SERIPANDO, Troiano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 92 (2018)

SERIPANDO, Troiano (in religione Girolamo). – Nato il 6 maggio 1493 a Troia (Foggia)

Michele Cassese

da Giovanni Ferdinando, nobile del seggio di Porta Capuana di Napoli, e da Isabella Luisa Galeota, fu battezzato con il nome di Troiano.

Rimasto orfano in giovane età, della sua educazione si prese cura il fratello maggiore Antonio, noto umanista, segretario del cardinale Luigi d’Aragona. Iniziò gli studi di grammatica con Francesco de Leiosa e Giacomo Gaetano, detto Caronte nel 1502-04, e di giurisprudenza con Giovanni Traietta. Entrato il 29 settembre 1506 nel convento domenicano di S. Caterina a Formiello di Napoli, il fratello Antonio lo riportò a casa ritenendo immatura la decisione; il 6 maggio 1507, con il consenso fraterno, lo accolsero gli agostiniani di S. Giovanni a Carbonara con il nome di Girolamo. Studiò lettere classiche, filosofia e teologia a Roma (1508-10), al convento della Ss. Trinità sul monte Cimino, presso Soriano (Viterbo), a Napoli e Sessa Aurunca; apprese l’ebraico, l’aramaico e il greco biblico. Ordinato sacerdote (1513), fu segretario del generale Egidio da Viterbo (1514-15), professore di teologia, reggente dello Studio teologico a Bologna (1516-23), vicario generale della Congregazione di S. Giovanni a Carbonara di Napoli (1523-38). Frequentò il mondo umanistico dell’Accademia Pontaniana e fu in rapporti con il circolo di Juan de Valdés, di cui colse la profondità spirituale pur non condividendone sempre i contenuti dottrinali.

Ebbe intensa attività di predicazione nel Regno di Napoli e in numerose città italiane. Tenne discorsi celebrativi nel duomo di Napoli (28 luglio 1535) per la vittoria di Carlo V contro i turchi a Tunisi, e dinanzi all’imperatore al suo ingresso trionfale in città (25 novembre 1535). Nominato da Paolo III vicario generale dell’Ordine (12 dicembre 1538) il 25 maggio 1539 fu eletto generale. Riconfermato due volte (nel 1543 e nel 1547), rinunciò per motivi di salute nel 1551. Durante il generalato visitò tutti i conventi dell’Ordine in Italia, Francia, Spagna, Portogallo per conoscerne la situazione, proporre osservanza della regola e rinnovamento. Vigilò sulla diffusione dell’eresia e lottò contro abusi e forme di autonomia rivendicate da alcune province agostiniane, in particolare la lombarda. Si mantenne in stretto contatto con i vicari locali per incoraggiare e correggere, emanò nuove Costituzioni e la Ratio studiorum (1551) da cui presero origine le regole dell’Ordine varate nel 1581 dal generale Taddeo da Perugia. Con lui la figura del generale tornava a essere centrale; si dava particolare attenzione alla formazione dei fratelli, al risveglio della vita spirituale e agli studi teologici, specialmente biblici. Il magister biblicus era incaricato di tenere una lezione quotidiana di esegesi e nei giorni festivi un discorso di carattere biblico in «colloquio familiare e pio» (Constitutiones ordinis fratrum eremitarum S. Augustini, Romae 1551, p. XXVIII) per l’edificazione e la crescita della pietà. Seripando diede impulso all’attività missionaria, proibì la proprietà privata dei singoli religiosi e vietò loro ogni compravendita.

Fu attore importante, forse «il principale architetto» (P. Sforza Pallavicini, Istoria del Concilio di Trento, III, Napoli 1757, p. 293) del Concilio di Trento. Partecipò al primo periodo (1545-48) come generale dell’Ordine e teologo particolare del copresidente cardinale Marcello Cervini; assente per motivi di salute nel secondo periodo (1551-52), nel terzo (1561-63) fu legato pontificio e copresidente. Prese parte alla programmazione dei lavori e alla preparazione di schemi e bozze; diede forte contributo ai dibattiti; stese alcuni decreti e canoni finali. Si ricordano specialmente gli interventi sulla giustificazione, la Scrittura e la sua importanza nella vita della Chiesa, l’eucaristia e l’Ordine.

Nel 1553 fu incaricato dalla municipalità napoletana di una missione presso Carlo V per l’abolizione della politica repressiva del viceré Pedro de Toledo nei confronti della città. Portata a termine l’ambasceria a Bruxelles, dovette, avendo già rifiutato il vescovato dell’Aquila (13 giugno 1551), accettare la nomina di collazione regia ad arcivescovo di Salerno, confermata da Giulio III (31 marzo 1554). Ricevette a Roma l’ordinazione episcopale (15 maggio 1554) e l’imposizione del pallio (21 settembre); fece ingresso a Salerno il 23 settembre. Seguendo l’insegnamento della Scrittura e di Agostino e l’esempio di Gian Matteo Giberti, vescovo di Verona, osservò fermamente la residenza e operò per la riforma della diocesi. Richiamò il suo clero all’unità, indisse (ottobre 1554) il sinodo diocesano, di cui pubblicò nel 1557 le Costituzioni; impedito da malferma salute, fece tenere dal suo vicario, il vescovo di Lesina Orazio Greco, la visita pastorale (1557-58). Con la collaborazione di esperti di diritto (Pietro Follerio) emanò le Costituzioni capitolari (1559) per riordinare il culto divino e l’amministrazione dei beni riguardanti i canonici, togliendo loro alcuni privilegi e stabilendo nuove regole per la loro elezione e l’ufficio. Concepì la predicazione dell’evangelo, d’impronta biblica, come suo compito principale, rivolgendosi a clero, monaci e monache, e al ‘popolo salernitano’ soprattutto nelle celebrazioni solenni; tenne una serie di catechesi sul Simbolo (1556-57) e il Pater Noster (1559-60). Conferì incarichi pastorali solo a persone ritenute preparate e ligie al loro compito, osservanti di canoni e decreti; valorizzò il rapporto con i vescovi suffraganei; fu sconsigliato dal tenere un sinodo provinciale per il rinnovo della pastorale, per non essere sospetto a Paolo IV. Fu punto di riferimento pastorale e spirituale di vescovi italiani, ecclesiastici e laici del tempo, come testimonia il suo vasto epistolario.

Stimato dalla corte napoletana, fu invitato dal cardinale Bartolomé de La Cueva, viceré di Napoli, a tenere il 24 febbraio 1559 l’orazione funebre di Carlo V. Nel settembre 1560 fu chiamato a Roma da Pio IV, ricevendone l’incarico di fondare la Stamperia vaticana e presiedere il tribunale dell’Inquisizione; in tale carica si schierò per l’assoluzione del protonotario Pietro Carnesecchi e del patriarca di Aquileia Giovanni Grimani, sospettati di eresia. Nominato cardinale di S. Susanna, fu inviato assieme con il cardinale Ercole Gonzaga come copresidente a Trento per la riapertura del concilio. Ne preparò i lavori, incitò alla partecipazione molti vescovi, guidò tra molte difficoltà le assemblee assieme con Gonzaga; durante la crisi conciliare sul problema della residenza e dell’ordine sacro, accusato dai curialisti e dal cardinale Ludovico Simonetta di attentato all’autorità pontificia, rassegnò le dimissioni da legato, respinte però dal papa.

Sfiancato da travagli fisici e morali morì a Trento il 17 marzo 1563, due settimane dopo Ercole Gonzaga. Fu sepolto nella chiesa del convento di S. Marco.

Uomo di vasta cultura filosofica e teologica, passato dal platonismo al paolinismo interpretato da Agostino, umanista dalla profonda sensibilità erasmiana, conoscitore delle lingue bibliche, Seripando fu tra i protagonisti della storia religiosa del XVI secolo. Scrisse numerose opere a carattere filosofico, teologico e pastorale. Fin dai primi anni di vita religiosa, sotto l’influsso di Egidio da Viterbo, fu sensibile alla riforma della Chiesa a livello istituzionale, spirituale, pastorale e teologico-dottrinale; ritenne necessaria una purgatio dogmatum sulla base della tradizione agostiniana.

Per Seripando la ricerca teologica doveva essere aperta alle diverse posizioni di pensiero, anche dei sapienti non cristiani antichi e moderni. La sua teologia, di tipo esperienziale, dava primato alla Sacra Scrittura, fonte di conoscenza, seguiva i grandi maestri della Chiesa, soprattutto i Padri, e, in linea con l’umanesimo cristiano, si serviva come strumento d’indagine della ragione umana «illuminata e guidata dalla luce del verbo di Dio» (Discorsi, a cura di A. Marranzini, 2001-2004, I, p. 123). I suoi scritti e i suoi interventi al Tridentino trattarono dei grandi temi allora in discussione: Dio e le fonti della verità, uomo e salvezza, i sacramenti, la Chiesa, la vita di pietà. Circa la giustificazione, sostenne la priorità della fede sulla carità e la gratuità della grazia più che il valore meritorio inerente alle opere umane. Sull’ecclesiologia, richiamandosi ad Agostino, pose l’accento sull’aspetto spirituale della Chiesa, il suo carattere assembleare, l’unione dei fedeli chiamati alla sequela di Cristo e alla libertà nel compimento della volontà di Dio, in vista della salvezza. La Chiesa, essenzialmente universale e santa nella partecipazione alla santità di Dio, ha anche assetto istituzionale, che non è potere ma servizio. Seripando richiamò a più riprese la comunità dei primi cristiani come modello di Chiesa. Contro la mondanità insinuatasi nelle istituzioni ecclesiastiche, evocava la centralità del ‘mistero della croce’ su cui la Chiesa si fonda e si fortifica e criticava severamente l’ambiente della Curia romana. Sollecitò il senso di unità tra tutti i membri della Chiesa. La riforma, in capite et in membris poteva avvenire solo con l’apporto di tutti, e particolarmente del concilio e del papa; doveva essere anche strutturale e in contrasto con la prassi vigente.

Considerava de iure divino sia la potestas ordinandi sia la potestas iurisdictionis del vescovo, come anche l’obbligo della residenza. Tale visione lo rese inviso ai curialisti e, forse, a Pio IV. Ebbe un atteggiamento di rigida condanna verso quanti avevano rotto con la Chiesa di Roma, come Martino Lutero e gli altri confratelli Giulio Della Rovere, Agostino Mainardi, Ambrogio da Milano, Nicola da Verona, passati al calvinismo. Fu indulgente invece verso chi, pur esprimendo idee teologiche eterodosse, non si opponeva al papa e alla Chiesa romana ma perseguiva il rinnovamento. Tenne questa posizione nei riguardi degli ‘spirituali’, con i quali cercò una mediazione, considerandoli forza vitale per la Chiesa e il suo rinnovamento. Seripando va incluso nel movimento dell’evangelismo, di cui facevano parte, sia pur con sfumature diverse, ecclesiastici come Gasparo Contarini, Reginald Pole, Iacopo Sadoleto, Giovanni Morone, Vittore Soranzo, fautori di una ‘terza via’ intermedia tra la rottura con Roma e gli ‘intransigenti’ della Curia romana.

Il suo progetto di rivitalizzazione della Chiesa prevedeva di indebolire il gruppo degli intransigenti e coalizzare con prudenza le forze interessate a una riforma profonda. Fu critico verso il tribunale dell’Inquisizione: pur visto agli inizi come strumento salutare, lo considerò sotto Paolo IV crudele e disumano. A Salerno cercò di evitare la tortura degli accusati d’eresia per ottenerne l’abiura. Come presidente della congregazione del S. Uffizio a Roma ne moderò l’operato, attenuò i divieti su alcune categorie di libri e ripristinò il potere dei vescovi di rilasciare permessi di lettura; richiamò a un atteggiamento più prudente e ‘caritatevole’. Per la vicinanza con gli ‘spirituali’, soprattutto con Pole, e la chiara posizione a favore della giustificazione per fede, pur moderata dalla visione di una duplice giustizia, Seripando stesso fu tra i sospettati di eresia da Paolo IV, che mirò (1558-59) ad aprire anche nei suoi riguardi un processo, come già con il cardinale Morone e il vescovo Giovanni Tommaso Sanfelice. Segno della diffidenza persistente della Curia romana nei suoi confronti, anche dopo la morte, fu la registrazione del suo nome da parte del cardinale di Santa Severina, Giulio Antonio Santoro, nel Compendium del processo Morone.

Opere. Sono moltissime le opere di Seripando tuttora inedite, conservate nella sezione manoscritti della Biblioteca nazionale di Napoli, ove fu trasferita anche la sua preziosa biblioteca. Esse costituiscono una fonte importante per lo studio della teologia e della storia ecclesiastica e civile del Cinquecento. Quelle edite sono: Oratio in funere Caroli V, Neapoli 1559; Prediche sopra il simbolo degli Apostoli, dichiarato co simboli del concilio Niceno e di santo Athanasio, Venezia 1567; In D. Pauli epistolas ad Romanos et Galatas commentaria. Eiusdem ad nonnullas quaestiones ex textu epistolae catholicae responsiones, Neapoli 1601 (rist. anast., Farnborough 1971); Doctrina orandi sive Expositio orationis Dominicae, Lovanii 1661; Concilium Tridentinum. Diariorum, actorum, epistularum, tractatuum nova Collectio, II, V, VI, 2, IX, XII, XIII, Friburgi Brisgoviae 1901-1966, ad indices; Diarium de vita sua (1513-1562), a cura di D. Gutierrez, in Analecta Augustiniana, XXVI (1963), pp. 5-193; XXVII (1964), pp. 334-340; Testi e note su l’ultimo quadriennio del generalato di Seripando, a cura di D. Gutierrez, ibid., XXVIII (1965), pp. 281-382; D. Gutierrez, La Biblioteca di S. Giovanni a Carbonara di Napoli, ibid., XXIX (1966), pp. 59-212; De iustitia et libertate Christiana, a cura di A. Forster, Münster W. 1969 (trad. it. in A. Marranzini, Dibattito Lutero Seripando su “Giustizia e libertà del cristiano”, Brescia 1981, pp. 127-294); Registrum generalatus, a cura di D. Gutierrez, Romae 1982-1990; Index generalis, a cura di A. De Meijer, Romae 1996; R.M. Abbondanza Blasi, Tra evangelismo e riforma cattolica. Le prediche sul Pater noster di G. Seripando, Roma 1999; Discorsi, a cura di A. Marranzini, Roma 2001-2004. Del vasto epistolario: G. Calenzio, Documenti inediti e nuovi lavori letterari sul Concilio di Trento, Roma 1874, pp. 255-280; M. Cassese, G. Seripando e i vescovi meridionali (1535-1563), II, La corrispondenza, Napoli 2002; il testo su Dio, sommo bene in A.M. Vitale, Il “De Summo Bono” di G. S. tra umanesimo meridionale e tradizione platonica, ed. critica, Roma 2016, pp. 103-162.

Fonti e Bibl.: H. Jedin, G. S. Sein Leben und Denken im Geisteskampf des XV Jahrhunderts, Würzburg 1937 (con un’ampia antologia dei suoi scritti; trad. it. G. S. La sua vita e il suo pensiero nel fermento spirituale del XVI secolo, a cura di G. Colombi - A.M. Vitale, I-II, Brescia-Roma 2016); A. Balducci, G. S. arcivescovo di Salerno (1554-1563), Cava dei Tirreni 1963; A. Forster, Gesetz und Evangelium bei G. S., Paderborn 1963; A. Marranzini, Il ministero episcopale del card. G. S. nell’arcidiocesi di Salerno (1554-1563), Salerno 1993; Id., Il card. G. S. arcivescovo di Salerno legato pontificio al concilio di Trento, Salerno 1994; Geronimo S. e la chiesa del suo tempo. Atti del Convegno..., Salerno... 1994, a cura di A. Cestaro, Roma 1997; F.C. Cesareo, A Shepherd in their midst. The episcopacy of G. S. (1554-1563), Villanova (Pa.) 1999; M. Cassese, G. S. e i vescovi meridionali (1535-1563), Napoli 2002; Id., «Leggere e meditare la Sacra Scrittura per imparare da Dio». Annuncio della Parola di Dio e Bibbia nel card. G. S. (1493-1563), in Ecumenismo come conversione, a cura di P. Sgroi - R. Giraldo, Venezia 2007, pp. 391-417; Canisius CMI, In the service of the word of God. Cardinal S., an exegete and biblical theologian, Bangalore 2008; M. Cassese, Parola e chiesa. Appunti di ecclesiologia nel Card. G. S. (1493-1563), in Studi ecumenici, XXVII (2009), 1-2, pp. 161-183; G.C. Cassaro, G. S. La grazia e il metodo teologico, Messina 2010; M. Cassese, Un agone a distanza tra Giovanni Calvino e G. S. sulla giustificazione. Affinità e diversità, in Giovanni Calvino e la Riforma in Italia. Influenze e conflitti, a cura di S. Peyronel Rambaldi, Torino 2011, pp. 275-313; Id., Il ruolo dell’agostiniano G. S. al concilio di Trento e il suo apporto al dibattito sulla giustificazione, in Ritornare a Trento. Tracce agostiniane sulle strade del concilio Tridentino, a cura di S. Zeni - C. Curzel, Bologna 2016, pp. 45-70; A.M. Vitale, Between ‘christiana religio’ and ‘gentilium doctrina’. Three quaestiones on divine nature by G. S., in Analecta Augustiniana, 2013, vol. 76, pp. 101-130; M. Scarpa, Le predicazioni sul Pater Noster di G. S. Una prospettiva catechetica, Roma 2017.

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