TRAÙ

Enciclopedia Italiana (1937)

TRAÙ (gr. Τραγούριον; lat. Tragurium; ant. volgare ital. Tragura e Trahura; in serbocroato Trogir; A. T., 24-25-26 bis)

Alessandro DUDAN
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Giuseppe PRAGA

Città costiera della Dalmazia. È situata su un'isoletta tra due canali. Aveva, coi dintorni, 18.606 ab. nel 1921, saliti a 23.468 nel 1931. Il suo porto esporta vino, olio e frutta secche (fichi e mandorle soprattutto). Traù fa parte del banato iugoslavo del Litorale (Primorje).

La parte vecchia, ch'è la vera città di Traù, una delle più belle di Dalmazia nel suo insieme monumentale, racchiudente 32 chiese, dominata da 6 campanili pittoreschi, ancora in parte cinta dalle mura veneziane, tra Porta di Terraferma a N. e Porta Marina a S. (con il Leone marciano e l'iscrizione del 1593: Hanc civium olim Romanorum civitatem...), si stende su un'isoletta in mezzo al brevissimo canale di Traù, fra la terraferma e l'isola di Bua, sulla quale è sorta la città nuova, il sobborgo di Traù, e sulla quale furono un dì le ville patrizie e i rifugi solitarî di umanisti (Marco Marulo) e di religiosi. Un ponte girevole, che lascia passare le navi di piccolo tonnellaggio, unisce le due parti. Un ponte stabile, allacciato alla strada nazionale di Salona-Spalato (v.), unisce la terraferma all'isoletta di Traù vecchia, sboccando in un vasto piazzale, donde per Porta di Terraferma (o di S. Giovanni, sec. XVI), con un bel Leone veneto nell'attico, sormontato dalla statua benedicente del patrono di Traù, beato Giov. Orsini, si entra in città. Sulla punta O. dell'isoletta si vedono ancora i bei forti veneziani: verso terra S. Marco (opera dei maestri Giocondo Cappello e Domenico di Ragusa, 1470-72) e verso l'isola di Bua il Castel Camerlengo (opera dei maestri Pincino veneto e Marino dalmata, 1420-37, con il Leone veneto dal libro chiuso. V. vol. XII, illustrazioni a p. 246 e 258 e tavv. LXVI-VIII).

Dell'antica civiltà siracusana, poi romana, nulla rimane di visibile, fuorché sei colonne probabilmente romane di spoglio da Salona (v.), adoperate con due capitelli corinzî (gli altri 4 sono romanici) nella costruzione della Loggia pubblica (1308) in Piazza dei Signori. Tracce di strade e selciati romani furono trovate in scavi occasionali, poi ricoperte.

Nel rivaleggiare anche nell'arte con le vicine Spalato e Sebenico, anche Traù ebbe magnifiche fioriture del Romanico e del Rinascimento prima di assumere nei suoi molti palazzi il tipico carattere dell'ogivale veneziano.

Il Duomo (S. Lorenzo, 1180-1250) in Piazza dei Signori è la più bella opera romanica in Dalmazia e una delle più belle in Italia. Il mirabile portale reca inciso il nome dell'autore, maestro Radovano. L'elegante campanile, finito nel 1600, reca l'impronta dei varî stili: romanico, ogivale e rinascimento. Nell'interno, bellissimi: il ciborio, il pulpito, il coro ligneo veneziani elle due aggiunte, il battistero (opera di A. Alessi, a. 1467) e la cappella del b. Giovanni Orsini (opera dell'Alessi e di N. Fiorentino, 1468-72), due meraviglie di marmi scolpiti e di statue di questi e di altri discepoli del Rinascimento di Giorgio di Sebenico (v. orsini, giorgio).

Pure romanica la vicina abbazia, chiesa benedettina di S. Giov. Battista (1270, ora crollante); interessanti tra il romanico e l'ogivale le chiese di S. Barbara, S. Domenico, S. Pietro, S. Nicolò (già S. Doimo) e della Madonna dei Dritti (sull'isola di Bua, con importanti dipinti).

L'impronta ogivale veneziana s'accentua dopo il 1420 , (dominazione definitiva di Venezia) con il palazzo comunale dal bel cortile e con la Torre dell'orologio in Piazza dei Signori; con le mura e fortificazioni, con i Leoni: magnifico quello nel bassorilievo sopra il tavolo dei magistrati nella Loggia pubblica con l'iscrizione: iniusti punientur et semen impiorum peribit (1471). Nelle notti dell'i e 2 dicembre 1932, per ordine di Belgrado, fu fatta la "strage" di questi Leoni a forza di dinamite; il che provocò il memorabile discorso di Benito Mussolini nel Senato del regno. Venezianeggianti i palazzi patrizî, che però conservano elementi romanici oppure di Rinascimento, due, vecchio e nuovo, dei Cippico, uno dei Fanfogna, degli Andreis, dello Stafileo, del Lucio (il celebre storico), ecc. (V. tavv. XXXIX e XL).

Storia. - Venne fondata poco dopo il 385 a. C. da coloni greco-siracusani di Issa (Lissa). A Issa appartenne ancora in età romana e come tale ebbe la cittadinanza romana. Dubbio se sia stata municipio. Sino al 476 fece parte dell'Impero d'Occidente, poi, sino al 480, dello stato di Giulio Nepote e quindi dei regni italici di Odoacre e degli Ostrogoti.

Riconquistata nel 537 dagli eserciti di Giustiniano rimase sotto l'Impero d'Oriente fino alle lotte delle investiture.

L'invasione avaro-slava del primo quarto del sec. VII, la privò del territorio di terraferma, ma non portò lesione alcuna alla città e al suo carattere. Anzi nei secoli di mezzo si nota un vigoroso sviluppo della forma comunale che, prima del Mille, si completa con il sorgere del vescovato. Nel 1000 la città fa atto di dedizione a Venezia. Nella seconda metà del sec. XI, sotto il vescovado del romano Giovanni Orsini (1064-1110), poi beatificato e assunto a patrono, la città si distacca da Bisanzio ed entra nell'orbita di Roma, dipendendo, nei riguardi politici, alternativamente da Venezia e dall'Ungheria. Una distruzione operata dai Saraceni nel 1123, e tramandataci dalle cronache, è storicamente inammissibile. Nel secolo XII e XIII, il comune, pieno di energie e bisognoso di espandersi, sostiene aspre lotte con Spalato e con Sebenico. Nei primi due decennî del secolo XIV si trova invece di fronte ai Subich, famiglia di feudatarî croati del retroterra, che tendono a insignorirsene. Per salvaguardare le sue libertà Traù il 17 aprile 1322 si dà a Venezia, sotto la cui difesa e amministrazione rimane fino al 9 luglio 1357. Dal 1357 al 1420, sempre autonoma, retta da podestà o capitani del popolo, la più parte italiani, serbando incorrotta la sua impronta d'italianità, riconosce successivamente la sovranità di Lodovico il Grande d'Ungheria fino al 1382, di Maria, Elisabetta e di Carlo Durazzo fino al 1386, di Sigismondo di Lussemburgo fino al 1390, dei re di Bosnia fino al 1393, nuovamente di Sigismondo fino al 1402, di Ladislao di Napoli fino al 1409 e ancora una volta di Sigismondo fino al 1420. Il 22 giugno di quest'anno, essendo Venezia in guerra con l'Ungheria, la flotta del capitano generale Piero Loredan dopo breve assedio la prese e vi issò il gonfalone marciano, che sventolò ininterrottamente fino alla caduta della Repubblica (1797). Rigogliosa, nonostante le molestie e le incursioni turche dei secoli XV e XVI, fu in questo periodo la vita intellettuale, artistica ed economica del comune. Ricorderemo degli umanisti e dei mecenati Pietro, Coriolano e Alvise Cippico, e Tranquillo Andronico; degli storici Giovanni Lucio. Caduta Venezia, dopo un breve torbido interregno, passò prima all'Austria fino al 1806, poi fece parte del Regno Italico di Napoleone fino al 1809, indi delle Provincie Illiriche fino al 1813, per tornare, dopo il Congresso di Vienna, all'Austria che la tenne fino al 1918. L'amministrazione del comune si serbò italiana fino al 1886. Dopo la guerra mondiale passò alla Iugoslavia.

Bibl.: Corpus Inscript. Lat., III, p. 355 segg.; G. Lucio, Memorie istoriche di Tragurio ora detto Traù, Venezia 1675; Statuta Reformationes civitatis Tragurii, ed. G. Cippico, Venezia 1708; D. Farlati, Illyricum Sacrum, IV, ivi 1769, p. 303 segg.; St. Paulovich-Lucich, Archivio capitolare di Traù, in La Voce dalmatica, II (Zara, 1861), segg., n. 8 segg., p. 315 segg.; G. Chiudina, Compendio storico di Traù, in Il Dalmata, XXXIII (Zara, 1898), nn. 99-104; P. Andreis, Storia della città di Traù, ed. M. Perojevic, Spalato 1909. - Per i monumenti: Ciril M. Ivekovic, Dalmatiens Architektur und Plastik, voll. 5, Vienna dal 1910; A. Dudan, La Dalmazia nell'arte italiana, voll. 2, Milano 1921-22; T. G. Jackson, Dalmatia the Quarnero and Istria, voll. 3, Oxford 1887-89, passim; A. Venturi, E. Pais, P. Molmenti, T. Sillani, Dalmazia monumentale, Milano 1917, passim; P. Toesca, Storia dell'arte ital., I: Il Medioevo, Torino 1927; A. Venturi, Storia dell'arte ital., I segg., 1901 segg.