si può dire che da allora essa non ebbe più che brevi momenti di pace.

Una diminuzione di territorio essa subì quando Aureliano, costituendo la provincia della Dacia mediterranea, aggregò a questa i distretti occidentali di Pautalia e di Serdica.

Nell'ordinamento dioclezianeo la Tracia appare divisa in quattro provincie: la Tracia propriamente detta, la Rodope, l'Emimonte e l'Europa, tutte parti della diocesi della Tracia, cui erano aggregate altresì la Mesia Inferiore e la Scizia.

Nel secolo IV a precipitare le sorti della Tracia concorsero, insieme con le incursioni sempre più pressanti dei barbari, le lotte fra imperatori d'Oriente e d'Occidente: nel 314 essa rimase a Licinio, ma nel 324 le truppe di Costantino vi entrarono e sconfissero Licinio presso Adrianopoli. Nello stesso luogo i Goti batterono nel 378 l'imperatore Valente: la vittoria non fu sfruttata dai Goti, che avrebbero potuto senza resistenza impadronirsi della città e marciare più oltre verso Costantinopoli: tuttavia la provincia rimase in gran parte in loro possesso. Ai Goti si unirono nel sec. V gli Unni, e più tardi i Bulgari. Il valore che la Tracia aveva per la difesa della capitale dell'impero d'Oriente, e per la quale Anastasio aveva costruito il cosiddetto μακρὸν τεῖχος dal Mar di Marmara al Mar Nero, fece sì che la regione fosse affidata nel sec. VI a due vicarii (βικάριοι μακροῦ τείχους), l'uno con potere militare, l'altro civile; nel sec. VII fu di essa, da Costantino IV Pogonato, costituito un tema.

Bibl.: D. Kalopothakes, De Thracia provincia romana, Berlino 1893; A. Stein, Röm. Reichsbeante d. Prov. Thracia, Sarajevo 1920; M. Rostovtzeff, Storia economica e sociale dell'impero romano, Firenze 1932; Cambridge Ancient History, XI, Cambridge 1936, p. 570 segg.; A. Betz, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VI A, Stoccarda 1936, col. 452 segg.