TRENTINO

Enciclopedia dell' Arte Medievale (2000)

TRENTINO

G. Valenzano

Regione dell'Italia settentrionale, comprendente la prov. di Trento (v.). Il nome T. deriva da Trento, già antico municipio romano dal nome Tridentum. Dal toponimo romano derivò il nome di Venezia Tridentina, proposto nel 1863 dal glottologo Graziadio Isaia Ascoli e adottato dopo la prima guerra mondiale.Il T., insieme all'Alto Adige (v.), costituisce la regione a statuto speciale T.-Alto Adige. Tale regione, caratterizzata da un punto di vista fisico-geografico da una sostanziale unità, costituita dal vasto bacino orografico dell'Adige, dal punto di vista antropico-culturale presenta invece una netta separazione, riflesso di una situazione che ha antiche radici in età altomedievale. Solo nel 1271 Mainardo IV (1263-1295), conte di Gorizia e del Tirolo, unificò il T. con l'alta valle dell'Adige e dei suoi affluenti e con quella dell'Inn.Il T. fu evangelizzato a partire dal 2° secolo. La tradizione ricorda l'opera dei vescovi Giovino, Abbondanzio e Vigilio (sec. 4°). A quest'ultimo si deve la costruzione della cattedrale di Trento. Nel sec. 5° il T. subì le scorribande di Svevi, Alamanni, Vandali e Burgundi. A esse si aggiunsero le invasioni degli Unni, guidati da Attila, che ridussero in rovina Tridentum e altri centri. Teodorico, re degli Ostrogoti, riorganizzò la regione come avamposto militare. Nell'area circoscritta intorno a Trento sono state rinvenute fibule di bronzo a staffa, con piastra di testa semicircolare con bottoni sporgenti fusi insieme, e a staffa ben arcuata, con piastra del piede trapezoidale, prodotte in zona su imitazione di fibule ostrogote.Nel sec. 6° la popolazione abbandonò il fondovalle per rifugiarsi in luoghi fortificati, spesso lontani dalle principali vie di comunicazione. I più importanti sono Castel Vetere/Castelfelder, presso Ora/Auer, Castelvecchio/Altenburg, presso Caldaro/Kaltern an der Weinstrasse, con i resti di una chiesa del sec. 5°, e Doss Trento, con una chiesa dotata di un sacello dedicato ai ss. Cosma e Damiano, da cui proviene il lacerto musivo del sec. 6° con l'iscrizione del vescovo Agnello (Trento, Castello del Buonconsiglio). Il sec. 6° vide, inoltre, la penetrazione dei Bavari da N e dei Longobardi da S. I reperti archeologici, nel caso del sec. 6°, non confermano i dati delle fonti scritte: la più antica testimonianza che attesti la presenza bavara a S di Bolzano è databile solo alla prima metà del 7° secolo.Sotto i Longobardi, che elessero il T. in ducato (569), i confini, come quelli dell'antico municipium, si estendevano fino a Merano e alla bassa valle dell'Isarco. Il primo duca longobardo di Trento, Ewin, rafforzò l'alleanza con i Bavari, sposando una figlia del duca Garibaldo, sorella di Teodolinda. Nel vescovado di Trento non furono fondati monasteri, a eccezione di quello retto a Trento dall'abate Secundus (550-612). Paolo Diacono (Hist. Lang., III, 9, 31; V, 35) menziona sei castra longobardi, identificati nei nomi di Fagitana, Cimbra, Vitianum, Brentonicum, Volaenes e Anagnis, che però, per motivi archeologici e toponomastici, sono da considerare insediamenti fortificati, probabilmente sorti già nel sec. 5° e non di fondazione longobarda. Due distinte necropoli longobarde, scoperte accidentalmente a Civezzano nel 1886 e nel 1902, a E di Trento, nella località al Foss e presso Castel Telvana, restituirono preziosi corredi funebri appartenuti a personaggi di rango elevato. I reperti, dei primi decenni del sec. 7°, rivelano l'assimilazione da parte del gruppo etnico dominante di influssi culturali tardoromani-bizantini. Assai significativi sono una coppia di orecchini d'oro con cestello traforato, bottone in oro filigranato con perla e pendenti con perle e gocce di ametista e gocce laterali d'oro (Trento, Castello del Buonconsiglio). L'originalità della parure ha fatto ipotizzare una sua realizzazione in un'officina locale. Facevano inoltre parte del corredo alcune fibule, un bacile 'copto' in bronzo, di diffusa produzione 'industriale', spilloni in argento e oro e una crocetta aurea bratteata, decorata con due modani distinti (Trento, Castello del Buonconsiglio).Nel 1885 a Rallo, in val di Non, furono portate alla luce due tombe altomedievali: tra gli oggetti recuperati si segnalano le cinture con fibbie con decorazione del tipo Aldeno, una derivazione del tipo zoomorfo di tradizione germanica, diffusa intorno alla metà del 7° secolo. Un tipo di fibula a staffa del tipo trentino, già denominata 'a braccia', è attestata frequentemente nel 6°-7° secolo.Carlo Magno trasformò il ducato longobardo in marca. Di questo periodo non si sono conservate strutture in elevato. I resti di recinzione, con sculture a intreccio, scolpite in arenaria di Arco, hanno fatto ipotizzare l'esistenza di una bottega locale: le chiese di Vignole, di Varone e di S. Lorenzo a Tenno, tutte nell'area del Garda, hanno infatti conservato notevoli pezzi scolpiti. Rilievi altomedievali sono documentati anche nella cappella romanica del castello di Stènico, nella chiesa di S. Lorenzo a Vigo Lomaso, nella chiesa di Santa Croce a Bleggio Superiore e nell'antica pieve a Tione di Trento.Alla morte di Carlo Magno (814) il T. e la parte meridionale dell'Alto Adige furono inclusi nel regno d'Italia. Dopo Lotario questa zona di confine subì varie incursioni, finché Berengario del Friuli nell'888 cedette la marca Tridentina ad Arnolfo di Carinzia, in cambio del riconoscimento del titolo di re d'Italia. Berengario II (950-961), per ottenere il riconoscimento del medesimo titolo, cedette anche la marca Veronese, che, con quella Tridentina, fu unita al ducato di Baviera, retto da Enrico I (m. nel 955), fratello dell'imperatore Ottone I (936-973). Il T. divenne la punta meridionale dell'impero, asse importante per il controllo della penisola italiana, tanto che dopo il Mille la valle Isarco-Adige fu chiamata via degli imperatori. Enrico II (1002-1024) donò l'area trentina al vescovo di Trento Uldarico, al quale il successore di Enrico, Corrado II il Salico (1024-1039) conferì anche il titolo di principe (1027).I vescovi-conti consolidarono il potere politico religioso e promossero numerose opere edilizie, sacre e profane, di cui si hanno menzioni documentarie nel 12° secolo. A eccezione del duomo di Trento, non vi sono costruzioni religiose di grandi proporzioni. Delle strutture castellari, la cui realizzazione venne incrementata nel secolo successivo, rimangono importanti resti conservati nei rifacimenti posteriori, come nel caso del vasto complesso fortificato di Castel Beseno, documentato fin dal 1171 e sviluppato lungo un asse longitudinale, o di Castel d'Avio, attestato fin dal 1053.Le costruzioni romaniche nel territorio sono di modeste dimensioni, caratterizzate dall'uso di materiali locali e di semplici partiti decorativi, come S. Ilario a Rovereto, la pieve di Avio, S. Siro a Lasino, S. Tomaso a Riva del Garda, S. Lorenzo a Tenno, S. Lazzaro a Lavis, S. Bartolomeo a Romeno, S. Romedio e S. Alessandro a Sanzeno. Il sacello di S. Romedio e quello inglobato in rifacimenti posteriori del romitaggio di S. Biagio, non lontano da Revò in val di Non, sebbene siano stati considerati di antica fondazione e riferiti all'età longobarda, sono invece strutture 'a sala' con volte a crociera ascrivibili al sec. 12°: le prime notizie documentarie dell'eremo di S. Romedio risalgono al 12° secolo. Al Duecento è da riferire il portale, che riprende una tipologia elaborata verso la fine del sec. 12° e assai diffusa nel secolo successivo.Modeste sono le opere scultoree in pietra. L'elemento scolpito è limitato a pochi schemi decorativi (rosette, archetti) e a rari inserti figurativi che si concentrano sui punti salienti dei portali, capitelli o architravi, oppure ornano alcuni fonti battesimali e acquasantiere. Se le decorazioni scolpite assai semplificate e corsive sono opera di lapicidi locali, non mancano attestazioni di scultori originari di altri centri. Da Ora/Auer proviene la Madonna con il Bambino (Londra, Vict. and Alb. Mus.), opera attribuita alla c.d. scuola di Piacenza (1170 ca.). Scarsi sono i brani pittorici romanici, che quindi non permettono di delineare un preciso quadro culturale, come gli affreschi di S. Lorenzo a Tenno e quelli staccati da S. Biagio a Mori (Trento, Castello del Buonconsiglio) o le pitture a S. Bartolomeo di Romeno; diffusi, invece, appaiono i velari, tra cui spicca quello di S. Romedio.Il vescovo-principe Vanga (1207-1218), consanguineo dell'imperatore Federico II, ricostruì la cattedrale di Trento e chiamò il lapicida Adamo da Arogno. Nel corso del Duecento, l'architettura e la scultura si svilupparono nel segno della tradizione romanica, senza essere toccate da influssi transalpini. In pittura si affermò la tendenza linearistica, derivata dallo stile d'Oltralpe, affidato quasi esclusivamente alla linea di contorno, con stesure di colore piatte e prive di sfumature. Tra le testimonianze di questo periodo vanno ricordati l'affresco della chiesa di S. Fabiano a Cavareno e le pitture con cavalieri in lotta, recentemente restaurate, dipinte sulla parete esterna dell'eremo dei Ss. Pietro e Paolo nella zona del Garda. Dell'ultimo quarto del Duecento sono gli affreschi entro lunette del sacello meridionale di Sanzeno.Nella prima metà del Trecento la pittura risentì di influssi giotteschi, in buona parte mediati dalla cultura veronese. Nel 1320 è documentato il pittore Nicolò da Padova, attivo nell'abbazia di S. Apollinare a Trento; nel 1323 è attestato a Ledro il pittore riminese Puscenino di Rustigello, a cui sono stati attribuiti gli affreschi dell'atrio di S. Tommaso a Cavedago. I legami con Verona si infittirono con Guglielmo II di Castelbarco - nominato cavaliere da Cangrande Della Scala e committente di importanti opere a Verona e in T. - che promosse la ricostruzione di Castel d'Avio, terminata con una straordinaria decorazione pittorica a soggetti cortesi, una delle più significative testimonianze di pittura profana in Italia settentrionale, realizzata con probabilità immediatamente prima del 1333, quando fu ospitato il principe Carlo di Boemia.Educato in ambiente veronese è anche il pittore che eseguì le figure degli apostoli sulla parete sinistra di S. Maria Maddalena di Terragnolo, ancora su commissione di Guglielmo II di Castelbarco. Il legame pittorico con Verona è inoltre attestato nella zona di Riva del Garda, dov'è documentata l'attività di una bottega familiare: si tratta di Federico di Bonanno Oddone da Riva e del figlio Giacomo, autori dei distrutti affreschi di S. Marco a Trento, a cui sono state attribuite le pitture, di chiara impronta veronese, di S. Apollinare a Prabi e di S. Martino ad Arco. Lo stesso Giacomo risulta inoltre attivo e documentato a Verona nell'ultimo quarto del Trecento. Un pittore veronese, Giuliano d'Avanzo, firmò nel 1384 gli affreschi dell'abside di S. Lorenzo a Tenno.

Bibl.:

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