Ojétti, Ugo

Enciclopedia on line

Scrittore e giornalista italiano (Roma 1871 - Firenze 1946), figlio di Raffaele. Novelliere e romanziere fino al dopoguerra, critico d'arte, giornalista e saggista, i pregi più evidenti e maggiori dell'opera di O. sono la proprietà, l'ordine, la chiarezza nelle idee e nelle immagini. La sua prosa, formatasi in un clima d'intelligente modernità toscana e italiana, è fluida, limpida e discorsiva; gusto dei classici e parlata viva s'integrano e trovano in essa fusione e lucente equilibrio. Con M. Sarfatti contribuì notevolmente a dare una veste ufficiale, nazionalistica e antimodernistica, al movimento artistico del Novecento.

Vita

Esordì nel 1894 nella Tribuna e nella Nuova Rassegna; dal 1904 al 1908, con lo pseudonimo «Il conte Ottavio», scrisse cronache settimanali sotto il titolo Accanto alla Vita nell'Illustrazione italiana. Dal 1898 alla morte collaborò al Corriere della sera come critico d'arte e nel 1926-27 ne fu direttore. Ideò e organizzò importanti mostre d'arte (Mostra del ritratto italiano dal 1500 al 1861, Firenze, Palazzo Vecchio, 1911; Mostra della pittura italiana del '600 e '700, ivi, Palazzo Pitti, 1922); e numerose imprese editoriali (fra cui le collezioni Le più belle pagine degli scrittori italiani scelte da scrittori viventi e I classici Rizzoli). Diresse le riviste Dedalo (1920-33), Pegaso (1929-33) e Pan (1933-35). Volontario di guerra, decorato al valore militare e promosso per meriti speciali, fu incaricato dal Comando supremo di salvare e proteggere gli oggetti d'arte e i monumenti nella zona di guerra. Fino al 1933 ha fatto parte del consiglio direttivo dell'Enciclopedia Italiana, nella quale fu anche direttore della sezione Arte fino al 1929. Nel 1930 fu nominato accademico d'Italia.

Opere

Raccolte di articoli sono Alla scoperta dei letterati (1895) e I capricci del conte Ottavio (1908-09). Più che in romanzi e novelle, di un genere un po' frivolo, fra psicologico e mondano (Il vecchio, 1898; Donne, uomini e burattini, 1912; Mio figlio ferroviere, 1922; ecc.), O. trovò la sua giusta misura e il suo tono con Cose viste (apparse per la prima volta sul Corriere della sera, con lo pseudonimo Tantalo, poi raccolte in sette tomi, 1923-39, e quindi, col suo nome, in un'ed. postuma in 2 voll., 1951), nelle quali si esprime efficacemente, in una prosa modernamente elegante, la sua natura di memorialista e ritrattista del proprio tempo. Della sua attività di studioso e critico d'arte sono testimonianza parecchi volumi e raccolte di saggi (I nani tra le colonne, 1920; Raffaello e altre leggi, 1921; La pittura italiana dell'Ottocento, 1929; ecc.). Accanto ai numerosi ritratti d'artisti e agli acuti giudizi espressi di frequente in occasione di mostre ed esposizioni, è specialmente da indicare l'Atlante di storia dell'arte italiana dove, sia nelle prefazioni a ogni secolo e a ogni arte, sia nelle brevi note sotto a ogni opera, il criterio, il gusto, la vasta esperienza di O, si rivelano interi, e spesso con epigrammatica evidenza. Postumi sono usciti I taccuini 1914-1943 (1954); D'Annunzio, amico, maestro, soldato (1957).

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