TUMORE

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

TUMORE (XXXIV, p. 474)

Paolo BUFFA

Il problema del cancro, dal punto di vista teorico, ha superato i limiti della patologia per diventare uno dei problemi centrali della biologia generale, mentre dal punto di vista pratico esso rappresenta una delle preoccupazioni più serie della medicina, a causa dell'insufficenza dei mezzi a disposizione atti a combattere la malattia tumorale. Per queste due ragioni principali lo studio sperimentale dei tumori è affrontato con crescente energia da medici, chimici, fisici, genetisti, matematici, spesso uniti in una collaborazione da cui c'è molto da sperare.

I progressi recenti più significativi riguardano la cancerogenesi sperimentale da sostanze chimiche, la genetica di tumori spontanei nei piccoli animali da esperimento, la biochimica dei tumori; inoltre sono state fatte alcune importanti scoperte come quelle riguardanti la genesi del cancro mammario spontaneo nel topo, quella della trasformazione tumorale di cellule coltivate in vitro, dell'azione mutagena dei composti cancerogeni, ecc. Infine sono in corso di sviluppo dei tentativi di terapia generale chimica di notevole interesse, pur essendo i risultati pratici ancora irrilevanti.

Lo studio sperimentale dei tumori.

In laboratorio le indagini sui tumori vengono condotte prevalentemente sui topi e sui ratti, poiché questi animali sono facilmente allevabili e a breve ciclo riproduttivo, e presentano un notevole numero di forme spontanee di tumori, mentre sono particolarmente suscettibili alla induzione di neoplasie maligne con mezzi artificiali, chimici e fisici. Per talune forme tumorali si usano i conigli, le galline ed anche certe rane e pesci.

Mediante la tecnica dei trapianti in vivo i tumori possono essere coltivati praticamente all'infinito, così come avviene per le colture dei tessuti in vitro e per le colture dei microrganismi; e come i laboratorî di batteriologia posseggono dei ceppi microbici, così quelli di oncologia hanno dei tumori da trapianto, che vengono impiegati per lo studio delle proprietà biologiche delle cellule e dei tessuti neoplastici, dei rapporti tra organismo e tumore, per ricerche terapeutiche, ecc. Alcuni di questi tumori sono di origine naturale, spontanea, altri di origine artificiale, cioè sono la discendenza di una neoplasia indotta con mezzi fisici o chimici in un animale e successivamente trapiantata.

Esistono varî tipi di trapianto, in rapporto alle esigenze sperimentali; uno dei modi più frequenti consiste nel prelevare un pezzetto di tumore da un animale vivo o appena morto e nell'introdurlo sotto la pelle di un altro animale della stessa specie, usando le comuni precauzioni chirurgiche per evitare l'infezione. I più vecchi di questi tumori da trapianto vengono coltivati in laboratorio da oltre 40 anni: uno dei più diffusi in tutto il mondo fu iniziato da P. Ehrlich.

Un ingente materiale di studio è poi rappresentato da numerose "linee pure" di topi e di altri animali, accuratamente selezionati, i quali sviluppano varî tipi di tumori spontanei in percentuale costante (v. oltre). Infine il problema del cancro viene intensamente studiato anche su tumori prodotti in laboratorio. Questi, in rapporto all'origine, vengono distinti in quattro gruppi: 1) da agenti chimici esogeni; 2) da agenti chimici endogeni; 3) da agenti fisici; 4) da virus. I tumori sperimentali si comportano esattamente come i naturali.

1. - Tumori da agenti chimici esogeni. - È il gruppo più importante. Dopo la identificazione dei primi composti chimici attivi sono state condotte intense ricerche per scoprire nuove sostanze tumorigene e chiarire le eventuali relazioni tra la costituzione chimica e l'azione biologica. Il problema anziché chiarirsi si è enormemente complicato; infatti mentre finora non è stato possibile identificare alcuna proprietà chimica o fisica sufficiente a dare ragione dell'azione biologica - tanto che le suggestive analogie intraviste tra la struttura chimica dei primi cancerogeni e diversi composti biologici ad elevato significato funzionale come la vitamina D, il colesterolo, gli acidi biliari, gli ormoni steroidei, ecc., non hanno, almeno per ora, altro significato che di coincidenza - si è invece scoperto un grandissimo numero di nuove sostanze attive, appartenenti alle più diverse categorie chimiche. Finora sono state saggiate oltre mille sostanze (ogni prova, sul topo, dura da alcuni mesi a due anni) e si conoscono già oltre trecento composti capaci di indurre tumori, mentre continuameme l'elenco allunga. Il problema non è più quello di trovare "la causa del cancro", ma "come" tante cause diverse possano condurre al medesimo risultato.

I progressi più notevoli conseguiti in questo campo nell'ultimo quindicennio possono essere così riassunti: a) scoperta di composti capaci di indurre tumori del fegato negli animali da esperimento, per somministrazione orale (i primi cancerogeni scoperti, gl'idrocarburi aromatici policiclici, hanno prevalente azione locale, nel punto di applicazione, e praticamente con essi si ottenevano solo dei cancri superficiali e dei sarcomi sottocutanei); b) scoperta di composti che per somministrazione orale possono indurre tumori quasi in ogni organo e tessuto; c) identificazione di una sostanza responsabile del cancro vescicale che, con una certa frequenza, colpisce i lavoratori dei coloranti organici artificiali; d) scoperta di molti cancerogeni, chimicamente diversi, che hanno la proprietà comune di inibire la crescita di giovani animali; e) identificazione di agenti e condizioni favorenti - cocancerogeni - e ostacolanti - anticancerogeni - l'insorgenza dei tumori da sostanze chimiche. Per es. si è constatato che con l'olio di crotontiglio, di per sé non cancerogeno, si può sviluppare nel topo il cancro dopo un'unica pennellata di soluzione diluitissima di 3:4-benzopirene, cioè dopo una dose dimostrata insufficiente a indurre da sola la comparsa del tumore. Ciò è importante per la teoria sulla trasformazione tumorale.

Tra gli agenti chimici cancerogeni vi sono elementi come il berillio, l'arsenico e composti come: idrocarburi aromatici policiclici, acridine, amine aromatiche, coloranti azoici, il tetracloruro di carbonio e persino la bakelite ed il cellofane. Alcuni dei più importanti attualmente impiegati per lo studio sperimentale dei tumori sono:

1:2-5:6-dibenzantracene. - Questo idrocarburo aromatico policiclico, oltre ad essere un potente cancerogeno, ha anche un significato nella storia dell'oncologia sperimentale: esso fu il primo composto attivo identificato. E. L. Kennaway e I. Hieger (1930) lo provarono sugli animali, dopo avere osservato che esso possedeva il medesimo spettro di fluorescenza dei miscugli attivi del catrame di carbon fossile. Disciolto in benzene o in altri solventi dei grassi (solo pochissimi composti cancerogeni sono solubili in acqua), esso induce la comparsa di tumori maligni in animali adatti. In soluzione colloidale acquosa, iniettata per via endovenosa induce tumori polmonari nel topo. Recentissimamente è stato preparato l'identico composto con due atomi di carbonio isotopici radioattivi nella molecola, per studiarne la distribuzione ed il destino nell'organismo.

3:4-benzopirene. - È il composto attivo del catrame. Il suo isolamento, compiuto da I. Hieger nel 1933, è stato paragonato per difficoltà a quello del radio dalla pechblenda. Il catrame di carbon fossile è un miscuglio complicatissimo di composti organici (spesso se ne formano anche dei nuovi durante le manipolazioni in laboratorio), ed il 3:4-benzopirene fu potuto isolare grazie al suo caratteristico e potente spettro di fluorescenza, che è servito per seguire la porzione attiva durante le numerose fasi del frazionamento. Questa stessa proprietà viene sfruttata ora per studiare il metabolismo della sostanza. Il 3:4-benzopirene è forse il cancerogeno più impiegato in laboratorio; esso induce tumori maligni nel punto di applicazione: cancri, per somministrazione sulla pelle, sarcomi per iniezione nel tessuto connettivo. Ha anche lieve attività estrogena (v. estrogeni sintetici; ormoni, in questa App.). G. Vernoni e A. Pirone-Naconetschni (1938-43) hanno trovato che il 3:4-benzopirene, sottoposto all'azione dei raggi X o dei raggi γ del radio, sviluppa attività cancerogena accelerata.

20-metilcolantrene. - Questo idrocarburo era stato previsto cancerogeno da J. W. Cook, in base ad analogie di struttura con altri composti attivi. Preparato la prima volta nel 1933, è uno dei cancerogeni più potenti e somiglia notevolmente a composti normalmente presenti nell'organismo; questa coincidenza ha fatto sorgere molte ipotesi sulla possibile formazione di composti cancerogeni nell'organismo. Il 20-metilcolantrene è stato ottenuto in laboratorio dall'acido desossicolico, un componente della bile, ma finora si hanno scarse prove che una simile trasformazione possa avvenire nei tessuti. Questo cancerogeno in genere induce tumori maligni epiteliali e connettivali nel punto di applicazione, ma può agire anche a distanza; causa mutazioni germinali nei topi, con variazioni di colore del pelo, degli occhi, ecc.; L. C. Strong (1948) ha mutato con esso un ceppo di topi da tumore-resistente in tumore-suscettibile, con un aumento di più di cento volte nella frequenza dei tumori spontanei.

9: 10-dimetil-1:2-benzantracene. - Questo composto è ritenuto il più potente cancerogeno conosciuto, essendo capace di indurre nel topo e nel ratto un'altissima percentuale di tumori in poche diecine di giorni. Con gli altri idrocarburi cancerogeni più impiegati si ottiene una percentuale di tumori che può raggiungere anche il cento per cento, ma il periodo di latenza è più lungo. Agisce solo nel punto di applicazione.

2-naftilamina. - Negli operai dell'industria dei coloranti organici artificiali si osserva con una certa frequenza la comparsa di tumori vescicali (il cosiddetto cancro da anilina). Dopo molti anni di ricerche, W. C. Hueper e collaboratori nel 1938 sono riusciti a dimostrare che una sostanza responsabile di questo cancro professionale è la 2-naftilamina. Questa semplice amina aromatica, somministrata con gli alimenti per 2-5 anni, produce nel cane forme tumorali vescicali simili a quelle dell'uomo.

4-dimetilaminoazobenzene. - È uno dei più tipici rappresentanti di una serie di composti cancerogeni azotati, i cosiddetti coloranti azoici. Numerose sostanze coloranti usate nell'industria appartengono a questa categoria di composti; il 4-dimetilaminoazobenzene, conosciuto anche come "giallo burro", fu dimostrato cancerogeno da R. Kinosita nel 1940. Questi cancerogeni hanno la caratteristica di essere attivi solo a distanza e sul fegato per somministrazione orale; applicati sulla pelle sono inattivi. La cancerogenesi epatica è influenzabile con la dieta in grado notevolissimo: nel ratto, con elevate dosi di vitamina B1, si è persino riusciti ad impedire l'insorgenza dei tumori. Attualmente i coloranti azoici vengono molto impiegati per lo studio biochimico dei tumori. Con il 4-dimetilaminoazobenzene è stato dimostrato per la prima volta un legame chimico stabile tra composto cancerogeno e proteine dell'organo in cui si sviluppa il tumore (E. C. e J. A. Miller, 1947).

2-acetilaminofluorene. - Questo composto è nato come insetticida, ma nel 1941 R. H. Wilson e collaboratori ne hanno scoperto le proprietà cancerogene. Tutte le sostanze attive precedentemente note o agivano solo nel punto di applicazione o su un solo organo a distanza; il 2-acetilaminofluorene ha invece la singolare proprietà di indurre tumori benigni e maligni quasi in ogni organo e tessuto, per somministrazione orale, nel ratto ed in altri animali; però il periodo di latenza è lungo. Tumori raramente osservabili in natura possono ora essere prodotti in laboratorio: da qui la grande importanza di questo composto cancerogeno.

4-dialchil-aminostilbeni. - A. Haddow già da diversi anni aveva notato che spesso l'attività cancerogena di un composto si accompagna a quella di inibitore di crescita per i giovani ratti. Nel 1945, attraverso tale nozione, egli è giunto alla scoperta delle proprietà cancerogene di questa nuova serie di composti organici, i quali si prestano particolarmente per lo studio delle relazioni tra costituzione chimica ed attività biologica. I 4-dialchil-aminostilbeni sono attivi specialmente nel ratto e inducono tumori simili per natura e distribuzione a quelli da 2-acetilaminofluorene, mentre come struttura chimica somigliano agli azo-composti.

Meccanismo di azione dei composti cancerogeni. - Solo recentemente, con l'affinarsi dei mezzi di indagine, si è cominciato ad avere qualche dato sicuro sulla diffusione e la trasformazione dei composti cancerogeni nell'organismo.

Ancora una volta lo spettro di fluorescenza è stato impiegato per lo studio del metabolismo del 3:4-benzopirene, ma importanti acquisizioni si attendono dall'impiego di molecole contrassegnate con atomi isotopici (v. isotopismo, in questa App.). Molti pensano che i composti cancerogeni in sé non siano attivi, ma rappresentino dei precursori: le vere sostanze attive si formerebbero nell'organismo. Però i prodotti di trasformazione in vivo dei cancerogeni finora isolati sono tutti privi di attività tumorigena. Questo ed altri fatti hanno favorito il sorgere di studî e di teorie energetiche sulla genesi del cancro; secondo A. Pullman i composti cancerogeni presenterebbero delle determinate regioni di maggiore densità elettronica a cui sarebbe legata l'attività biochimica.

L'opinione prevalente oggi è che la trasformazione tumorale si attui attraverso una mutazione. Una serie di fatti dimostrerebbe che l'azione del cancerogeno si esplica direttamente sulla cellula - mutazioni indotte nella Drosophila con i composti cancerogeni (M. Demerec, 1947), trasformazione maligna di fibroblasti coltivati in vitro, ecc. -; una serie di altri fatti ed osservazioni fanno invece pensare che la cellula normale si muti in maligna conseguentemente a modificazioni dell'ambiente circostante. Stanno a favore di questa ipotesi le modificazioni del tessuto connettivo messe in evidenza da G. Vernoni nel cancro iniziale spontaneo e da G. Orr in quello sperimentale; il periodo di latenza dei cancerogeni; le osservazioni di A. Haddow sull'azione di inibizione di crescita esercitata all'inizio dai cancerogeni e gli studî sui fattori di accrescimento.

Qualunque possa essere il finale meccanismo di azione dei composti cancerogeni, i dati sperimentali indicano che la trasformazione tumorale è un evento complesso, condizionato da molteplici fattori, concomitanti ed interagenti. Tra i fattori sicuramente accertati finora vi è la specie, il sesso e l'età dell'animale, la dose, il solvente e la via di somministrazione dell'agente, inoltre intervengono fattori ambientali, l'alimentazione, ecc., ma una parte molto importante è rappresentata dalla suscettibilità individuale regolata da fattori genetici. Da questa molteplicità dei fattori causali consegue che è molto improbabile che numerose sostanze dimostratesi cancerogene in laboratorio per talune specie animali siano, in condizioni naturali, tumorigene per l'uomo. C. A. Pfeiffer ed E. Allen (1948) hanno sottoposto 50 scimmie all'azione dei più potenti cancerogeni e degli ormoni estrogeni, provando ogni metodo di trattamento esterno ed interno per oltre dieci anni, senza ottenere alcun tumore maligno.

La trasformazione tumorale di cellule coltivate in vitro. - Nel 1943 W. R. Earle ha comunicato di essere riuscito ad ottenere la trasformazione maligna di cellule di origine connettivale di topo coltivate in vitro. Tutti i tentativi precedenti erano falliti: Earle sarebbe riuscito impiegando il 20-metilcolantrene ed innestando le cellule delle colture trasformate in topi appartenenti al medesimo ceppo di quelli che avevano fornito le cellule per la coltura. Se questo fatto verrà confermato da altre esperienze si avrà la dimostrazione che è possibile trasformare delle cellule connettivali in elementi maligni sarcomatosi, al di fuori dell'ambiente organico naturale. Ma non si è mai riusciti a trasformare in vitro cellule epiteliali normali in cellule cancerigne, il che fa pensare che nella cancerizzazione debbano intervenire speciali fattori ambientali.

2. - Tumori da agenti chimici endogeni. - A parte gli ormoni estrogeni naturali (v. oltre), nessuno dei composti cancerogeni scoperti è stato finora trovato nei tumori spontanei dell'uomo. Molteplici indagini sono in corso per isolare dai tumori umani e dai tessuti di portatori di tumori sostanze cancerogene e diversi ricercatori hanno ottenuto dei miscugli debolmente attivi per il topo. Le cose sono complicate dalla sporadicità dei risultati, dal fatto che frazioni attive sono state ottenute sia da soggetti cancerosi sia da non-cancerosi ed infine dall'impossibilità di conoscere se l'animale su cui si sperimenta è o no suscettibile al miscuglio in esame.

Gli ormoni estrogeni come cancerogeni. - (Per la fisiologia e la farmacologia di questi composti v. estrogeni sintetici; ormoni, in questa App.). A. Lacassagne nel 1932 dimostrò che, in particolari condizioni, si poteva ottenere nel topo maschio la induzione di tumori mammarî mediante prolungata somministrazione di ormoni estrogeni.

In quel periodo si studiavano intensamente i primi idrocarburi cancerogeni, rassomiglianti come conformazione molecolare agli ormoni estrogeni, e questa scoperta indirizzò gli studî verso le relazioni tra le due categorie di composti. Nel 1933 J. W. Cook e E. C. Dodds dimostrarono che alcuni cancerogeni possedevano anche lieve attività estrogena e successivamente furono sintetizzati diversi ormoni estrogeni artificiali.

Gli estrogeni, sia naturali sia artificiali, possono fare insorgere tumori benigni e maligni negli organi su i quali esercitano la loro azione fisiologica. Essi agiscono solo su specie e ceppi di animali suscettibili ed in genere occorrono dosi altissime perché si sviluppino i tumori.

Gli estrogeni applicati sulla pelle sono inattivi, se invece sono iniettati nel sottocutaneo possono indurre, nel topo, sarcomi, tumori ossei e leucemie. Significative osservazioni sono state fatte recentissimamente sui rapporti tra ormoni e tumori e molto verosimilmente queste conoscenze, con quelle sui fattori di accrescimento, faranno progredire notevolmente il problema del cancro nel prossimo futuro.

3. - Tumori da agenti fisici. - I progressi recenti riguardano i raggi ultravioletti, i raggi X, il plutonio e diversi isotopi radioattivi, i raggi cosmici.

Raggi ultravioletti. - Di tutto il campo di lunghezze d'onda di questa radiazione solo un ristretto settore è cancerogeno, ed esso coincide, significativamente, con quello capace di determinare mutazioni nella Drosophila ed in certi vegetali. Il meccanismo di azione sarebbe diverso da quello degli idrocarburi cancerogeni.

Raggi X. - L'impiego diffuso dei raggi X in medicina, nell'industria, in laboratorio, ha causato una nuova categoria di tumori professionali. Per es. nei radiologi si riscontra la leucemia con una frequenza circa diciassette volte maggiore che nella popolazione in generale. Negli animali i raggi X provocano diversi tipi di tumori in rapporto al modo di somministrazione: le varie specie rispondono diversamente allo stesso trattamento; nel topo prevalgono la leucemia ed i tumori polmonari, mammarî ed ovarici, nella cavia i tumori polmonari, nel coniglio il cancro dell'utero.

Questa è una dimostrazione dell'importanza del fattore suscettibilità nel determinismo della malattia tumorale.

Plutonio e isotopi radioattivi. - Sono agenti cancerogeni in quanto emettono radiazioni ionizzanti α e β; e siccome molti di essi possono essere incorporati in molecole "fisiologiche" si ha mezzo di sottoporre a radiazioni sedi elettive interne. Il plutonio induce rapidissimamente tumori ossei, specialmente nelle vertebre, il radiostronzio invece nelle ossa lunghe. Sono in corso studî su tutti i prodotti di fissione dell'uranio.

Raggi cosmici. - F. Figge (1947) ha comunicato che nei topi spennellati con il metilcolantrene e tenuti in gabbie ricoperte con una lastra di piombo per aumentare la frequenza degli sciami della radiazione cosmica, i tumori si sviluppano più precocemente. Altri ricercatori hanno osservato un aumento di incidenza del cancro mammario del topo. Se questi fatti verranno confermati si aprirà un nuovo campo di ricerca di ampiezza non prevedibile.

4. - Tumori da virus. - Dopo la scoperta di P. Rous (1911) che una forma di sarcoma dei polli poteva essere trasmessa indefinitamente per filtrato acellulare, sono stati compiuti numerosissimi tentativi per dimostrare la presenza di ultravirus nei tumori spontanei dell'uomo e degli animali. Nell'uomo tutti i risultati sono stati finora negativi, benché più volte sia stata segnalata la presenza di formazioni, indicate come parassitarie, nei preparati microscopici di tessuti neoplastici e ancora recentemente A. E. Gessler e C. E. Grey (1947) con il supermicroscopio elettronico abbiano costantemente osservato dei corpi globosi nelle cellule cancerigne.

Negli animali invece sono state scoperte un certo numero di forme tumorali da agenti filtrabili, limitatamente finora al pollo ed altri volatili, ed al coniglio. Forme più note:

Tumori aviarî. - Sono stati identificati parecchi tipi di tumori aviarî da ultravirus, ma il più conosciuto è il cosiddetto sarcoma infettivo dei polli o sarcoma di Rous, che da 38 anni si coltiva in laboratorio. Iniettato nell'embrione di pollo il virus causa una distruzione acuta dei capillari; nelle oche, nei tacchini ed in altri volatili il virus induce la comparsa di tumori simili a quelli del pollo, ma spesso con caratteristiche biologiche diverse. L'agente del sarcoma di Rous è una virusproteina (F. Pentimalli).

Tumori da virus nei conigli. - Si conoscono tre forme principali: 1) il mixoma infettivo di Sanarelli, scoperto fin dal 1898: consiste in masse gelatinose a rapido sviluppo con esito letale ed ha carattere intermedio tra una vera infezione ed una neoplasia; 2) il fibroma di Shope: consiste in formazioni bianche sottocutanee; il virus presenta delle relazioni con quello del mixoma di Sanarelli; 3) il papilloma di Shope, forma tumorale benigna osservata nel coniglio selvatico a coda cotonosa. Il filtrato acellulare del tumore, iniettato nel coniglio domestico, produce un papilloma che poi si trasforma in cancro, però il tumore maligno così originatosi non è ulteriormente trasmissibile per filtrato acellulare. Finora sembra che nessuno sia mai riuscito a trasmettere un tumore maligno in un mammifero se non con il trapianto di cellule del tumore stesso.

Nei conigli con lesioni precancerose da catrame o da 20-metilcolantrene l'iniezione endovenosa di virus del papilloma di Shope scatena la formazione di numerosi cancri: ciò prova che i composti cancerogeni ed il virus si esaltano a vicenda; lo stesso esperimento con filtrati acellulari di tumori maligni spontanei sono stati negativi. Questa è una delle dimostrazioni che si oppongono alla teoria infettiva dell'origine dei tumori.

Le linee pure di animali da esperimento. - Lo studio sperimentale del cancro si è valso fin dagli inizî specialmente del topo, animale che, tra le altre caratteristiche utili per questo tipo di ricerche, presenta anche numerose forme di tumori spontanei.

Scartata l'ipotesi dell'origine infettiva di questi tumori, si iniziarono pazienti indagini sull'eredità e, fin dal 1909, C. C. Little, comprendendo che lo studio avrebbe potuto progredire soltanto se condotto su materiale omogeneo, cominciò a selezionare un ceppo di topi con elevata frequenza di cancro spontaneo mammario. La selezione di un ceppo di questo tipo si opera per incrocio fratello-sorella e sono necessarie da 15 a 20 generazioni per ottenere una linea pura. Ciò richiede al minimo quattro anni di tempo, molte centinaia ed anche migliaia di animali, grandi cure e molta competenza. Gli individui di un ceppo puro hanno caratteristiche biologiche notevolmente uniformi e costanti e presentano una o due forme tumorali con frequenza statisticamente stabilita.

In genere ogni ceppo è caratterizzato da un unico tipo di tumore: cancro della mammella, del polmone, della tiroide, del fegato, adenoma gastrico, leucemia, ecc., ma vi sono dei ceppi in cui si sviluppano due forme tumorali, per es. cancro mammario ed epatico. In quanto alla frequenza vi sono dei ceppi in cui oltre il 95 per cento degli animali si ammala di tumore ed altri in cui la frequenza tumorale è inferiore all'i per cento. Finora non si è riusciti a selezionare un ceppo al cento per cento recettivo o completamente resistente, cioè con frequenza tumorale zero.

Oggi in tutto il mondo esistono circa settanta ceppi puri di topi, e, in misura minore, anche ceppi di ratti, cavie e polli; sono in corso di selezione pure ceppi di conigli e di cani, ma per questi animali le difficoltà sono ancora maggiori.

Praticamente tutto il lavoro sperimentale sull'eredità del cancro viene compiuto su linee pure di animali mediante ricerche molto lunghe, spesso complesse e non di rado mirabili. I risultati già conseguiti sono notevolissimi: per es. si è stabilito che la suscettibilità tumorale è condizionata da fattori genetici, che è specifica per ogni tipo di tumore, che per ogni forma tumorale interviene una combinazione di geni, ecc. Con l'impiego di queste linee pure è stato anche dimostrato che la suscettibilità all'azione cancerogena degli agenti chimici è regolata da fattori genetici; H. B. Andervont (1938), sottoponendo all'identico trattamento con un agente cancerogeno topi di otto diversi ceppi puri, ha provato che ciascun ceppo ha una sua caratteristica suscettibilità. Da questa esperienza si ha una dimostrazione di quanto sia importante la conoscenza genetica degli animali da esperimento nelle ricerche sul cancro.

Riguardo al problema dell'eredità del cancro nell'uomo, da alcuni anni è in corso, in Danimarca, una vasta e complessa ricerca che richiederà molto tempo per dare risultati sicuri poiché, evidentemente, non si dispone di linee pure come negli animali e si deve procedere con indagini statistiche, difficoltose per varie ragioni, e con studî su gemelli veri (monocori).

Il cancro mammario del topo. - Durante esperienze di incroci tra topi di linee pure con diversa incidenza tumorale, negli anni precedenti al 1935 apparve sempre più evidente che nel determinismo del cancro mammario del topo doveva intervenire qualche fattore extragenetico. Con una serie di ammirabili ricerche il problema è stato chiarito e la biologia del cancro ha ricevuto un notevolissimo contributo.

R. Korteweg, nel 1936, dimostrò che un quid veniva trasmesso alla discendenza attraverso le femmine. J. J. Bittner, l'anno seguente, prendendo i neonati di due ceppi ad alta e a bassa incidenza tumorale e facendoli allattare da nutrici dell'altro ceppo, provò che col latte veniva tmsmesso un agente alla prole - il cosiddetto agente del latte - e che questo era responsabile dell'insorgenza dei tumori. Più in avanti, con accorgimenti sperimentali varî come il suggellamento dei capezzoli, il prelevamento della prole per taglio cesareo e allattamento baliatico o artificiale, il trasferimento di uova fecondate nell'utero di altre femmine, il trattamento ormonale, ecc., sono stati raccolti numerosi dati che hanno portato alla conclusione che il cancro mammario spontaneo del topo è la risultante di tre fattori principali interagenti; suscettibilità ereditaria, agente del latte, stimolazione ormonale.

L'agente del latte è trasmissibile solo attraverso il latte, pur essendo diffuso in tutti i tessuti del topo; esso ha molte proprietà degli ultravirus, ma presenta alcune singolarità di comportamento che lo differenziano dai veri ultravirus. Le più recenti ricerche indicherebbero che esso agisce influenzando il metabolismo ormonale. La costituzione genetica influenza la propagazione e la diffusione dell'agente del latte, la fisiologia della produzione ormonale e probabilmente la fisiologia del tessuto mammario (W. E. Heston 1948).

Non esiste alcuna indicazione che nell'uomo vi sia una forma simile al cancro mammario del topo.

Proprietà chimiche dei tumori. - Da alcuni anni lo studio biochimico dei tumori viene condotto con criterî più adeguati al problema; ciò è stato reso possibile dall'esistenza di appropriati agenti cancerogeni e dei ceppi puri di animali da esperimento. Attualmente si è ancora nella fase di accumulo dei dati sperimentali, ma alcuni fatti significativi risultano già accertati.

I tessuti normali, come sono caratterizzati da una struttura morfologica, così posseggono anche una costituzione enzimatica specifica che li contraddistingue funzionalmente; e come l'istologo riconosce un tessuto dall'osservazione microscopica dei suoi elementi cellulari, così il chimico può identificarlo mediante il saggio delle attività enzimatiche, le quali costituiscono un mosaico caratteristico.

I tumori qualitativamente hanno gli stessi enzimi dei tessuti normali: però il mosaico enzimatico è molto più uniforme e meno ricco e variabile che nei tessuti normali. I tumori, da qualunque causa e di qualunque origine, tendono ad essere enzimaticamente molto più simili tra loro che non ai tessuti normali da cui hanno origine.

Terapia. - I mezzi di cura più efficaci contro il cancro rimangono ancora oggi l'intervento chirurgico ed il trattamento radiante. Tuttavia i tentativi per scoprire una terapia generale si sono enormemente moltiplicati, con qualche risultato pratico.

Alcune forme tumorali vengono curate con isotopi radioattivi (v. isotropismo, in questa App.), per es. il radiofosforo è impiegato in certi tumori del tessuto linfatico e nelle leucemie, il radiostronzio in taluni tumori ossei, ecc., ma si tratta soltanto di una terapia radiante interna che non differisce dall'altra se non nel modo di applicazione. In certe forme poi, come ad es. nel cancro prostatico, si impiegano con successo gli ormoni estrogeni, però il trattamento è aspecifico in quanto è basato su alcune proprietà fisiologiche che sono presenti anche nelle cellule di quei tumori e che non hanno nulla a che fare con la malignità. Anche gli ormoni androgeni vengono usati, ma del tutto empiricamente, con risultati variabilissimi. Alle terapie ormoniche sono connessi serî inconvenienti se non praticate da competenti.

Gli antibiotici sono completamente inutili contro i tumori; la penicillina è stata ripetutamente provata senza alcun risultato.

La biologia dei tumori non è ancora sufficientemente nota per avviare ricerche chemioterapiche razionali; tuttavia, partendo da osservazioni empiriche e applicando risultati ottenuti in altri campi, si sono trovate alcune sostanze capaci di danneggiare in qualche misura le cellule tumorali in modo specifico. Ricordiamo alcune delle più significative:

Azoto-ipriti (Nitrogen-mustards nei paesi anglosassoni). - Composti dotati di singolari proprietà biologiche, possono provocare mutazioni in varî tipi di cellule e di organismi, causano lesioni cellulari simili a quelle da raggi X, hanno intensa azione tossica sulle cellule in attiva moltiplicazione. Le azoto-ipriti sono in prova contro i tumori nell'uomo dal 1946: determinano temporanei miglioramenti in un certo numero di casi di leucemia linfatica cronica, di linfosarcoma e di policitemia rubra. (Per le proprietà chimicne e mutagene: v. aggressivi chimici; genetica, in questa App.).

Uretano. - Questo composto molto semplice (carbamato di etile; v. formula a p. 1031 noto da molto come ipnotico, è stato trovato tossico verso le cellule in moltiplicazione e quindi provato contro i tumori. Molto singolarmente l'uretano nel ratto è attivo contro una forma di cancro e inattivo contro la leucemia nell'uomo è attivo soltanto nelle leucemie; nel topo non solo non ha alcun effetto contro la leucemia, ma invece è un cancerogeno potente e specifico; infatti sia per bocca, sia per iniezione causa tumori polmonari in una percentuale molto elevata di animali. Questo è un esempio della complessità dei problemi che si incontrano nello studio del cancro.

I miglioramenti causati dall'uretano nella leucemia a volte sono eccezionali, ma, finora, sempre temporanei.

Prodotti batterici. - L'osservazione che pazienti di tumori maligni possono subire notevoli miglioramenti dopo un'infezione acuta come l'erisipela è molto antica e, fin dal secolo scorso, W. B. Coley propose l'impiego di colture batteriche uccise per la cura dei tumori. Le tossine di Coley hanno un effetto necrotizzante ed emorragico sui tumori, specialmente i sarcomi. Da qualche anno si sono iniziate ricerche sistematiche per isolare la frazione attiva e dalle colture di Bacillus prodigiosus è stato separato un polisaccaride notevolmente efficace che attualmente viene sottoposto a prove di laboratorio e cliniche. Questo prodotto è molto tossico; a dosi non pericolose distrugge solo parte del tumore e inoltre è progressivamente sempre meno efficace poiché l'organismo si immunizza rapidamente. È più attivo sui sarcomi che sui cancri. Ora viene chimicamente modificato per tentare di trasformarlo in un prodotto attivo e non tossico.

Sostanze anti-acido folico. - (Per l'acido folico v. vitamine, in questa App.). L'acido folico è un fattore di accrescimento per taluni microrganismi ed ha una potente azione terapeutica in certe forme di anemia dell'uomo. Taluni derivati dell'acido folico hanno un'attività opposta che però è spesso reversibile con l'aggiunta di acido folico. Attualmente molti sono dell'opinione che l'acido folico sia un composto biochimico essenziale per l'accrescimento cellulare e quindi sia presente anche nei tumori; con un adeguato trattamento anti-acido folico dovrebbe pertanto essere possibile danneggiare le cellule cancerigne, come è noto di regola meno resistenti di quelle normali. Due composti anti-acido folico, la aminopterina e la A-metopterina, sono in prova: non è possibile prevedere se i risultati saranno incoraggianti.

Bibl.: Trattati e monografie recenti: L. V. Ackerman e J. A. del Regato, Cancer, S. Luis 1947; R. Brancati, Trattato dei tumori, Milano 1948; T. Caspersson e L. Santesson, Studies on protein metabolism of cells of epithelial tumors, Stoccolma 1942; H. von Euler e B. Skarzynski, Biochimica dei tumori, Torino 1945; J. Ewing, Neoplastic diseases, 4ª ed., Filadelfia 1940; M. Gordon (direttore), The biology of melanomas, New York 1948; J. P. Greenstein, Biochemistry of cancer, ivi 1947; J. L. Hartwell, Survey of compounds which have been tested for carcinogenic activity, Washington 1941; W. E. Heston, Genetics of cancer, in Advances in Genetics, II (opera diretta da M. Demerec), New York 1948; A. Lacassagne, Hypothèses et expériences sur le mécanisme d'action des hydrocarbures cancérogènes, in Exposés annuel de biochimie médicale, VIII, Parigi 1948; A.V. Melnikov (direttore), Oncologia generale e speciale (in russo), Mosca 1940; E. Paterson, I. Ap. Thomas, A. Haddow e J. Watkinson, Approaches to tumour therapy, Washington 1947; P. Rondoni, Il cancro, Milano 1946; L.M. Scabad, Vedute di oncologia sperimentale (in russo), Mosca 1947; K. Stern e R. Willheim, The biochemistry of malignant tumors, New York 1943; G. Vernoni, in Tumori, XXV, fasc. III-IV, 1939 e in Recenti Progressi Medicina, IV, n. 3, 1948; E. A. Willis, Pathology of tumours, Londra 1948; vedi anche i volumi editi dall'American Association for the Advancement of Science, Washington: A Symposium on mammary tumors in mice, 1945; Conference on cancer research, 1945; v. pure Chemical carcinogenesis, in British Medical Bulletin, voll. 4, nn. 5-6, 1947. La letteratura sui tumori è sparsa in tutta la stampa medica e biologica: v. Quarterly cumulative index medicus, Chicago. Riviste speciali: The British Journal of Cancer, Londra; Cancer, New York; Cancer Research, Ann Arbor (Mich.); Journal of the National Cancer Institute, Washington; Tumori, Milano.

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