STILLE, Ugo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 94 (2019)

STILLE, Ugo (Mikhajl Kamenetzky)

Mauro Forno

– Nacque a Mosca il 3 dicembre 1919 da Ilya Kamenetzky e da Sara Altschuler, entrambi cittadini russi di origine ebraica.

Il padre era un odontoiatra originario di Mir, la madre una trentatreenne laureata in economia originaria di Mosca, figlia di un industriale specializzato nella raffinazione della melassa.

Dopo l’approvazione delle leggi che bandivano ogni forma di espressione religiosa e dopo l’espropriazione, da parte dello Stato, delle aziende di cui la madre era nel frattempo diventata amministratrice, fu costretto a lasciare il suo Paese, nel 1920. Visse prima in Germania, a Wiesbaden, quindi in Lettonia, a Riga, dove nel 1921 nacque la sorella Myra. Nel maggio del 1922 si trasferì in Italia, stabilendosi prima a Napoli, poi a Formia e infine, all’inizio degli anni Trenta, a Roma.

Nella capitale compì tutto il suo percorso formativo: gli studi classici al liceo ginnasio Torquato Tasso, quelli filosofici alla Università Sapienza, conclusisi il 25 giugno 1941 con la discussione di una tesi su Alfred North Whitehead. Due anni prima aveva avviato una collaborazione giornalistica con il settimanale Oggi, diretto da Arrigo Benedetti e Mario Pannunzio, su cui, tra il novembre del 1940 e il settembre del 1941, comparvero alcuni pezzi a firma Ugo Stille (il cognome significa ‘silenzio’ in tedesco). Si trattava di articoli in parte riconducibili proprio al giovane Kamenetzky, in parte al suo fraterno amico Giaime Pintor, che – in conseguenza dell’introduzione in Italia delle leggi razziali e del relativo divieto, per i giornalisti ebrei, di lavorare nelle redazioni – aveva ritenuto conveniente consigliare al primo quella soluzione. Da quel momento Ugo Stille fu il nome con cui Kamenetzky decise di qualificarsi nel mondo giornalistico.

Con l’intensificarsi della persecuzione antisemita, nell’estate del 1941, dopo complicate pratiche burocratiche (durante le quali il padre si rivolse anche all’allora sostituto della Segreteria di Stato vaticana, Giovanni Battista Montini), i Kamenetzky riuscirono a ottenere la documentazione per l’espatrio. Partiti da Roma il 4 settembre 1941 e salpati in nave il 9 da Lisbona, si trasferirono quindi negli Stati Uniti, a New York, dove il non ancora ventiduenne Stille strinse immediatamente rapporti con un piccolo gruppo di rifugiati italiani, di cui facevano parte, tra gli altri, Bruno Zevi, Max Ascoli e Niccolò Tucci. Si avvicinò anche alla Mazzini Society di Gaetano Salvemini, riuscendo a ottenere una modesta borsa di studio presso la New School of social research.

Dopo l’ingresso degli Stati Uniti nel secondo conflitto mondiale, Stille fu arruolato nell’esercito e assegnato al Psychological warfare branch. Fu inviato prima in Nord Africa, quindi – poco più di due anni dopo la sua partenza da Roma – in Italia al seguito dell’esercito alleato sbarcato in Sicilia. Delegato alla direzione dei notiziari di Radio Palermo, ebbe modo di riprendere i contatti con l’amico Pintor, che sarebbe morto tragicamente poco dopo, il 1° dicembre 1943, in seguito all’esplosione di una mina tedesca mentre tentava di raggiungere da sud il territorio occupato dai nazifascisti, per avviare un’azione di resistenza. Con la successiva risalita verso nord delle truppe angloamericane, Stille fu quindi trasferito in Campania, dove fu incaricato di dirigere Radio Napoli.

Terminata la guerra, rimase ancora per qualche mese in Italia, ricevendo varie proposte di collaborazione, tra cui quelle di Benedetti (che aveva da poco assunto la direzione de L’Europeo) e di Elio Vittorini, che lo convinse a scrivere per Il Politecnico. L’offerta più allettante gli venne tuttavia da Mario Borsa, direttore del Corriere della sera, che gli chiese di diventare temporaneamente corrispondente dall’America in attesa che quel ruolo, cadute le incertezze che ancora incombevano sul giornale, potesse passare a un collaboratore fisso: i veti incrociati emersi in seno ai Comitati di liberazione nazionale avevano infatti inizialmente impedito la ricomparsa al Nord delle maggiori testate di informazione, e solo con la normalizzazione nel Paese fu permesso un loro ritorno in edicola, sia pure con vesti e denominazioni parzialmente mutate.

Dopo il rientro negli Stati Uniti, la prima corrispondenza americana di Stille, dal titolo Il dubbio atomico, apparve il 17 gennaio 1946 sul Corriere d’informazione (come fu temporaneamente chiamato il quotidiano di via Solferino dopo la sua ricomparsa in edicola nel maggio del 1945). Fu la prima di una lunghissima serie. I vertici del giornale non ci misero infatti molto a rendersi conto delle capacità del giovane corrispondente, soprattutto nel cogliere i termini essenziali delle grandi questioni che agitavano la realtà politica americana.

L’anno successivo Stille riuscì a realizzare un importante scoop: un’intervista strappata rocambolescamente al presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, «verso la mezzanotte sui gradini della Blair House», in occasione del viaggio in America del gennaio del 1947 (Nulla muterà per noi dopo il ritiro di Byrnes, in Corriere d’informazione, edizione pomeridiana, 8 gennaio 1947, p. 1).

Per l’acutezza e l’essenzialità delle sue analisi, inviate da una nazione ormai assurta al ruolo di prima superpotenza mondiale, Stille si ritagliò ben presto un notevole prestigio anche all’interno del panorama giornalistico nazionale, tanto che la cosiddetta nota Stille divenne, nel giro di pochi anni, un riferimento quasi imprescindibile per molti suoi colleghi italiani.

Stille svolse il suo ruolo di corrispondente del Corriere dagli Stati Uniti per oltre un quarantennio, concedendosi ben poche altre distrazioni professionali (tra cui merita di essere ricordata la, peraltro saltuaria, collaborazione con la New York review of books).

Nel frattempo, il 2 giugno 1949, Stille aveva sposato Elizabeth Bogert, trentenne figlia di George Gleason Bogert (giurista e docente universitario, prima alla Cornell University, poi alla University of Chicago). Da lei, che aveva da poco divorziato dal suo primo marito (uno scultore, pittore e docente della School of design di Chicago), Stille ebbe due figli: Lucy (1951) e Alexander (1957), giornalista, scrittore e docente alla Graduate School of journalism presso la Columbia University.

Nel 1987 la parabola professionale di Stille conobbe il suo punto più alto. Il 1° marzo di quell’anno firmò infatti il suo primo editoriale da direttore del Corriere della sera. Il giornalista di origini russe approdava alla poltrona che era stata di Luigi Albertini in un momento piuttosto delicato per la vita del quotidiano, quando non erano ancora state completamente riassorbite le conseguenze dello scandalo della loggia massonica P2 (1981), che aveva coinvolto i suoi vertici, producendo effetti molto negativi anche sulle tirature. Nel suo fondo di presentazione, intitolato Un giornale moderno per un paese che cambia, Stille non nascose la sua emozione, che espresse attraverso il ricordo della sua giovinezza vissuta in Italia.

«Questo ritorno nel Paese in cui sono cresciuto e mi sono formato culturalmente e psicologicamente rappresenta per me sul piano personale un momento di intensa emozione». Per poi concludere, con una dichiarazione di intenti legata al suo nuovo incarico, che «L’autorevolezza di un grande giornale di informazione, il suo peso nella vita nazionale dipendono dalla capacità di essere lo ‘specchio’ del Paese, di rifletterne tutte le componenti, di cogliere gli aspetti diversificati di un quadro pluralistico, di avvertirne i mutamenti».

Durante la sua direzione Stille tentò sia di svecchiare la redazione, assumendo alcuni promettenti giornalisti, sia di richiamare alcuni collaboratori storici, con l’obiettivo di riportare il Corriere agli antichi fasti, migliorandone i contenuti e l’apertura internazionale. Oltre a un ammodernamento tecnico e tipografico, al potenziamento di varie sezioni (come quelle culturale e dell’economia) e all’introduzione di nuove proposte (come il settimanale Sette e i supplementi Salute e Motori), Stille seppe anche instaurare un clima più collaborativo e infondere nei redattori un sempre maggiore spirito di iniziativa. Fedele a un orientamento politico di stampo liberale, si sforzò infine di sprovincializzare il giornale, dimostrando ad esempio una certa refrattarietà rispetto ai vacui ‘teatrini della politica’.

A partire dall’inizio degli anni Novanta Stille, da tempo alle prese con problemi di carattere cardiaco, dovette ridurre sempre di più la sua presenza al giornale, fino a essere costretto a lasciarne la guida il 9 settembre 1992. Rientrato negli Stati Uniti, nella primavera del 1993 perse la moglie settantaquattrenne, che era stata a sua volta collaboratrice di vari periodici, come Partisan review, New York review of books, Reporter, reader’s digest. Due anni dopo, il 2 giugno 1995, il giornalista che l’amico e collega Indro Montanelli aveva definito il «migliore americanologo della stampa europea» (Un russo a New York cremlinòlogo alla Casa Bianca, in Corriere della sera, 3 giugno 1995, p. 31) e che per quasi mezzo secolo aveva raccontato, dalle pagine del principale quotidiano italiano, l’America agli italiani, morì a New York.

Opere. Nonostante la cospicua massa di corrispondenze pubblicate nella sua carriera, Stille non diede mai alle stampe volumi o altri contributi organici. Saltuariamente la sua firma comparve – talvolta postuma – su alcune opere di altri autori, come nella Prefazione a Tempesta nel deserto. La guerra del Golfo raccontata dai giornalisti del Corriere della sera, a cura di L. Caputo, Milano 1991, e in Come cambia l’informazione, 1976-1979, in R. Fiengo, Il cuore del potere, Milano 2016, pp. 371-374.

Fonti e Bibl.: Documentazione su Stille è conservata presso l’Archivio storico del Corriere della sera: Carteggio, S. U., f. 1106; Sezione amministrativo-gestionale, Corrispondenza redattori, f. 9029; Corrispondenza direttori, f. 8050, 8058, 8059, 8061, 8062; Fascicoli del personale giornalisti, f. FV75; altre fonti – conservate dagli eredi – sono richiamate in A. Stille, La forza delle cose. Un matrimonio di guerra e pace tra Europa e America, Milano 2013. Informazioni essenziali su Stille possono essere desunte da alcune opere generali sulla storia del giornalismo italiano. Inoltre, G. Pintor, Doppio diario 1936-1943, Torino 1978, pp. 21-208 e, soprattutto, A. Stille, La forza delle cose..., cit.

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