TUNISIA

Enciclopedia Italiana (1937)

TUNISIA (A. T., 112)

Attilio MORI
Fabrizio CORTESI
Mario SALFI
Ettore ROSSI
Delio CANTIMORI
Anna Maria RATTI
Emile Félix GAUTIER

Stato autonomo dell'Africa settentrionale sottoposto al protettorato della Francia. Il nome di Tunisia cominciò a usarsi verso la metà del sec. XIX per designare quello che già comunemente si diceva il regno o la reggenza di Tunisi, o anche il beylicato, dal nome di bey spettante all'autorità sovrana cui la reggenza obbediva. La Tunisia è compresa tra l'Algeria a ovest e a sud e la Libia a sud-est, mentre a nord e a est si affaccia sul Mediterraneo con uno sviluppo costiero di oltre un migliaio di km. Il confine occidentale, quale fu stabilito da un trattato concluso fino dal 1614, parte dal Capo Roux a 13 km. a ovest di Tabarca, procede quindi con un tracciato tortuoso, che mantiene tuttavia la direzione verso sud attraverso la regione montana, che costituisce la sezione più orientale dell'Atlante, sino a raggiungere il 34° parallelo nella depressione degli Chotts, a ovest della quale segue il margine occidentale dello Chott el-Gharsa. Di qui la linea divisoria convenzionale che separa la Tunisia dai territori del Sud algerino segue tracciati geometrici attraverso zone sahariane che dal punto indicato toccano Bir es-Sof, Bir Aouin per ricongiungersi a Bir Pistor (35 km. a nord-est di Gadames) col tracciato del confine libico. Tale confine, tracciato regolarmente sul terreno da una commissione mista franco-turca pochi mesi prima dell'occupazione italiana della Libia, parte da Ras Agedir sul Mediterraneo, attraversa le sebche Tader e per Mechehed Salah, raggiunto il Gebel Nefusa a Dehibat, procede sulle alture che limitano ad est il grande Erg sahariano per ricongiungersi a Bir Pistor al confine tra la Libia e il sud algerino. Entro questi limiti, e comprese le piccole terre insulari che ne dipendono, la Tunisia misura un'area di 125.130 kmq., i quali per oltre un terzo sono da considerarsi territorî desertici, ovvero distese palustri e stagni salsi. L'importanza che spetta alla Tunisia, specialmente nei riguardi dell'Italia, non deriva quindi tanto dalla sua estensione e dalla disponibilità di terre feraci atte a una proficua colonizzazione, quanto dalla sua posizione nel cuore del Mediterraneo, a soli 150 km. dalle coste siciliane, dagli antichi rapporti storici e dal complesso d'interessi d'ogni genere che in ogni tempo legarono la Tunisia all'Italia.

Rilievo. - La Tunisia che, come fu detto, rappresenta l'estrema parte orientale dell'Africa minore, è una regione prevalentemente montuosa, la cui ossatura è costituita dall'ultima sezione del poderoso sistema dell'Atlante. Questo, che raggiunge nel Marocco le più elevate altitudini, va declinando col procedere verso levante, tanto che nella Tunisia supera appena i 1500 m. (Gebel Chambi, 1544 m. s. m.). Anche nella Tunisia, al pari che nelle altre sue sezioni occidentali, l'Atlante non è costituito da una sola catena, ma piuttosto da fasci di catene e da rilievi isolati intramezzati da elevati ripiani e da ampie valli di erosione e da conche lacustri. Se ne possono distinguere tre fasci, dei quali il principale è il mediano, cui appunto appartiene il ricordato Gebel Chambi che innalza la sua vetta a soli 25 km. dal confine algerino. Esso può considerarsi la continuazione dei Monti di Tebessa e ha la sua estrema propaggine nella penisoletta terminante col Capo Bon, le cui massime elevazioni superano di poco i 600 m. Prevalgono in tutto il fascio le formazioni calcaree, riferibili al Lias, al Giurassico e al Cretacico. Il fascio più settentrionale, diviso dal precedente dall'ampio solco della Megerda, prende nella sua parte occidentale il nome di Monti della Krumiria, che si possono considerare la continuazione di quelli della Cabilia terminando a est col promontorio del Capo Bianco. Meno elevati di quelli del fascio mediano, solo in pochi punti superano i 1200 m. e ne differiscono anche per la natura delle loro rocce che sono in generale arenarie eoceniche. Esposti all'azione dei venti umidi del Mediterraneo, i Monti della Krumiria sono beneficati da precipitazioni abbondanti che superano anche i 2000 mm. annui, onde i loro fianchi si ricoprono di una folta vegetazione arborea. A sud i monti algerini dell'Aurès trovano la loro continuazione in una serie di rilievi di altitudine di poco superiore ai 1000 m. che limitano a nord la depressione degli Chotts. È appunto nelle viscere di questi rilievi che si trovarono quei depositi fosfatici che costituiscono una delle principali risorse economiche della Tunisia. Rappresentano una zona montana distinta da quelle considerate i Monti dei Ksour (Gebel Demeur), che con altitudini poco superiori agli 800 m. ricoprono un'estesa zona meridionale a sud della depressione degli Chotts, detta dal nome dei suoi abitanti il paese dei M. Matmata. Sebbene la Tunisia sia nel suo complesso una regione montuosa e collinare, non manca di aree pianeggianti, siano esse costituite da valli alluvionali, ovvero da alte terre sulle quali cresce spontaneo lo sparto, o da distese sabbiose desertiche quali si ritrovano specialmente nelle regioni occidentali a sud degli Chotts.

Coste. - Posta nel cuore del Mediterraneo, la Tunisia vi si affaccia, come fu detto, con uno sviluppo costiero di oltre mille km., che si può dividere in due parti: una dal Capo Roux al Capo Bon, diretta nel senso dei paralleli, l'altra dal Capo Bon al Ras Agedir che segue quello dei meridiani. Il primo tratto di circa 125 chilometri di sviluppo è rappresentato, sino al Capo Bianco, da una costa alta e malamente accessibile. Passato il punto anzidetto si apre il vasto e sicuro porto di Biserta (v.): una laguna costiera messa dall'opera dell'uomo in diretta comunicazione col mare. Più oltre, la costa s'inflette con un'insenatura di 50 km. formando l'ampio Golfo di Tunisi, la costa del quale si presenta nel primo tratto bassa e acquitrinosa, colmata dalle alluvioni della Megerda che vi sfocia, alluvioni che ricoprirono l'antica Utica. Nella concavità del golfo, a ridosso di colline, sorgeva già Cartagine (v.), mentre nel piano adiacente sulla riva di una laguna di recente resa facilmente accessibile alle grandi navi ebbe origine e sviluppo Tunisi. Il vasto golfo resta chiuso a levante dalla penisoletta del Capo Bon, che con una larghezza di 30-50 km. si protende verso nord-est per 70 km. Il mare che lambisce questo tratto della costa, generalmente poco profondo, si mantiene nel Canale di Tunisi, che per una larghezza di 150 km. divide il Capo Bon da Marsala, a meno di 100 m. di profondità; ciò che avvalora l'ipotesi di un'antica connessione tra la Tunisia e la Sicilia. Alcuni gruppi d'isolette e di bassifondi ne interrompono l'uniformità: tali il gruppo della Galita a meno di 50 km. dalla costa, il banco Skerki a nord-est di Biserta, che in qualche punto sale a 7-8 m. di profondità, e altre isolette e banchi minori. Dal Capo Bon a Ras Agedir la costa orientale della Tunisia si presenta in un primo tratto, lungo la penisoletta del Capo Bon, alta e di difficile accesso; ma nell'ampia insenatura del Golfo di Hammamet, sulle cui rive sorge il porto di Susa, ritorna bassa e sabbiosa, e tale si mantiene nel suo complesso anche dopo superato il Ras Kapoudia lungo il litorale di Sfax distinto col nome generico di Sahel Tunisino, e quindi nel Golfo di Gabes e nel tratto successivo sino a Ras Agedir. Il mare che lambisce questa costa orientale della Tunisia, che fa parte della vasta insenatura del Golfo della Piccola Sirte, è poco profondo, cosparso di gruppi insulari e di bassifondi. Di fronte a Susa e alla distanza di circa 20 km. sorge l'Isola Kouriat e più a sud, di fronte a Sfax, si estende per quasi un centinaio di km. un vasto bassofondo sabbioso ricoperto da una folta vegetazione da cui sporgono le Isole Kerkenna: un gruppo insulare di due isole principali e di varie isolette minori ricoperte da palmeti e occupate da una densa popolazione, ripartita in numerosi villaggi. All'estremo sud del Golfo di Gabes l'Isola di Gerba (v.) appare come un lembo staccato dalla costa da cui la separa il Canale di Ajim largo appena 2 km. L'isola chiude a nord la bella insenatura detta Bahiret elBou-Grara, ricco campo di pesca; e altre insenature, egualmente pescose, recinte alcune da lidi sabbiosi e convertite in sebche, accompagnano il breve tratto costiero sino al confine.

Clima. - Per la sua posizione in latitudine, onde è compresa fra 30° e 37° lat. nord, e per l'influenza che largamente vi esercita il mare da cui in nessun punto dista oltre i 250 km., la Tunisia gode di un clima dolce e moderato che la diversa altitudine tende naturalmente a modificare. Sulle coste si riscontrano le stesse condizioni climatiche delle località costiere della Sicilia, con più limitate precipitazioni. Queste abbondano, raggiungendo la media annua di 2 m., sui Monti della Krumiria, esposti all'azione dei venti umidi del Mediterraneo. Nelle regioni interne meridionali, dove si estendono le formazioni desertiche del Grande Erg sahariano, si accentua l'escursione stagionale della temperatura, con medie estive superiori ai 30°, e diminuiscono sensibilmente le precipitazioni. Il quadro alla pagina precedente fornisce i dati climatici per alcune delle principali località della reggenza.

Idrografia. - La Tunisia, quindi, è una regione a clima caldo e semiarido, con precipitazioni scarse e irregolarmente distribuite. Pochi e di scarsa importanza i corsi d'acqua, eccezion fatta per la Megerda (v.) che, sviluppando in Algeria i primi 100 km. del suo percorso di complessivi km. 265, raccoglie le copiose acque spioventi dai monti della Cabilia e della Krumiria, solcando un'ampia valle colmata dalle sue alluvioni, campo ferace per un'intensa attività agricola. Di assai minore importanza è la Miliane che sbocca presso Tunisi. Gli altri sono tutti dei semplici uidian. Numerose e di notevole estensione sono le formazioni lacustri, generalmente salse, e le sebche, che ricoprono parti alquanto estese della zona interna del Sahel. Tra le formazioni lacustri hanno una particolare importanza gli Chotts, che quasi ininterrottamente occupano la vasta depressione che si estende poco a nord e a sud del 34° parallelo. Il più vasto è lo Chott el-Djerid che con la sua appendice orientale, lo Chott el-Fedjedj, si estende per 180 km. da est a ovest e per 75 km. da nord a sud ricoprendo una vasta area, variabile in estensione nei diversi periodi di piovosità. La profondità delle acque è di pochi decimetri e nella stagione arida lo Chott el-Djerid resta del tutto prosciugato convertendosi in grandi saline. A ovest del precedente e da questo diviso da un istmo collinoso di pochi chilometri, si estende lo Chott el-Gharsa che raggiunge a ovest il confine algerino. Una sua particolarità è il trovarsi a un'altitudine negativa, a 21 m. cioè più basso del livello del mare.

Flora e Vegetazione. - Il tell, cioè la fascia litoranea, non è molto sviluppato sulle coste tunisine e consta di terreni salati che hanno una vegetazione analoga a quella del litorale di Provenza e delle coste tirreniche dell'Italia e delle grandi isole.

Le depressioni interne, secondo la loro estensione più o meno ampia, sono chiamate sebca e chott: sono piccoli bacini interni che contengono acqua solo nel periodo delle piogge e all'epoca estiva sono rivestiti di uno strato di cloruro di sodio quasi puro (nello Chott el-Djerid le acque salmastre hanno una densità di 31°,2, superiore a quella delle comuni saline). In queste zone si trova un complesso di alofile che in parte vivono anche sul litorale.

La vegetazione erbacea, magra negl'inverni poco piovosi, sparisce al principio dell'estate: d'inverno le piante che fioriscono sono quasi nessuna sugli altipiani, poche nella regione sahariana mentre nei dintorni di Tunisi sono numerose.

La boscaglia consta di: Pistacia lentiscus, Zizyphus spina Christi, querce, ginepri, mirti, filliree, corbezzoli, ginestre, cisti, eriche, Tamarix gallica e poi suffrutici o frutici, come Globularia alypum, Lavandula stoechas e dentata, Thymus ciliatus, capitatus e Fontanesii, Passerina hirsuta e in alcune speciali zone anche Chamaerops humilis.

Al nord e in Krumiria la quercia sughera e la quercia zean costituiscono compatte formazioni che occupano circa 160 mila ha.; nel centro vi sono popolazioni compatte di pino d'Aleppo (circa 850 mila ha.) e di Quercus ilex; nel sud vi sono ginepri, olivi selvatici insieme con pini d'Aleppo e pistacchi. A Wad Tala vi è una foresta di acacie da gomma (Acacia tortilis); è questo l'estremo limite nord di tali piante.

L'alfa (Stipa tenacissima) non riveste vaste zone come avviene in Algeria e in Tripolitania; l'Othonna cheirifolia invece forma vasti popolamenti analoghi a quelli che si osservano nella provincia di Costantina.

Le montagne della Tunisia non superano i 1500 m. d'altezza, quindi vi mancano molte piante legnose (Cedrus, Taxus, Abies numidica) ed erbacee che si trovano sui monti e sugli altipiani algerini: ve ne sono però altre proprie di queste regioni insieme con qualche specie delle Alpi e dei Pirenei, come Seseli nanum, Onopordon acaule, Calamintha alpina, Salvia phlomoides.

La vegetazione delle grandi foreste della Krumiria raggiunge il suo massimo splendore nella prima metà di luglio, quando nel Sahara e nelle pianure del Sahel il tappeto vegetale è completamente secco.

La flora tunisina consta di circa 2000 entità, mentre il Marocco ne ha 2400, l'Algeria 3000, la Tripolitania e Cirenaica circa 2000, l'Egitto e la Marmarica 1400, l'Italia 5000, la Francia 5500, la Spagna quasi altrettante quanto la Francia.

Le famiglie più rappresentate sono: Composte (247), Leguminose (223), Graminacee (202), Crocifere (97), Ombrellifere (91), Scrofulariacee (52), Gigliacee (47), Ciperacee (36), Ranunculacee (34). Le maggiori affinità della flora tunisina sono con l'Algeria: infatti 8/9 delle specie sono comuni e 134 sono esclusive dei due paesi; segue poi la Tripolitania con un notevole numero di piante comuni ai due territorî, vengono poi i rapporti con la parte occidentale del bacino mediterraneo, quindi quelli con l'Italia con 1347 specie e varietà comuni ai due paesi ma solo 5 specie esclusivamente italo-tunisine. Le forme endemiche della flora tunisina sono solo 29, cioè 1,4% del totale, e rappresentano la cifra più bassa di tutte le regioni dell'Africa settentrionale, perché l'Algeria presenta il 15,6% di endemismi: questo si deve probabilmente alla limitata superficie del territorio e alla mancanza di talune formazioni caratteristiche.

Le piante endemiche sono: 7 Graminacee, 4 Leguminose, 3 Crocifere, Serofulariacee e Lamiacee (Teucrium), 2 Dipsacacee (Scabiosa) e Asteracee, 1 per ciascuna delle famiglie Diantacee, Ipericacee, Ombrellifere, Plumbaginacee. Di questi endemismi tre (Isatis aleppica var. constricta, Lotus Rondairei, Aristida tunetana) hanno evidenti affinità con forme orientali, l'Hypericum Roberti è appena distinto da H. ericoides della Spagna, il Dianthus hermacensis sarebbe una varietà del D. Bisignani Ten. dell'Italia meridionale, l'Onopordon espinae è intermedio fra O. polycephalum d'Oriente e O. glomeratum di Spagna, il Teucrium ramosissimum sta fra T. fragile di Spagna e T. odontites d'Oriente, le altre - meno Sporolobus Tourneauxii e laetevirens che sembrano assolutamente distinti da ogni altra forma - si avvicinano ad altre specie dell'Africa settentrionale o diffuse nel bacino mediterraneo.

Parecchie specie sono avventizie, introdotte con le colture in tempi più o meno antichi o recenti.

In alcuni punti della costa desertica come a Gabes e nel territorio desertico verso il Sahara, vi sono oasi composte esclusivamente di palme da datteri.

Fauna. - Per quanto si riferisce agli Uccelli ed agl'Invertebrati, la fauna tunisina, a carattere mediterraneo, non differisce da quella degli altri paesi bagnati dal Mediterraneo occidentale e specialmente dalle regioni limitrofe dell'Africa settentrionale. Tra i Mammiferi citeremo il fennec, la iena, le zorrille, lo sciacallo, i topi saltatori, l'istrice, varie gazzelle, ecc. La fauna ornitologica, più scarsa nei mesi estivi, si arricchisce nei mesi invernali delle specie migratrici. Tra i Rettili citeremo le testuggini, varie specie di gechi, gli stellioni, gli uromastici, lo scinco, i varani. Vi sono ancora molte specie di serpenti tra le quali molte velenose. Ricca è la fauna degl'Insetti, dove predominano specialmente Coleotteri tenebrionidi, farfalle notturne, Imenotteri, Ditteri e Ortotteri. Vario è il mondo dei Ragni e numerosi e interessanti dal punto di vista biologico i Molluschi terrestri.

Etnologia. - La Tunisia fu popolata fino dall'epoca paleolitica. Gli autori greco-latini ci hanno lasciato alcuni nomi di tribù berbere della Bizacena e della Numidia, oggi scomparse.

Fino dal primo Medioevo il paese fu come sommerso dalle ondate delle grandi tribù nomadi cammelliere, susseguentisi le une alle altre, soprattutto al principio del sec. XI: Beduini, Arabi, Hilal e Soleim. Al confine della Tripolitania rimangono alcune tracce riconoscibili di popolazioni berbere anteriori alle grandi invasioni. Esiste quivi un nucleo umano antichissimo, trogloditi e pescatori, rimasto tenacemente avvinto alle rocce del Matmata e alle insenature della costa (l'Isola Gerba).

Il Matmata e l'Isola di Gerba sono i soli punti della Tunisia dove la lingua berbera sia rimasta in uso; e per quanto molto minacciata dall'arabo, essa riesce a mantenere ancora alcune delle sue posizioni. Il sud-est della Tunisia conserva una caratteristica religiosa: esso è il rifugio dell'eresia ibadita, eresia che ancora vive a Gerba e nel Mzab algerino. L'ibadismo, d'altronde, non è completamente scomparso dalla costa rocciosa. In tutto il rimanente della Tunisia la lingua araba e l'ortodossia hanno tutto sommerso. I gruppi di popolazione rimangono tuttavia molto differenti.

Il sud della Tunisia, nell'interno, fu devastato e conquistato dai Beduini arabi. Con essi predomina la vita pastorale, in un paese in cui le rovine romane sono la testimonianza di un'antica prosperità agricola. I padroni del paese, e più propriamente i suoi soli abitanti indigeni, sono le grandi tribù nomadi, viventi attendate in gruppi, i Frainchiches, gli Ouled Aoun, i Madjeur, gli Ouled Ayar, le quali conducono lo stesso genere di vita di molte altre tribù dell'Africa Settentrionale.

La vita pastorale dei Beduini, gli oliveti e le peschiere del Sahel, la coltivazione del grano e dell'orzo nelle pianure relativamente piovose del nord, attorno alla Megerda, sono gli elementi mediante i quali si può tracciare come un abbozzo dei diversi aspetti della vita della regione. Per l'importantissima caratteristica della Tunisia che è l'urbanesimo, v. sotto: Città e centri abitati.

Popolazione. - La Tunisia ha una popolazione che al censimento del 1931 risultò essere di 2.410.692 ab., dei quali 2.215.399 indigeni e 195.293 Europei. La popolazione indigena, come in tutta l'Africa mediterranea, si compone di elementi berberi e di elementi arabi. I Berberi rappresenterebbero i discendenti delle antiche genti libiche stanziate nella regione sino dal tempo delle prime nostre conoscenze. Gli Arabi sono i discendenti, sia di più antiche immigrazioni, sia di quelli venuti con la conquista islamica e con le invasioni hilaliane. La secolare convivenza e il fatto che la conquista politico-religiosa li accomuna nella lingua e nella fede dell'Islām ha dato origine a una larga commistione, onde è difficile ormai distinguere i Berberi dagli Arabi e dai misti. Si considerano tuttavia quali Berberi più o meno puri i Krumiri, che abitano nella regione montana di confine cui essi diedero il nome, i Matmata che abitano la regione meridionale dei Monti Ksour, gli abitanti delle Isole Kerkenna e quelli di Gerba. Ma nel loro complesso le genti della Tunisia sono da considerarsi arabo-berbere parlanti l'arabo e professanti la religione dell'Islām. Fra gl'indigeni si considerano anche, nella loro grande maggioranza, gli Ebrei, che in numero di 56.242 sono stanziati in Tunisia e che discendono dagl'immigrati dopo la distruzione di Gerusalemme o dopo l'espulsione dalla Spagna. Fra gli Europei le statistiche del 1931 davano 91.427 sudditi francesi, 91.178 Italiani, 8643 Maltesi e 4045 di altre nazionalità (Spagnoli, Greci, ecc.).

Per la prima volta in questo censimento i Francesi superarono di appena 249 unità gl'Italiani, prima risultati sempre in maggioranza.

Senza risalire a tempi lontani nei quali la popolazione tunisina dovette certo essere più numerosa, come attestano i resti di città scomparse e di grandi opere irrigatorie che dovevano dare alla produzione agricola un più largo sviluppo, e limitandoci a considerare la reggenza quale era alla data dell'occupazione francese (1881), è da notare come da computi approssimativi essa venisse stimata di circa 2 milioni di ab., fra i quali forse 10.000 erano Europei quasi esclusivamente Italiani. Da allora la popolazione dovette certo accrescersi; tuttavia il primo censimento regolare, che fu praticato nel 1911, diede solo 1.939.087 ab. L'accrescimento nel ventennio successivo fu pertanto di 471.605 ab., con un aumento medio annuo dell'11,8‰, di poco superiore a quello verificatosi nello stesso periodo in Italia (8,4‰). Tale aumento è da ritenersi dovuto solo all'eccedenza dei nati sui morti, alta mantenendosi la natalità (30‰) e relativamente bassa la mortalità (16,8‰). La densità si mantiene scarsa (17 ab. per kmq.), notevolmente inferiore a quella della provincia di Nuoro che presenta la media più bassa del regno d'Italia (29). Bisogna tuttavia considerare che per1/3 circa l'area della Tunisia è costituita da terreni desertici e improduttivi. Escludendo i territorî militari del sud, nei quali la densità è appena di 3 ab. per kmq., la densità della Tunisia salirebbe a 27, poco inferiore cioè a quella della provincia di Nuoro. Né è da ritenere che la popolazione della Tunisia possa notevolmente accrescersi, giacché anche nella Tunisia propria, esclusi i territorî militari del sud, l'area del territorio veramente coltivabile è limitata, notevole estensione avendovi i ripiani rocciosi che mal si prestano all'irrigazione e atti perciò solo al pascolo o alla raccolta dell'alfa che vi cresce spontanea. Dal tempo in cui vi fu stabilito il protettorato francese, la Tunisia ha potuto accogliere una certa corrente immigratoria che, come si è veduto, ha portato il contingente europeo a costituire poco meno di un decimo della popolazione totale. Due elementi quasi esclusivamente vi hanno contribuito: il francese e l'italiano. La popolazione francese, che, prima dell'occupazione, era di qualche centinaio di ab., si accrebbe rapidamente, come era naturale, tanto che era salita a 18.000 individui dopo un decennio, a 24.205 nel 1901, a 46.046 nel 1911, a 54.476 nel 1921 per raggiungere, come si è visto, la cifra di 91.427 nel 1931. Ma questo accrescimento, scarsissima essendo l'immigrazione, oltre alle sopravvivenze si deve alle disposizioni legislative che impongono l'acquisto automatico della cittadinanza. I sudditi francesi nati in Francia rappresentano appena1/3 del totale. Quanto alle condizioni e occupazioni, è da avvertire che la grande generalità è data da funzionarî e comunque addetti alla pubblica amministrazione, agli addetti ai servizî pubblici, ai commercianti, alle famiglie dei militari, mentre è del tutto esiguo (appena 2700) il numero degli agricoltori. Scarso risultato ottennero le facilitazioni offerte ai Francesi per la concessione di terre, avendo il governo del protettorato preferito il sistema delle grandi concessioni. La colonia italiana, costituita prima del 1870 da discendenti di antichi schiavi catturati, da ricoverati politici, da Ebrei delle classi elevate, che per sottrarsi alle condizioni d'inferiorità in cui erano tenuti avevano potuto ottenere prima la protezione, poi la sudditanza degli antichi stati italiani, costituiva nel 1871 un piccolo nucleo di appena 6000 nazionali professionisti e commercianti che godevano di un alto prestigio nel paese. Più tardi, chiamativi dal bisogno di maestranze e di mano d'opera richieste dalle opere pubbliche e specialmente dalle fortificazioni che il bey vi faceva erigere, vi accorse, quasi esclusivamente dalla Sicilia, una corrente immigratoria di muratori, manuali, sterratori, che portò a oltre 10.000 il numero degl'Italiani stabiliti nella reggenza alla data dell'occupazione francese (1881). L'istituzione del protettorato e lo sviluppo di opere pubbliche che esso richiese accentuarono questo movimento immigratorio proletario, sempre proveniente quasi solo dalla Sicilia e più tardi, con lo sviluppo dell'industria mineraria, anche dalla Sardegna. Si passò così dagli 11.501 Italiani computati nel 1881 a 21.016 nel 1891, a 71.600 nel 1901, a 88.062 nel 1911, per discendere (causa i rimpatrî determinati dalla guerra mondiale) a 84.799 nel 1921 e risalire a 91.178 nel 1931. La colonia italiana nella sua costituzione presente mostra una notevole differenza da quello che era prima dell'occupazione francese perché, nonostante che l'antico nucleo borghese si sia mantenuto e rafforzato, l'elemento operaio, numericamente almeno, oggi prevale. Gl'immigrati degli ultimi decennî si raccolsero particolarmente nella classe rurale; sebbene chiamati a prestare lavoro manuale nelle costruzioni murarie e stradali, ritrovando nel paese dove si erano stabiliti condizioni favorevoli di suolo e di clima, richiamati all'antico amore della terra, tornarono agricoltori e specialmente viticoltori. Tuttavia il loro numero, per quanto notevolmente superiore a quello dei Francesi, si mantiene assai limitato (4397). La maggioranza della popolazione italiana in Tunisia è e si mantiene ancora cittadina, computando, oltre alle classi borghesi, operai di maestranze varie, conduttori e fattorini di tramvie e anche orticoltori nelle immediate adiacenze dei centri urbani. Degl'Italiani censiti nel 1931, oltre1/3 (37.707) erano nati in Italia e di questi 32.056 erano Siciliani (compresi quelli di Pantelleria), 2979 erano Sardi e il resto delle provincie continentali del regno. Legata alla madrepatria dal forte sentimento nazionale, tenuto desto e ravvivato dalle numerose istituzioni scolastiche, culturali, assistenziali e sportive, dalla continuità dei rapporti, dai periodici soggiorni offerti dallo stato alla gioventù studentesca, la colonia italiana di Tunisia non è minacciata di assorbimento. Riluttante a richiedere la cittadinanza della potenza dominatrice, riuscì a sottrarsi sino ad ora alle conseguenze dell'acquisto automatico con la convenzione franco-italiana del 1896, denunciata nel 1918, ma tacitamente rinnovata fino agli accordi del gennaio 1935, per i quali venne protratta al 1965 la data di applicazione per gl'Italiani della legge del 1921, che conferisce automaticamente e obbligatoriamente la cittadinanza francese ai nati in Tunisia.

Condizioni economiche. - Agricoltura e allevamento. - Al pari degli altri paesi dell'Africa minore, la Tunisia è un paese prevalentemente agricolo e pastorale ma ricco anche di cospicue risorse minerarie (fosfati). La risorsa principale è però costituita dall'agricoltura, il cui reddito ragguaglia i 4/5 della produzione totale. Detratta l'area improduttiva, che ragguaglia il 28% dell'area totale, si ha che oltre la metà (50,5%) è rappresentata dalle terre produttive ma non coltivate,1/3 (2.934.000 ha.) da terre arabili,1, 1% (100.000 ettari) da prati naturali e pascoli, 4,4% (400.000 ha.) da colture arboree o arborescenti e l'11,28% (1.016.000 ha.) da boschi e foreste. Delle terre arabili la metà circa (45,8%) è coltivata a cereali, fra i quali il frumento occupa il primo posto. La coltivazione del frumento, che prima dell'occupazione gl'indigeni praticavano con mezzi rudimentali, è stata molto sviluppata successivamente, sia triplicando l'area delle terre coltivate a grano, sia migliorando i mezzi di lavorazione del terreno per vincere le conseguenze della siccità, sia applicando su larga scala mezzi meccanici per la lavorazione stessa.

La specie particolarmente coltivata è quella del grano duro, la produzione del quale si è aggirata negli ultimi anni sui 2 milioni di quintali, cui sono da aggiungersi circa 600.000 q. di grano tenero. La media complessiva del decennio 1922-1931 fu di circa 2.800.000 quintali, su di un'area di 660.000 ha., ciò che corrisponde a un rendimento unitario di appena 4 quintali per ha., meno di 1/3 del rendimento unitario medio dell'Italia, mentre come valore assoluto rappresenterebbe appena la metà della produzione della sola Toscana. Alla coltivazione del grano, che in larga misura viene esportato, è da aggiungersi quella dell'orzo, il cui prodotto si aggira intorno a 1.600.000 q. e che costituisce la base principale dell'alimentazione degl'indigeni. Assai minore importanza hanno le coltivazioni dell'avena, del mais, del sorgo, delle leguminose e delle patate. Fra le piante industriali si coltivano il lino (produzione media circa 9000 q.) e il tabacco (5000 q.). Ma le coltivazioni agricole più sviluppate sono quelle arboree e arbustive, che meglio si adattano alle condizioni ambientali di suolo e di clima. La vite, che prima dell'occupazione francese si può dire non fosse coltivata, come in tutti i paesi soggetti a dominazione islamica, introdotta dopo la proclamazione del protettorato e rapidamente sviluppata per le ragioni medesime che in Algeria, viene curata particolarmente dai coltivatori siciliani stabiliti nella penisola del Capo Bon (Grombalia). L'area dei vigneti, in continuo progresso, vi supera i 35.000 ha. La produzione del vino vi tocca un milione di hl. (appena1/5 di quella della Toscana). Il vino prodotto, assai colorito e di alta gradazione alcoolica, viene per la massima parte esportato in Francia come vino da taglio. La vite non è peraltro coltivata soltanto per la produzione del vino, ma anche - e per cura specialmente di coltivatori indigeni - per la produzione dell'uva da tavola, di cui si produce per 50-60 mila q. Paese eminentemente mediterraneo, la Tunisia offre tutte le condizioni più favorevoli per la coltivazione dell'olivo, che vi vanta antiche tradizioni. Lo stato di decadenza generale che prima dell'occupazione il beylicato presentava al pari degli altri stati barbareschi, aveva fatto grandemente deperire questa ricca coltura, onde gli oliveti apparivano convertiti in incolte boscaglie e in vere foreste. Qualche miglioramento si era cominciato a praticare per cura del governo della reggenza; la rinascita fu opera dei nuovi dominatori, che vi dedicarono molte cure trasformando gli antichi oliveti e piantonandone dei nuovi con sistemi razionali. Si contano oggi in Tunisia oltre 10 milioni di olivi in piena produzione, onde il raccolto dell'olio vi supera ormai i 350.000 q., oltre il triplo della produzione della Toscana. La regione tunisina che più si adatta alla coltivazione dell'olivo è il Sahel; e Sfax ne è il principale mercato di raccolta e di esportazione. Altre piante arboree che dànno frutto sono i carrubi e i mandorli, la produzione dei quali si ragguaglia rispettivamente a 17.000 e a 16.000 quintali. Importanza maggiore hanno peraltro le palme dattilifere, dai frutti molto pregiati nei mercati europei, di cui si contano circa due milioni e mezzo; abbondano specialmente nella regione degli Chotts e forniscono per 350.000 q. di datteri all'anno. Un'importanza limitata vi hanno invece gli agrumi (aranci e limoni), la cui produzione complessiva non raggiunge i 30.000 q., pari a meno di 1/15 di quella della Sicilia. Un prodotto della vegetazione spontanea che rappresenta un contributo non spregevole all'economia indigena della Tunisia è l'alfa, che come negli altri paesi dell'Africa mediterranea ricopre le terre pianeggianti semiaride della Tunisia; la cui raccolta, libera a tutti, attraverso oscillazioni abbastanza notevoli va costantemente crescendo. L'esportazione dell'alfa in Inghilterra, che quasi totalmente l'assorbe, raggiunse nel 1931 gli 865.000 q. per un valore di 30 milioni di franchi. La foresta che, come s'è visto, ricopre le pendici delle maggiori elevazioni delle regioni più beneficate dalle piogge, occupa un'estensione di un milione di ha.; ma appena un quarto, forse, può veramente qualificarsi foresta di alto fusto, mentre il resto rientrerebbe piuttosto nella qualifica di boscaglia. Le specie predominanti sono la quercia da sughero, la quercia lusitana, il leccio, il pino di Aleppo. La proprietà è demaniale e lo stato attende all'opera di conservazione e di estensione ritraendone notevole beneficio (oltre 4 milioni di franchi nel 1931).

Più ancora dell'agricoltura, l'allevamento del bestiame costituisce la principale occupazione degl'indigeni e la loro maggiore risorsa, sebbene i metodi usati e le cure che vi si portano siano ancora affatto primitivi. Il patrimonio zootecnico della reggenza ascende a 448.671 bovini (dei quali 50.000 di proprietà di Europei), 1.941.000 ovini (138.684 di Europei), 1.710.000 caprini (30.650 di Europei), 23.850 suini (tutti di proprietà europea), 93.800 cavalli (9400 di Europei), 47.000 muli, 172.000 asini e 148.000 cammelli, quasi esclusivamente di proprietà degl'indigeni. Abbastanza diffuso l'allevamento del pollame, tanto presso gl'indigeni quanto presso i coloni europei.

Pesca. - La pesca marittima, cui già si accennò parlando delle coste, è praticata largamente tanto dagl'indigeni quanto dagli Europei, in particolar modo da pescatori italiani. Su 3626 navi con 9226 tonn. di stazza, 725 navi di 4569 tonn. erano italiane. Con poche unità vi concorrono i Francesi, i Maltesi e i Greci. La pesca, che si pratica specialmente lungo le coste e nelle lagune adiacenti, diede nel 1931 un prodotto di 6 milioni di kg. di pesce per un valore di 20.650.000 franchi, cui sono da aggiungere i prodotti delle tonnare (943.000 kg. per 4.700.000 franchi) e i prodotti della pesca delle acciughe (525.000 chilogrammi per 740.000 franchi). La pesca nei laghi, praticata esclusivamente dagl'indigeni, fruttò 700.000 kg. di pesce per oltre 5 milioni di franchi. In mano di Italiani per la metà delle navi adibite, ma di un tonnellaggio grandemente superiore, sta la pesca delle spugne, che fruttò un rendimento di oltre 10 milioni e mezzo di franchi. Decaduta, anzi cessata ormai del tutto, la pesca del corallo, alla quale si applicavano particolarmente pescatori italiani.

Miniere. - Le ricchezze minerarie del sottosuolo, del tutto ignorate prima dell'occupazione, sono venute ora a rappresentare un contributo importante nelle risorse del paese. Di tutte senza confronto la più importante è quella dei fosfati, la cui presenza nei rilievi che sorgono presso Gafsa fu riconosciuta solo nel 1885. ll loro regolare sfruttamento non cominciò che una quindicina di anni più tardi e andò poi sempre crescendo raggiungendo il massimo nel 1930 con 3 milioni e 300 mila tonn. per un valore di 266 milioni di franchi, onde la Tunisia divenne uno dei principali paesi produttori del mondo. I fosfati escavati vengono da Gafsa trasportati a Sfax che ne è il porto d'imbarco. Per quanto la produzione sia notevolmente ridotta e discesa nel 1934 a 1.766.000 tonn., la Tunisia rimane dopo gli Stati Uniti il principale paese produttore di fosfati. La Tunisia possiede anche notevoli giacimenti di minerali di ferro, la cui produzione (546.000 tonn.) superò nel 1934 quella complessiva delle miniere italiane. Di minore importanza è la produzione delle miniere di piombo, che nel 1934 fu di 27.000 tonn. L'escavazione mineraria ha contribuito a promuovere una certa corrente immigratoria di minatori specializzati italiani, provenienti per lo più dalla Sardegna.

Industria e commercio. - L'attività industriale della Tunisia, priva di carbone e di petrolio e in condizioni di poter poco usufruire dell'energia idraulica, è assai limitata e si restringe alla riduzione del minerale di piombo, alla produzione di una limitata parte di superfosfati, alla macinazione del grano e alla fabbricazione di paste alimentari nonché alla lavorazione delle pelli. Il commercio della regione è in relazione con le ricchezze minerarie e agricole che può esportare e all'importazione di quelle materie prime (carbone, petrolio) e dei prodotti varî dell'industria europea che vengono importati particolarmente dalla Francia, favorita com'è dalle tariffe doganali. Nel 1934 le importazioni dalla Francia ascesero a 1189 milioni di franchi e le esportazioni a 614 milioni; seguirono l'Algeria, con rispettivamente 124 e 62 milioni, e quindi l'Italia, con 72 e 65 milioni, lasciando a notevole distanza il movimento di scambî degli altri paesi: Gran Bretagna, Stati Uniti, Belgio. Notevole anche il movimento con la Tripolitania (13 e 24 milioni).

Comunicazioni. - Le comunicazioni esterne della Tunisia sono mantenute da regolari servizî marittimi che congiungono Tunisi con Marsiglia e la Corsica, coi porti italiani di Genova, Livorno, Napoli, Palermo e Cagliari. Servizî marittimi costieri sono pure stabiliti per collegare Tunisi e i porti della reggenza con Algeri e Tripoli. Servizî aerei legano altresì la capitale della reggenza con Roma, Palermo, Cagliari, Antibes e Aiaccio. Alle comunicazioni interne provvede una vasta rete ferroviaria e di vie ordinarie che il governo del protettorato ha largamente estesa e curata. La rete ferroviaria tunisina, che si sviluppa per oltre 2500 km., è un prolungamento di quella algerina e tocca ormai quasi tutti i centri più importanti della reggenza; in seguito dovrà da Gabes riallacciarsi con le ferrovie della Tripolitania che ora si arrestano a Zuara. Servizî automobilistici si svolgono su una rete di 5000 km. di vie ordinarie bene asfaltate e integrano la rete ferroviaria; un servizio bisettimanale collega Tunisi a Tripoli. Uffici telegrafici e stazioni telefoniche sono distribuite in tutti i centri abitati.

Città e centri abitati. - La Tunisia, che nell'età cartaginese come durante la dominazione romana e successivamente sotto quella araba godette periodi di grande floridezza, vide sorgere e svilupparsi numerosi centri abitati, alcuni del tutto scomparsi mentre altri conservano negli avanzi dei loro monumenti testimonianze sicure della loro antica importanza. Dopo il periodo di decadenza che coincide con la dominazione turca, i centri urbani della Tunisia cominciarono a svilupparsi e a migliorarsi. Tuttavia, salvo la capitale Tunisi, che nel 1931 contava 202.405 ab., nessun'altra città della Tunisia raggiunge i 30.000 ab. e dei 59 comuni della reggenza appena 12 contano una popolazione superiore ai 10.000 ab.: di questi superano i 20.000 Sfax con 39.969 ab., Susa con 25.324, Biserta, con 23.206, e Kairouan con 21.532.

V. tavv. LXXIII e LXXIV.

Bibl.: Della ricca bibliografia relativa alla Tunisia ci limitiamo a citare le opere più recenti e di carattere più generale: J.-L. de Lanessan, La Tunisie, Parigi 1917; Despois, La Tunisie, ivi 1930; A. Mori, La Tunisia, Roma 1930; A. Meccle, La Tunisie, Parigi 1930; J. Casser, La Tunisie, ivi 1932; V. Magliocco, La nostra colonia di Tunisi, Milano 1933; F. Bonniard, La Tunisie du nord: Le Tell Septentrional, Le Lac de Biserte, Parigi-Tunisi 1934; E. Bonnet, Géographie botanique de la Tunisie, in Journal de botanique, IX (1895) e X (1896). Si vedano, inoltre, le pubblicazioni ufficiali di carattere periodico della Direzione Generale dell'Agricoltura, di quella dei Lavori pubblici del protettorato che interessa le condizioni fisiche demografiche ed economiche della Tunisia.

Per l'etnologia: E. Chantre e L. Bertholon, Recherches anthrop. dans la Berbérie Or., ... Tunisie, ecc., Lione 1913; R. Vaufrey, Acheuléen Moustèrien des environs de Gafssa, in Revue de Géographie physique, V, fasc. 3; A. Bernard, Enquête sur l'habitation rurale des indigènes de la Tunisie, Tunisi 1924; M.-S. Mzali, L'évolution économique de la Tunisie, ivi 1921; Ch. Monchicour, La région du Haut Tell en Tunisie, Parigi 1913; La géologie et les mines de la France d'outre-mer, pubblicazione dell'Ufficio degli studî minerarî. Società delle edizioni geografiche, ivi 1922; W. Marçais, Ètude sur un dialecte du Sahel, in Mém. de l'Ac. des Inscriptions; Annuarî e censimenti del protettorato della Tunisia.

Cartografia: La Tunisia settentrionale e centrale è stata oggetto di regolari rilevamenti topografici da parte del Service Géographique de l'Armée di Parigi la cui riproduzione fa parte della Carte de l'Algérie et de la Tunisie, a scala di 1 : 50.000. Per i territorî del Sud si hanno carte di ricognizione alla scala di 1 : 200.000. Si veda inoltre l'eccellente Atlas d'Algérie et de Tunisie di A. Bernard e R. de Flotte de Roquaivai (1923 segg.).

Ordinamento.

Ordinamento politico e amministrativo. - Il regime di protettorato, così come si determinò fino dal 1881 e si è mantenuto con qualche mutamento fino a oggi, è il seguente: il bey conserva i diritti sovrani, il diritto di successione è immutato; il governo francese è rappresentato presso il bey da un residente generale, che ha le funzioni di ministro degli Esteri e di presidente dei ministri del bey. Il residente generale ha ai suoi ordini i comandanti dell'esercito e della marina, i quali sono francesi e funzionano come ministri della Guerra e della Marina. Il primo ministro indigeno è solo un intermediario tra il bey e il residente generale e tra il bey e i suoi sudditi ed è assistito da un ministro della Penna; a un indigeno è riservata dal 1921 anche la carica di ministro della Giustizia con l'assistenza di un direttore francese. La carica di segretario generale del governo istituita nel 1883 e abolita nel 1922 fu ristabilita nel 1933 (presiede agli affari indigeni, alla polizia, al personale dell'amministrazione civile, cura la presentazione dei decreti al bey e la loro promulgazione); è assistito da un segretario generale aggiunto che ha le funzioni di direttore generale degl'Interni. Il bey esercita il potere legislativo per mezzo dei suoi ministri mediante l'emanazione di decreti, che devono tuttavia portare il visto del residente generale.

La reggenza è divisa in 5 circoscrizioni regionali che hanno la loro sede in Tunisi, Biserta, el-Kef, Susa e Sfax. L'amministrazione del territorio è duplice: un'organizzazione francese di contrôles civils (in numero di 19) che si sovrappone a una indigena di caidati (37). Quattro di questi caidati si trovano nei territorî militari del Sud tunisino, che hanno un'amministrazione speciale.

La giustizia tunisina è amministrata da tribunali di diritto comune (cantonali, regionali, Wizārah, Chambre des Requêtes), tribunali religiosi (sciaraitici per i musulmani, rabbinici per gli ebrei); un tribunale misto provvede all'immatricolazione delle proprietà immobiliari.

Per far partecipare il popolo in qualche modo all'amministrazione della cosa pubblica, fu istituita nel 1891 una conferenza Consultiva comprendente membri francesi e indigeni; nel 1922, in seguito a un'agitazione nazionalista assai violenta, la conferenza fu trasformata in un gran consiglio (Grand Conseil, in arabo al-maǵlis al-kabīr), la cui composizione ha subito notevoli variazioni: nel 1922 erano 18 membri indigeni e 44 francesi; nel 1928 diventarono rispettivamente 26 e 52; nel 1933 salirono a 41 indigeni e 56 francesi; l'elezione dei membri è fatta con suffragio limitato o per tramite di assemblee minori: consigli di regione, consigli di caidato, camere di commercio e d'industria francesi e indigene.

Culti. - La popolazione indigena è musulmana e dipende religiosamente dallo sheikh ul-islām. Vi erano tuttavia, nel 1931, 56.242 ebrei e la popolazione "europea" (195.293 nel 1931) è composta quasi esclusivamente di cattolici, che dipendono dall'arcivescovato di Cartagine (ristabilito nel 1884 e immediatamente soggetto alla Santa Sede). Vi sono anche circa 400 ortodossi e un certo numero di anglicani.

Ordinamento scolastico. - Con il 1883 l'insegnamento pubblico, per i non musulmani, è stato sottratto alle congregazioni religiose che sino ad allora l'avevano esercitato, ed è stato affidato a una direzione generale, dalla quale dipendono le cinquecento scuole governative di ogni grado della Tunisia. Queste nel 1931 contavano 83.459 allievi, di cui 19.499 Francesi, 10.281 Italiani, 1196 Maltesi. Oltre alle solite scuole elementari e medie (liceo di tipo francese), vi è a Tunisi una scuola coloniale d'agricoltura. I musulmani hanno per conto proprio un gran numero di scuole, circa 1200, e una loro università islamica presso la moschea principale di Tunisi; presso questa moschea v'è un centinaio d'insegnanti, distribuiti fra i varî gradi d'insegnamento, a cominciare dall'elementare. Il governo controlla per gl'indigeni un fiorente istituto professionale (Collegio Sediki, fondato nel 1876). Le scuole italiane in Tunisia datano dal 1821, anno in cui due Italiani, esuli politici, vi fondarono una scuola privata che fu anche la prima scuola europea; la prima scuola pubblica italiana fu creata da P. Sulema, e sovvenzionata da Luigi Filippo; da ricordare anche quella di G. Morpurgo (1840); nel 1864 la colonia italiana, sotto l'auspicio del primo console del regno, fondò il Collegio Italiano, che nel 1887 divenne Collegio Convitto. La prima organizzazione governativa delle scuole italiane in Tunisia data dal 1888 per opera del Crispi. Ora vi sono in tutto 40 scuole italiane, 20 governative (liceo scientifico, istituto tecnico, scuola di avviamento professionale; 17 scuole elementari, non solo a Tunisi, ma alla Goletta, a Sfax, a Susa), 20 private; le scuole private italiane, elementari, sono a Mahdia, el-Kef, Reyville, Bu Fiscia, Ferryville, Nabeul, Kelibia. Sono in gran parte frequentate da elementi israelitici.

Finanze. - Bilanci e debito pubblico. - Le entrate principali del bilancio tunisino derivano dalle imposte indirette e dai monopolî (specie tabacco). Le spese principali, in milioni di franchi, sono quelle per l'amministrazione finanziaria (compreso il servizio del debito pubblico), per i lavori pubblici e per l'educazione nazionale.

Alla fine del 1932 il debito pubblico ammontava a 645,8 milioni di franchi.

Moneta e credito. - L'unità monetaria è il franco francese; le monete sono coniate in Francia e sono dal 1892 del tutto simili a quelle francesi; i biglietti di banca sono emessi dalla Banca di Algeria (v. algeria). La Banca di Tunisi è l'istituto di credito più importante.

Storia.

La regione compresa oggi nella Tunisia, colonizzata dai Fenici sulla costa e abitata dai Numidi, fu in parte dominio di Cartagine prima del 146 a. C. Conquistata dai Romani, formò la provincia dell'Africa Proconsolare; con l'ordinamento dioclezianeo, fu divisa in due parti: l'una mantenne il vecchio nome, l'altra fu la Bizacena (v.). Dopo essere stata dei Vandali e dei Bizantini, fu invasa dagli Arabi.

Gl'invasori arabi comandati dal governatore d'Egitto ‛Abd Allāh ibn Sa‛d, qualche migliaio in tutto, rinforzati poi da ‛Abd Allāh ibn az-Zubair, giunsero nel 27 dell'ègira (647-648 d. C.) nel territorio dell'odierna Tunisia, allora governata dal bizantino Gregorio, e dopo varî fatti d'arme fantasticamente narrati dagli autori arabi, sconfissero Gregorio a Suffetula (Sbeiṭlah), poi fecero ritorno in Oriente, accontentandosi del bottino e dell'imposizione del tributo. Negli anni immediatamente successivi l'attenzione degli Arabi fu distratta nelle contese politiche e religiose di Siria, Mesopotamia e Arabia. L'anno 45 (665-666) ricominciarono le spedizioni arabe: furono decisive per la conquista le imprese del condottiero ‛Oqbah ibn Nāfi‛, il quale sostò sei anni tra il 669 e il 675 nella regione detta dagli Arabi Ifrīqiyah, comprendente l'Algeria occidentale, la Tunisia e la Tripolitania attuali. Nel 50 eg. (670-671) ‛Oqbah fondò la città di al-Qairawan (Kairouān, v.), che in origine fu un semplice accampamento militare, ma più tardi diventò una città con edifizî civili e religiosi e fu per qualche secolo il principale centro dal quale la religione e la cultura islamica s'irradiarono in tutta l'Ifrīqiyah.

‛Oqbah fu ucciso a Tehūdah (nell'odierna Algeria) l'anno 683 in un attacco dei Berberi dopo aver portato le insegne musulmane fino all'Atlantico. Nei venti anni che seguirono, i Berberi, guidati da Kusaylah e, morto questi, dalla al-Kāhinah, tennero testa agli Arabi in una lotta violenta che causò la distruzione di largo tratto dell'Africa settentrionale; uccisa anche la al-Kāhinah nell'86 (705-706) nel territorio della Tunisia, l'Islām fu saldamente impiantato nell'Ifrīqiyah.

Per un secolo ancora il dominio arabo nell'Ifrīqiyah fu messo a repentaglio dalle sollevazioni dei Berberi, ormai tutti musulmani ma in maggioranza aderenti alle dottrine eterodosse dei Khārigiti (Ibāḍiti e Ṣofriti); la stessa capitale al-Qairawān fu presa dagli insorti; i governatori inviati dai califfi omayyadi di Damasco (fino al 750) e poi dai califfi ‛abbāsidi di Baghdād dovettero continuamente combattere contro i Berberi, che trovavano rifugio nelle montagne, e sollecitare l'invio di rinforzi arabi. Yazīd ibn Ḥātim (772-787) e i discendenti della sua famiglia (mohallabita) riuscirono a ristabilire l'autorità dei califfi nella provincia; più saldamente s'impose poi Ibrāhīm ibn al-Aghlab, il quale domò le agitazioni dei Berberi e delle stesse milizie regolari (giund) arabe e, sostenuto dal favore e dalla fiducia del califfo Hārūn ar-Rashīd, ristabilì l'ordine e la giustizia. Egli diede origine a una dinastia (degli Aghlabiti), la quale signoreggiò l'Ifrīqiyah per più di un secolo (800-909) e portò gli Arabi e i Berberi alla conquista di Malta e della Sicilia (iniziata l'827 d. C.): al-Qairawān era allora un grande centro politico e culturale musulmano; il progresso degli ordinamenti civili e militari si accompagnava con una fioritura degli studî, che avevano ancora la loro radice in Oriente, ma cominciarono a svilupparsi indipendentemente anche sul suolo africano. Asad ibn al-Furāt, che comandò la spedizione in Sicilia e morì all'assedio di Siracusa l'828, era stato qāḍī di al-Qairawān; il suo alunno Abū Sa‛īd ibn Ḥabīb Saḥnūn (morto l'854) propagò nell'Ifrīqiyah le dottrine giuridiche di Anas ibn Mālik (rito mālikita) che, salvo la parentesi ‛obaidita, vi si sono mantenute fino ad oggi. A sud-ovest di alQairawān l'Emiro Ibrāhīm (II) al-Aghlabī costruì nell'877 la città di Raqqādah, che fu per molti anni la residenza dell'emirato e luogo di piacere; anche Tunisi fu per alcun tempo sede degli emiri aghlabiti.

Al principio del sec. X un propagandista degli Sciiti ismā‛īliti, Abū ‛Abd Allāh ash-Shī‛ī, suscitò un movimento di rivolta fra la tribù berbera dei Kutāmah, stanziata nel territorio dell'odierna Algeria, che dipendeva dall'emirato aghlabita, e preparò il terreno per la venuta dell'atteso Mahdī, l'uomo "guidato" da Dio. Il Mahdī fu riconosciuto nella persona di ‛Obaid Allāh, proveniente dalla Siria; tutta l'Ifrīqiyah fu conquistata dai suoi seguaci, che furono detti ‛Obaiditi (o Fāṭimiti) l'anno 909; l'ultimo emiro aghlabita, Ziyādat Allāh (II) fuggì a Tripoli e quindi in Oriente.

‛Obaid Allāh e suo figlio Abū'l-Qāsim al-Qā'im bi-amr Allāh governarono sull'Ifrīqiyah e la Sicilia e risiedettero di preferenza nella nuova città fortificata di al-Mahdiyyah, finita di costruire l'anno 308 (920-921). Un loro discendente, al-Mu‛izz li-dīn Allāh, per mezzo del generale Giawhar, siciliano, conquistò l'Egitto e vi fece costruire la città detta al-Qāhirah (il Cairo); egli stesso andò a stabilirsi nella nuova capitale fondata sul Nilo (973) e lasciò a governare Tripoli, la Tunisia e l'Algeria orientale il berbero Bulukkīn ibn Zīrī.

Un discendente di questi, al-Mu‛izz ibn Bādīs, negò obbedienza al sovrano fatimita d'Egitto, fece cessare la menzione del suo nome nella khuṭbah (predica) del venerdi e riconobbe la sovranità del califfo sunnita di Baghdād. Allora il sovrano d'Egitto mandò contro l'Ifrīqiyah le tribù arabe dei Banū Hilāl e Banū Sulaim, le quali misero a soqquadro e devastarono il paese, restando agli emiri Zīrīdi le sole città della costa da Gabes e al-Mahdiyyah; i territorî dell'interno e le città di al-Qairawān e Tunisi furono occupate dai capi arabi. Dopo il Mille si ristabilirono relazioni tra l'Ifrīqiyah e le coste europee del Mediterraneo, con prevalenza degli stati cristiani. La sede degli Zīrīdi, al-Mahdiyyah, nel 1088 fu assaltata da navi cristiane. Poco dopo i Normanni ponevano fine al dominio musulmano in Sicilia e si lanciavano alla conquista delle coste africane; Gerba, Gabes, Sfax e al-Mahdiyyah (nel 1148) caddero in loro potere.

Una nuova dinastia berbera, detta degli Almohadi (al-muwaḥḥidūn) mosse da occidente alla conquista dell'Ifrīqiyah; Tunisi e poi tutta la costa fino a Tripoli furono occupate tra il 1158 e il 1160 dalle truppe di ‛Abd al-Mu'min e riconobbero la sovranità degli Almohadi. Come già era avvenuto nei secoli passati, l'Ifrīqiyah ebbe un governo proprio, che presto diventò indipendente: i discendenti di Abū Muḥammad ‛Abd al-Wāḥid al-Ḥafṣī (1207-1221), lasciato dall'almohade an-Nāṣir al governo di Tunisi e dei territorî dipendenti, fondarono la dinastia detta dei Ḥafṣidi, che possedette l'Ifrīqiyah per più di tre secoli (fino al 1574). In questo tempo, almeno nei primi due secoli, la Tunisia ebbe un notevole sviluppo, tenne relazioni di commercio con i paesi del Mediterraneo, anche con gli stati cristiani e con il Sudan; la città di Tunisi diventò allora la più importante dell'Africa settentrionale, dopo il Cairo. Fra i sovrani (sultani) ḥafṣidi più famosi furono al-Mustanṣir billāh (Abū ‛Abd Allāh Muḥammad ibn Abī Zakariyyā'), sotto il cui regno avvenne la spedizione del re di Francia S. Luigi IX contro Tunisi (1270); Abū'l-‛Abbās Aḥmad (1370-1394); Abū Fāris ‛Azīz (1394-1434), fondatore della biblioteca annessa alla moschea az-Zaitūnah e protettore degli studî. Al tempo dei Ḥafṣidi la Tunisia fu ancora turbata da agitazioni interne di capi arabi e da dissidî dinastici fomentati dai Merīnidi, che avevano fondato un regno comprendente l'odierna Algeria e il Marocco e possedettero anche Tunisi per due anni e mezzo (1347-1350).

Agl'inizî del sec. XVI i porti della Tunisia divennero il rifugio dei corsari turchi, apertamente e nascostamente aiutati dai sultani di Costantinopoli; specie dopo che Khair ad-Dīn Barbarossa (v.) e suo fratello Urūǵ ebbero occupato Algeri (1516). Nel 1534 Khair ad-Dīn occupò Biserta e Tunisi; il sultano al-Ḥasan al-Ḥafṣī andò in Spagna e ottenne l'aiuto di Carlo V, il quale navigò da Trapani a Tunisi con una forte armata, vinse e costrinse alla fuga Khair ad-Dīn, rimise al-Ḥasan sul trono, come suo protetto con obbligo di tributo, e lasciò un presidio nel forte di Goletta (Ḥalq al-wādī).

La popolazione, malcontenta di questa sottomissione, profittò dell'assenza di al-Ḥasan, andato a cercare aiuto in Europa, per destituirlo e nominare sultano in sua vece il figlio Abū 'l-‛Abbās Aḥmed (1542) detto Ḥamīdah. Ma da quel momento il governo dell'interno del paese sfuggì al sultano ḥafṣida; le isole di Gerba e Qarqanah erano frequentate dai pirati ottomani. Dorghūt, che nel 1550 fu sul punto di far capitolare al-Mahdiyyah, arruolò armati a Gabes e scorazzò per il territorio di Qafṣah; nella primavera del 1551 fu bloccato da Andrea Doria nello stretto di al-Qanṭarah (Gerba), ma poté sfuggire astutamente. La posizione dei Turchi e degli indigeni loro ausiliari si rafforzò con la presa di Tripoli (agosto 1551); Dorghūt dominò anche a Gerba e nel 1558 conquistò al-Qairawān. L'anno 1569 i Turchi presero Tunisi e la tennero fino al 1573, abbandonandola per l'arrivo degli Spagnoli, i quali posero sul trono un altro figlio del sultano al-Ḥasan, di nome Muḥammad; poco dopo (estate 1574) i Turchi, padroni di Algeri, di Tripoli e dell'interno della Tunisia, conquistarono definitivamente Tunisi e la Tunisia con una spedizione comandata da Sinān Pascià e Qïlïǵ ‛Alī (Ucciali) Pascià. L'ultimo sultano ḥafṣida morì prigioniero a Costantinopoli.

L'ordinamento istituito dai Turchi a Tunisi iu lo stesso di Algeri e di Tripoli; ma per un certo tempo i beilerbey di Algeri ebbero diritto di preminenza anche sugli affari di Tunisi; inoltre l'Isola di Gerba e il Sud tunisino fino al 1610 circa dipesero dal governo di Tripoli. Secondo il primitivo ordinamento il supremo comando spettava a un governatore con titolo di pascià mandato dalla Porta; in pratica già dalla fine del sec. XVI le truppe turche e levantine dei giannizzeri avocarono a sé la scelta del capo e proposero al governo della città e del territorio dipendente un loro ufficiale, che aveva il titolo di dāyī (pron. locale dey); costui amministrava il paese con il parere di un consiglio detto dīwān; altri ufficiali, con la carica di raīs o di qobṭān, comandavano le navi di corso provviste di equipaggio (ṭā'ifah) indigeno e levantino; un ufficiale detto bey comandava la colonna di soldati (maḥallah) inviata periodicamente nell'interno a riscuotere le imposte; v'erano governatori distrettuali chiamati qā'id o ‛āmil. La dipendenza da Costantinopoli era molto ridotta; il governo giannizzero di Tunisi, come quelli di Tripoli e di Algeri, concludeva liberamente trattati di commercio o tregue con le potenze cristiane, ma batteva moneta in nome del sultano, faceva ricordare il suo nome nella khuṭbah o predica del venerdì e talora gli faceva atti di omaggio e inviava doni o spediva le navi da corsa in aiuto della squadra imperiale. Fu un periodo di decadenza per la Tunisia; la pirateria rendeva impossibili gli scambî regolari con i paesi europei; l'attività culturale era ridottissima, come del resto allora in tutto il mondo musulmano.

Uno sviluppo veramente notevole avevano portato tra il sec. XIV e il XVI i musulmani costretti a emigrare dalla Spagna (Andalusia); essi si avviarono di preferenza a Tunisi e nel dipendente territorio e diedero origine a nuovi quartieri e a piccoli centri, ove trapiantarono industrie particolari (fabbriche di shāshiyah, cioè calotte di panno simili ai fez, tessitura della seta, ecc.) e fondarono centri agricoli (sulle rive della Megerda e a Capo Bon).

La composizione etnica della Tunisia fu parzialmente modificata nei secoli XVI-XVIII per l'arrivo di Turchi e Levantini e la loro unione con donne del paese; gruppi di Qūlōghli (così erano chiamati i nati da queste unioni) si formarono a Tunisi e nei dintorni, a Biserta, Monastīr, al-Mahdiyyah. Oltre ai giannizzeri, che erano figli di cristiani fatti prigionieri in guerra dai Turchi o levati periodicamente dalle provincie come tributo, vennero a Tunisi molti schiavi cristiani presi dai corsari tunisini e giovani schiavi provenienti dal Caucaso e dal Levante, acquistati ed allevati per servire nelle famiglie o sotto le armi. Alcuni schiavi cristiani, di ogni parte d'Europa, d'Inghilterra, Francia, Spagna e Italia si facevano musulmani e salivano spesso ai gradi più elevati. Al principio del sec. XVIII a Tunisi come a Tripoli non rimanevano quasi più giannizzeri e tanto meno Turchi; si erano sostituiti a loro gli elementi locali e assoldati.

Il potere supremo restò per tutto il sec. XVII in mano dei dāyī eletti dalla milizia e dal popolo; ma andò sempre più aumentando d'importanza la carica del bey, cioè del comandante delle truppe. Murād Bey (1612-1631), un rinnegato d'origine còrsa, fu bey al tempo di Yūsuf Dāyī (1610-1637) e ottenne da Costantinopoli il titolo di pascià; suo figlio Moḥammed, detto Ḥammūdah (1637-1663), gli subentrò nella carica di bey e ottenne pure quella di pascià; Murād, figlio di Hammūdah (1663-1675), fu anch'egli bey e intervenne nel 1673 negli affari interni del governo, facendo deporre il dey, ch'era al-ḥāǵǵ ‛Alī Lāz, e nominare in sua vece el-ḥāǵǵ Māmī Gemāl. Si vede quindi in Tunisia, come contemporaneamente in Tripolitania, determinarsi la rivalità tra i dey (usurpatori del potere dei pascià) e i bey, che cercano di prevalere. Inoltre, come si è visto nella discendenza di Murād Bey, v'era già la tendenza a rendere ereditaria la carica di bey e quindi a portare al governo una famiglia e a fondare una dinastia. La discordia sorta tra i discendenti di Murād Bey (i figli Moḥammed Bey e ‛Alī Bey e lo zio Moḥammed Pascià) impedì che ciò avvenisse fino da allora.

La fondazione di una dinastia fu invece possibile nella discendenza della famiglia attualmente regnante, che fa capo a Ḥusein Bey, figlio di ‛Alī at-Turkī, originario di Candia. Ḥusein, ch'era agha dei giannizzeri, prese il potere allorché l'ultimo dey, ch'era Ibrāhīm ash-Sherīf, fu vinto e preso dagli Algerini; nel 1705 si proclamò bey e governò solo e incontrastato; egli ebbe tre figli (Moḥammed, ‛Alī e Maḥmūd) da una schiava cristiana; dopo trent'anni di governo della reggenza fu scacciato da Tunisi nel 1735, in seguito alla rivolta di un nipote, di nome ‛Alī, e fu ucciso nel 1740 vicino ad al-Qairawān, dove s'era ritirato. ‛Alī Pascià governò ferocemente la Tunisia dal 1735 al 1756. Per opera sua e di suo figlio Yūnus ebbe misera fine la colonia genovese stabilitasi nell'Isola di Ṭabarqah fino dal 1540, quando l'isola fu concessa alla famiglia Lomellini di Genova in cambio del riscatto di Dorghūt. Era una base per la pesca del corallo e serviva anche come emporio generale per il commercio in Barberia. Yūnus Bey nel 1741 s'impadronì di Ṭabarqah e portò a Tunisi 800 persone in schiavitù. Uno dei figli di Ḥusein Bey, Moḥammed, poté riconquistare il trono nel 1756 con l'aiuto degli Algerini. Poi governò suo fratello ‛Alī (1759-1782), e quindi il figlio di questi Ḥammūdah Bey (1782-1814), sotto il governo del quale un incidente marittimo causò una guerra tra Venezia e Tunisi (1784-1792); le navi veneziane comandate da Angelo Emo bombardarono Susa e la Goletta e specialmente Sfax; morto l'Emo a Malta il 1° marzo 1792, il Condulmer fu incaricato di concludere la pace. Ḥammūdah Bey accolse a Tunisi i Qaramānlī (v. caramanli) scacciati da Tripoli dall'usurpatore ‛Alī Borghul nel 1793 e due anni dopo andò con le sue truppe a Tripoli, riuscendo a restaurarvi la signoria dei Qaramānlī. Nel 1816 il bey di Tunisi sottoscrisse con la Gran Bretagna e poi con altri stati l'impegno di abolire definitivamente la pirateria e la schiavitù dei cristiani. L'impegno fu rinnovato nel 1830 dopo l'occupazione francese di Algeri.

Un certo numero di negozianti cristiani rimase anche nei tempi più difficili a Tunisi e nei porti principali; nel sec. XVII cominciò l'afflusso di ebrei di Livorno (detti Gurnī, plur. Grāna), che si unirono ai correligionarî d'origine spagnola venutivi dal sec. XVI; l'esistenza di una "comunità ebraica livornese" a Tunisi è attestata dall'archivio consolare di Francia alla fine del sec. XVII. Quindi sotto la protezione dei consoli e la maggiore sicurezza del paese, si stabilirono in Tunisia migliaia d'immigrati artigiani, agricoltori e commercianti provenienti sovrattutto dalle isole di Pantelleria, Malta, Sicilia e Sardegna e anche dal resto d'Italia e dalla Francia. Nel 1860 erano 10.000 i cristiani nella sola città di Tunisi (di cui 5000 Maltesi, 3000 Italiani, 2000 tra Greci, Francesi, ecc.).

Il governo ottomano, se aveva perduto Algeri nel 1830, era però riuscito a ristabilire la sovranità a Tripoli (1835), e sperava di restaurare il diretto dominio anche a Tunisi. A ciò era contraria la Francia, la quale, occupata a stabilire su basi più salde il suo dominio in Algeria, non aveva interesse a vedersi vicini i Turchi; era invece favorevole l'Inghilterra, desiderosa di non lasciare troppo ingrandire la Francia, la quale avrebbe potuto estendere un giorno la sua influenza anche su Tunisi. I bey resistettero alle forze contrarie; ma presto trovarono inevitabile il fare concessioni alla predominanza dei Francesi. Il Ṣāḥib aṭ-ṭāba‛(cioè segretario e ministro del bey) Shākir, sospettato di connivenza con i Turchi, fu ucciso nel 1837. Negli anni seguenti i bey attuarono una serie di riforme per dare alla Tunisia un ordinamento civile, seguendo e talora precedendo il programma di riforme che si effettuava nell'impero ottomano.

È del 1846 il decreto per l'abolizione della schiavitù dei Negri (sotto Aḥmed Bey), del 1857 l'emanazione di un patto di sicurezza (Pacte fondamental nella traduzione francese, ‛ahd al-amān in arabo), proclamante la libertà di coscienza, l'uguaglianza di tutti i sudditi davanti alla legge e negli obblighi tributarî (analogo al khhaṭṭ-i sherīf ottomano del 1839 e meglio al "firmano delle riforme" ottomano del 1856). Muḥammad aṣ-Ṣādiq Bey (1859-1882) confermò il patto e lo sviluppò con l'elargizione di una vera costituzione, che fu da lui esposta a Napoleone III ad Algeri nel 1860 e promulgata l'anno seguente: essa fissava le attribuzioni del bey, del consiglio dei ministri presieduto da un primo minitro (al-wazīr al-akbar) e di un Gran consiglio di 60 membri scelti tra i notabili. La successione al trono restò fissata secondo il sistema del seniorato tra i membri della famiglia ḥuseinita.

Ma non tutto procedeva bene; l'applicazione delle riforme, il rafforzamento dell'esercito e della marina causarono un aumento del debito pubblico, salito nel 1861 a 28 milioni di franchi e aumentato nel 1863 con un nuovo prestito di 35 milioni, che fu contratto a Parigi e fruttò all'erario solo 5 milioni. Il primo ministro Muṣṭafà Khaznadār, responsabile della situazione, la peggiorò raddoppiando da 36 a 72 piastre l'imposta personale detta al-maǵbā. Sorse allora nel paese un'agitazione, che nella regione di Tālah fu guidata da ‛Alī ibn Ghadāham; essa venne soffocata con le armi e provocò uno spiegamento di forze navali francesi, inglesi e italiane sulle coste tunisine (1864). Per garantire gl'interessi dei creditori fu istituita nel 1869 una commissione finanziaria internazionale (abolita in seguito all'occupazione francese del 1881); i crediti reclamati furono ridotti da 150 a 120 milioni di franchi e l'interesse esorbitante del 12 per cento fu ridotto al 5 per cento. Nel 1873 Muṣṭafà Khaznadār fu destituito; il successore Kheir ed-Dīn (v.), schiavo circasso d'origine, cresciuto a Tunisi, colto e di moderne vedute, s'adoprò nei quattro anni in cui fu primo ministro a sistemare le finanze e a dare assetto all'amministrazione; vistosi mal secondato, si dimise e andò a Costantinopoli.

Intanto le condizioni politiche della Tunisia si facevano precarie; il bey aveva fino a un certo punto riconosciuto la sua dipendenza dal sultano di Costantinopoli, mandando navi in suo aiuto alla battaglia di Navarino (1827) e soldati durante la guerra di Crimea (1854-1855); 10.000 uomini bene armati inviati dal bey Aḥmed combatterono a Bāṭūm contro i Russi; meno di metà tornarono in patria. I sultani, con firmani nel 1841, nel 1864 e nel 1871, mentre confermavano l'investitura, anche ereditaria, dei bey, miravano a stabilirne la condizione di vassallo; la Francia si oppose recisamente al mutamento dello statu quo, ch'essa interpretava nel senso di un'indipendenza quasi totale dalla Porta. L'Italia, fortemente interessata in Tunisia per la vicinanza alla Sicilia e per il gran numero d'Italiani colà stanziati, non poté tuttavia impedire alla Francia di condurre a compimento il suo piano politico. Prendendo occasione da incursioni di tribù tunisine in territorio algerino, la Francia fece avanzare dall'Algeria un corpo di spedizione, che occupò el-Kef (el-Kāf) e Tunisi; il bey con il trattato detto di al-Qaṣr as-Sa‛īd o del Bardo (12 maggio 1881), completato dalla convenzione detta della Marsà (8 giugno 1883), accettò il protettorato francese.

Stabilitasi in Tunisia, la Francia notificò alla Porta ch'essa non riconosceva alcun diritto della Turchia in Tunisia e attese a riordinare il protettorato in base al trattato e alla convenzione su citati; le giurisdizioni consolari straniere furono sospese successivamente con accordi (Francia-Italia, 1884), e la situazione degli stranieri fu ancora regolata in seguito mediante convenzioni stipulate fra gli stati capitolari e la potenza protettrice (convenzioni franco-italiane del 1896).

Gl'Italiani erano (secondo statistiche francesi) 84.799 nel 1921 contro 54.476 Francesi. 13.520 Maltesi e 2730 d'altre nazionalità. Dopo il 1921, mediante le naturalizzazioni di Maltesi, israeliti tunisini e anche Italiani e pochi musulmani, i Francesi di origine o naturalizzati hanno uguagliato per numero gl'Italiani (circa 91.000 Italiani e altrettanti Francesi nel 1931 sempre secondo le statistiche francesi). Dal censimento del 1936 risulterebbe una maggioranza di Francesi.

Il movimento nazionalista indigeno risale al principio del XX secolo; tra i suoi iniziatori sono el-Aṣṙam, autore di un libro Questions tunisiennes, Parigi 1907, ‛Alī Bāsh-Ḥanbah, fondatore del giornale Le Tunisien, che cominciò a pubblicarsi nel 1907, lo sheikh ‛Abd el-‛Azīz ath-Tha‛ālibī (in francese Téalbi), organizzatore del partito liberale costituzionale (al-ḥizb al-ḥurr ad-dustūrī), fondato nel 1920. Lo sheikh eth-Tha‛ālibī fu espulso dalla Tunisia nel 1923. Il partito da lui organizzato, detto comunemente il Destūr, reclama un'assemblea liberamente eletta, composta a parità di diritti di Francesi e indigeni, capace di legiferare e davanti alla quale il governo sia responsabile, libertà di stampa, ecc. Esso si è sempre più indebolito negli ultimi anni anche per effetto degli energici provvedimenti delle autorità politiche francesi e sembrava liquidato alla fine del 1935, ma ha ripreso vigore nel 1936 profittando della politica interna della Francia. L'attrezzamento economico del paese è enormemente aumentato; tuttavia la crisi non ha risparmiato la reggenza e specialmente l'olivicoltura, la viticoltura e l'industria mineraria ne hanno sofferto. La Francia va associando sempre più la Tunisia al suo sistema economico con facilitazioni doganali e tende anche a unificare il protettorato tunisino con la francese Algeria e il protettorato marocchino.

V. anche barberia, gabes; gerba; sfax; tunisi.

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Fonti arabe: Oltre alle storie generali: Ibn Abī Dinār al-Qairawānī, Kitāb al-mu'nis fī akhbār Ifrīqiyah wa Tūnis, Tunisi 1286 eg.; Ḥasan Ḥusnī 'Abd al-Wahhāb, Khulāṣat ta'rikh Tūnis, ivi 1344 eg. (breve compendio scolastico).

Riviste speciali: la revue Africaine, di Algeri; l'Afrique française, di Parigi; La Revue Tunisienne, di Tunisi; dal 1921, Oriente moderno, di Roma.

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