TERMICI, TRATTAMENTI

Enciclopedia Italiana (1937)

TERMICI, TRATTAMENTI

Iginio Musatti

TRATTAMENTI Si definisce con l'espressione "trattamento termico" un' operazione o una combinazione di operazioni con le quali un metallo o una lega metallica allo stato solido vengono assoggettati a uno o più cicli termici entro temperature e per tempi determinati, nell'intento d'impartire loro determinate proprietà fisiche, meccaniche o chimiche. Un trattamento termico può consistere, a seconda dei cicli termici che si fanno subire al metallo o alla lega: a) in una ricottura (v.); b) in una tempra (v.); c) in una tempra seguita da rinvenimento (v. rinvenimento). Allorché il rinvenimento si fa a temperatura così elevata da indurre nella lega metallica un notevole aumento della tenacità, queste due operazioni combinate di tempra e rinvenimento si designano più propriamente col nome di "bonifica". Con il rinvenimento si possono quindi ottenere tutte le resistenze, dallo stato completamente temprato sino a quello ricotto (fig.1). d) In una serie più complessa di cicli termici, come, ad es., ricottura o normalizzazione e bonifica, doppia tempra (v., ad es., cementazione).

Sebbene i trattamenti termici siano adottati in larga misura nel corso della fabbricazione di molti metalli e di molte leghe metalliche (v., ad es., laminazione; metallografia; ottone); essi hanno una funzione particolarmente importante negli acciai e soprattutto negli acciai speciali. Il ferro e le sue leghe possiedono un intervallo critico attraverso il quale avvengono trasformazioni allotropiche che dànno luogo, a seconda delle condizioni di riscaldamento e di raffreddamento, a determinati costituenti strutturali le cui proprietà sono differentisime tra loro. Dette proprietà variano anche con il variare delle dimensioni e della ripartizione di questi costituenti strutturali (ferrite e perlite negli acciai ipoeutettoidi, perlite negli acciai eutectoidi e perlite e cementite negli acciai ipereutectoidi), che parimenti dipendono dalla velocità con cui si attraversa l'intervallo critico (v. acciaio: Proprietà e forme allotropiche del ferro; Diagramma di equilibrio delle leghe ferro-carbonio; Influenza della velocità di raffreddamento sulla posizione delle curve di equilibrio).

A seconda della velocità con la quale si attraversa, nel raffreddamento, l'intervallo critico, i costituenti strutturali che si originano possono essere schematicamente rappresentati alla fig. 2. In essa sono anche indicati i costituenti strutturali che si formano nel rinvenimento degli acciai temprati: di ciò si parlerà più avanti.

Giova aggiungere, a chiarimento del diagramma fig. 2, che la velocità di raffreddamento alla quale compare la martensite è una caratteristica di ogni acciaio (essa è detta "velocità critica di tempra") e che su di essa influisce enormemente, a parità di altre condizioni, la composizione degli acciai, in particolare la presenza e la proporzione di alcuni elementi speciali (v. acciaio: Acciai speciali). Occorre quindi disporre in pratica di mezzi che consentano di variare entro larghissimi limiti questa velocità di raffreddamento, da lentissima, nel forno (ad es., di pochi gradi all'ora) a rapidissima nei bagni di tempra più energici, come acqua, acqua e ghiaccio, soluzione acquosa fredda d'idrato sodico, di cloruro sodico, ecc.

Poiché molti elementi speciali spostano in maggiore o minor misura la posizione dei punti critici degli acciai, e cioè le temperature alle quali avvengono le trasformazioni allotropiche, è necessaria la conoscenza di questi punti critici sia al riscaldamento sia al raffreddamento (per il modo di determinarli, v. metallografia), poiché essi determinano rispettivamente la temperatura minima alla quale deve essere portato un acciaio e quella minima a cui deve iniziarsi il raffreddamento perché le trasformazioni allotropiche desiderate si possano compiere. Ciò richiede in pratica un certo tempo, soprattutto perché il riscaldamento procede dall'esterno all'interno di un pezzo con relativa lentezza e il tempo necessario perché la temperatura si renda uniforme in tutta la sua sezione è, a parità di altre condizioni, tanto maggiore quanto maggiore è la sua sezione e quanto minore è la sua conduttività termica (questa varia considerevolmente con la composizione dell'acciaio): si usano perciò in pratica temperature alquanto superiori a quella teorica, ma non tali da surriscaldare l'acciaio (v. acciaio: Ricottura dei getti; Diffusione del carbonio; Surriscaldamento; Bruciatura). Particolarmente lenta e difficile la dissoluzione dei carburi complessi contenuti in alcuni acciai speciali, per la quale si richiedono maggior tempo e temperature più elevate.

Alla fig. 3 sono indicate con linee tratteggiate le strisce di temperature utili di ricottura, normalizzazione e tempra degli acciai al carbonio con un contenuto normale di manganese. Da essa risulta evidente la correlazione che esiste tra le linee di equilibrio delle leghe ferro-carbonio e queste temperature.

Ricottura. - Essa si pratica sia sugli acciai greggi di colata (ricottura dei getti) sia sugli acciai che abbiano subito una lavorazione meccanica a caldo o a freddo.

Gli acciai greggi di colata hanno in genere proprietà meccaniche assai basse (carico di rottura, limite di snervamento, allungamento, strizione, in particolare resistenza all'urto, ecc.) e non uniformi, poiché possiedono tutti i difetti inerenti al processo di solidificazione e di raffreddamento lento attraverso l'intervallo critico (v. acciaio). Con la ricottura si produce un notevole affinamento e una maggiore omogeneità della struttura e della composizione, cosicché ne risultano migliorate tutte le proprietà meccaniche. Per i getti si adottano temperature in genere più elevate che nel caso degli acciai lavorati a caldo (fig. 3), per conseguire la maggior omogeneità possibile della soluzione solida che si forma al disopra della linea GOS e quindi dei costituenti strutturali (ferrite, perlite) cui dà luogo la trasformazione al raffreddamento; accelerando, ove possibile, il raffreddamento attraverso l'intervallo critico, ad es., con un raffreddamento in aria (normalizzazione) e completando il raffreddamento in forno, per evitare il formarsi di pericolose tensioni, si ottengono costituenti strutturali relativamente più fini e più uniformemente ripartiti, e quindi proprietà meccaniche migliori (v. acciaio: Ricottura dei getti; Diffusione del carbonio). I getti di acciaio contengono in generale una quantità di carbonio inferiore all'eutectoide (0,9%) e perciò non hanno, se convenientemente ricotti, cementite libera, che li renderebbe fragili: donde la limitata estensione della striscia di fig.3 indicante per essi composizioni e temperature utili di ricottura.

Per quanto riguarda gli acciai ipoeutectoidi lavorati a caldo, la ricottura si pratica specialmente nei grossi fucinati, i quali non presentano una sufficiente omogeneità strutturale e spesso possiedono dannose e pericolose tensioni di raffreddamento. In essi, infatti, la fucinatura viene eseguita a temperature relativamente elevate, alle quali si manifesta un ingrossamento notevole del grano, che la lavorazione meccanica non riesce talvolta a distruggere; le tensioni si formano o perché la temperatura di fine di fucinatura è troppo bassa o perché il raffreddamento non è uniforme in tutto lo spessore. La ricottura si pratica in modo analogo che per i getti: solo che, avendo la precedente lavorazione meccanica distrutto in tutto o in parte la struttura di prima consolidazione e attenuato notevolmente l'eterogeneità, le temperature utili e il tempo richiesto sono in genere alquanto inferiori. L'influenza della velocità di raffreddamento è analoga che per i getti. Negli acciai laminati, invece, i quali vengono finiti di lavorazione meccanica negl'intorni di Ac3, la ricottura, specie se seguita da raffreddamento lento, non migliora le proprietà meccaniche; spesso anzi le peggiora (v. acciaio: Deformazione a caldo del ferro fucinabile). Essi si utilizzano quindi nella più parte dei casi greggi di laminazione.

La ricottura degli acciai aventi composizione pressoché eutectoide può essere fatta o per affinare il grano, e quindi migliorare le loro proprietà meccaniche, e allora si usano temperature un poco più elevate e velocità di raffreddamento non troppo piccole (ad es., una normalizzazione), o per prov0care la coalescenza della perlite (v. acciaio: Influenza della velocità di raffreddamento sulla posizione delle curve di equilibrio), e quindi abbassare notevolmente la resistenza dell'acciaio, con che lo si rende più facilmente lavorabile alle macchine utensili. Così, ad es., un acciaio contenente circa l'i % di carbonio e circa il 0,2% di manganese, il quale dopo normalizzazione a circa 8000 (struttura lamellare) dà un carico di rottura di circa 100 kg/mmq., un limite di snervamento di circa 50 kg/mmq., un allungamento di circa l'8% (l = 10 d), ricotto a lungo a circa 750° e raffreddato assai lentamente in forno, dà un carico di rottura di circa 75 kg/mmq., un limite di snervamento di circa 37 kg/mmq., un allungamento di circa il 16% (l = 10 d). La condizione strutturale in cui si trovano questi acciai (se a struttura lamellare più o meno fine o a perlite divorziata con grani più o meno grossi di cementite, immersi in una matrice ferritica) esercita, come vedremo, sulla penetrazione di tempra una notevole influenza.

Negli acciai ipereutectoidi (1,1 ÷ 1,7% di carbonio) il trattamento termico di ricottura serve, più che a migliorarne le caratteristiche meccaniche, a renderli più adatti alla tempra. In questi acciai, infatti, l'eccesso di cementite è spesso presente in forma di reticolo che li rende fragili: se si normalizzano al disopra della linea Acm, con il raffreddamento relativamente rapido che segue al riscaldamento la struttura viene migliorata; è di gran lunga preferibile però una prolungata ricottura, la quale, producendo coalescenza della cementite, ne distrugge il reticolo. E tale coalescenza avviene tanto più facilmente, quanto maggiore è il tenore di carbonio.

Sulla ricottura degli acciai deformati a freddo, v. acciaio: Deformazione a freddo; Ricristallizzazione dei metalli deformati a freddo.

Tempra (v.). - Essa ha generalmente per scopo d'indurire l'acciaio, e quindi d'impartirgli una struttura il più che possibile martensitica (v. acciaio: Influenza della velocità di raffreddamento sulla posizione delle curve di equilibrio). Occorre quindi riscaldarlo in modo da superare la "velocità critica di tempra" di cui prima si è detto.

Le temperature utili di tempra per gli acciai al carbonio sono indicate nel diagramma della fig. 3. Da esso appare che, mentre per la tempra degli acciai ipoeutectoidi ed eutectoidi si adottano temperature superiori alla linea GOS, per la tempra degli acciai ipereutectoidi si evitano temperature superiori alla linea Acm, poiché queste surriscalderebbero gli acciai, predisponendoli alla fessurazione nel susseguente rapido raffreddamento. Se è presente un reticolo di cementite, esso va distrutto previamente con una opportuna ricottura, come sopra si è detto.

Per la tempra degli acciai speciali, v. acciaio: Acciai speciali. Altrettanto importante quanto le modalità e le temperature di riscaldamento è, per la riuscita del trattamento di tempra, la scelta del mezzo di raffreddamento. In questa scelta è regola generale di superare la velocità critica di tempra dell'acciaio, ma non più di quanto sia necessario, poiché quanto più rapidamente, a parità di altre condizioni, un pezzo si raffredda, tanto maggiore è il pericolo ch'esso si fessuri: poiché la velocità critica di tempra degli acciai varia entro larghissimi limiti, a seconda della loro natura e della loro composizione (da centesimi di grado a molti gradi al secondo), così essi abbisognano di mezzi di tempra che agiscano in maniera assai differente. Il seguente specchietto dà, a parità di altre condizioni, le velocità relative di raffreddamento, riscontrate rispetto all'acqua a 20° presa come unità, usando bagni di tempra differenti:

La cagione dell'azione così energica esercitata dall'acqua risiede soprattutto nel suo elevato calore specifico ed elevato calore di vaporizzazione: a causa dell'alta temperatura che possiede il pezzo che vi si immerge, l'acqua in immediato contatto con esso viene portata al di sopra del suo punto di ebollizione ancor prima che il calore immagazzinatovi possa essere dissipato dal bagno. Questa guaina di vapore, che in un primo tempo contribuisce a raffreddare il pezzo così energicamente, appena formatasi lo isola dal bagno ritardandone il raffreddamento e, sembra, proprio negl'intorni della temperatura di formazione della martensite; donde alcune cause perturbatrici del processo di tempra spesso osservate in pratica. Vi si contrasta con un'energica agitazione dell'oggetto o del bagno, opportunatamente condotta. Le soluzioni acquose hanno una temperatura di ebollizione più elevata dell'acqua, cosicché questa guaina di vapore si forma più tardi: a ciò è attribuita soprattutto la loro azione più energica.

Le soluzioni acquose d'idrato sodico avrebbero anche il vantaggio di eliminare l'anidride carbonica: ed è stato dimostrato che la presenza di questa, e in genere di gas, nell'acqua, ne rendono, per ragioni analoghe, meno efficiente l'azione.

Tra gli olî che si usano per la tempra, la preferenza è da accordarsi a quelli che si mantengono più a lungo inalterati, che hanno più elevato punto d'infiammabilità, per evitare molesti fumi e il pericolo che s'incendino; certi tipi di olî minerali di caratteristiche adatte o espressamente preparati - di essi esiste un notevole numero in commercio - rispondono bene ai diversi scopi da conseguirsi.

È quindi possibile variare a piacimento, entro limiti notevolmente vasti, la velocità di raffreddamento. Essa va scelta non soltanto in relazione alla natura dell'acciaio, ma anche alla forma e alle dimensioni del pezzo. Gli acciai al carbonio contenenti meno del 0,4% di carbonio possono in generale temprarsi in acqua. Per acciai molto sensibili si possono adoperare acqua calda, sego, olio, petrolio o aria. Allorché l'acqua costituisce un mezzo troppo energico di tempra e l'olio uno troppo debole, si possono usare soluzioni acquose di glicerina in rapporti adatti, o emulsioni di acqua e olio. Spesso vengono usate anche miscele di olio e acqua: il pezzo s'immerge nello strato di acqua sino a che diventi nero, poi lo si lascia raffreddare completamente in olio. Si possono anche usare in certi casi piastre o matrici di ghisa, di acciaio o di rame, con o senza raffreddamento ad acqua: esse hanno il vantaggio di evitare le distorsioni dei pezzi che ne vanno soggetti nella tempra.

Alcuni oggetti che debbono essere temprati localmente possono essere protetti nel riscaldamento, in corrispondenza di quelle parti che non si vogliono indurire, con amianto o con creta, oppure essere immersi nel liquido di tempra o irrorati con esso soltanto in corrispondenza di quelle parti che si vogliono indurire; raggiunta in queste la durezza voluta e raffreddate le parti che devono rimanere molli, i pezzi possono essere totalmente immersi nel bagno sino a completo raffreddamento.

Spesso si fa ricorso anche a una tempra molto attenuata per immersione in bagni di metalli fusi o di opportune miscele di sali fusi (v. più avanti). Ad esempio, nel processo di trafilamento a freddo dell'acciaio, in cui si ha bisogno d'intercalare un trattamento termico allorché la capacità di deformazione del materiale si è esaurita, si usa eseguire una tempra in piombo fuso a circa 460° seguita da raffreddamento in aria: con che il materiale acquista una struttura sorbitica particolarmente adatta a sopportare la lavorazione meccanica a freddo ("patentamento").

Assai importante negli acciai da utensili è il problema se la tempra debba penetrare in tutta la sezione o limitarsi a strati più o meno superficiali: se questi acciai contengono elementi speciali, come manganese, silicio, cromo, tungsteno, nichelio, in quantità sufficiente, la velocità critica di tempra può essere tanto abbassata da consentire per spessori non eccessivi la tempra sino al cuore: se contengono solo carbonio e quantità normali di silicio e di manganese (al di sotto del 0,3 ÷ 0,4%), la tempra penetra soltanto negli strati più superficiali. Così, ad esempio, in un tondo di acciaio con circa l'i % di carbonio del diametro di 20 mm. la tempra penetra difficilmente sino al cuore, poiché in questo non viene raggiunta la velocità critica, che negli acciai al carbonio è assai elevata: ne segue che, mentre lo strato esterno martensitico risulta estremamente duro, il cuore troostitico o sorbitico ha una durezza notevolmente minore, ma è assai tenace. Di questa proprietà si trae profitto nella pratica allorché gli utensili debbano resistere a forti sollecitazioni di usura e di urto (ad es., cilindri ad aria compressa, matrici, ecc.).

La fig. 4 rappresenta una matrice adoperata per la lavorazione a freddo di bossoli di ottone per cartucce; perché essa possa resistere alle forti sollecitazioni meccaniche e all'usura cui è soggetta, deve avere uno strato interno durissimo, mentre tutto il resto deve essere il più tenace possibile. Si può conseguire lo scopo adoperando un acciaio la cui velocità critica di tempra sia assai elevata, in modo che, temprando il foro con un forte getto di acqua fredda, soltanto uno strato superficiale di determinato spessore acquisti durezza vitrea.

Si è osservato, a questo proposito, che gli acciai al carbonio, anche se di eguale composizione chimica, si comportano in pratica in modo assai diverso, differenti risultando le loro velocità critiche di tempra. Alla fig. 5 è riportato un esempio che illustra il comportamento di tre acciai di composizione assai simile (carbonio circa 1%, manganese circa 0,3%, silicio circa 0,3%): a parità di condizioni, nel primo la penetrazione di tempra è assai piccola anche per temperature di tempra relativamente assai elevate (870°), nel secondo più elevata, assai più elevata nel terzo, come dimostrano le curve durezze-profondità, l'attacco macrografico e l'aspetto della frattura, in stretta correlazione tra loro. E mentre nel secondo occorre una temperatura di 870° perché la tempra penetri a cuore, nel terzo è sufficiente una temperatura di 810°.

Gli esempî riportati sono estremamente istruttivi, perché illustrano anche, oltre alla differente sensibilità alla tempra di questi acciai, la loro differente tendenza a ingrossare il grano (surriscaldamento) e a fessurarsi, fenomeni anch'essi intimamente connessi tra loro: infatti, mentre il primo acciaio non si fessura nemmeno alle temperature più elevate (870°), il secondo si fessura a questa temperatura, il terzo a 810°. L'esempio riportato alla fig. 4 illustra lo stesso fenomeno: la matrice a a bassa penetrazione di tempra raffreddata all'interno con un forte getto d'acqua resiste senza fessurarsi, la b ad elevata penetrazione va in pezzi.

Si può quindi ricorrere con prove adatte, in condizioni controllate, alla misura della tendenza che gli acciai hanno a ingrossare il grano per giudicare della loro sensibilità al surriscaldamento e alla tempra.

Recenti studî eseguiti da diversi sperimentatori, e anche presso l'Istituto scientifico-tecnico Ernesto Breda, hanno dimostrato che il fenomeno della sensibilità alla tempra e al surriscaldamento dipende, oltre che dalla struttura che l'acciaio possiede preliminarmente alla tempra, anche dalle condizioni di fabbricazione. Nei riguardi della struttura, si osserva che una struttura globulare adatta, nella quale granuli di cementite di opportune dimensioni siano dispersi uniformemente in una matrice ferritica, rende gli acciai meno sensibili alla tempra, perché i granuli di carburi, la cui soluzione completa nell'austenite è difficile e lenta, rimanendo in parte indisciolti nell'austenite stessa, agiscono come germi, favorendo durante il passaggio attraverso l'intervallo critico al raffreddamento la formazione del conglomerato perlitico - troostite e sorbite - anziché quella della martensite: donde l'importanza di un'adatta ricottura preliminare, come è stato in precedenza accennato. Nei riguardi delle condizioni di fabbricazione, in particolare del processo di disossidazione, giova ricordare che una parte dei prodotti di essa disossidazione, quelli insolubili, rimane sempre dispersa nell'acciaio solidificato e un'altra parte può essere segregata dalla soluzione solida durante il raffreddamento: questi prodotti, a seconda della loro natura, della loro distribuzione e delle loro dimensioni, sembra esercitino un'influenza notevolissima sulla velocità critica di tempra (v. anche cementazione), con un meccanismo probabilmente analogo a quello esercitato dalle particelle di carburo di ferro rimaste indisciolte nell'austenite. È quindi compito sia del metallurgista, che fabbrica l'acciaio, sia del metallografo, che lo assoggetta al trattamento termico preliminare, di selezionare e trattare un acciaio in modo idoneo ai singoli casi che si presentano nella pratica.

Si è detto che uno dei maggiori pericoli della tempra è quello della fessurazione dei pezzi. Gli acciai che richiedono raffreddamenti assai violenti vanno naturalmente più soggetti a essa di quelli per i quali sono sufficienti raffreddamenti più moderati. La causa di dette fessurazioni risiede nelle tensioni di tempra. Queste tensioni derivano da due cause distinte: l'una è la forte ineguaglianza di temperatura tra l'interno e l'esterno dei pezzi, che si stabilisce durante il raffreddamento nel bagno di tempra, e che è in questo caso particolarmente pericolosa per il fatto che lo strato superficiale, divenuto duro e fragile, non può seguire la contrazione dello strato sottostante che si va raffreddando più lentamente; l'altra è l'aumento di volume che ha luogo nella trasformazione dell'austenite in martensite, la quale, a cagione del gradiente di temperatura che si stabilisce tra lo strato superficiale in contatto con il bagno di tempra e gli strati sottostanti, non avviene contemporaneamente in tutto lo strato che si tempra. Si capisce quindi che, quanto più elevata è la temperatura di tempra, quanto più violento è il raffreddamento, quanto più elevata è la velocità critica di tempra dell'acciaio (in questo caso si forma uno strato superficiale assai sottile martensitico, quando ancora lo strato sottostante o è a temperatura superiore all'intervallo critico e la trasformazione al raffreddamento non ha avuto luogo, o ha dato origine a costituenti strutturali a volume specifico minore della martensite, quale la troostite che si forma a temperatura notevolmente superiore a quella a cui si forma la martensite), quanto più spesso è il pezzo e più complicata la sua forma (in particolare se presenta angoli vivi o brusche variazioni di sezione), tanto più elevate sono le tensioni, e quindi tanto maggiore è il pericolo delle distorsioni e deformazioni in genere e, allorché il valore delle tensioni uguagli la resistenza a rottura del materiale, delle fessurazioni. Si dovrà perciò avere cura che il pezzo, prima della tempra, sia riscaldato lentamente e uniformemente, che la sua temperatura sia la più conveniente (i costituenti strutturali sono tanto più fini, e quindi tanto più duri e resistenti quanto più bassa è la temperatura alla quale s'inizia il raffreddamento, sempre ben inteso al disopra dell'intervallo critico al raffreddamento), che la scelta del bagno sia la più opportuna, che il raffreddamento avvenga il più uniformemente possibile: donde tutta una serie di accorgimenti seguiti nella buona pratica. Sarà inoltre buona norma procedere subito dopo la tempra, o, meglio, prima che i pezzi si siano raffreddati del tutto, a un rinvenimento a temperature e per tempi compatibili con la durezza desiderata, dello strato superficiale. Spesso può risultare sufficiente a eliminare l'eccesso delle tensioni più pericolose un prolungato riscaldamento a bassa temperatura (ad es., in acqua bollente o in olio a circa 150°), trattamento, questo, che non provoca una diminuzione della durezza.

Negli acciai speciali (v. acciaio: Acciai speciali) si può trarre profitto delle differenze tra le temperature di trasformazione al riscaldamento e quelle al raffreddamento, spesso assai notevoli, riscaldando i pezzi poco al disopra delle prime e temprandoli poco al disotto delle seconde, e facendo ricorso il più delle volte a mezzi di tempra assai meno energici (tempra in olio o anche in aria), poiché le velocità critiche di tempra sono in genere assai più basse. A cagione di ciò la tempra penetra più profondamente, a volte sino al cuore.

Quanto alle proprietà meccaniche degli acciai temprati, esse dipendono, oltre che dal modo con cui questi sono stati trattati, dalla composizione. In generale la durezza, la resistenza e il limite di snervamento degli acciai ipoeutectoidi aumentano, l'allungamento, la strizione e la resilienza diminuiscono rapidamente con l'aumentare del tenore di carbonio. Un aumento del tenore di carbonio al disopra dell'eutectoide influisce invece poco sulla durezza e sulla resistenza.

Gli acciai destinati alla tempra, infine, debbono essere assai puri, esenti da difetti, da quantità eccessive d'inclusioni, particolarmente dannose se segregate, da struttura fibrosa troppo pronunciata (v. acciaio), perché queste sono altrettante cause di debolezza che possono provocarne o favorirne la fessurazione o dar luogo ad altri difetti più o meno gravi.

Rinvenimento. - Esso ha per intento o di eliminare la parte più nociva delle tensioni prodotte dalla tempra, o di aumentare la tenacità.

Nel primo caso può bastare, come si disse, un riscaldamento prolungato a temperature relativamente basse, le quali non modificano la struttura, e quindi la durezza degli acciai. Questo procedimento si applica assai spesso a tutta una serie di acciai da utensili ricchi di carbonio, i quali debbano conservare la durezza vitrea loro impartita dalla tempra (matrici, punzoni, stampi, scalpelli, martelli, seghe, coltelli, rasoi, lime taglienti, punte da trapano, frese, utensili per lavorazione a freddo, cilindri per laminatoi a freddo, calibri, utensili per filettare, ecc.).

Nel secondo caso l'aumento di tenacità è ottenuto non soltanto in conseguenza dell'eliminazione più o meno completa delle tensioni prodotte dalla tempra, bensì anche in conseguenza delle modificazioni strutturali che si accompagnano al riscaldamento (v. fig. 2). I costituenti cui dà luogo la tempra si trovano infatti in condizione di equilibrio metastabile, che il riscaldamento tende a distruggere. E quindi, quanto più elevata sarà, a parità di altre condizioni, la temperatura di rinvenimento (purché non si superi l'intervallo critico) e quanto più a lungo verrà protratto, entro certi limiti, il riscaldamento, tanto più l'acciaio si avvicinerà all'equilibrio strutturale. Si è molto discusso quali siano gli stadî attraverso i quali i costituenti di tempra (austenite e martensite) passano successivamente durante quest'operazione, e specialmente a quali temperature s'inizi la trasformazione dell'austenite - quasi sempre presente in quantità maggiore o minore insieme con la martensite negli acciai temprati - e della martensite e se la prima passi, nel trasformarsi in costituenti più stabili, attraverso la seconda. Comunque, può dirsi che globalmente il rinvenimento a temperature crescenti dà luogo a una successione di costituenti strutturali, analoga a quella che si ottiene diminuendo nel passaggio attraverso l'intervallo critico la velocità di raffreddamento, come si vede schematicamente indicato nella fig. 2. Donde la possibilità di modificare con il rinvenimento le proprietà meccaniche di un acciaio temprato, estremamente duro e fragile, in modo da conferirgli la tenacità e la resistenza più appropriate che le applicazioni pratiche richiedono (vedi anche fig.1). A tale procedimento si ricorre su larghissima scala negli acciai da costruzione, specialmente se fucinati (bonifica). Adesso però si ricorre anche nel caso dei getti di acciaio, le cuì proprietà vengono notevolmente migliorate rispetto al trattamento di semplice ricottura. Alla fig. 6 è riportato un esempio delle profonde variazioni delle proprietà meccaniche che si producono col crescere delle temperature di rinvenimento in un acciaio semiduro al carbonio. Talvolta un massimo di resistenza e di durezza si raggiunge, come nel caso riportato, intorno ai 200°, forse perché le piccole quantità di austenite presente si trasformano in martensite, mentre il massimo di resilienza si raggiunge normalmente intorno ai 600°, temperatura alla quale corrisponde la formazione della sorbite, costituente più duro e resistente della perlite ed estremamente resistente all'urto. Numerosi esempî analoghi possono trovarsi alla voce acciaio: Acciai speciali. Alla fig. 3 sono riportate le zone (tenori di carbonio e temperature) entro le quali normalmente si pratica il rinvenimento degli acciai da costruzione temprati.

Il rinvenimento degli acciai temprati produce, come si disse, oltre che una modificazione della struttura, una progressiva eliminazione delle tensioni, la quale si può ritenere pressoché completa intorno ai 500°: donde la necessità di procedere, dopo il rinvenimento, a un lento raffreddamento dei pezzi, specie se di notevoli spessori e di forme complicate, ché altrimenti ricomparirebbero le tensioni termiche. Questa regola soffre tuttavia notevoli limitazioni in conseguenza dell'apparizione del fenomeno della fragilità di rinvenimento che molti acciai, e specialmente quelli al manganese e al cromo-nichelio, presentano (v. acciaio: Acciai speciali). Quando si debba procedere dopo rinvenimento a un rapido raffreddamento per evitarla, sarà prudente far seguire un prolungato riscaldamento a temperature assai basse.

La breve esposizione fatta dimostra quali enormi possibilità ha dischiuso alla tecnica lo sviluppo della teoria e della pratica dei trattamenti termici degli acciai, e particolarmente di quelli speciali. Da essa risulta tuttavia quale somma di conoscenze, di esperienza e di accorgimenti sia necessaria per conseguire i risultati che si desiderano ed evitare insuccessi e difetti, che potrebbero portare allo scarto di pezzi delicati e costosi o condurli a prematura fine. Queste operazioni vanno perciò acquistando, ogni giorno più, carattere scientifico e richiedono mezzi idonei di esecuzione e di controllo.

Così i forni di riscaldo debbono rispondere a determinati requisiti. Essi devono essere facilmente regolabili e presentare una buona uniformità di temperatura in ogni punto e la loro atmosfera non deve essere né ossidante né decarburante, ché nel primo caso si formano sui pezzi da trattare croste di ossido, le quali, essendo poco conduttrici, rendono meno energica e regolare la tempra; nel secondo caso lo strato superficiale non acquista la voluta durezza e può dar luogo a una serie d'inconvenienti più o meno gravi nella pratica. La tecnica della costruzione dei forni da trattamento termici si è andata in questi ultimi tempi talmente evolvendo, che si può dire che ogni applicazione esige tipi di forni adatti, da quelli a tunnel, a pozzo, a muffola, a quelli a carrello, a suola mobile a trasporto di pezzi prettamente meccanico, ecc.

Di recente apparizione sono i forni ad atmosfera controllata: nella camera di riscaldo, generalmente separata dai gas della combustione, si cerca di produrre un'atmosfera - differente a seconda del materiale che si tratta e della temperatura alla quale si opera, poiché gli equilibrî di ossidazione e di riduzione si spostano con la temperatura - di composizione tale da non alterare la superficie dei pezzi. Si usano a tale scopo atmosfere di azoto, di azoto e idrogeno, di gas illuminante o gas naturali o gas di forni a coke convenientemente depurati e parzialmente bruciati con una quantità adatta d'aria, prodotti della piroscissione degli olî minerali, ecc.; la composizione dell'atmosfera gassosa nella camera di riscaldo deve essere rigorosamente controllata con mezzi adatti.

Il mezzo che meglio si presta per il riscaldamento è certamente la corrente elettrica: e oggi esistono tipi svariatissimi di forni (v. forno), i quali, ove difficoltà d'approvvigionamento e alti prezzi di costo dell'energia elettrica non vi si oppongano, sono i più convenienti e per l'uniformità e la facile regolazione della temperatura che consentono e per la relativa facilità con la quale si possono regolare automaticamente, in modo da mantenere costante, dentro limiti assai ristretti, il regime termico.

Per queste operazioni anche i bagni a sale e alcuni bagni metallici offrono vantaggi notevolissimi. Essi, a cagione della loro elevata conducibilità termica, rendono possibili un riscaldamento molto rapido degli oggetti da trattare, una buona uniformità e un'esatta, regolazione della temperatura, e, se di adatta composizione e opportunamente protetti, non decarburano né ossidano sensibilmente la superficie dei pezzi. Hanno inoltre il vantaggio di proteggere dall'ossidazione i pezzi allorché si espongono roventi all'aria, poiché a questi aderisce un sottile e continuo velo di sale; questo velo si stacca poi facilmente nell'immersione nel bagno di tempra. Questi bagni sono particolarmente adatti allorché si debbano praticare tempre locali, poiché l'immersione degli oggetti può essere limitata alle parti da indurire. Possono essere usati per temperature elevate, fino a circa 1350°, bagni a cloruro di bario, a borace, adatti specialmente per la tempra degli acciai rapidi; per temperature più basse, miscele di cloruri alcalini e di cloruro di bario o di carbonati e cloruri alcalini: si può così ottenere tutta una gamma di temperature di lavoro da 1000° fino a 350°. Questi bagni si prestano perciò anche per il rinvenimento. Miscele in opportune proporzioni di nitrati alcalini, di nitrati e. nitriti alcalini e di nitrati alcalini e nitrato di bario consentono di raggiungere temperature di lavoro anche più basse (da 870° a 160°).

I bagni di piombo si prestano assai bene per temperature di lavoro da 350° a 900°.

Sulla tempra per precipitazione o segregazione, trattamento che sembra possa essere generalizzato ad una notevole quantità di leghe metalliche ed esser passibile di molte applicazioni pratiche - di cui però le più importanti ed estese sono finora quelle alle leghe di alluminio - v. duralluminio; leghe; metallografia; tempra.

Bibl.: C. H. Fulton, H. M. Henton, J. H. Knapp, Heat Treating, its Principles and Applications, Cleveland (Ohio) 1924; L. Grenet, Trempe, Recuit, Cémentation des Aciers, Parigi 1926; Bureau of Standards, Principles of the Heat Treatment of Steels, ed. Am. Soc. f. Steel Treating, Cleveland 1928; L. Guillet, Trempe, Recuit, Revenue, Parigi 1928; A. Portevin, Introduction à l'étude des traitements thermiques des produits métallurgiques, Parigi 1934.