Trombofilia

Dizionario di Medicina (2010)

trombofilia

Antonio Chistolini / Roberto Foà

I rischi della trombofilia

Le manifestazioni cliniche dei pazienti affetti da trombofilia sono rappresentate dall’insorgenza di complicanze tromboemboliche che si manifestano in genere in età giovanile (prima dei 45 anni di età). Un’altra caratteristica degli eventi tromboembolici nei soggetti trombofilici è l’elevata frequenza di recidive dell’evento stesso.

Elementi di gravità nella patologia

Il più importante fattore che influisce sulla gravità e variabilità dei sintomi è rappresentato dallo stato di omozigosi o eterozigosi per l’allele mutato. Nei soggetti con omozigosi, la carenza dell’antitrombina sembra essere non compatibile con la vita, mentre la carenza di proteina C o di proteina S può dar luogo a gravi manifestazioni cliniche neonatali di necrosi ischemica a livello cutaneo, sottocutaneo, viscerale. La condizione di omozigosi del fattore V Leiden porta a un aumento del rischio trombotico di 80 volte rispetto a quello della popolazione senza mutazione e di 10 volte superiore a quello dei soggetti eterozigoti. Nei soggetti eterozigoti, il sintomo più frequente è rappresentato dalla comparsa di trombosi venose profonde agli arti inferiori, con associata o meno embolia polmonare (tromboembolismo venoso). Meno frequenti sono gli episodi trombotici a livello delle vene degli arti superiori o di altri distretti venosi. Per quel che concerne la trombosi arteriosa, questa è meno frequente nei pazienti affetti da trombofilia congenita, mentre può rappresentare la manifestazione clinica della trombofilia acquisita (sindrome da anticorpi antifosfolipidi o iperomocisteinemia).

Complicanze tromboemboliche

Lo sviluppo di complicanze trombotiche durante la gravidanza e il puerperio sembra essere più frequente nelle pazienti con carenza congenita di antitrombina rispetto a quelle portatrici di altri difetti trombofilici. L’uso dei contraccettivi orali, che di per sé aumenta il rischio trombotico di circa 4 volte, porta a un ulteriore incremento di tale rischio di altre 6÷10 volte nelle donne con trombofilia. Particolarmente elevato è il rischio di trombosi nei pazienti trombofilici che vengono sottoposti a interventi di chirurgia generale (21%) e soprattutto a interventi di chirurgia ortopedica (37%). La trombofilia si associa, inoltre, a un aumentato rischio di complicanze ostetriche. Queste ultime comprendono poliabortività (più di 2 aborti), morte intrauterina fetale, ritardo di accrescimento intrauterino, HELLP (Hemolysis Elevated Liver enzyme level Low Platelet count) syndrome (sindrome caratterizzata da piastrinopenia, ipertransaminasemia ed emolisi), abruptio placentae. L’associazione tra trombofilia e complicanze ostetriche è risultata molto variabile nell’ambito dei diversi studi, soprattutto per quel che concerne il tipo di difetto: per alcune anomalie trombofiliche, vi sono discrete evidenze di associazione con complicanze ostetriche.

La terapia delle trombofilie

La terapia delle trombofilie congenite comprende: la profilassi primaria delle manifestazioni cliniche nei soggetti portatori di trombofilia, ma non ancora sintomatici; la profilassi secondaria delle recidive degli eventi trombotici nei soggetti portatori di trombofilia con anamnesi personale positiva per eventi trombotici; la terapia degli eventi trombotici acuti.I farmaci più comunemente utilizzati sono rappresentati dall’eparina a basso peso molecolare (per es., enoxaparina, nadroparina), da fondaparinux, dagli antagonisti della vitamina K. Più recentemente sono stati condotti studi che hanno valutato la possibilità di attuare la profilassi antitrombotica con farmaci assunti per via orale e che agiscono inibendo la trombina (dabigatran) o il fattore X attivato (rivaroxaban).

Profilassi primaria

La profilassi primaria viene attuata nelle situazioni di aumentato rischio trombotico (interventi chirurgici, gravidanze ‒ soprattutto nel periodo post-parto ‒, traumi). Negli interventi chirurgici la profilassi si inizia 12 ore prima dell’intervento e si protrae per un periodo che è variabile a seconda del tipo di intervento chirurgico (fino a 35 giorni per protesi d’anca e di ginocchio). Il fondaparinux viene iniziato 12 ore post-intervento e continuato per 10 giorni per la chirurgia generale e per 24 giorni per la chirurgia ortopedica. Gli inibitori della trombina o del fattore X attivato per via orale vengono attualmente utilizzati nelle profilassi degli interventi ortopedici di protesi d’anca e di ginocchio. Nella gravidanza, la profilassi primaria viene attuata utilizzando eparina a basso peso molecolare nel periodo puerperale per almeno 6 settimane dopo il parto. Nelle donne con pregresse complicanze ostetriche e trombofilia, la profilassi viene eseguita utilizzando l’eparina a basso peso molecolare durante la gravidanza e nel puerperio per 6 settimane.

Profilassi secondaria

Nei soggetti trombofilici con un precedente episodio trombotico la profilassi secondaria viene eseguita utilizzando gli antagonisti della vitamina K per un periodo di tre o sei mesi dopo l’episodio acuto. In gruppi specifici di pazienti considerati ad alto rischio (soggetti che hanno avuto più di un episodio trombotico), la terapia anticoagulante orale viene proseguita a vita.La terapia degli eventi trombotici nei pazienti trombofilici viene attuata utilizzando eparina non frazionata o a basso peso molecolare o fondaparinux, associata agli antagonisti della vitamina K. La sospensione di eparina o di fondaparinux si attua quando gli anticoagulanti orali hanno raggiunto il range terapeutico. I soggetti con aumento dei livelli di omocisteina vanno considerati come pazienti con un aumentato rischio trombotico: al fine di ridurre l’iperomocisteinemia si utilizzano terapie a base di vitamina B12, B6 e di acido folico.

Antonio Chistolini

Roberto Foà