MALIPIERO, Troilo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 68 (2007)

MALIPIERO, Troilo

Michele Gottardi

Nacque a Venezia il 21 nov. 1770, primogenito di Angelo di Troilo ed Emilia Fracassetti, discendente da una famiglia di mercanti d'origine bergamasca aggregata al patriziato veneziano nel 1704.

La casata, discendente dai Mastropiero, era già segnalata nel territorio nel 908: dalle sue fila erano usciti due dogi tra XII e XV secolo. Appartenente al ramo delle Procuratie Vecchie, nei pressi di piazza S. Marco, il padre del M. unì su di sé anche l'estinta linea di S. Maria Zobenigo (S. Maria del Giglio). Proprio qui, nel 1808, il M. dichiarava di abitare, nel palazzo di sua proprietà, cui andavano sommate quattro botteghe tra Rialto e a S. Moisè (vicino a S. Marco) e cinque case sparse nelle zone meno centrali, tra S. Margherita, S. Gregorio e S. Martino, nei sestieri di Dorsoduro e Castello.

Iniziato il cursus honorum il 17 febbr. 1796, allo scadere del venticinquesimo anno, il M. fu eletto savio agli Ordini e il 23 genn. 1797 provveditore alle Pompe, ma la fine della Repubblica, avvenuta il 12 maggio 1797, impedì al M. di occupare la carica.

Versato nella scrittura, il M. si connotò come figura di poligrafo, in grado di spaziare dai temi politico-istituzionali, che animavano il dibattito della Venezia aristocratica e asburgica a cavallo del XIX secolo, alla produzione letteraria e tragica di scuola neoclassica, non scevra di spunti critici e polemici verso l'Illuminismo e i costumi dell'epoca. Dopo un curioso saggio di argomento matematico (Dimostrazione sulla triplicazione e trisezione dell'angolo effettuato colla retta e col cerchio, Venezia 1794), il M. pubblicò un opuscolo filosofico (Saggio sugli sforzi della passione nell'intelletto e su' di lei effetti nel cuore, ibid. 1796), teso a mitigare la forza del razionalismo sulla base del recupero - già romantico - del sentimento, in favore di una riaffermata unicità e divinità del mondo, e sull'eguale, necessaria, temperanza di razionalità e passioni all'interno dell'animo umano. L'obiettivo - già chiaro nel Saggio, ma reso evidente nelle opere successive - è la confutazione dell'eredità di J.-J. Rousseau che nel 1798 - coincidenza evidentemente non casuale con l'arrivo degli Austriaci in Veneto in forza del trattato di Campoformido - trovò spazio in uno dei primi scritti politici del M., La felicità della nazione realizzata dal politico e dal sovrano (ibid. 1798).

Qui, in forma di dissertazione, il M. si propose di analizzare la dilagante tendenza allo sfarzo di molta parte della società, mettendo a confronto le differenti risposte date dai governanti nelle diverse epoche. Dalle sue pagine si evince un'analoga, divisa, condanna: verso il lusso sfrenato da un lato e l'appiattimento "anarchico" di matrice rivoluzionaria e giacobina, dall'altro. Un'equidistanza ripresa nel Trionfo della ragione ossia Confutazione del sistema del contratto sociale di Gian Giacomo Rousseau (ibid. 1801; poi ristampato, con brevi e non significative varianti, Il trionfo della verità nella difesa dei diritti del trono ossia Confutazione del contratto sociale(, I-II, ibid. 1818), in cui il M. recupera temi e motivi della querelle antirousseauiana cercando di dimostrare come la miglior formula politica non risiedesse tanto nella democrazia, quanto nella monarchia, l'unica in grado di garantire serenità e continuità istituzionale anche al popolo. La sua distanza dal modello francese fu confermata dalla posizione defilata assunta nella breve stagione della democrazia del 1797, durante la Municipalità provvisoria, che criticò senza riserve, come appare da alcuni scritti pubblicati all'indomani del ritorno degli Austriaci: dall'ironico Testamento della spirata libertà cisalpina (ibid. 1799) all'annesso sonetto Confronto fra il genio della Romana Repubblica e quello dell'Austria.

Ma di là dai suoi orientamenti moderati in campo culturale e politico, ribaditi dalla dedica a F. Pesaro (v. La felicità della nazione() - patrizio veneziano per poco tempo a capo del governo austriaco all'inizio del 1799 - o da quella a Francesco I al rientro dall'Austria dopo il congresso di Vienna (Il vero eroismo ossia Adria serenata. Azione melodrammatica, ibid. 1815), importante fu la posizione assunta dal M. in una memoria autografa dal pretenzioso titolo di Voce della verità, inviata al nuovo governatore, il conte Mailath von Székhely, appena insediato a Venezia, nel 1801.

Nello scritto, diviso in capitoli cui corrispondevano altrettanti problemi dell'amministrazione asburgica (dalla polizia alla Zecca, dal commercio al diritto) il M. affrontava i temi di maggior dibattito del tempo, soffermandosi in particolare sul nodo cruciale della nuova classe dirigente. Andando al di là dell'intento, comune a molti, di accreditarsi presso il nuovo sovrano, il M. poneva senza remore l'interrogativo fondamentale: "dovranno tutti esser impiegati quei che lo furono prima della fatal epoca 12 maggio 1797?". Ovvero: quale doveva essere il criterio di scelta dei nuovi funzionari e magistrati dello Stato, quando nella Repubblica di Venezia "il solo favore spesso decideva della promozione alle cariche, non già i talenti conosciuti"? Intento morigeratore e censorio muoveva ancora il M., ma questa volta contro la propria stessa classe d'origine, auspicando il superamento del sistema delle informazioni riservate, "figlie sovente dell'interesse, dell'odio, della prevenzione o di abitual maldicenza"; dell'eccesso di lusso di chi, avendo "appena di che sussistere [(] pur si tratta bene e veste alla moda". Non solo questi, che facevano delle cariche occasioni di scalata sociale, avrebbero dovuto esser esclusi dal nuovo governo, ma soprattutto coloro che, durante la "fatal democrazia" si erano "levati la maschera" che avevano avuto a lungo: "chi fu democratico in aristocrazia e in democrazia anarchista non può essere che un malvagio".

Si trattasse di premonizione o di intuito politico, l'analisi del M. si rivelò fondata di lì a pochi mesi, quando l'antica aristocrazia fu totalmente esautorata dai posti di governo occupati da sudditi lombardi o provenienti dalle province ereditarie dell'Impero.

L'altra parte dell'attività editoriale del M. riguarda invece la produzione artistica e letteraria. Tramite le tragedie, messe in scena nel Veneto con discreta fortuna, il M. si prefisse di suscitare nello spettatore esempi forti da seguire, o da evitare, proponendo eroi biblici (Il sacrifizio di Abramo: dramma in tre atti in prosa, s.l. né d.) o integerrimi esempi della Roma repubblicana come Camillo (Azione tragica inedita con le annesse Notizie storico-critiche estese da un accademico imparziale, Venezia 1808); modelli romantici come Prometeo ossia La prodigiosa civilizzazione delle genti. Azione mitologica(, ibid. 1814); donne travolte dalla passione come Medea (Tragedia, Padova 1818).

Il M., che il 2 apr. 1799 si era sposato con Contarina di Vincenzo Pisani, nel 1819 venne riconfermato nella nobiltà, equiparata a ogni altro titolo imperiale, dall'imperatore Francesco I.

Il M. morì a Venezia il 2 ott. 1829.

Del M. sono da menzionare anche: La bottega del caffè. Quadro critico morale(, Mira 1810; Lo scultore e la luce, azione mitologica( in apoteosi del cav. Canova, s.l. nè d.; Il conte Ugolino in fondo alla torre di Pisa. Sciolti, Venezia 1813; Atabiba ed Huascar. Azione tragica di spettacolo, ibid. 1821; La Verità nello spirito dei tempi e nel nuovo carattere di nostra età (sul Congresso di Verona del 1822, s.l. nè d.); Zanghira e Lemanza. Quadro poetico nelle nozze Malipiero - Martinengo dalle Palle, Venezia 1828; Elogio di Giovanni II del mr. co. Martinengo dalle Palle, ibid. 1828; Descrizione della Montagna ov'è la chiesa della Madonna della Corona nelle alture di Montebello, ibid. 1828.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, St. veneta, 17: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patritii veneti(, IV, c. 403; Segretario alle Voci, Elezioni in Pregadi, reg. 26, cc. 30-31; Censo provvisorio, Notifiche, 1805-08, filza 901; Prima dominazione austriaca, Governo generale, Atti Pellegrini, b. 1: La voce della verità, ossia esposizione imparziale di fatti sullo stato attuale, civile ed economico di Venezia(; F. Schröder, Repertorio genealogico delle famiglie confermate nobili e dei titolati nobili esistenti nelle provincie venete, Venezia 1830, II, pp. 467 s.; G.B. Contarini, Menzioni onorifiche de' defunti [(] ossia raccolta cronologica alfabetica di necrologie, biografie, prose e poesie che furono pubblicate e che si pubblicheranno in memoria dei defunti del presente sec. XIX di quelli che son veneti, a noi noti, Venezia 1845, pp. 146 s.; P. Del Negro, La memoria dei vinti: il patriziato veneziano e la caduta della Repubblica, in L'eredità dell'Ottantanove in Italia, a cura di R. Zorzi, Firenze 1992, pp. 351-370; M. Gottardi, L'Austria a Venezia. Società e istituzioni nella prima dominazione austriaca (1798-1806), Milano 1993, pp. 15-18, 26-29, 165-168; A. Zorzi, La caduta della Repubblica nelle lettere di Bernardino Renier, in Ateneo veneto, n.s., XXXIV (1996), pp. 7-38.

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