MARTELLO, Tullio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 71 (2008)

MARTELLO, Tullio

Gabriella Gioli

– Nacque a Vicenza il 13 marzo 1841 da una famiglia della media borghesia. Il padre Carlo era impiegato di livello superiore dell’amministrazione finanziaria lombardo-veneta e la madre, Virginia Perelli, era figlia di un medico condotto. Nel 1847 si trasferì con la famiglia a Venezia e nel 1850 a Padova, dove fu iscritto per la prima volta a una scuola pubblica. Nel 1855 venne inviato in collegio a Venezia, ma tre anni dopo dovette sospendere gli studi e raggiungere la famiglia a Treviso, dove si iscrisse all’I.R. Istituto superiore di finanza.

Nel 1859, sensibile come tanti giovani alle aspirazioni patriottiche e repubblicane, il M. seguì i gruppi di volontari veneti che andavano ad arruolarsi nell’esercito piemontese e partecipò alla seconda guerra di indipendenza. Nel 1860, poi, partì da Livorno per raggiungere in Sicilia l’esercito di G. Garibaldi; prese parte alla battaglia di Milazzo e si segnalò in numerosi episodi di valore. Con Garibaldi avrebbe in seguito mantenuto rapporti di stima e amicizia, testimoniati da numerose lettere. Congedatosi dall’esercito garibaldino, si recò a Napoli, dove, «con bagaglio di audacia certo superiore a quello della scienza» (Bertolini, Vita aneddotica…, p. 15), si presentò agli esami straordinari di laurea della facoltà di matematica e riuscì fortunosamente a superarli. Con questo titolo raggiunse Torino, dove si iscrisse alla Scuola di applicazione per ingegneri. Non riuscì però a portare a termine gli studi, perché nel 1863, pur non avendo alcuna esperienza specifica, venne assunto da una compagnia inglese come assistente ingegnere per la costruzione di linee ferroviarie e partì per la Sardegna.

Le sue doti intellettuali e la sua capacità di lavoro nell’incarico svolto gli procurarono buone referenze, grazie alle quali, tornato a Venezia dopo la guerra del 1866 e la successiva annessione del Veneto all’Italia, ottenne dal ministero delle Finanze l’incarico di occuparsi dell’esproprio dei beni ecclesiastici: operazione delicata che gli procurò una quantità di nemici. Dopo breve tempo il M. decise di emigrare in Svizzera per prendere contatto con un ambiente intellettuale che era all’epoca fra i più vivaci e avanzati d’Europa. Nel settembre 1867 partecipò così al primo Congresso per la pace e la libertà, che si tenne a Ginevra, presidente ad honorem Garibaldi.

Il congresso, che segnò l’atto di nascita del moderno pacifismo, aveva lo scopo di individuare le condizioni che, se attuate, avrebbero permesso di mantenere la libertà, il diritto e la pace in Europa. La presenza di personaggi illustri ma di estrazione e con storie diverse (M.A. Bakunin, V. Hugo, A.I. Herzen, A. e L. Blanc, J. Favre, J.S. Mill, J. Barni) fa capire come potesse essere difficile conciliare le varie esigenze: socialisti, cattolici, democratici, moderati, rivoluzionari, liberoscambisti e rappresentanti dell’Internazionale operaia, pur partendo da un’aspirazione comune alla pace, puntavano evidentemente a percorsi e obiettivi assai diversi. Tuttavia, al di là dei risultati concreti raggiunti, questo congresso rappresentò per il giovane M. un’esperienza fondamentale, che lo mise in relazione con i più importanti esponenti del movimento europeista e pacifista e con figure di spicco della massoneria italiana. Il M. continuò così a interessarsi attivamente di politica, entrò a far parte del comitato centrale della Ligue de la paix et de la liberté, si batté per l’istruzione popolare, per la libertà economica e per le unioni doganali secondo il modello dello Zollverein.

All’Università di Ginevra il M. frequentò le lezioni di economia politica di Henri Dameth, e cominciò a leggere le Prefazioni alla «Biblioteca dell’Economista» di F. Ferrara (le prime due serie si pubblicarono a Torino dal 1850 al 1868), che tanta importanza avrebbero avuto nell’evoluzione del suo pensiero. Il M. riprese così con passione gli studi economici, scrisse numerosi articoli su temi politici e sociali e, nel 1869, fondò a Ginevra la Revue d’économie, d’histoire et de statistique.

Sostenuta da personaggi come Hugo, Ernest Naville, Barni, E. Cernuschi, la rivista si prefisse lo scopo di fornire gli elementi essenziali per l’interpretazione dei fenomeni sociali e politici e per fare dell’economia un oggetto di studi alla portata di tutti. Di qui l’importanza da lui attribuita alla storia e alla statistica: la prima perché doveva narrare gli avvenimenti nel modo più oggettivo, senza implicazioni moralistiche, la seconda per la sua possibilità di misurare scientificamente il progresso sociale.

Da questo lavoro il M. trasse lo spunto per le ricerche che portarono alla sua Storia della Internazionale dalla sua origine al Congresso dell’Aja (Padova-Napoli 1873), in cui si proponeva di «rendere evidenti gli errori, le illusioni, gli equivoci e le colpe del socialismo» all’interno dell’Associazione internazionale dei lavoratori. Quest’opera attirò l’attenzione degli studiosi e dei politici, il che gli consentì, quando nel 1872 lasciò la Svizzera a causa della morte del padre, di ottenere dal ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, su sollecitazione di L. Luzzatti, l’incarico di scrivere una monografia sullo Stato attuale del credito in Italia e notizie sulle istituzioni di credito straniere, che pubblicò a Padova nel 1874 in collaborazione con A. Montanari. Nel 1873, inoltre, il M. diventò segretario particolare del presidente del Consiglio e ministro delle Finanze M. Minghetti.

In questo periodo cominciarono a delinearsi in Italia due distinte scuole economiche: l’una classica, smithiana e liberista, sostenuta da Ferrara, e quindi dal M., che divenne presto membro del Cobden Club; l’altra, detta degli «autoritari» o dei «tedeschi», o ancora dei «socialisti della cattedra», capeggiata da F. Lampertico e da A. Scialoja, L. Cossa e L. Luzzatti. I primi dettero vita nel 1874 alla Società Adamo Smith, gli altri, nel 1875, all’Associazione permanente per il progresso degli studi economici in Italia. Nell’orbita della Società Adamo Smith fu fondato a Firenze il 7 maggio 1874 (sul modello dell’inglese The Economist) il settimanale L’Economista (proprietario e direttore l’avv. G. Franco). Ben presto il gruppo dei collaboratori si ampliò fino a comprendere gli economisti A. Marescotti, G. Bruno, J. Virgilio, G. Todde, V. Pareto e lo stesso M., nonché esponenti del moderatismo toscano come U. Peruzzi, L.G. Cambray-Digny, P. Bastogi. Il M. partecipò con passione al dibattito fra le due scuole di pensiero. Per il gruppo liberista, cui apparteneva, i principî economici smithiani costituivano le basi indiscutibili della scienza economica, mentre erano da respingere sia la politica di protezione doganale sia i sussidi statali ai settori più deboli dell’economia, che in quegli anni erano invece caldeggiati da economisti come Luzzatti e Scialoja.

Nel 1874 Ferrara offrì al M. la cattedra di economia politica nella R. Scuola superiore di commercio di Venezia, da lui diretta. L’anno seguente il M. sposò una giovane nobildonna veneta, Fosca Pascottini, da cui ebbe una figlia e due figli, uno dei quali morì in tenera età e l’altro, Carlo, a 23 anni, quando sembrava avviato a una carriera di scrittore e di economista come il padre (cfr. Sulla tomba di mio figlio Carlo Martello, 18 apr. 1901, anniversario della morte di lui, Bologna 1901).

Il M., che dal 1877 insegnò anche storia dei trattati, restò a Venezia per dieci anni, periodo che consacrò la sua fama e che fece della scuola un vero centro di riferimento del liberismo economico.

Con Ferrara dichiarò la sua ostilità al sistema dei trattati di commercio (cfr. Il libero scambio e i trattati di commercio, Venezia 1878), che si trovavano a dover conciliare esigenze e interessi diversi: industria, agricoltura, commercio, pressioni tributarie, lavoro e capitale. Il M. criticava inoltre la durata spesso troppo lunga di un trattato, che avrebbe impedito a qualunque paese di adeguarsi al rapido mutamento delle condizioni economiche. Anche la clausola della nazione più favorita sembrava fatta, a suo avviso, per togliere ogni libertà d’azione (cfr. Lo Zollverein italo-francese e gli Stati Uniti d’Europa, Bologna 1905).

Nel 1876 il M. si candidò alle elezioni politiche, ma fu sconfitto; analoga sorte avrebbe avuto un secondo tentativo fatto nel 1883 in una tornata di elezioni suppletive nel collegio di Treviso (cfr. Discorso elettorale pronunciato nella sala del Consiglio comunale di San Donà di Piave il 22 ott. 1876, Venezia 1876; Biografia e programma politico: 1° collegio elettorale di Treviso, del prof. T. M., Treviso 1883).

Nel 1881 il M., che l’anno prima aveva ottenuto la libera docenza per l’economia politica nell’Università di Padova, presentò la sua candidatura alla cattedra di economia politica nell’Università di Bologna e vinse il concorso. Tuttavia, per l’ostilità sia dell’ambiente universitario sia di quello ministeriale (in particolare A. Depretis fu fermo nel suo veto), la sua nomina venne bloccata con vari pretesti e soltanto nel 1884 poté prendere finalmente servizio nella facoltà di giurisprudenza dell’ateneo bolognese, dove dal 1888 insegnò anche scienza delle finanze.

Nel 1887 frattanto era nata a Bologna un’associazione di professori con lo scopo di attirare l’attenzione sulle condizioni precarie dell’Università, per costringere il potere legislativo a una riforma radicale del sistema. Organo dell’associazione era il periodico L’Università, cui anche il M. collaborò.

Nel 1889 il M. tenne la prolusione per l’inizio dell’anno accademico, cui dette un titolo emblematico (La decadenza dell’Università italiana: discorso inaugurale del professore Tullio Martello alla solenne apertura degli studi nella R. Università di Bologna, Bologna 1890) e nella quale accusava lo Stato di trascurare vergognosamente i problemi degli atenei. Il discorso fece scalpore sia per il tema sia per i toni usati e questo stimolò il M. a dare vita a un altro giornale, La Riforma universitaria, che iniziò le pubblicazioni nel 1890 e divenne più tardi La Riforma dell’insegnamento superiore.

Oltre a queste battaglie civili, deve esser sottolineata l’importanza dei suoi lavori didattici e scientifici. Il pensiero del M. è raccolto in una quantità notevole di articoli e interventi, frutto di una lunga carriera accademica, che si caratterizzano tutti per chiarezza e originalità d’impostazione, anche se il punto di partenza teorico, il liberismo economico ereditato da Ferrara, non venne da lui mai messo in discussione.

Fra le sue opere più importanti si rammentano: La moneta e gli errori che corrono intorno ad essa (Firenze 1883), che trattava un tema quanto mai dibattuto nell’Italia postunitaria (specie dopo l’introduzione del corso forzoso nel 1866) e sul quale il M. aveva pubblicato, nell’Economista, diversi articoli in cui si evidenziavano gli errori che l’arbitrio governativo stava commettendo nella politica monetaria. Anche in questo caso il principio da cui muoveva il M. era quello della libertà, essendo la moneta nient’altro che una delle merci coinvolte nel processo di scambio. Per la chiarezza e la completezza dell’esposizione l’opera fu considerata fondamentale anche da Pareto, che ne fece grandi elogi; L’imposta progressiva in teoria e in pratica (Venezia 1895), in cui il M. dimostrava «l’equivoco democratico dell’imposta progressiva, assurda in teoria e impossibile in pratica». Infatti una forte progressività dell’imposta finiva per assorbire interamente i redditi colpiti, mentre se «la scala [era] lenta» essa non avrebbe risposto ai bisogni dell’Erario. Il M. difendeva perciò il principio dell’imposta proporzionale dal momento che l’imposta progressiva diventava, alla fine, il fondamento di uno Stato retto su privilegi di tipo feudale; L’interesse del capitale monetario (Modena 1899), in cui il M. chiariva quale fosse la legge economica del valore in generale e delle oscillazioni del tasso di interesse in particolare, che egli vedeva determinato non dal rischio dell’investimento, ma soltanto dalla legge economica, che comprendeva in sé tutti gli elementi del valore, secondo la definizione data da Ferrara. Lo Stato non doveva dunque in alcun modo intervenire a determinare il saggio di interesse; infine L’economia politica e la odierna crisi del darwinismo (Bari 1912), una sorta di apologia dell’economia classica, compendio di una serie di scritti apparsi, tra l’altro, anche nel Giornale degli economisti a partire dal 1890. Il M. discuteva la teoria generale dell’evoluzione, confutando l’idea che la differenza tra l’animale e l’uomo fosse soltanto di grado e non di natura. In questa piccola differenza stava, a suo avviso, la ragion d’essere della scienza economica. E qui il M. riprendeva e consolidava la legge del costo di riproduzione di Ferrara, da lui chiamata legge del costo di sostituzione: in ogni scambio si sostituisce un sacrificio a un altro sacrificio, un’utilità a un’altra utilità, per ottenere con un sacrificio minore un’utilità maggiore, e questo è proprio dell’uomo e non degli altri animali, i quali operano per istinto, non per libera scelta o per calcolo economico e non conoscono né il valore né lo scambio.

Il M. morì a Bologna il 10 febbr. 1918.

Opere: un quadro dettagliato delle opere del M. è offerto da A. Bertolini, Elenco delle principali pubblicazioni del prof. T. M., in Scritti vari in onore di T. M., Bari 1917, pp. 451-454, in cui del medesimo autore è anche la Vita aneddotica e opera scientifica di T. M., pp. 1-179. Tra le più importanti, oltre a quelle citate nel testo, sono ancora da ricordare: Quadro storico della economia civile, Padova 1872; La questione dei banchi in Italia, Firenze 1877; Osservazioni alla nota del signor Luzzatti «Delle idee di A. Smith sulla libertà economica» come fu esposta all’Ateneo veneto da Paulo Fambri, Venezia 1877; Appunti di economia politica. Lezioni, ibid. 1880; L’interregno monetario in Italia dopo l’abolizione del biglietto inconvertibile, Firenze 1884; Diz. bibliogr. dell’economia politica (per ordine cronologico), I, Trattati generali, Bologna 1893; La legge del valore e le sue applicazioni teoriche. Corso di economia politica, ibid. 1893; Continuazione del Corso di economia politica. La legge del valore…, ibid. 1895; L’economia politica antimalthusiana e il socialismo, Venezia 1894; L’imposta fondiaria è un’imposta sui generis, Bassano 1898; Considerazioni in difesa del giuoco d’azzardo legalmente disciplinato, Padova 1914.

Fonti e Bibl.: Un importante corpus di manoscritti e di materiale bibliografico è costituito dal Fondo Tullio Martello conservato presso la Biblioteca del Dipartimento di discipline storiche dell’Università di Bologna. Sul M. si vedano: A. Bertolini, T. M.: necrologio, in Giorn. degli economisti e riv. di statistica, s. 3, 1918, vol. 57, pp. 1-3; F. Flora, T. M. e le origini della guerra europea. Discorso letto per la solenne inaugurazione degli studi nella R. Università di Bologna il 16 nov. 1918, Bologna 1918, pp. 1-43; G. De Piante, L’opera scientifica di T. M., in Economia. Riv. di economia corporativa e di scienze sociali, luglio 1927, vol. 11, pp. 7-22; G. Del Vecchio, Il problema della popolazione secondo T. M., in Riv. italiana di statistica, economia e finanza, IV (1932), 4, pp. 695-701; A. Giovannini, Discorso commemorativo su T. M., Bologna 1933; Notazioni scientifiche ed accademiche nella corrispondenza fra T. M. e Domenico Berardi, a cura di E. Bilotti, Corigliano Calabro 1987; F. Della Peruta, Politica ed economia nelle lettere di T. M. a Enrico Cernuschi, 1873-1888, in Tra Lombardia e Ticino. Studi in memoria di Bruno Caizzi, a cura di R. Ceschi - G. Vigo, Bellinzona 1995, pp. 280-326.