POSCULO, Ubertino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 85 (2016)

POSCULO (de Posculis, Posculus, Pusculus), Ubertino (Obertino)

Enrico Valseriati

POSCULO (de Posculis, Posculus, Pusculus), Ubertino (Obertino). – Figlio di Maffeo, nacque verso il 1430, probabilmente a Brescia. La famiglia, originaria di Bagnolo Mella, diede i natali a numerosi professionisti (medici, notai, maestri di grammatica), attivi perlopiù a Brescia tra il XV e il XVI secolo.

Gran parte delle informazioni relative alla vita di Posculo provengono dalle sue opere (il poema Constantinopolis e l’orazione De laudibus Brixiae), oltre che dai documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Brescia. Trascorse i primi anni di vita nella sua città, dove assistette all’assedio condotto dal miles visconteo Niccolò Piccinino (1438) e iniziò gli studi di grammatica e retorica, forse sotto la guida di Gabriele da Concorezzo o di Nicola Botano, che introdussero gli studia humanitatis nella città lombarda dopo l’annessione alla Repubblica di Venezia. Ancora «admodum adolescentulus» (De laudibus Brixiae oratio, in Valseriati, 2008-2009, p. 84), si recò a Ferrara per perfezionare la propria cultura umanistica, sostenuto economicamente dal padre. Ebbe così modo di entrare nella scuola di Guarino Veronese, dove apprese la lingua greca.

Nonostante l’affetto e le attenzioni del venerato maestro, prima del 1452 Ubertino partì per Costantinopoli, al fine di approfondire la conoscenza del greco. Qui (stando ad alcune note marginali apposte sui manoscritti Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, lat., XII 73 (= 4381), c. 35r e Oxford, Bodleian Library, Canon. Class. lat., 120, c. 33v, contenenti opere di Posculo) seguì le lezioni di Giovanni Argiropulo, presso lo Xenon.

Fu forse in quel periodo che comprò i due codici greci ora a Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Hist. gr., 60 (Plutarco) e Phil. gr., 117 (Iliade), sul primo dei quali appose una nota di possesso in greco. Un terzo manoscritto greco a lui appartenuto si trova ora a Brema (Staats- und Universitätsbibliothek, msc 0011: Glossario di Cirillo e frammenti di Evangelistario), e venne donato all’umanista dal vicebailo veneziano di Costantinopoli Battista Gritti (Alpers, 1991; Katalog der mittelalterlichen Handschriften, 2004, pp. 177 s.), personaggio chiave nella biografia di Ubertino Posculo e importante diplomatico lagunare (Ganchou, 2013, pp. 210-218).

Secondo Marios Philippides (1989-1990, pp. 208-211), Posculo non solo fu vicino all’ambiente veneziano, ma anche alla corte dei Paleologi; ciò si deduce principalmente dalla profonda conoscenza da lui dimostrata delle deliberazioni, prese dal Consiglio formato da Costantino XI, in merito alla proclamazione di unione tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa. Tali informazioni furono da lui acquisite forse grazie alla mediazione del suo maestro, l’Argiropulo, che il Paleologo aveva nominato senatore. Di converso, risulta più difficile pensare che Posculo fosse stato mandato a Bisanzio come spia della Repubblica di Venezia.

Nel 1453, quando gli studi nelle scuole bizantine stavano ormai volgendo al termine, Ubertino assistette alla caduta di Costantinopoli. In tale occasione venne fatto prigioniero dai turchi e per un anno intero visse come schiavo di un ottomano (De laudibus Brixiae oratio, cit., p. 85). A Galata, nel 1454, tradusse in latino la Danielis prophetae visio, opera tràdita, con la Constantinopolis, dal solo manoscritto 125 (in Padova, Biblioteca del Seminario vescovile). Non è da escludere che a quell’epoca – all’incirca a maggio del 1454 – l’umanista fosse già in stato di libertà, come molti altri suoi concittadini originari della Repubblica di Venezia rifugiatisi a Pera in quel frangente (Ganchou, 2013, p. 216). Per quanto si poteva sapere a Brescia, Posculo rimaneva in stato di schiavitù. Le istituzioni municipali e i familiari iniziarono così a muoversi per la sua liberazione. Tra il giugno e il settembre del 1454, il Consiglio generale del Comune di Brescia deliberò l’assegnazione di 15 ducati d’oro a Maffeo Posculo, «cuius filius captivus est Teucrorum» (Archivio di Stato di Brescia, Archivio Storico Civico, reg. 496: 3 giugno, 28 giugno e 19 settembre). Non è dato sapere se la cifra donata al padre sia mai giunta a Costantinopoli, perché Posculo stesso dichiarò di essere stato liberato grazie alla mediazione del mercante fiorentino Mainardo Ubaldini e al pagamento del riscatto saldato da Battista Gritti. Fu proprio in quell’occasione che il vicebailo veneziano gli donò il glossario bremense: «Pusculus hunc habeo Baptistę munere Gritti librum, pro quo etiam libera vita mihi est» (Brema, Staats- und Univesitätsbibliothek, msc 0011, c. 2r).

Celebre è il racconto che Ubertino fornisce del suo ritorno in patria, assai simile a quello della fuga da Bisanzio di Isidoro di Kiev. Durante il viaggio venne catturato e «graviter vulneratus» dai pirati, che lo condussero a Rodi. Sull’isola riuscì a fuggire e a entrare in contatto con l’Ordine dei cavalieri ospedalieri; grazie all’intercessione del Gran maestro (probabilmente Jean de Lastic), si imbarcò sulla scialuppa di una nave da carico che gli ospedalieri stavano mandando in segreto a Creta in esplorazione. Ubertino passò da Kolossi (a Cipro, dove aveva sede una commenda dell’Ordine cavalleresco) e «per freta asperrima insulasque desertas» raggiunse la più sicura Creta. Da qui partì alla volta dell’Italia – dove arrivò forse a cavallo tra il 1454 e il 1455 – con l’intento di raggiungere Brescia, ma venne invece trattenuto a Roma per tre anni (De laudibus Brixiae oratio, cit., p. 85).

Il 6 luglio 1455 il Consiglio comunale di Brescia gli assegnò una provvigione di 50 ducati (Archivio di Stato di Brescia, Archivio Storico Civico, reg. 497), ma Posculo rimase momentaneamente a Roma. Nel triennio romano fu quasi sicuramente al servizio dei fratelli Angelo e Domenico Capranica, a cui Ubertino dedicò il suo poema in esametri Constantinopolis, celebre e fondamentale testimonianza diretta sulla caduta di Bisanzio (Philippides - Hanak, 2011, p. 31). Nel 1458-59 doveva già essere rientrato a Brescia, dove finì di comporre la Constantinopolis, per poi recitare l’orazione in lode della sua città, che gli valse – come testimoniato da Giacomo Filippo Foresti nel Supplementum chronicarum (Brescia, Bonino de’ Bonini, 1485, (IGI, Indice Generale degli incunaboli, 5076) c. T4r) – un «remunerationis signum», forse la provvigione stanziata qualche anno prima dal Consiglio generale del Comune di Brescia, a cui la De laudibus Brixiae oratio era stata indirizzata (Valseriati, 2008-2009 e 2011).

Ritornato stabilmente in patria, Posculo aprì la prima scuola privata di grammatica a Brescia in cui venne introdotto lo studio della lingua greca. Posculo organizzò il proprio «ludus litterarum» come una scuola-convitto, basandosi sull’esempio del suo maestro Guarino Veronese. La scuola trovò sede presso la casa del magister, vicino alla chiesa di Sant’Antonio abate, nella quadra di San Giovanni, quartiere cittadino abitato soprattutto da mercanti, artigiani e professionisti, compresi i membri della sua famiglia. Tra i suoi allievi figurarono figli di famiglie patrizie e destinati alla carriera pubblica (Valseriati, 2012b), umanisti e religiosi. Studiò forse con Posculo il noto umanista civile Carlo Valgulio, segretario di Cesare Borgia e traduttore di Plutarco.

Ubertino ebbe moglie e tre figli: Girolamo fu medico, Leonardo e Basilio divennero notai, come il fratello di Posculo, Francesco, che per tutta la sua vita rogò atti per il convento di San Francesco. Nonostante la notevole posizione sociale raggiunta dai figli, che entrarono a far parte dei rispettivi Collegia professionali, i Posculo non ascesero mai allo status patrizio, venendo esclusi dai consessi municipali di Brescia. Ciò nonostante, Ubertino – così come il fratello, i figli e i nipoti – poté far parte del Consiglio dei duecento dell’ospedale Maggiore, dove sedette fino al 2 maggio 1507, per poi essere sostituito – mortis causa – dal figlio Girolamo il 7 maggio 1508 (Archivio di Stato di Brescia, Ospedale maggiore, Provvigioni, b. VIII, reg. 3).

Ubertino scrisse le sue opere pressoché esclusivamente in latino, sia in versi sia in prosa. La sua fortuna è legata soprattutto al poema Constantinopolis, tràdito da otto manoscritti copiati vivente l’autore, molti dei quali confluiti in note collezioni librarie europee dei secoli XVIII-XIX (Valseriati, 2015). Celebre è anche il poemetto in esametri Symonidos, incentrato sulla vicenda di Simonino da Trento. Venne invitato a scrivere sull’argomento da Johannes Hinderbach, con il tramite del medico-umanista Giovanni Mattia Tiberino e di Giovanni Sala, il podestà bresciano di Trento che coadiuvò Hinderbach nella nota propaganda antisemita condotta a partire dal 1475, grazie anche alle opere degli umanisti e all’utilizzo della stampa tipografica («On, everyone’s lips», 2012, pp. 28-33). La prima redazione del Symonidos, tràdita dal manoscritto 12822 (Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Series nova), porta una dedica a Johannes Hinderbach e all’arciduca d’Austria Sigismondo e venne utilizzata da Johann Kurt Eberspach per l’edizione stampata da Johann Othmar (Augsburg, 1511). Una seconda versione del poemetto, corretta profondamente da Hinderbach, fu dedicata al futuro imperatore Massimiliano d’Asburgo e si conserva, insieme alla Constantinopolis, nel codice Parma, Biblioteca Palatina, Parm., 1583. Le parti dell’opera emendate da Hinderbach sono ora conservate presso l’Archivio di Stato di Trento, Capsa 69, 202, mentre il solo primo libro del Symonidos è trasmesso dal tardo apografo ora a Trento (Biblioteca di San Bernardino, 237), che costituisce la copia di lavoro dell’erudito trentino del Settecento Benedetto Bonelli.

La De laudibus Brixiae oratio è tramandata da due manoscritti, il più antico dei quali – il codice Oxford, Bodleian Library, Canon. Class. lat., 120, copiato nel 1479 insieme alla Constantinopolis – è forse l’antigrafo del manoscritto D.VI.28 (Brescia, Biblioteca civica Queriniana, XVII secolo). Oltre a brevi epigrammi, alle epistole prefatorie e alla traduzione della Danielis prophetae visio, Posculo scrisse probabilmente altre due opere, perdute, intitolate De antiqua urbe et agro brixiano (in distici elegiaci) e De obsidione Brixiae libri septem (in esametri), ricordate da eruditi bresciani del Sei-Settecento (Ottavio Rossi, Leonardo Cozzando, Giammaria Mazzuchelli, Vincenzo Peroni). Il solo testo in greco conosciuto è rappresentato da un distico dedicato allo storiografo Elia Capriolo, conservato – insieme a un tetrastico in latino – nell’esemplare postillato dal Capriolo stesso nei suoi Chronica de rebus Brixianorum (Brescia, Arundo de’ Arundi, 1505 circa) un tempo presso la Fondazione Ugo da Como, di Lonato (con segnatura 2.I.I.19) e ora irreperibile.

Umanista apprezzato dai contemporanei (Giovanni Michele Alberto Carrara, Giacomo Filippo Foresti, Capriolo, Daniele Cereto), Posculo venne sepolto, insieme ad altri membri della sua famiglia, nella chiesa di S. Francesco d’Assisi a Brescia, dove tuttora si conserva il suo monumento funebre. Un suo omonimo parente (Ubertino o Zuan Ubertino Posculo), nato nel 1521, fu maestro di grammatica a Montichiari (Valseriati, 2012a, pp. 213 s.), sede vicariale nel contado bresciano, e curò un’edizione del Carmen scholasticum di Pilade Boccardo (Brescia, Ludovico Britannico, 1553).

Fonti e Bibl.: Un’analitica biografia di Ubertino Posculo è in E. Valseriati, U. P. tra Brescia e Costantinopoli, in Profili di umanisti bresciani, a cura di C.M. Monti, Brescia 2012, pp. 163-230 (Valseriati, 2012a), con recensio dei manoscritti, elenco dei documenti d’archivio utilizzati e catalogo completo delle opere. A essa si rimanda per la bibliografia pregressa, mentre di seguito si forniscono gli estremi dei testi citati, molti dei quali fungono da aggiornamento: M. Philippides, The name Sphrantzes in Ubertino Pusculo, in Ονóματα. Revue onomastique, XIII (1989-1990), pp. 208-211; K. Alpers, Ein Handschriftenfund zum ‘Cyrill-Glossar’ in der Staats- und Universitätsbibliothek Bremen, in Lexicographica Byzantina, a cura di W. Hörandner - E. Trapp, Wien 1991, pp. 11-52; Katalog der mittelalterlichen Handschriften der Staats- und Universitätsbibliothek Bremen, a cura di I. Stahl, Wiesbaden 2004; E. Valseriati, La “De laudibus Brixiae oratio” di U. P., tesi di laurea, Università Cattolica di Brescia, relatore C.M. Monti, a.a. 2008-2009 (con ed. della De laudibus Brixiae oratio, pp. 84-123); M. Philippides - W.K. Hanak, The siege and the fall of Constantinople in 1453. Historiography, topography and military studies, Farnham-Burlington 2011; E. Valseriati, Il rapporto della “De laudibus Brixiae oratio” di U. P. con le ‘laudes civitatum’, in Civiltà bresciana, XX (2011), 4, pp. 7-12; Id., Un giovane studioso di Cicerone e Terenzio: Daniele Sala, in Profili di umanisti, cit., pp. 343-347 (Valseriati, 2012b); «On everyone’s lips»: humanists, jews and the tale of Simon of Trent, a cura di S.D. Bowd - J.D. Cullington, Tempe 2012 (con ed. del Symonidos, pp. 120-213); Th. Ganchou, Le ‘prôtogéros’ de Constantinople Laskaris Kanabès (1454). À propos d’une institution ottomane méconnue, in Revue des études byzantines, LXXI (2013), pp. 209-258; E. Valseriati, Recuperi dalla libreria Saibante di Verona: U. P. e Pietro Sacconi, in Libri, lettori, immagini, a cura di L. Rivali, Udine 2015, pp. 201-226.

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