TUBILUSTRIO

Enciclopedia Italiana (1937)

TUBILUSTRIO

Nicola TURCHI

Festa del calendario "numano" che ricorre due volte, il 23 marzo e il 23 maggio. Vi si faceva la lustrazione delle trombe, sia di quelle che servivano per uso religioso (Cal. Praen.) sia di quelle militari.

La festa era dedicata a Marte e si svolgeva nell'atrio dei calzolai (in atrio sutorio), che non si sa dove sorgesse, e vi si faceva il sacrifizio di un agnello (Festo). Il fatto che in tutti e due i giorni susseguenti ai due tubilustrî, e cioè nel 24 marzo e nel 24 maggio, cadevano i comizî calati, nei quali il popolo si riuniva per curie, sotto la presidenza del re, per sanzionare i testamenti, ha fatto congetturare al Mommsen che i due tubilustrî servissero a purificare le trombe che chiamavano il popolo a comizio: spiegazione più speciosa che persuasiva. E invero, poiché i due tubilustrî sono dedicati a Marte, perché il primo è in relazione con le Quinquatrie, che cadono quattro giorni prima (19 marzo), ed entrambe le feste sono simmetriche alle due feste di ottobre (October equus, 15 ottobre, e Armilustrio, 19 ottobre); poiché in entrambi i gruppi di feste entrano in funzione i salî, sacerdoti di Marte; poiché, infine, i due mesi di marzo e ottobre corrispondono rispettivamente all'apertura e alla chiusura della campagna di guerra, conviene concludere che il tubilustrio fu in origine la lustrazione delle trombe militari, cui poi si aggiunsero anche quelle di uso sacrale, tanto più che in origine le curie erano nucleo anche dell'organizzazione militare. E come tromba di guerra va senza dubbio interpretata quella "clava" con la quale - secondo la leggenda menzionata dal calendario prenestino - Romolo avrebbe inaugurato la città e che sarebbe stata ritrovata sul Palatino dopo l'incendio gallico, dando così origine alla festa. Quanto al tubilustrio del 23 maggio, da taluni calendarî (Venodino, Amiternino) confermati da Ovidio (Fasti, V, 725), considerato come sacro a Vulcano, si può osservare che l'attribuzione si spiega considerando che Vulcano, grazie alla sua assimilazione con Efesto, era il naturale patrono della forgiatura dei metalli.